I locali scomparsi nel tempo – testi di Egle Farris
Ogni uscita era buona per poterci andare , anzi ci andavamo apposta , risparmiando su quell’esiguo stipendio settimanale, in quella pescheria? friggitoria? paninoteca?
Come si fa a definirla con un termine odierno? Forse con street-food?

Ma forse era tutto ,tutto questo . Si trovava all’inizio della via Turritana , a destra, appena voltavi da via B.Sassari, nell’angolo dove una vecchia paesana, pioggia vento o sole , stazionava per vendere lumache e finocchietti selvatici e mazzetti di alloro e di aglio , olive verdi e nere.
E già prima di entrare sentivi il succulento profumo del mare, e subito, ma allora si poteva, ti venivano servite una dozzina di cozze a mezzo guscio, stillate di olezzante limone. Di mezzi limoni era pieno un banco separato da un vetro dai pochi tavolini a disposizone dei clienti ed esposti ai tuoi desideri . Vedevi piatti ovali pieni di profumo di mare , vedevi lunghe pagnotte bionde e morbide pronte per essere aperte e farcite con piccolissimi , teneri polpetti in umido o in guazzetto,frittura e polpette di minuscoli calamari , un’insalata di mare che si scioglieva in odori e gusti sopraffini . E non vedevi neppure che il locale non era certo molto elegante , rivestito com’era di piccole piastrelle bianche , proprio non te ne accorgevi, perchè due erano le cose che ti distraevano.
La prima il tuo grande amore di allora, e alzi la mano chi a diciotto anni non aveva un amore grande, la seconda la beatitudine di assaporare ad occhi chiusi un gusto che oggi ha una struggente nostalgia, che oggi non trovi più, di dolcezza e sapidità e acidità che continui a sentire nella testa e nel ricordo, ma che ti manca.
Perchè era l’essenza stessa del mare ,quel mare da dove venivano trigliette e calamaretti, arselle e vongole che si aprivano un poco, un poco solo, per non disperdere quel sapore che si sarebbe conservato per sempre nel tempo per te , solamente per te .
Una signora col rossetto
Egle Farris

Finalmente sabato 28 maggio 2022 si parte per Nuoro dopo aver spostato la data più volte per motivi di salute. Tutti puntuali per le 8,30 in modo da avere uno spazio temporale adeguato per una visita alla mostra sulla Malattia di Parkinson organizzata in maniera ineccepibile dall’Associazione Parkinson di Nuoro e sotto il patrocinio della Associazione Parkinson Italia che ne ha curato l’impostazione culturale e medico-scientifica. Tutti puntuali meno la nostra presidente che, avendo dimenticato un documento essenziale per il viaggio ha dovuto “prendere in prestito” qualche minuto in più. Niente di grave: aliquando dormitat Omerus , anzi questo è il più piccolo dei ritardi che caratterizzeranno la giornata e talvolta anche in maniera gradevole. A un certo punto della Carlo Felice troviamo una prima deviazione che dovrebbe farci rientrare dopo qualche chilometro ma forse qualche buontempone ha invertito le direzioni e il nostro autista, incolpevole, ci traghetta nella direzione di Banari per trasferirci inconsciamente nel centro del cratere di un immenso, bellissimo vulcano, arricchito dai colori di tutti i verdi possibili che il mese di maggio ci sa riservare. La parte sud del vulcano, attivo qualche milione di anni fa, è costituito dagli attuali centri di Banari, Siligo, Bessude, mentre la parte nord è costituita dalle propaggini meridionali del Monte Pelao che chiudeva l’immenso vulcano. Immersi in questo tripudio di verde, qualcuno che qualche anno prima, da insegnante, percorreva tutti i giorni queste contrade, realizza che non siamo arrivati alla Carlo Felice ma stiamo beneficiando di un paesaggio di immensa bellezza. Grazie…all’autista. Intanto verifichiamo, nostro malgrado, che le strade di Banari sono troppo strette per un pullman troppo lungo visto che nell’affrontare una curva il pullman ha divelto un cartello stradale, ma con un po’ di pazienza tutto ritorna normale. Dopo una breve sosta per rifocillarci si riprende il viaggio per Nuoro. Anche alla città di Grazia Deledda, e Sebastiano Satta e Giorgio Asproni e Salvatore Satta e tanti altri personaggi illustri della città barbaricina arriviamo con un ritardo che si accumula sempre di più tanto è vero che rinunciamo a visitare la Chiesa della Solitudine tanto cara a Grazia Deledda Premio Nobel per la Letteratura nel 1926. Non possiamo rinunciare invece alla visita della Mostra sul Parkinson che è stata la motivazione principale della gita che poi ha assunto dimensioni più ampie.

L’ora del pranzo squilla da sola, ma per raggiungere il locale “istentales” che si trova in un bel sito verdeggiante ma in culo al mondo occorre avviare un taxi-service in modo da trasferire in ristorante tutti i passeggeri del pullman, che, barrasone per eccellenza, non può raggiungerlo. Finalmente in ristorante ci si riconcilia col mondo. Le pietanze gustose e genuine non ci fanno pentire di aver scelto quel ristorante. Dopo un genuino digestivo e qualche canto del repertorio del coro (che ci è servito come esercitazione in vista del concerto di martedì 31) intorno alle 5 del pomeriggio, felici e contenti ci apprestiamo ad intraprendere il viaggio di ritorno. Felici e contenti?Giove Pluvio non è dello stesso parere. In men che non si dica assistiamo a un ammassarsi di nuvole nere e appresso a una scarica violenta di acqua accompagnata da una gragnuola di chicchi di grandine grossi come nocciole. Il generoso Antonello ha pagato per tutti perché per dare una mano a tutti si è inzaccherato sino ai piedi. Dice bene un proverbio sardo: “Frittu ‘e maju s’ainu nde tremede”. Gradualmente la violenza del temporale va attenuandosi sino a prevedere un viaggio di ritorno più tranquillo ma il viaggio è destinato a mantenere la connotazione dell’avventura. E infatti al primo rettilineo in cui il vecchio pullman può
Il ricordo sfilacciato e smagliato è un incrocio tra il Quasimodo di Notre-Dame e il più vecchio degli gnomi