Volare si Può, Sognare si Deve!

Autore archivio: assoparkss

SU PULLMAN CUN SU FREEZING – Poesia di Franco Simula

SU PULLMAN CUN SU FREEZING

Dadu chi Maschu mi l’ad’ammentada
mi custringhet a mantenner sa prommissa
sa gita eallu già nos est costada
de ogni colore nos ‘ndat capitadu
Abba a trainu falaiat da-e chelu
randine mannu chi pariat ninzola
e nois che maccos sutta sa ranzola
chilchend’e nos coberrer cun giornales.
Invece ‘e istare in fila che crabolos
intrados esseremus a su pullman
a su mancu a-i custhu esserat selvidu.
Su pullman – betzu – no cheriat connottu
su motore andaiat toppi-toppi
e pariat chi aeret peldidu su motu. (Culpidu da-e Freezing improvvisu))
12 de Lampadas 2022
IL PULLMAN COL FREEZING

Dato che Marco me l’ha ricordata
mi costringe a tenere la promessa
ecco la gita già ci è costata
di tutti i colori ne son capitate
Acqua scendea dal cielo a catinelle
chicchi di grandine che parean nocciole
e noi qual matti sotto le gragnuole
cercavam di coprirci col giornale.
Più che restare in fil come caproni
entrare dovevamo sul pullmino
almeno a coprirci sarebbe servito
Il pullman - vecchio – non voleva visto
procedea zoppiccando il suo motor
sembrava avere perduto il bel fragor.
( Colpito da improvviso Freezing.)
12 giugno 2022

Franco Simula

P.S. Sia il testo italiano che quello sardo-logudorese sono scritti in rima sciolta, molto sciolta ...quasi liquida per poter rigustare meglio la fifa e le
risate dei giorni della gita del 28 maggio 22.

LA MOSTRA PARKINSON di NUORO – Testi di Franco Simula

Finalmente sabato 28 maggio 2022 si parte per Nuoro dopo aver spostato la data più volte per motivi di salute. Tutti puntuali per le 8,30 in modo da avere uno spazio temporale adeguato per una visita alla mostra sulla Malattia di Parkinson organizzata in maniera ineccepibile dall’Associazione Parkinson di Nuoro e sotto il patrocinio della Associazione Parkinson Italia che ne ha curato l’impostazione culturale e medico-scientifica. Tutti puntuali meno la nostra presidente che, avendo dimenticato un documento essenziale per il viaggio ha dovuto “prendere in prestito” qualche minuto in più. Niente di grave: aliquando dormitat Omerus , anzi questo è il più piccolo dei ritardi che caratterizzeranno la giornata e talvolta anche in maniera gradevole. A un certo punto della Carlo Felice troviamo una prima deviazione che dovrebbe farci rientrare dopo qualche chilometro ma forse qualche buontempone ha invertito le direzioni e il nostro autista, incolpevole, ci traghetta nella direzione di Banari per trasferirci inconsciamente nel centro del cratere di un immenso, bellissimo vulcano, arricchito dai colori di tutti i verdi possibili che il mese di maggio ci sa riservare. La parte sud del vulcano, attivo qualche milione di anni fa, è costituito dagli attuali centri di Banari, Siligo, Bessude, mentre la parte nord è costituita dalle propaggini meridionali del Monte Pelao che chiudeva l’immenso vulcano. Immersi in questo tripudio di verde, qualcuno che qualche anno prima, da insegnante, percorreva tutti i giorni queste contrade, realizza che non siamo arrivati alla Carlo Felice ma stiamo beneficiando di un paesaggio di immensa bellezza. Grazie…all’autista. Intanto verifichiamo, nostro malgrado, che le strade di Banari sono troppo strette per un pullman troppo lungo visto che nell’affrontare una curva il pullman ha divelto un cartello stradale, ma con un po’ di pazienza tutto ritorna normale. Dopo una breve sosta per rifocillarci si riprende il viaggio per Nuoro. Anche alla città di Grazia Deledda, e Sebastiano Satta e Giorgio Asproni e Salvatore Satta e tanti altri personaggi illustri della città barbaricina arriviamo con un ritardo che si accumula sempre di più tanto è vero che rinunciamo a visitare la Chiesa della Solitudine tanto cara a Grazia Deledda Premio Nobel per la Letteratura nel 1926. Non possiamo rinunciare invece alla visita della Mostra sul Parkinson che è stata la motivazione principale della gita che poi ha assunto dimensioni più ampie.

La Mostra aveva un titolo ben preciso:”Non chiamatemi morbo” termine che evoca contagio e pandemia .La Mostra, come abbiamo già accennato, ha avuto un’impostazione originale e del tutto nuova e coinvolgente. Era composta da circa 40 fotografie parlanti che raccontano storie vere di uomini e donne che resistono al Parkinson con i loro care giver. Naturalmente l’ascolto di storie spesso velate di tristezza ripropongono all’ascoltatore percorsi che, per quanto sopiti, fanno riemergere nella coscienza dell’ascoltatore parkinsoniano gli echi del male sempre presente e incalzante ma anche la volontà determinata di combatterlo con tutti i mezzi possibili. I meriti innegabili di questa mostra, unica nel suo genere, consistono nell’aver proposto all’attenzione dei visitatori la fragilità di coloro che vengono colpiti da questa malattia neurodegenerativa e dal conseguente coinvolgimento dell’intero nucleo familiare. La visita è stata utile anche ad apprezzare la cortesia e la disponibilità del gruppo dirigente dell’Associazione Parkinson di Nuoro che guidato dalla Presidente Gian Piera Deiana ha illustrato con intelligenza e cura le novità e l’originalità del progetto.

L’ora del pranzo squilla da sola, ma per raggiungere il locale “istentales” che si trova in un bel sito verdeggiante ma in culo al mondo occorre avviare un taxi-service in modo da trasferire in ristorante tutti i passeggeri del pullman, che, barrasone per eccellenza, non può raggiungerlo. Finalmente in ristorante ci si riconcilia col mondo. Le pietanze gustose e genuine non ci fanno pentire di aver scelto quel ristorante. Dopo un genuino digestivo e qualche canto del repertorio del coro (che ci è servito come esercitazione in vista del concerto di martedì 31) intorno alle 5 del pomeriggio, felici e contenti ci apprestiamo ad intraprendere il viaggio di ritorno. Felici e contenti?Giove Pluvio non è dello stesso parere. In men che non si dica assistiamo a un ammassarsi di nuvole nere e appresso a una scarica violenta di acqua accompagnata da una gragnuola di chicchi di grandine grossi come nocciole. Il generoso Antonello ha pagato per tutti perché per dare una mano a tutti si è inzaccherato sino ai piedi. Dice bene un proverbio sardo: “Frittu ‘e maju s’ainu nde tremede”. Gradualmente la violenza del temporale va attenuandosi sino a prevedere un viaggio di ritorno più tranquillo ma il viaggio è destinato a mantenere la connotazione dell’avventura. E infatti al primo rettilineo in cui il vecchio pullman può

finalmente sfogarsi e dispiegare il massimo della sua velocità, dalla fiancata destra si sente un tonfo strano: l’autista, accompagnato dall’onnipresente Antonello, va a fare un doveroso sovralluogo e scopre che si è rotta la serratura del portellone laterale. Che fare? I due ingegnosi meccanici non possono fare altro che affidarsi alla “tenuta” di un pezzo di cordicella. All’interno del pullman le battute si sprecano e trasformano in risate qualche grado di tensione che comincia a trasparire su qualche volto. Dopo qualche chilometro una breve sosta per verificare la bontà dell’intervento precedente. Tutto bene? Un piffero! Il pullman è posizionato alla base di una leggera salita. Il momento della ripartenza, problematica, da farsa si trasforma in piccolo dramma: il pullman non riesce a “spuntare”: un metro avanti e due indietro, due metri avanti e tre in dietro. A questo punto, col macchinone che sembra impennarsi, si formano due schieramenti di opinioni: uno che è preoccupato pensando a una possibile avaria, e l’altro che si sganascia dalle risate pensando a una particolare forma di freezing trasmesso al pullman dai parkinsoniani. E meno male che solo stamattina la Mostra recava come titolo: ”Non chiamatemi morbo” Finalmente l’ultimo tratto di strada è privo di particolari sussulti salvo alcuni “giri Trionfali” fatti dall’autista; eravamo già arrivati all’ampio piazzale del posteggio e lui continuava a “girare” intorno. Forse erano giri di ringraziamento per gli scampati pericoli.

Franco Simula

La gita a Nuoro – Testi di Franca Ghezzi

Seppure in pochi come “gruppo di Alghero”, abbiamo aderito all’invito di visitare la mostra fotografica realizzata al Museo di Nuoro da persone malate di Parkinson, che hanno voluto narrare il loro disagio, coinvolgendo  il visitatore in prima persona. È stato un momento unico, dove il raccontarsi attraverso la fotografia ha fatto scaturire sensazioni e emozioni che spesso tendiamo a nascondere dietro una maschera, per paura di essere feriti, davanti al pietismo altrui.

Purtroppo non c’è stato il tempo per una lettura più approfondita, perché il viaggio in pullman ci ha riservato sorprese inaspettate.

Durante la prima parte del tragitto mi ha colpito piacevolmente sentire il canto di “quel mazzolin dei fiori” accanto a quelli in logudorese, quasi a voler unificare le distanze e annullare i confini.

Il pullman però all’improvviso si è ritrovato in una posizione trasversale e non riusciva più a muoversi perché la strada era stretta. L’autista, ingannato da indicazioni scorrette, aveva sbagliato strada e nel tentativo di uscire da quello ”stallo“ è finito contro due muretti, un balcone e diversi vasi.

Spavento, paura, richieste di scendere, anche qualche momento di ironia per la buffa situazione. Finalmente dopo diverse manovre l’autista è riuscito ad uscire dal “sentiero” e a riprendere piano piano il cammino.

Dal finestrino abbiamo visto emergere le bocche di un cratere  dove in tempi remoti la lava, risalita dalle zone profonde, aveva reso fertile il terreno.

Dopo aver consumato un pranzo con prodotti tipici, ed essere stati allietati da altri canti, all’uscita del ristorante ci aspettava un’altra sorpresa: nel giro di pochi attimi una tempesta di grandine e scrosci d’acqua si sono abbattuti su di noi e , ritrovati bagnati e fradici,  ci siamo dovuti difendere come potevamo con maglioni, cappelli e magliette. Fortunatamente d’improvviso il paesaggio è cambiato e il verde della macchia mediterranea ci ha accompagnato per lunghi tratti.

Dopo l’accaduto nel gruppo permeava la certezza che non ci sarebbero più stati ostacoli per il rientro, mera illusione, perché di colpo con un forte fragore si è aperta la porta laterale del pullman e ci siamo trovati all’improvviso davanti ad una situazione a dir poco imprevedibile. Per poter porre rimedio a quanto era appena successo, e poter così  riprendere il viaggio, la porta è stata bloccata con un pezzo di spago. Esausti e stupiti siamo arrivati nella piazza di San Giovanni, dove ci siamo salutati, sfiniti e senza la forza di commentare ciò che avevamo vissuto.

Nei giorni successivi ho immaginato questa nostra avventura come il viaggio di una nave che fende  i flutti con coraggio e determinazione,  una nave sulla quale abbiamo affrontato gli ostacoli che quotidianamente la vita ci presenta e che tutti insieme, come gruppo, siamo riusciti ad affrontare, dimostrando a noi stessi che il nostro spirito è più forte delle avversità. Noi siamo più della nostra malattia.

Saluti                  Franca Ghezzi

Il coro Volare si Può si esibisce a Sassari al Teatro Astra

Maria Luisa Congiu scrive:

“Volare si Può” in scena ieri sera al Teatro Astra Sassari. Porto a casa tante belle emozioni e, soprattutto, un’importante lezione di vita
Il Coro “volare si può”, formato da persone affette dal morbo di Parkinson e diretto da Fabrizio Sanna, davvero ammirabile per l’iniziativa, è un esempio di come l’amore per la vita dia la forza di lottare contro un male che non ha cura ma lo si può combattere e affrontare con iniziative che tengono alto l’umore concentrando gli sforzi verso un fine collettivo: fare musica insieme, condividendo dolori e gioie. Altra emozione sono stati i bambini del coro “Piccole Note di Tissi” diretti da Laura Santucciu, una ventata di vita ed entusiasmo per tutti. Grazie a tutti, pubblico meraviglioso compreso, per questa bellissima esperienza. A medas annos

🍀❤️🍀


L’EMOZIONE NON HA VOCE

 

IL PESCATORE

Fisioterapia sotto gli olivi a cura di Elenia Maniero

Mercoledì 18 maggio

I mestieri scomparsi: il ciabattino – Testo di Egle Farris

Il ricordo sfilacciato e smagliato è un incrocio tra il Quasimodo di Notre-Dame e il più vecchio degli gnomi  delle leggende scandinave di un tempo lontano . Anche sciancato era , come se i cromosomi si fossero radunati tutti li , per l’occasione e senza alcuna possibilità di  plasmare almeno un modesto fisico . Solo il nome era quello di un grande  e famoso  e lui invece  , dalla nascita ,sempre piccolo era stato  .  Michelangelo era stato chiamato, e mai nome, in qualsivoglia persona  , fu così fuori luogo .  Ad ogni ora lo cercavi e trovavi in quel sottano in cima alla salita ,eternamente buio,una lampadina da 15 candele pendente da un nudo filo sul desco , sempre avvolto da un odore affumicato ed incancellabile di dozzinali sigarette .  Perchè Michelangelo , per avere un tozzo di pane  e sbarcare il lunario ,quando ancora non esistevano stracci di pensione ,faceva il ciabattino .  Sul davanti , un grembiule di pelle unto e bisunto ,dall’età misteriosa  e ragguardevole , Michelangelo sedeva su una bassa seggiola impagliata  ,gambe disposte in  parallelo , per accogliere il pesante piede di ferro che usava per risuolare e rattoppare scarpe dozzinali, immerso inesorabilmente in un miscuglio di odori di colla ,pece greca e cera turca . Il deschetto era diviso in scomparti , che accoglievano nell’ordine lesina ,forbici, martello ,trincetti di qua, “semenze”  d’acciaio di misure diverse di là ,tutti simboli del mestiere .    Era così misera la bottega che non aveva “dischentes”, apprendisti senza alcuna ricompensa che dovevano imparare in  un triennio  il mestiere ,rubandolo più con gli occhi che con le mani . Scarpe nuove  ne faceva raramente,un paio allora passava di padre in figlio , riparato sino all’estremo limite e “ferrato”.  (Ed ecco perchè al mio paese non si mettevano le scarpe al caro estinto ! )  Infatti sulla suola venivano inchiodate al tacco “sas bullittas” e alla punta “su puntale”, aggeggi di ferro dalla superficie arrotondata che frenavano l’usura della suola e scivolavano e schioccavano  “in s’ impedradu” , promettendo pericolosi  scivoloni ed impedendo a qualunque passo di restare anonimo e silenzioso .     Passò anni ,decine di primavere e gelidi  inverni   grami ,  ad inchiodare, rattoppare e pensare ,perchè cosa poteva fare se non pensare ,sempre solo con con le sue vecchie ,fruste scarpe ,sin quando se ne andò,  Michelangelo ,liberato infine da un corpo sgraziato che doveva aver odiato tutta la vita e da un immeritato ergastolo ,a cui lo aveva condannato  , lui innocente, una sorte , ria e perversa  , in un luogo buio ed umido  che era stato sempre la sua sola ,unica, tristissima immagine di casa.

Una signora col rossetto               

Egle Farris

Poesie di Paolo Marogna


Fine del coro – In ricordo di E .Giuliani scritto da Paolo Marogna


“Radici” poesia di Paolo Marogna


“Per gioco o per magia?” – poesia di Paolo Marogna


“FILASTROCCA” – poesia di Paolo Marogna


“Castigo de Dios”, poesia di Paolo Marogna


Terremoto in Emilia – poesia di Paolo Marogna


Basta un pensiero – poesia di Paolo Marogna


Pensieri – poesia di Paolo Marogna


COMPAGNI DI VIAGGIO poesia di Paolo Marogna


MAESTRALE poesia di Paolo Marogna


Casa Park poesia di Paolo Marogna