Volare si Può, Sognare si Deve!

Autore archivio: Kai Paulus

CREPIDOMA: ACCETTAZIONE DELLA MALATTIA di Kai S. Paulus

tempio greco

(seguito di  TEMPIO GRECO: CAMBIAMENTO PROGETTO 2)

Iniziando a costruire il nostro imponente palazzo dobbiamo ovviamente partire da fondamenta ben solide, senza le quali non può reggere l’edificio. Per la mole dell’argomento ho diviso le fondamenta in Crepidoma (basamenti a gradini su cui sorge il tempio) e Stilobate (ultimo gradino del Crepidoma e su cui basano le colonne).

 

Quando si deve affrontare una malattia così complessa e difficile, degenerativa e progressiva, come la malattia di Parkinson, la prima cosa che viene richiesta dalla persona ammalata, ma anche dai suoi famigliari, è l’accettazione.

L’accettazione è la chiave per sopportare i disagi e tollerare i cambiamenti, e rappresenta l’unica via che può portare verso una buona gestione del Parkinson, che significa poter proseguire la propria vita dignitosamente, preservando una soddisfacente qualità di vita.

Inizialmente può sembrare impossibile “accettare l’inaccettabile”, e molte persone dopo la diagnosi si sentono disorientati, ed i cambiamenti fisici sono accompagnati da preoccupazioni, paura, si sviluppano rabbia, tristezza, ansia ed anche depressione. La prima domanda alla quale si cerca disperatamente una risposta è quella ricordata da Franco Simula, “PERCHE PROPRIO IO?”  che in fin dei conti non aiuta a trovare vie d’uscita: la risposta non è scontata e spesso non la si trova, però occuparsi di questa domanda può rappresentare un inizio. E’ difficile intervenire in questa fase che ognuno/a affronterà a modo suo ed in base al proprio carattere e cultura, ma importante è di non rimanere soli e di essere gradualmente accompagnati verso la “metabolizzazione” dei cambiamenti e quindi verso l’accettazione, come abbiamo riassunto in “Accettare la malattia di Parkinson”.

Sergio Carmelita riferisce che la sua difficoltà sta nel dover affrontare lo stress quotidiano che la nuova situazione comporta. Lo stress di per sé è un fattore positivo che ci spinge a far bene ed è una fase di tensione equilibrata dallo sforzo a superarla. Lo stress ci conferisce la giusta spinta, la forza e la determinazione, che poi vengono compensati dal superamento della difficoltà. Invece, quando la difficoltà appare insormontabile, la tensione non si risolve ed anzi, accresce, e ci troviamo in uno stato di conflitto ingravescente, il cosiddetto distress, che ovviamente è un fattore negativo e può diventare patologico ed ampliare a dismisura l’originale problema e non risolvibile individualmente; da ciò scaturiscono paure, ansia e depressione. Ci si sente sconfitti, scoraggiati, apatici, e sì, pietrificati.

La malattia di Parkinson causa cambiamenti fisici che comportano disagio personale ma anche sociale: si cerca di evitare a stare con altri, ci si vergogna, come ammette Giuseppina Grina Manca. La vergogna può incidere molto nell’isolamento delle persone ammalate. E’ significativo, che questo importante aspetto di disagio venga suggerito da una “Sig.ra Parkinson” sottolineando importanti differenze di genere e diversità tra Parkinson femminile e maschile, che abbiamo già più volte trattate, vedi Parkinson: differenze di genere.

La situazione diventa difficile e mal sopportabile non solo per la persona con Parkinson ma anche per il familiare che si prende carico e quotidianamente deve consolare, incitare e motivare, ma anche riportare all’ordine, a volte ammonire. Il familiare vuole aiutare, assistere, facilitare, e per questo è continuamente a rischio di cadere nella trappola di scivolare nel ruolo di genitore, con l’alterazione dell’armonia e dell’equilibrio familiare, che inevitabilmente porta a incomprensioni, tensioni ed, appunto, stress.  Il peso del familiare caregiver diventa enorme ed alla fine il sistema famiglia va in crisi: incomprensioni, nervosismo, disperazione e/o indifferenza sono il risultato; un familiare disperato, in cosiddetto ‘burnout’, sfinito, non vive bene e non può essere di aiuto per l’ammalato/a, perché necessita di aiuto egli/ella stesso/a.

Gian Paolo Frau non solo conferma le difficoltà del ‘caregiver’ familiare con tutto il peso di responsabilità e la sensazione di solitudine, e che spesso si smarrisce nella sanità sarda, ma lamenta la mancanza di supporto per le famiglie da parte delle istituzioni, in piena sintonia con Glauco Di Martino, l’autore del libro ‘IL MIRACOLO DI MARI)

Per vivere una malattia neurodegenerativa ci vuole coraggio, tanto coraggio. Antonello Soro è stato inizialmente preso da “tristezza, malinconia e tremenda paura del futuro”, sensazioni che paralizzano e quasi non consentono di trovare soluzioni.

 

(segue con STILOBATE: ACCETTAZIONE DELLA MALATTIA 2)

STILOBATE: ACCETTAZIONE DELLA MALATTIA 2 di Kai S. Paulus

tempio greco

(seguito di CREPIDOMA: ACCETTAZIONE DELLA MALATTIA)

“L’accettazione della malattia è molto difficile ed in molti casi ricusata”, aggiunge il nostro G.B. precisando che le difficoltà aumentano con il passare del tempo aggravando ulteriormente la difficilissima impresa. Infatti, compiere il faticoso percorso di accettazione, diciamo come esempio, di un tremore, si spende tantissimo in termini di risorse psicologiche e personali; poi, appena riusciti nell’impresa ed abituati a malapena al tremore, ecco che già si presenta il prossimo ostacolo in forma di rigidità, freezing oppure rallentamento, e si deve ricominciare il lavoro daccapo. Questo continuo dover ricominciare logora tantissimo, e G.B. avverte “sapendo e sentendo dentro l’anima il rapace rimane a galleggiare nel dormiveglia del quotidiano, senza soluzione di continuità”.

Franco Simula concorda con quanto detto sinora ed aggiunge un elemento da non trascurare, le comorbidità, cioè spesso non si deve lottare solo col ‘rapace infingardo’ (cit. G.B.), ma anche con altre patologie (diabete, ipertensione, patologie ortopediche, ecc.) che altro non fanno che aggravare ulteriormente disagi e disabilità. Per non parlare dei disastri causati dal covid-19 con lockdown, isolamento, interruzione delle prestazioni assistenziali e marcata debolezza anche mesi dopo aver riscontrato il covid, come raccontato in (Il bersaglio mancato), (Parkinson e covid-19) e (Parkinson e resilienza covid-19).

L’accettazione della malattia promuove la motivazione e predispone alla volontà di ‘lottare contro su nemigu” (Peppino Achene). La battaglia potrà essere vinta solo se riusciamo ad attenerci alle precise indicazioni architettoniche del Tempio, che, tradotto in termini pratici, significa seguire certe linee guida con una buona dose di disciplina, cioè la consapevolezza della propria condizione e quindi la determinazione a voler cambiare il decorso della malattia e proseguire la propria vita familiare e sociale. Se riusciamo in questo, e soprattutto se riusciamo a non perdere di vista la nostra vita ed i nostri affetti, e non ci facciamo dominare dai pensieri e preoccupazioni, allora abbiamo creato buone basi per affrontare tutte le altre problematiche. Questo vale ovviamente per chi ha appena ricevuto la diagnosi o comunque sta ancora all’inizio della ‘battaglia’. Ma anche chi è più avanti con l’età e con la malattia, dovrebbe cercare di vivere con motivazione, conscio dei limiti ma anche delle proprie possibilità, potendosi ancora rendere utile, in famiglia come nonna/nonno, e nella società aiutando e motivando i più giovani (di malattia) con la propria storia e la propria esperienza.

Ed allora, G.B. propone, per evitare in tutti i modi l’isolamento, l’anticamera della depressione, di affidarsi alla ricerca scientifica.

Antonello Soro trova la soluzione e chiama “Dora ed il Frank, chiedo una canzone al nostro DJ” [Fabrizio Sanna], ‘cazzeggia’ sulla chat “perché la vita è bella, avere amici è bello e far parte della Family Park è bellissimo e, nonostante il Parkinson, il mio polso pulsa ed il mio cuore batte.”

Dora Corveddu aggiunge tre ottimi ‘mattoni’: un supporto psicologico per ammalato/a e familiare, maggiore coinvolgimento dei ‘caregiver, e maggiore informazione su malattia e terapie, e concorda con Antonello e Franco sull’importanza delle attività associative. E tutti si trovano pienamente d’accordo che l’unica via può essere solo l’accettazione, cioè affrontare attivamente le difficoltà. Franco Simula, in particolare, sottolinea che “piangere su se stessi genera pianto e depressione cioè non fa che accelerare la fine”, e vede nella volontà di ognuno l’elemento essenziale della gestione della malattia.

Porre queste indispensabili fondamenta del nostro Tempio dorico non è per niente scontato e per alcune persone può sembrare impossibile; in questi casi è consigliabile un supporto psicologico che aiuti nella accettazione. Mi raccomando, l’accettazione della malattia è il passo più importante, più delicato e forse anche quello più difficile, però, una volta compiuto questo primo passo cruciale, quelli successivi diventeranno comprensibili e superabili.

In questo sito si trovano molte storie e testimonianze di donne e uomini affette da Parkinson e dei loro famigliari, veri eroi, che non posso citare tutti ma che vale la pena di leggere spulciando ogni tanto il nostro archivio mese per mese, magari iniziando con (Custa est s’istoria de Peppino Achene) e (Profumo di Gelsomino – di Nicoletta Onida) per arrivare infine a (Il mio Parkinson – testo di G. B.) e (Il mio Parkinson – tra realtà e ironia. testo di Franco Simula). Vi dico che la lettura di questi, come i tanti altri contenuti in questo nostro sito, fanno riflettere e forse saranno di conforto e di aiuto per tanti; scritti teneri ed emozionanti, incoraggianti. A me hanno aiutato ad imparare il mestiere.

(segue con COLONNA DEL PARKINSON: I FARMACI) E mi raccomando, continuate a commentare e suggerire idee e quesiti; per il nostro Tempio ci vogliono ancora tantissimi mattoni.

 

Opera “Il Tempio Greco – Le sei colonne del Parkinson“.

Sinora pubblicati:

LE SEI COLONNE DEL PARKINSON

TEMPIO GRECO: CAMBIAMENTO PROGETTO

TEMPIO GRECO: CAMBIAMENTO PROGETTO 2

CREPIDOMA: ACCETTAZIONE DELLA MALATTIA

STILOBATE: ACCETTAZIONE DELLA MALATTIA 2

PET THERAPY E CAREGIVER AD ALGHERO di Kai S. Paulus

Ieri, sabato 29 ottobre 2022, si è tenuto in una soleggiata Alghero un convegno emozionante sul tema della “PET Therapy e Caregiver” nella sala conferenze Lo Quarter, che alla nostra Parkinson Sassari è già familiare per due nostre memorabili conferenze sulla riabilitazione non convenzionale [QUEL FANTASTICO INCONTRO AD ALGHERO] nel maggio ’17, e sui disagi della donna con Parkinson [La Signora Parkinson] nel settembre ’19, e quindi c’erano tutti i presupposti per un nuovo incontro che lascia il segno, questa volta organizzato dall’Associazione Parkinson Alghero con Cecilia Cuccureddu e Marco Balbina insieme alla consigliera comunale di Sassari Patrizia Zallu che poi ha moderato la ricchissima mattinata.

Dopo i saluti delle autorità, la pedagogista Anna Maria Giulia Fozzi ci ha raccontato, con il suo inconfondibile stile divertente, l’utilizzo degli emotional pets (peluche robotizzati), essenziali quando le località o il grado di disabilità non permettono un animale vero.

Francesca Soggiu, del Progetto Serena Onlus APS, ha spiegato il difficile percorso di educazione e preparazione di cani molecolari impiegati nei pazienti diabetici, quelli affetti da morbo di Batten, ed i recenti ‘screendog’ impiegati nel triage del covid-19.

La Prof. Raffaela Cocco del dipartimento di Medicina Veterinaria, esperta in comportamento e IAA (Interventi Assistiti con Animali), ha illustrato, tramite una serie di video, alcuni momenti di educazione di cani caregiver, e la psicologa e referente di intervento IAA, Antonella Sircana, ha parlato degli interventi assistiti con gli animali, dell’importanza dell’èquipe e dell’importanza di prendersi cura dei caregiver per poter avere una relazione che cura.

Sono seguite tante testimonianze, tra cui Angelina Sassu, vicepresidente dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti, accompagnata dalla giovane Sara Cocciu, insieme ai loro cani Rose e Faite. Hanno preso la parola anche Cinzia Madeddu, presidente dell’associazione Atto d’Amore di Cagliari e Patrizia Prisco con il suo cane Kent. Non potevano mancare in questa straordinaria mattinata i volontari della associazione culturale Angedras Eventi che hanno collaborato all’organizzazione dell’evento.

da sinistra: Marco Balbina, Patrizia Zallu, Antonella Sircana, Raffaela Cocco.

Un ulteriore momento molto emozionale è stata la presenza di Fabrizio Pinna con la madre Francesca Cavassa ed il cane Kira, venuti da Olbia, campioni d’Italia di para-agility (e terzi al campionato mondiale!) nel 2019.

Per la cronaca, erano presenti in sala anche rappresentanti della Associazione Parkinson Nuoro, il nostro ‘fac totum Antonello Soro, e l’esperta di movimento e danzaterapia Annalisa Mambrini.

Michele Pais, Mario Conoci e Gianfranco Ganau alle prese con un ‘emotional pet’.

Infine, le autorità presenti a questo straordinario evento erano davvero tante, tra cui il Sindaco di Alghero Mario Conoci, il presidente del Consiglio Regionale Michele Pais, il presidente del Consiglio Comunale di Sassari Maurilio Murru, on. Desirè Manca, sen. Ettore Licheri e on. Gianfranco Ganau, e tutti d’accordo di intervenire con poche parole per rispetto di fronte agli eroi in sala.

Complimenti a Patrizia Zallu, Cecilia Cuccureddu e Marco Balbina: avete organizzato un evento di cui si parlerà ancora a lungo.

Alcuni dei protagonisti con al centro il campione d’Italia, Fabrizio Pinna, affiancato da, in prima fila a sinistra Francesca Soggiu, ed a destra, Patrizia Zallu.

Cosa aggiungere? Anch’io non avevo parole davanti a tanto coraggio, umiltà e volontà. Già qualche anno fa avevamo accennato all’aiuto degli animali per le persone affette da Parkinson (vi ricordate il barbagianni Lollo?), ma penso che dovremo approfondire la tematica al più presto possibile visti i molteplici utilizzi e benefici.

Ettore Licheri insieme ai campioni d’Italia, Fabrizio Pinna e Kira.

TEMPIO GRECO: CAMBIAMENTO PROGETTO

(seguito di LE SEI COLONNE DEL PARKINSON)

Rallentiamo i lavori in corso e cambiamo progetto dando voce anche a voi, in maniera che tutti/e possano aggiungere “mattoni” e costruire questo nostro Tempio contribuendo con i propri suggerimenti e le proprie idee. Sarà un palazzo fatto da tutti, cioè la gestione del Parkinson con le vostre proposte e richieste: “Come vorreste essere curati? “, “Come vorreste sia gestito il mondo del Parkinson?”, “Cosa vorreste aggiungere?”, “Cosa vi manca?”, “Cosa non serve?”, levostre emozioni, i vostri bisogni, ecc.

Aggiungeremo i vostri ‘mattoni’ e, se sono tanti, aggiungeremo anche una intera colonna.

Potete scrivere le vostre idee nei commenti sotto ogni nuovo capitolo., anche qua sotto, per iniziare subito. Per esempio: ho appena pubblicato l’introduzione a “Le sei colonne del Parkinson” al quale Sergio ha commentato di problemi con solitudine e stress, e Franco ha invece sottolineato che venga considerata la volontà della persona.

Questi due “mattoni” inserirò, citando gli autori, nel prossimo capitolo “Le fondamenta”, dove si parlerà di accettazione, motivazione e coraggio.

tempio greco

Il piano dell’opera è la seguente:

  • Le Fondamenta (accettazione, partecipazione, motivazione, coraggio)
  • Il trattamento farmacologico
  • Il trattamento riabilitativo
  • La Famiglia e/o ‘caregiver’
  • Il Sonno
  • La Digestione
  • L’umore
  • Il tetto (riassunto, temi ancora non trattati)

Su questi temi, ma anche su altri riguardanti la gestione del Parkinson, potete da subito dire la vostra.

Volevo porre le fondamenta stasera, però aspettiamo, in attesa dei vostri “mattoni”; nel frattempo aggiungerò questi due pensieri di Sergio e Franco al capitolo de “Le Fondamenta”, ed ancora altri che si aggiungeranno in questi giorni. In questo modo andremo avanti di settimana in settimana, ed il Tempio diventerà grande, costruita da tante persone. Quindi, una specie di guida al trattamento del Parkinson a 360° grazie anche ai vostri contributi.

KP

(segue “Tempio Greco: Cambiamento Progetto 2”)

LE SEI COLONNE DEL PARKINSON di Kai S. Paulus

tempio greco

Con questa serie di brevi capitoli “Le sei colonne del Parkinson” cercherò di fornire una sintetica panoramica sulla gestione globale della malattia di Parkinson.

In questi anni mi sono reso conto che lo stato di salute di ogni persona parkinsoniana è diverso, perché c’è la differenza di genere, perché ognuno/a in base al proprio carattere reagisce in maniera diversa, perché non si tollerano alcuni farmaci, perché l’assistenza pubblica e/o familiare non è ottimale, perché è difficilissimo accettare la diagnosi e tutto ciò che con essa cambia.

Il mio lavoro consiste nel tagliare su misura l’abito della cura del Parkinson: aggiungo farmaci, li sposto, li sostituisco, aumento o abbasso il loro dosaggio, consiglio fisioterapia e supporto psicologico, richiedo consulenze specialistiche per altre patologie, e propongo attività associative. Questa delicata quanto difficile impresa viene complicata dalla comprensibile preoccupazione di paziente e familiare sulle aspettative prossime e future.

Come vedete, ci sono tantissime variabili ed è quasi impossibile confezionare un abito perfetto per ognuno/a. Nella mia attività quotidiana si sono formate negli anni delle tematiche, dei capitoli, dei capisaldi, che sono validi per tutti/e, e che contribuiscono notevolmente al miglioramento della qualità di vita, e, da non trascurare, sono completamente gratuiti e fattibili per tutti.

Ma come posso strutturare tutte le questioni e far ordine in questa giungla di necessità, bisogni, prescrizioni, consigli e raccomandazioni?

Allora mi è venuta un’idea…

Vorrei costruire insieme a voi un antico Tempio greco, di quelli belli e robusti, stile dorico, dove ogni colonna rappresenti un capitolo fondamentale della gestione globale della malattia di Parkinson, e dove, capitolo per capitolo, erigeremo prima le fondamenta, poi una ad una le colonne portanti, ed infine metteremo il tetto che protegge e terrà insieme le colonne permettendoci di individuare al primo sguardo tutte le questioni essenziali per affrontare la malattia.

tempio greco

Premessa:

Il Parkinson è una patologia progressivamente invalidante e con il tempo causa sempre più problemi e disagi, sia per la persona ammalata sia per i familiari.

Esistono diverse strategie per ridurre le disabilità psicomotorie parkinsoniane ed il carico psicofisico di familiari e/o assistenti, ma ci vogliono innanzitutto:

1) un approccio multidisciplinare da parte dell’assistenza sanitaria (neurologo, fisiatra, psicologo, ed altre figure professionali in base alle necessità), più facilmente raggiungibile con un PDTA (Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale), proposto da noi già da diverso tempo ed ancora in attesa di realizzazione, e

2) un adeguato approccio socio-familiare inscindibile da un atteggiamento positivo e motivato della persona parkinsoniana che dovrebbe partecipare attivamente alla gestione della propria malattia.

Iniziamo allora il nostro cantiere e poniamo le basi:

                                                                                (segue con TEMPIO GRECO: CAMBIAMENTO PROGETTO)

ACCETTARE LA MALATTIA DI PARKINSON di Kai S. Paulus

Accettazione

(Pillola n. 24)

La malattia di Parkinson causa tanti problemi, tra cui instabilità posturale, rigidità, rallentamento dei movimenti, tremori, insonnia, ansia, depressione, dolori e fatica, e rende la persona progressivamente sempre più disabile con un sempre maggiore consumo di farmaci che a loro volta possono ulteriormente complicare il precario stato di salute.

Negli ultimi anni è diventato sempre più evidente che l’accettazione della malattia aiuta a gestire meglio le varie disabilità, con riduzione delle stesse, e minor assunzione di farmaci. Quindi l’accettazione è promossa di diritto a uno dei pilastri della gestione globale del Parkinson. Tutto semplice per l’operatore sanitario. Ma l’amico Giuseppe lo spiazza chiedendo “Ma come faccio ad accettare la malattia?” Domanda che segue contestualmente quella “Perché proprio io?” (vedi archivio maggio 2020).

Se la malattia, e la disabilità in generale, causano limitazioni nelle attività quotidiani e nella convivenza familiare e sociale, provocando di conseguenza diversi stati d’animo quali delusione, sconfitta, tristezza, ansia, depressione, rabbia, e quindi rifiuto e non accettazione, allora la soluzione non può che essere l’accettazione e la resilienza.

Sembra facile, ma invece è una delle problematiche individuali più difficili. Se ci si riesce, il premio sarà inevitabilmente un miglioramento della qualità di vita, un miglioramento del quadro neurologico, e soprattutto un miglioramento della soddisfazione della propria vita.

La resilienza è un approccio basato sulle risorse individuali disponibili che aiuta ad affrontare positivamente e creativamente le difficoltà.

Ed ora arriviamo al nocciolo della questione: come possiamo accettare una malattia che rende ogni movimento faticoso, ci stravolge la vita, ci cambia le prospettive, i rapporti familiari e quelli sociali, insomma, ci riduce nettamente la qualità della nostra vita. Perdiamo l’autostima, aumenta l’ansia, e la depressione ci attende dietro l’angolo.

Innanzitutto, dobbiamo conoscere la nostra malattia e le nostre disabilità, non subirle quotidianamente, ma osservarle e studiarle in ogni momento della giornata e della notte [mi raccomando: il sonno!], che ci aiuta a individuare i nostri limiti ed i nostri bisogni, da comunicare anche al familiare e/o assistente.

Imparando a conoscere la malattia giorno dopo giorno, possiamo individuare le continue fluttuazioni fisiche ed emotive e gli effetti dei farmaci.

Conviene parlarne con qualcuno che ci ascolta, che può essere un familiare, un amico/a, un assistente, un operatore sanitario, ecc. Dobbiamo esprimere i nostri pensieri ed emozioni suscitati dalla disabilità, dai limiti e dalle sfide quotidiane.

Dobbiamo individuare i servizi che la collettività ci mette a disposizione, utilizzarli al meglio, ma anche comunicare alle sedi predisposte i disagi e servizi non ottimali (burocrazia, attese, ecc.). Ogni comune mette a disposizione assistenti ed operatori sociali e servizi per le disabilità, la sanità pubblica fornisce terapisti, infermieri, OSS, psicologi, medici e specialisti di ogni branca della medicina, e lo stato prevede diversi aiuti personali, materiali ed economici (assistenti, ausili, esenzioni per malattia, invalidità, accompagnamento, permessi familiari, ecc.)

Accanto a questi aiuti istituzionali esiste il mondo del volontariato e delle associazioni, che è importante conoscere e vivere.

Vi siete mai chiesti a cosa serve la nostra Parkinson Sassari?

L’associazione rappresenta un punto di riferimento, un luogo dove confrontarsi con persone che devono affrontare le nostre stesse difficoltà, valido sia per le persone ammalate sia per i familiari. L’associazione può diventare un rifugio, un gruppo di amiche ed amici, una grande famiglia che protegge, conforta ed aiuta.

L’associazione può essere divertente e luogo di svago, occasione di una risata; l’associazione offre eventi ricreativi e ludici, invita a gite, pranzi e cene [il Beach Park appena inaugurato durante l’estate 2022 ne è piacevole esempio].

L’associazione informa con incontri di diverse figure professionali sanitari ed amministrativi, ed organizza seminari, eventi informativi e convegni; e con il proprio sito internet l’associazione racconta le proprie attività ed informa delle novità scientifiche.

L’associazione riabilita con la ginnastica (per migliorare l’equilibrio, la coordinazione e la deambulazione), con il coro (per migliorare il timbro della voce, l’espressione verbale, ma anche la deglutizione), con il teatro (per migliorare la memoria e l’autostima), il tutto praticato in gruppo per migliorare la socializzazione ed il buon umore [divertimento=dopamina!].

Ma l’associazione è anche partecipazione attiva: ognuno/a di noi ha la sua storia da raccontare, le sue esperienze da condividere; ognuno/a ha un talento che può mettere a disposizione degli altri, potrà contribuire ad organizzare attività ed eventi, aiutare chi ha maggiori difficoltà, motivare gli indecisi, suonare uno strumento, proporre una canzone da cantare, una sceneggiata da recitare, una gita da gioire, un pranzo da gustare. La partecipazione attiva solleva l’autostima e trasforma la propria disabilità in aiuto, sostegno, motivazione e insegnamento per terzi [la disabilità sale in catedra!].

Accettazione

La malattia richiede l’accettazione delle cose che non siamo più in grado di fare, ma richiede anche la consapevolezza che possiamo/dobbiamo adattarci: non dobbiamo rimpiangere le nostre abilità perdute, ma concentrarci su ciò che invece possiamo fare e creare. [probabilmente non tutti condividono questa mia frase, ma se all’inizio scambiate la parola “malattia” con “età”, nessuno obietterà, vero?]

Infine, può essere utile la lettura di storie di altri disabili e come loro hanno superato le loro paure e limitazioni; anche questo nostro sito è pieno di testimonianze da leggere con attenzione, e che grazie al nostro fantastico webmaster Gian Paolo Frau vengono puntualmente pubblicati e che si possono trovare nell’archivio del sito.

L’arte dell’accettazione della malattia di Parkinson [si tratta veramente di un’arte che tutti possono e dovrebbero imparare] a Sassari probabilmente è un po’ più facile che in altri posti: possiamo contare su un efficiente Ecosistema del Parkinson, molto evoluto negli ultimi anni [è interessante rivisitare una sua precedente versione in L’Ecosistema Parkinson Sassari, oppure nel mio articolo del 2016 Dott. Paulus non molla Mr. Parkinson], e che attualmente è formato, oltre da Comune e ASL di Sassari, dalla nostra Associazione Parkinson Sassari con la sua rete di connessioni con l’Università che lega a noi diversi specialisti quali psicologi, terapisti, farmacologi, neurologi, nutrizionisti e tanti altri, e dove la persona affetta da Parkinson e la sua famiglia non è abbandonata ma aiutata, integrata e supportata.

Vi sembro troppo ottimista? Non mi pare, guardate l’Ecosistema attuale:

  • La Provincia: ci ha appena concesso la sala per la nostra tradizionale Giornata Sassarese della malattia di Parkinson di fine anno;
  • Il Comune: sempre vicina tramite la Commissione per le Disabilità;
  • ASL: l’ambulatorio Parkinson ha appena aggiunto ulteriori possibilità di prenotazione tornando ai pieni ritmi pre-covid; è in corso il progetto su Familiari/Caregiver;
  • Università: conclusosi prima dell’estate la ricerca sui virus nel Parkinson con prossima presentazione dei risultati, è ora iniziato il progetto di fitness con la Facoltà di Scienze motorie che coinvolge le associazioni Parkinson di Sassari e di Alghero;
  • Associazione Parkinson Sassari: sta sistemando la nuova sede in previsione della sua prossima apertura; sta preparando, dopo lo stop dovuto alla pandemia, la Giornata Sassarese del Parkinson; il coro “Volare si può” è in piena attività.

Non male, vero? E se parte il PDTA (Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale) del Parkinson suggerito da noi all’ASL di Sassari, allora l’utenza personale e familiare sarà pienamente inserita in una rete globale che aiuterà a 1) accettare la malattia, 2) affrontarla e 3) migliorare la qualità di vita ottenendo un livello di vita soddisfacente in attesa della prossima generazione di farmaci innovativi.

Più che mai: Volare si può sognare si deve!

 

Fonti bibliografiche:

Gheshlagh RG, Sayehmiri K, Ebadi A, Dalvandi A, DalvandS, Tabrizi KN. Resilience of Patients with Chronic Physical Diseases: a systematic review and meta-analysis. Iran Red Crescent Med J, 2016; 18(7): e38562.

Mahmoud NN, Rothenberger D. From Burnout to Well-being: a focus on resilience. Clin Colon Rectal Surg 2019: 32: 415-423.

Robottom BJ, Gruber-Baldini AL, Anderson KE, Reich SG, Fishman PS, Weiner WJ, Shulman LM. What determines resilience in patients with Parkinson’s disease. Parkinsonism and Related Disorders, 2012; 18: 174-177.

Rosengren L, Forsberg A, Brogardh C, Lexell J. Life Satisfaction and Adaptation in Persons with Parkinson’s Disease – A qualitative study. Int. J. Environ Res Public Health 2021; 18, 3308; 1-12.

SLA: FINALMENTE UN NUOVO FARMACO di Kai S. Paulus

(Pillola n. 23: permettetemi di dedicare questa Pillola alla SLA perché c’é una grossa novità)

La sclerosi laterale amiotrofica, SLA, è una malattia neurodegenerativa che colpisce il sistema motorio ed in particolare la via motoria esecutiva, con il primo motoneurone che origina nella corteccia cerebrale e che proietta il commando del movimento al tronco encefalico ed al midollo spinale, da dove il secondo motoneurone si porta in periferia dove innerva ed aziona il muscolo scheletrico (collo, gabbia toracica, braccia e gambe).

Il sistema motorio con il primo motoneurone che origina nella corteccia cerebrale, ed il secondo motoneurone che arriva fino la muscolo

Nella SLA sono colpiti entrambi i motoneuroni a causa di mutazioni genetiche quali quella del gene che codifica per l’enzima antiossidante, superossido dismutasi SOD1, del gene TARDBP che codifica per la proteina TDP-43, importante nella regolazione di altri essenziali geni, e di mutazioni del gene C9ORF72 che codifica per la omonima proteina coinvolta nei processi di fagocitosi intracellulare. A queste possibili mutazioni si aggiungono una serie di possibili fattori ambientali, tra cui sostanze tossiche, pesticidi ed insetticidi.

La malattia del motoneurone è una malattia rara con una prevalenza di 6-7 casi ogni 100.000 abitanti (quella del Parkinson è di 3 casi ogni 1000), che colpisce maggiormente persone giovani con una lieve prevalenza tra i maschi.

Il quadro clinico della sclerosi laterale amiotrofica è rapidamente progressivo ed è caratterizzato da una ipotrofia e ipostenia muscolare che porta progressivamente a debolezza muscolare ai quattro arti con difficoltà nella manualità e nella deambulazione fino ad una tetraplegia con allettamento, difficoltà nell’espressione verbale (disartria), nella deglutizione (disfagia) e respirazione (dispnea). L’attuale terapia con il farmaco riluzolo può rallentare lievemente la progressione della malattia che in alcuni anni porta comunque alla morte.

La notizia che il nuovo farmaco, tofersen, possa non solo rallentare ma addirittura ridurre la SLA, ha quasi del miracoloso.

Lo studio scientifico, appena pubblicato, sul nuovo farmaco Tofersen

Tofersen è un oligonucleotide antisenso che si lega al RNA (copia temporanea di un pezzo di DNA) del gene mutato della SOD1 bloccando la produzione della proteina alterata che innesca i processi cellulari che conducono alla degenerazione del neurone.

Da ciò si deduce, però, che il nuovo farmaco rappresanta al momento una promettente opzione terapeutica solo per le persone con la mutazione di SOD1, che in Italia attualmente sono circa 120-150.

Pur riguardante solo una piccola popolazione di ammalate/i di SLA, i risultati scientifici di tofersen sono eclatanti e danno molta speranza a tutta la comunità di persone affette da malattie neurodegenerative in quanto questo farmaco, già somministrato anche in Italia, rappresenta l’inizio di una nuova era del trattamento farmacologico, non più sintomatico, ma modificante il decorso della malattia [in realtà già iniziata qualche mese fa con il Risdiplam per l’atrofia spinomuscolare, di cui vi avevo informato a giugno, vedi “Atrofia spinomuscolare”, archivio giugno 2022]

Personalmente sono molto emozionato, perché ho studiato la SLA sin dai tempi della mia specializzazione alla fine degli anni ’90 lavorando ad una interessante tesi che successivamente è stata pubblicata su una rivista scientifica internazionale, ed oggi seguo tante persone con SLA insieme allo straordinario gruppo della SS Malati Ventilati e ACA della ASL Sassari, l’anestesista Simona Troisi, la psicologa Annalisa Calabretta, l’assistente sociale Elisabetta Marras, oltre a competenti infermieri e fisioterapiste, capitanato dalla responsabile, dott.ssa Vanna Chessa, che tutti insieme svolgono un incredibile ed insostituibile lavoro e sono un vanto per nostra sanità pubblica sassarese.

La mia tesi di specializzazione: uno studio elettrofisiologico con gli allora innovativi potenziali evento-correlati, con cui si possono sondare le capacità del cervello

Fonti bibliografiche:

Anderl-Straub S, Schuster J, Dorst J, Ludolph AC. Amyotrophe Lateralsklerose und Frontotemporale Demenz – auf dem Weg zu gemeinsamen genspezifischen Therapieansaetzen. Der Nervenarzt 2021; 92: 1219-1226.

Dorst J, Genge A. Clinical studies in Amyotrophic Lateral Sclerosis. Curr Opin Neurol 2022; 35(5): 686-692.

Ito D. Promise of Nucleic Acid Therapeutics for Amyotrophic Lateral Sclerosis. Ann Neurol 2022; 91(1): 13-20.

Miller TM, Cudkowicz ME, Genge A, Shaw PJ, Sobue G, Bucelli RC, Chiò A, Van Damme P, et al. Trial of Antisense Oligonucleotide Tofersen for SOD1 ALS. N Engl J Med 2022, 387(12):1099-1110.

Miller T, Cudkowicz M, Shaw PJ, Andersen PM, Atassi N, Bucelli RC, Genge A, et al. Phase 1-2 Trial of Antisense Oligonucleotide Tofersen for SOD1 ALS. N Engl J Med 2020; 383(2): 109-119.

ATROFIA SPINOMUSCOLARE di Kai S. Paulus

(Pillola n. 22)

 

Progressiva” e “degenerativa” sono questi i termini con cui il nostro vicepresidente Franco Simula sottolinea la gravità della malattia di Parkinson. Spero, e sono convinto, carissimo Prof. Simula, che questi aggettivi possano presto sparire dal vostro vocabolario.

 

Nei due giorni della settimana, che sono in servizio per le visite a domicilio, vado a trovare persone con malattie molto gravi, come la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), quasi tutti allettati e con ventilazione meccanica, e dove i medici si sentono completamente impotenti.

 

Da diverso tempo sto seguendo a domicilio delle persone affette da una malattia rara, la atrofia spinomuscolare (SMA), che si basa su un difetto genetico che causa una debolezza muscolare “progressiva” e degenerativa”. Nei casi in cui la SMA si manifesta già alla nascita, il bambino si presenta senza forza alcuna e flaccido (“floppy child”) e non riesce a raggiungere il primo traguardo nello sviluppo del movimento, e cioè, non riesce a rimanere seduto autonomamente. Quando invece la “degenerazione” muscolare si presenta nel corso degli anni, la persona perde “progressivamente” la forza muscolare con sempre maggiore perdita delle autonomie residue fino a finire in sedia a rotelle ed, alla fine, allettata.

La malattia è dovuta a delle mutazioni del gene SMN1 che codifica per una proteina, SMN, essenziale per il corretto funzionamento del motoneurone, cellula neuronale che innerva l’unità motoria formata da una o più fibre (cellule) muscolari. Pertanto, l’alterazione di quella proteina porta a disfunzioni e “degenerazione” del neurone che innerva il muscolo, con conseguente “progressiva” debolezza e ipotrofia muscolare.

 

Tra parentesi, visto che in questo periodo ci stiamo dedicando molto a familiari e caregiver, immaginatevi, se l’unico familiare, che si prende cura di una persona così grave, ad un certo momento subisce un ictus cerebrale (…)

 

Ora però arriva Risdiplam, un farmaco che interviene direttamente sul meccanismo della malattia inibendo la sua “progressione” e riducendo il quadro clinico; quindi, a tutti gli effetti un farmaco in grado non solo di agire sui sintomi, come siamo abituati noi con i farmaci anti-Parkinson, ma capace di modificare il decorso della malattia (“disease modifying”) agendo direttamente sul processo patologico.

Il risultato sarà, 1) per le persone sintomatiche, con sintomi clinici, una riduzione della gravità del quadro clinico e conseguente miglioramento della qualità di vita per ammalati e familiari, e 2) per gli asintomatici, clinicamente sani, l’evitare dell’esordio di segni e sintomi.

 

Il risdiplam rappresenta per l’atrofia spinomuscolare l’inizio di una nuova, epocale, generazione di farmaci che, speriamo presto, stiano per arrivare anche per altre malattie neuro- “degenerative” e “progressive”, come la SLA e la malattia di Parkinson.

Vittoria? Forse non ancora. Ma per me medico, poter portare a casa un farmaco simile, è, a dir poco, entusiasmante ed è la prima volta che succede un fatto talmente clamoroso nella mia vita professionale.

E se prossimamente Franco Simula dovesse essere costretto a modificare il suo vocabolario a riguardo del Parkinson?…  Non vedo l’ora.

 

Fonti bibliografiche:

Martin P, Horber V, Park J, Kronlage C, Grimm A. Spinale Muskelatrophie. Nervenarzt 2022; 93(2): 191-200

Mercuri E, Deconinck N, Mazzone ES, et al., SUNFISH Study Group. Safety and efficacy of once.daily risdiplam in type 2 and non-ambulant type 3 spinal muscular atrophy (SUNFISH part 2): a phase 3, double-blind, randomized, placebo-controlled trial. Lancet Neurol 2022;21(1): 42-52

Paik J. Risdiplam: a review in spinal muscular atrophy. CNS Drugs 2022; 36(4): 401-410

“IL CAREGIVER: QUALCOSA STA CAMBIANDO” di Kai S. Paulus

Ieri mattina, al Palazzo di Provincia, siamo stati tra amici: c’erano Giannella e Franco, Adelaide e Tonino, Graziella e Piero, Immacolata e Antonio, Giuseppina e Geminiano: ed ancora, gli amici di Alghero Cecilia e Marco, il nostro storico psicologo dai tempi delle Cliniche, dott. Giovanni Carpentras, e la presidente della commissione di disabilità del Comune di Sassari, Ermelinda Delogu, e tanti, tanti altri. Tutti per assistere ad uno straordinario incontro sulla tematica del “caregiver” con tante persone interessanti e competenti, promosso dalla consigliera comunale Patrizia Zallu, e che qui di seguito vorrei raccontarvi. (come richiesto per la campagna elettorale, non sono stati inseriti foto dei relatori intervenuti al convegno)

Già tante volte ci siamo occupati della figura del caregiver, del prestatore di cure, abbiamo parlato di solitudine, smarrimento, rabbia, disperazione, di sensi di colpa e di inadeguatezza:

Ma forse qualcosa sta cambiando…

Dopo i saluti delle autorità, del Vicesindaco e assessore ai servizi sociali ed alle politiche della casa del Comune di Sassari, avv. Gianfranco Meazza, del presidente del consiglio del Comune di Sassari, dott. Maurilio Murru, e del presidente del consiglio del Comune di Porto Torres, Salvatore Francesco Satta, la moderatrice Patrizia Zallu introduce l’incontro e dà la parola all’autore del fortunato libro ‘Il Miracolo di Mari’ ed ideatore di questi incontri sulla tematica del ‘caregiver’, l’amico Glauco Di Martino, che in sintesi ripercorre alcuni momenti della sua vita da ‘caregiver’ dei suoi genitori, e che presenta quindi Aurora Nucci e Chiara Delogu che leggono alcuni significativi brani di ‘Il miracolo di Mari’.

La consigliera Zallu dà quindi la parola alla pedagogista dott.ssa Anna Maria Giulia Fozzi che da molti anni si dedica alla stimolazione cognitiva, formazione e di supporto degli anziani, e riferisce in modo schietto delle criticità quotidiane dell’assistenza della persona non autosufficiente.

In seguito faccio un doveroso distinguo tra familiare e caregiver, ed esprimo il mio senso di colpa di operatore sanitario combattuto tra volere e potere, e poi la nostra moderatrice chiama in causa l’ex campione nazionale di rugby, Antonello Camerada, che lascia la sala in doveroso silenzio con la sua struggente testimonianza di ‘caregiver’ di sua moglie, ripercorrendo minuziosamente i percorsi ad ostacoli come illustrati anche nel libro ‘Il miracolo di Mari’, denunciando una volta in più la solitudine e l’isolamento sociale del familiare, assistente di un suo caro, ma anche la fortuna di avere con sé un prezioso amico a quattro zampe.

Fabrizio Pinna di Olbia, affetto da una grave malattia congenita e disabile, confinato in carrozzina, ci racconta la sua vita da sportivo insieme al suo cane approfondendo la pet-therapy e l’utilità degli animali, già accennata da Antonello Camerada, e poi meglio chiarita dalla vicepresidente dell’associazione Ichnos Project, Maria Luisa Piredda, che invita tutti, per venerdì prossimo, alla Giornata del Super Cane al parco di Baddimanna, per mostrare l’importanza degli animali nella vita delle persone non autosufficienti o in difficoltà.

L’onorevole Desirè Manca, ribadisce la necessità che la politica deve procedere coesa e rapida per intervenire sui bisogni di malati e famiglie.

Il senatore Ettore Licheri illustra alla platea un disegno di legge che dovrebbe dare riconoscimento sociale ed una qualifica al caregiver, a cui si associa l’onorevole Gianfranco Ganau, che però spiega anche le difficoltà regionali con quattro proposte per la sanità neanche calendarizzate, ma vanta la Regione Sardegna, unica regione italiana che offre ‘permessi familiari’ (legge 104) ed il ‘ritorno a casa’ (RAC).

Poi prende la parola il presidente dell’Associazione Stomizzati, Loreto Ciappeddu, toccando temi molto pratici, ma anche la desolazione e la tristezza della persona stomizzata, socialmente quasi non esistente.

Il consigliere comunale, avv. Daniele Deiana, riassume quanto esposto dai colleghi politici e si unisce alla volontà di lavorare tutti insieme, senza bandiera, per il bene di disabili e famiglie.

Interviene anche Franco Simula, vicepresidente della nostra Parkinson Sassari, esprimendo la sua perplessità sulle difficoltà di portare avanti in parlamento proposte di migliorie civili che riguardano tutti noi, politici compresi, e ricordando la fragilità della famiglia con una persona non autosufficiente.

Non può mancare il nostro “portatore sano” Tonino Marogna, che denuncia l’assenza di istruzione del caregiver, e ricorda la morte per soffocamento di una persona affetta da Parkinson perché il suo caregiver non conosceva la semplice manovra di Heimlich che gli avrebbe salvato la vita.

Infine, l’infermiere Andrea Tirotto provoca la platea con il suo dissenso al disegno di legge appena proposto, perché l’impegno dei famigliari dovrebbe essere implicito e doveroso senza necessitare di leggi e riconoscimenti ‘vuoti’.

Si conclude così un evento davvero riuscito, partecipato e costruttivo.

Sono rimasto piacevolmente sorpreso, che molte autorità, in particolare sen. Ettore Licheri e dott. Gianfranco Ganau, hanno seguito tutto l’incontro e si sono trattenuti anche dopo l’evento per ulteriori chiarimenti. Chapeau!

(segue IL CAREGIVER: QUALCOSA STA CAMBIANDO 2)

IL CAREGIVER: QUALCOSA STA CAMBIANDO 2 di Kai S.Paulus

noi tre

(seguito di “IL CAREGIVER: QUALCOSA STA CAMBIANDO”)

 

Ora, permettetemi una riflessione.

Concordo con Andrea Tirotto, quando afferma che non c’è bisogno di una legge che certifichi il ruolo del famigliare.

Qua bisogna definire bene cosa si intende per ‘caregiver’, cioè una persona che presta cure, che assiste una persona non autosufficiente.

A mio avviso bisogna distinguere tra il familiare che, quando si presenta la situazione, automaticamente, e senza scampo, scivola nel ruolo dell’assistente; lo fa perché è membro della famiglia, perché il suo caro ha bisogno di aiuto, perché moralmente obbligato. Il familiare certamente non ha bisogno di un pezzo di carta che lo qualifichi come ‘prestatore di cure’ del proprio caro, così come un genitore non ha bisogno di un encomio perché fa il genitore.

Invece, il familiare ha bisogno che il sistema sanitario funzioni, che sia immediato, qualificato ed efficace, che lui/lei abbia un punto unico di riferimento, e che non debba correre tra mille uffici dovendo esibire ogni volta le stesse certificazioni di malattia e disabilità, ogni volta in originale e, mi raccomando, ogni volta recente (come se una malattia, progressiva e degenerativa, come sottolinea Franco Simula, possa improvvisamente guarire); ed inoltre, che arrivino i presidi corretti, funzionanti ed in tempo utile, e soprattutto, il familiare necessita di tutela e di certezza e che possa contare su una comunità emancipata e socialmente evoluta.

Invece, il caregiver professionale, esso sì che necessita di regole, istruzione, compensi e riconoscimenti, che il suo lavoro possa addirittura rappresentare un’opportunità di formazione e di lavoro specialmente per i giovani. Ma per questo, il lavoro del caregiver deve essere attrattivo e necessita di una qualifica giuridica.

E chi paga l’istruzione ed i compensi del caregiver?

A questo punto rischiano di naufragare tutti i nostri buoni propositi: la sanità costa, costa tantissimo (nel 2020 il 7,5% del PIL nazionale, ovvero 135 miliardi di euro!) e quindi, non è possibile finanziare tutto.

Però, una via ci sarebbe, ed è quella del miglioramento della rete sociale stessa, innanzitutto con l’ottimizzazione delle risorse, e poi con la creazione di posti di lavoro per i caregiver professionali stipendiati, il che comporta un maggior numero di contribuenti e pertanto un maggiore gettito fiscale, ma anche meno disoccupazione, meno povertà. Ed ancora: più assistenza e più qualità di vita per la persona non autosufficiente e per i familiari, che poi non dovranno rinunciare al proprio lavoro potendo proseguire a produrre, creando reddito e contributi.

Infine, ogni soluzione, anche quelle proposte nel criticabile disegno di legge discusso ieri mattina, contribuiscono ad alleggerire il peso dei ‘caregiver’, il che, secondo il neuroscienziato Bartolomei, migliora la qualità di vita dell’assistito e riduce i costi sanitari (ricoveri, accessi al Pronto Soccorso, accertamenti strumentali, farmaci).

Credo che tutto ciò sia un ottimo investimento per rafforzare lo stato sociale. Inoltre, come abbiamo sentito durante il convegno, molti presidi sanitari sono obsoleti, e quindi un maggior coinvolgimento dell’industria italiana per l’innovazione tecnologica sanitaria ed assistenziale aumenterebbe ulteriormente l’occupazione, PIL, welfare, e soprattutto qualità di vita.

Ci sarebbe ancora molto da dire e siamo solo all’inizio. Ora speriamo che il disegno di legge sul caregiver, nonostante le sue criticità, possa essere approvato, e così anche le proposte regionali, ed in autunno, come concordato con gli amici catalani Cecilia Cuccureddu e Marco Balbina (presidenti della Associazione Parkinson Alghero), ci si rivedrà tutti ad Alghero per fare il punto della situazione e per non mollare.

Il ferro è caldo e va battuto ora.

noi tre

“I tre moschettieri dei caregiver” (insieme a me da sinistra, i miei amici Glauco Di Martino e Mary Fozzi)