Volare si Può, Sognare si Deve!

Autore archivio: assoparkss

Le Ladies di Ferro – Testo di Franco Simula

Quando si dice che il caso e la fortuna stavolta sono comparse insieme non significa usare una retorica enfatizzazione di comodo, ma soltanto prendere atto che due signore facenti parte dell’ultimo Consiglio Direttivo della nostra Associazione Parkinson Sassari eletto il 28 Giugno 2021, sono state scelte dal destino in una visione di prospettive di lavoro e di comportamenti perfetta. Si, sto parlando di Caterina Sanna e di Mariuccia Tortu che nel Consiglio Direttivo ricoprono rispettivamente la carica di Coordinatore Amministrativo e Segretaria. Due signore dai modi affabili e dal portamento gentile ma con alcune idee fondamentali chiare che devono rimanere chiare per tutti
Se le avesse scelte uno psicologo esperto in fisio-psico-gnomica non sarebbe stato più preciso del caso. Che individuando le due amiche nominate ha scelto una coppia perfettamente interdipendente legata da visioni pressoché identiche. quanto meno in alcuni aspetti del loro lavoro. Che Caterina Sanna si chiami CATTERINA non c’è alcun dubbio almeno da quando i genitori sono andati a fare la denuncia della nascita di una bambina. Sfortuna volle che l’Ufficiale dell’Anagrafe fosse -o potesse essere- un campidanese sfegatato di quelli che oltre a raddoppiare alcune consonanti, pur di raddoppiare qualcosa sarebbero capaci di raddoppiarsi anche i debiti. A questo punto della storia personale Caterina si è affezionata a CATTERINA e guai a chi glielo tocca. Ma anche Mariuccia Tortu, segretaria-notaia del Direttivo è sempre vigile a riprendere chi non si adegua rigorosamente a quanto riportato nei registri dello Stato Civile. Così come è attenta a riprendere la Presidente la quale, dimenticando di chiamarsi Salvatorica, talvolta firma col più moderno Dora. Dora sarà un bel diminutivo abbreviato, sarà il nome di un fiume, sarà quel che sarà… ma non è il nome della Presidente che non di rado è costretta dall’intransigente segretaria ad apporre la firma autentica su documenti firmati con”falso” nome.
E meno male che abbiamo incontrato queste due collaboratrici zelanti e diligenti. Infatti nel passaggio dal vecchio al nuovo direttivo hanno dovuto affrontare tutta una serie di strettoie burocratiche per chi, come noi ha deciso di aderire al Terzo Settore che è costituito da un insieme di Enti di carattere privato che operano nell’ambito dell’assistenza alle persone con disabilità, nella tutela dell’ambiente, nei servizi sanitari e socio assistenziali, nell’animazione culturale. Questo passaggio ha presentato non poche complessità di carattere legale e avrebbe scoraggiato chiunque non avesse posseduto, certamente una notevole professionalità, ma soprattutto un legame sincero e disinteressato con l’Associazione Parkinson Sassari…L’inserimento nel Terzo Settore consente una serie di vantaggi come alcune agevolazioni fiscali e l’accesso al 5x mille ma comporta anche dei costi maggiorati per la presentazione di alcuni documenti come l’atto costitutivo e il bilancio da depositare presso il RUNTS. Vantaggi e svantaggi sono normali in ogni cambiamento di “pelle”. Ciò che invece ci ha colpito positivamente è stata la determinazione e la volontà -queste si veramente di ferro- che hanno guidato due gentili signore nel portare a termine i contenuti di una deliberazione adottata a suo tempo dall’Assemblea dei Soci.
Franco Simula

Sono il fac totum…della cittá – Testo di Franco Simula

Il barbiere di Siviglia era sempre a disposizione dei suoi clienti per radere la barba, tagliare i capelli compiere, insomma, tutte le mansioni tipiche della sua professione di barbiere, naturalmente… per soldi. Né una moneta in più né una moneta in meno di quel che la sua arte da tutti riconosciuta richiedeva.
Antonello, invece, non è fac-totum per professione ma un generoso per “passione”. E’ sempre lì al posto giusto nel momento giusto; sembra inventato da una fiabesca bacchetta magica. Cade un oggetto e Antonello è lì come per incanto pronto a raccogliere e restituire; manca una sedia a qualcuno dei nuovi arrivati oppure a chi, parzialmente impedito, si trova disorientato a cercare un punto d’appoggio: Antonello in un attimo realizza che manca qualcosa e nell’attimo successivo il vuoto si materializza in una sedia che Lui ha fatto saltar fuori dal suo cilindro con una magia. Antonello è un portatore di Parkinson ma purtroppo o per fortuna è giovane, ha solo 55 anni e dopo lo spavento alla “scoperta” della malattia è riuscito a ricuperare l’agilità e la prontezza di riflessi di un acrobata circense. Essendo giovane (elemento sino a oggi negativo) Antonello e i giovani come Lui potrebbero beneficiare dei possibili vantaggi connessi alla ricerca che sulle malattie neurologiche sta compiendo dei progressi inimmaginabili solo qualche anno fa. Antonello inconsciamente ha fatto proprio il motto dei Lions “WE SERVE” noi serviamo, cioè siamo al servizio , e immancabilmente si trova, dove occorre la presenza di qualcuno che faccia qualcosa. Antonello inoltre è di multiforme ingegno e di rapida esecuzione. E’ capitato qualche giorno fa che entrassimo insieme a casa mia; la riflessione che ormai andavo facendo da tempo era :”Qui occorrerebbe un pezzo di ringhiera per potersi aggrappare ed evitare inutili pericoli per chi ha perduto l’agilità giovanile”. Detto e fatto. Antonello compone un numero telefonico. Da Codrongianos risponde Gian Franco fabbro di un laboratorio artigianale dove si lavora il ferro da generazioni. ”Antonello prendi le misure, fra una settimana la porzione di ringhiera sarà pronta da saldare”. Mentre è in corso questa trattativa da una porta dell’andito si affaccia Carletto che propone ad Antonello un lavoro i cui particolari verranno definiti in un secondo momento. In presenza di Antonello non è il caso di parlare di impossibilità di raggiungere la sede di incontri comuni perché sarebbe capace di venire da Alghero, dove spesso si trova, per consentire un “passaggio” all’amico rimasto in solitudine . Questo è capitato a Rosalba, a Franco, questo capiterà a Egle il giorno che dovesse dire di non poter raggiungere il luogo di incontro. Egle sei avvertita! Antonello c’è.

Franco Simula

Pranzo Sociale Dicembre 2014

Pranzo Sociale Dicembre 2014

 

Giornata Sassarese della Malattia di Parkinson 11 Aprile 2015

Giornata Sassarese della Malattia di Parkinson 11 Aprile 2015

L’ Associazione Parkinson Sassari all’ Antiquarium Turritano

L’ Associazione Parkinson Sassari é andata alla scoperta di un’area archeologica davvero straordinaria: l’Antiquarium Turritano e l’area archeologica di Turris Libisonis. Abbiamo scoperto cose sorprendenti, perfino un… biberon di terracotta!

Secondo Plinio il Vecchio, Turris Libisonis era l’unica colonia romana della Sardegna. Fu fondata in età preaugustea, probabilmente su iniziativa di Giulio Cesare, che fece scalo nell’isola nel 46 a.C., di ritorno dall’Africa.

Il museo conserva materiali archeologici che documentano le diverse fasi di vita della colonia romana di Turris Libisonis, oggi Porto Torres. Il percorso espositivo è articolato su due livelli: al piano terra sono esposti gli oggetti che provengono dalle necropoli messe in luce in area urbana. Al piano superiore si possono invece ammirare i reperti provenienti dall’imponente complesso delle terme (tutt’ora visibile nell’area archeologica) e la sezione dei marmi. A questi si aggiunge la collezione comunale, con oggetti che coprono un arco cronologico che va dall’età del bronzo al V secolo d.C., non tutti provenienti dal territorio di Porto Torres.

A FRANCO ENNA In MEMORIA – Testo di Franco Simula


Lei, la Morte non conosce momenti di tregua. Stavolta ha deciso di indirizzare l’attenzione sull’Associazione Parkinson: tre soci in poco più di dieci giorni. L’ultimo in ordine di tempo a compiere il doloroso passaggio è stato Franco Enna. Il maestro Franco Enna. Maestro nella scuola dove ha educato generazioni di alunni per i quali ha scritto romanzi e testi scolastici ; per tutti ha scritto una vasta raccolta di fiabe popolari pubblicate nel libro “Sos contos de foghile”. Maestro per i Parkinsoniani per quali ha scritto e diretto “Romeo e Giulietta 40 anni dopo” contribuendo a creare momenti indimenticabili di allegria e divertimento. Ci consola la certezza che tutto ciò che Franco ha fatto e scritto rimarrà anche dopo la morte. Finché la malattia gli ha dato un po’ di tregua nell’Associazione è stato ispiratore e animatore di tutto ciò che siamo e siamo stati. Franco è stato e sarà sempre un grande. Quando però l’ombra pesante del “rapace infingardo” si è distesa su di Lui allora per Franco é iniziato un periodo di sofferenze che ha saputo sopportare con paziente dignità e serenità d’animo. In questo periodo -non breve.- la presenza costante, vigile e affettuosa della famiglia ha esercitato un fondamentale ruolo consolatorio e di sostegno. La morte infatti lo ha sorpreso mentre aspettava il medico per una visita di controllo. Ma la morte, infida, non ha suonato la campana. Oggi venerdì 15 aprile 2022, Venerdì Santo, Franco ha voluto pietosamente fare da compagno di sofferenze e morte al Cristo che si spegne sulla croce.
Franco Simula

La MORTE di Paolo Marogna – testo di Franco Simula


 La morte. Paolo aveva evocato la morte in tante delle sue  bellissime poesie che aveva composto negli anni raccogliendo quel che a mano a mano gli dettava il cuore fino a trovare riuniti in poco più di quaranta umili paginette i segni connotativi di una filosofia semplice  fatta di “mille domande a cui non sai rispondere o meglio di cui temi  la risposta”. Non omnis moriar ( non morirò interamente) diceva  Orazio pensando certamente all’immenso patrimonio poetico lasciato  in eredità ai posteri . Paolo, che spesso aveva chiamato la morte come un rifugio sicuro non verrà obliato del tutto perché uno scrigno  prezioso, contenente i suoi versi malinconici e a volte tragici, ci  riproporrà per sempre i suoi momenti lieti, le sue riflessioni tristi, le  sue sofferenze patite in silenzio perché Paolo era di grande dignità  anche nel dolore. 

 Qualche mese prima della morte di Paolo avevo cominciato a  scrivere qualche riflessione sul mio incontro con Paolo persona e con  Paolo poeta di cui avevamo cominciato a pubblicare le poesie con  brevi commenti sul sito dell’Associazione Parkinson, poi avendo notato una certa assuefazione alla poesia di Paolo che sembrava non  rappresentare più un evento letterario, rimandammo la pubblicazione dei testi poetici a tempi migliori. La morte di Paolo si è assunta  l’onere di anticipare questi tempi. Ora Paolo si trova nello spazio  infinito che a lungo ha desiderato occupare,più in alto del sole e delle  stelle. Lì potrà vivere la libertà assoluta sognata per una vita,  lì incontrerà i venti con cui colloquiava quotidianamente e da cui  aspettava risposte alle tormentate domande che lo assillavano, lì  riproverà” a non perdere il piccolo piacere malato di restare solo”. Lì  troverà il “Dio di Misericordia” e gli chiederà “Dove eri tu…quando la  terra ha tremato…e una trave…mi ha schiacciato…e con me il mio  domani e quello dei miei bambini. Io sono morto e son venuto a  cercarti per sapere il PERCHE’.” E vorrei anche rivolgerti tutti i perché  incomprensibili che avvelenano questo mondo: i bambini innocenti che muoiono di malattie e di fame senza colpa alcuna; le persone e le  cose che si rivoltano contro, quasi mi dispiace di non credere più in  un Dio da pregare o bestemmiare”. 

L’incontro con Paolo ha avuto momenti scanditi da particolari unici e  significativi. Meraviglioso. Dal silenzio più profondo, che appariva  come l’atteggiamento a Lui più congeniale, al più clamoroso ed  eclatante dei risvegli. Due brani di poesia presentati una sera in maniera un po’ movimentata, hanno costituito “l’incipit” della sua  rivelazione come poeta. Due poesie fra le più belle -a mio giudizio,  delle quarantanove poesie ( compresa una dedicata agli amici Tonino  e Adelaide per i 50 anni di matrimonio) contenute nella attuale  provvisoria raccolta che, per non velare assolutamente la propria  condizione di uomo sofferente, ha voluto intitolare Casa Parkinson.  Siamo nel 2019, Paolo Marogna; da circa due anni frequenta  l’Associazione Parkinson ma non mette in evidenza nessuna  particolare propensione salvo quella connessa alla sua professione di  commercialista che gli consente di rendersi subito utile  all’associazione attraverso la compilazione del bilancio annuale.  Nessun indizio, invece, che possa far pensare a un Paolo Marogna  letterato, appassionato lettore di buoni romanzi e con sorpresa di tutti poeta. Poeta delicato, sensibile,dal linguaggio semplice quasi naif, ma  dalle riflessioni profonde che afferiscono ai problemi che tormentano  maggiormente il pensiero umano; dalla morte all’amore in tutte le sue svariate sfaccettature, dalle incomprensibili sofferenze degli innocenti alle catastrofi che in un attimo cancellano dalla faccia della terra  migliaia di persone ignare del triste destino che le aspetta. Il tratto  comune che caratterizza tutte le poesie è quello costante della  semplicità: sembrano conversazioni confidenziali fatte al bar con un  amico.  

 Una sera, dunque, Paolo arriva nel salone dove si tengono le varie  esercitazioni programmate, tiene qualcosa in mano ma non si riesce a stabilire con esattezza di che cosa possa trattarsi: sembra una busta.  Durante uno dei tanti movimenti che gli sono necessari prima di  sedersi, la busta gli cade dalle mani, qualcuno si precipita a  raccogliere “l’oggetto” che sembra essere molto prezioso. Paolo,  ringraziando, riprende la busta, la depone sul piano di una sedia e ci  si siede sopra. Stavolta finalmente è sicura. 

 Non so proprio se quella sera Paolo abbia pensato più al contenuto  della sua busta che al Vecchio Frak, il quale sempre elegante ma  ormai rovinato e disperato si lascia scivolare nelle acque del fiume.  Certa è una cosa, appena finita la lezione del canto, Paolo prende la  preziosa busta che ha persino rischiato di perdere e, vincendo la sua  naturale ritrosia, mi viene incontro e consegnandomi la busta  “Leggile-mi dice- ci sono due mie poesie vedi se vanno bene”. E  sapendo che sono un ex insegnante di lettere, con grande umiltà (altro suo segno caratteristico) aggiunge:”Se c’è qualcosa da correggere fallo pure con la massima libertà”. 

Fatta qualche eccezione per la punteggiatura -che peraltro  rappresenta un aspetto molto soggettivo della grammatica italiana- i  concetti dei vari brani poetici erano semplici, lineari, chiari, non  davano adito a interpretazioni controverse mentre inducevano a ulteriori riflessioni. In mezzo alla confusione dell’uscita rimando  l’apertura del plico, ma appena arrivato a casa apro il prezioso  scrigno e trovo le poesie di cui parlavo poco prima , ancora col titolo  provvisorio di “Considerazioni”: in una successiva catalogazione più  razionale prenderanno rispettivamente il titolo di “Maestrale” e  “Compagni di Viaggio”. Due delle poesie più belle del compendio  -dicevo poc’anzi- rappresentano una,”Maestrale”, una metafora della  vita fatta di prove, vittorie, sconfitte e con una sola allusione, il vento  di Maestrale, a quella che è stata la passione di una vita il volo su  quegli aerei ultraleggeri da diporto, che costituivano il suo mondo  fatto di libertà, aria libera. La seconda poesia “Compagni di viaggio”  rappresenta un programma di vita in cui due persone che vivono  insieme -due coniugi, due amici, due parenti- cercano la giusta strada  anche se non sempre è la più facile. Ma per trovarla bisogna anche…  saper tornare indietro quando ci si accorge di aver preso quella  sbagliata”. Questo è il Paolo ottimista che vede cieli sereni, che spera  ancora nel futuro; ma presto sentirà “tutta la tristezza e la malinconia di un mondo che si dissolve”, come una vela che si allontana sul mare  di cui si ha certa solo la partenza, Mentre il ritorno è solo una  speranza”. 

 Franco Simula

Una partita col diavolo – testo di Franco Simula


Il pallone. Una passione irrefrenabile. Una passione che a 16-18 anni ti pervade e diventa pensiero dominante, ossessivo, che non si placa se non sul campo da gioco, dal quale finalmente rientravi a casa soddisfatto, dopo ore di corsa, di stacchi aerei, di scatti brucianti, di richiami ai compagni, di sudore, di fatica. Stanco ma soddisfatto. La passione era così forte e propulsiva che ti spingeva ad andare oltre ogni limitazione di carattere ideologico, politico, religioso.

Anche il campo da gioco allora era un problema: mancavano gli spazi in grado di ospitare tutti i giovani che volevano praticare uno sport, e quelli che lo praticavano dovevano accontentarsi di un rettangolo in terra battuta che era l’unico spazio disponibile costruito qualche decennio prima dal regime fascista per la formazione atletica dei giovani. I campi verdi con l’erbetta facevano parte dei sogni per noi irrealizzabili, costituivano solo cronache sportive raccontate dai radiocronisti dell’epoca: per tutti ricorderò Nicolò Carosio. In quegli anni l’unico campo sportivo dell’epoca era di proprietà del Comune e conseguentemente soggetto alle “assegnazioni” politiche degli amministratori del momento che favorivano alcuni e danneggiavano altri; ma chi sentiva bruciare dentro il “sacro” fuoco, superava qualsiasi ostacolo.

A metà degli anni cinquanta – in un clima politico caratterizzato dalla contrapposizione fra comunisti e cattolici- a Ittiri giocavano due squadre di calcio a contendersi la platea dei tifosi: una era la squadra della RINASCITA che faceva capo all’UISP ed era sponsorizzata dall’allora Sindaco socialcomunista Leonardo Gambella; l’altra era l’U.S. ITTIRI voluta dal giovane vice parroco del paese don Michele Merella.

Allora a Ittiri due squadre di calcio erano forse troppe, tanto è vero che periodicamente qualcuna delle due perdeva dei “pezzi” o perché qualche titolare della squadra andava a lavorare fuori paese o perché addirittura erano costretti ad emigrare in paesi stranieri. Non sempre le due squadre riuscivano a mantenere a lungo 11 titolari stabili: il gioco del calcio per noi non era una professione ma puro diletto. Non di rado accadeva quindi che le due compagini si trovassero a dover gestire organici ridotti e che si rendesse necessario chiedere rinforzi agli “avversari” soprattutto se questi attraversavano un periodo di m agra e avevano qualche giocatore disponibile. In una di queste circostanze di inattività della mia squadra a me e ad altri due amici fra i migliori della squadra venne rivolto l’invito di giocare con la formazione avversaria. All’inizio la notizia venne appresa dagli amici con noncuranza ma anche con un po’ di invidia perché i dirigenti della Rinascita -accantonando un po’ dell’orgoglio di squadra che caratterizzava quei tempi da Peppone e Don Camillo – avevano deciso di rinforzare la formazione chiedendo il contributo atletico di alcuni fra i migliori dell’altra compagine. La notizia però, non aveva lasciato indifferente il vice parroco che era deciso fortemente ad impedireuna tale inaccettabile contaminazione.

Naturalmente il vice parroco mi contattò immediatamente per cercare di farmi capire quale cattivo esempio avrei dato alla comunità dell’Azione Cattolica paesana che sostanzialmente aveva sponsorizzato la squadra di cui ero “l’alfiere”. Il richiamo del pallone, però, era fortissimo mentre la mia disponibilità ad accettare l’invito alla rinuncia, nessuna.

Niente, d’altronde, era stato detto agli altri due che assieme a me stavano “tradendo” i colori della squadra, chi doveva dare l’esempio di attaccamento alla squadra e alla ideologia che l’aveva ispirata ero soprattutto io. Questo forte richiamo rivolto esclusivamente a me, era giustificato dal fatto che la mia famiglia .dal punto di vista dell’osservanza religiosa- era molto conosciuta nel paese e quindi io non potevo incautamente espormi ad essere “usato” dagli avversari.

Ma io pur di giocare a pallone ero disposto a giocare col diavolo. Il giorno della vigilia subii nuovi e più pressanti assalti di dissuasione che, però, interiormente ero sempre meno disposto ad accettare.

Arrivò finalmente il giorno della partita: io ero sempre più determinato a indossare la maglietta della Rinascita ed entrare in campo.

Sino a qualche momento prima dell’inizio mi erano arrivati messaggi di invito alla rinuncia che a tratti assumevano il sapore della minaccia.

Ore 15. inizio della partita. Io entrai in campo convinto ormai che la decisione fosse irreversibile e che per 90 minuti avrei potuto dare sfogo alla mia grande passione senza condizionamenti di chiese o di partiti.

Ma la partita per me non durò 90 minuti.

Il vice parroco – informato in tempo reale di quel che stava capitando – andò immediatamente dai miei genitori per informarli del turpe “tradimento” che stavo consumando contro i principi ai quali la mia famiglia si era sempre ispirata: e tutto per una banale partita di calcio. Per me quella partita non era né banale né trascurabile: era la mia passione, in quel momento della mia vita era tutto.

“Vostro figlio sta giocando coi comunisti e voi non fate niente per impedirglielo”. L’intervento del vice parroco non rimase inascoltato. Mio padre uscì di casa “caricato” per bene e si diresse al campo deciso ad interrompere in qualsiasi modo la mia intollerabile ribellione.

Arrivato al campo, mio padre entrò direttamente sul rettangolo di gioco per impormi di uscire immediatamente Il ventiquattresimo uomo in campo aveva destato grande meraviglia fra gli spettatori e fra i giocatori che non riuscivano a capire il motivo di questa imprevista e strana invasione di campo in un momento in cui l’incontro si svolgeva su un piano di estrema correttezza. L’approccio non fu né facile né di breve durata. Perché tutte le volte che mio padre stava per avvicinarsi a me l’azione del gioco si spostava da un’altra parte del campo e io, all’inseguimento del pallone, rendevo vani i suoi tentativi di approccio. Considerato, inoltre, che mio padre era uno dei miei “tifosi” più convinti, appariva chiaro che aveva dovuto svolgere questo mandato contro la sua volontà. Però però occorreva mettere riparo in qualche modo alla “vergogna” di cui avevo ricoperto la famiglia.

Finalmente mio padre riuscì ad avvicinarsi per impormi di abbandonare immediatamente il campo.”Vieni fuori” mi intimò. Riuscii ad ottenere la compromissoria concessione che avrei smesso di giocare alla fine del primo tempo. E così andò. Dopo soli 45 minuti, alcuni dei quali carichi di angoscia, si concluse la mia partita che, forse, avrebbe potuto designarmi come “il migliore” fra i giocatori delle due squadre.

E invece tutto andò a rovescio.

Nell’ambito sportivo era svanita per una discutibile presa di posizione l’opportunità di dimostrare alla generalità dei tifosi di sapermi battere lealmente in una gara sportiva prescindendo dai colori delle magliette.

Nell’ambito familiare andò anche peggio. La sera, infatti, rientrato a casa sembrava che ci fosse il morto: mi avevano accolto visi lunghi e tristi invece dei complimenti di incoraggiamento. Una partita di calcio (anzi mezza partita) era stata sufficiente a mandare in crisi una famiglia e i suoi rapporti con le istituzioni religiose: insomma un dramma. Per me tutto era stato molto più semplice: era stato l’appagamento di un desiderio straripante, riconducibile a una grande passione che era il gioco del calcio. Tutto qui: senza ideologismi o settarismi di alcun genere.

Franco Simula

3 aprile 2022 65 anni dopo l’evento


In ricordo di Salvatore Ferrante – testo di Franco Simula

Abbiamo conosciuto Salvatore Ferrrante qualche anno fa, quando era ancora attento, vigile, collaborativo.
Poi anche su di lui è andato gradualmente spegnendosi il sole della vita, sino al buio totale. La moglie Mariuccia, in un’amorevole simbiosi, ha fatto generosamente tutto il possibile per allungare la vita a un lumicino che andava consumandosi.
L’Associazione Parkinson esprime le più sentite condoglianze alla famiglia.