Volare si Può, Sognare si Deve!

Autore archivio: Kai Paulus

FREEZING DELLA MARCIA 2 di Kai S. Paulus

Fog

(seguito di “Freezing della Marcia)

 

 

Ora cerchiamo di addentrarci nei meccanismi cerebrali e fisiologici da cui origina il FoG, senza essere troppo tecnici. Per tornare sulla muraglia citata nella prima parte, Franco, Baraba e Soleandro si sono fermati ed ora discutono insieme la questione.

 

Patofisiologia

La scienziata belga Alice Nieuwboer distinse nel 2013 quattro meccanismi diversi che potrebbero stare alla base del freezing della marcia, FoG:

1) il modello di soglia, in cui si accumulano le difficoltà nella deambulazione (passi piccoli, strascicati, rallentati, difficoltà nei passaggi e cambi posturali, ecc.) che poi, quando superano una certa soglia, portano ad improvvisi blocchi motori;

2) il modello di interferenza, in cui si presume che i circuiti motori e cognitivi, strettamente interconnessi, siano competitivi e complementari; nel Parkinson, i neuroni dopaminergici sono compromessi per cui l’elaborazione delle informazioni si sposta eccessivamente sui circuiti cognitivi/emotivi causando un sovraccarico delle capacità di elaborazione di informazioni all’interno dei gangli della base (centro di selezione e integrazione del movimento, principalmente ammalato nel Parkinson). Questo modello spiegherebbe anche il fenomeno delle difficoltà nei dual task (capacità di compiere due azioni contemporaneamente, per es. camminare e parlare, o camminare e portare un vassoio, ecc.) con interruzione dei programmi motori durante accrescente carico cognitivo, e quindi il blocco;

3) il modello cognitivo, che presume un deficit tra conflitto (neuronale, associativo) e sua risoluzione. In condizioni normali, si è in grado (inconsciamente) di prevenire azioni premature e di ritardare la selezione di risposta fino alla risoluzione del conflitto; invece, in caso di FoG tale prevenzione fallisce con decisione troppo rapida e maggiore incongruenza, che alla fine porta al FoG.

4) il modello scoppiato che prevede una separazione tra il programma motorio pianificato e la risposta motoria, e quindi la “idea” di fare qualcosa non potrà essere eseguita.

Per comprendere meglio i blocchi motori, e soprattutto al fine di una possibile prevenzione, è importante tener presente diversi fattori che possono predisporre negli anni allo sviluppo del freezing.

 

Fattori di rischio predisponenti al FoG:

sesso maschile: in linea con le evidenze scientifiche, le differenze di genere osservate tra i sintomi motori e non motori sono probabilmente dovute all’influenza degli estrogeni nella sintesi di dopamina;

durata di malattia: il FoG si presenta comunemente negli stadi avanzati di malattia;

instabilità posturale e difficoltà nella marcia all’inizio di malattia: i sintomi parkinsoniani variano in base al livello di lesione dei circuiti dopaminergici o di selezione di movimento; precoci difficoltà nella deambulazione predispongono pertanto al FoG negli stadi futuri, perché una loro naturale evoluzione;

fluttuazioni motorie: le fluttuazioni motorie sono associate ad un grado maggiore di deplezione dopaminergica che quindi predisponenti al FoG;

festinazione: apparentemente la festinazione, la camminata veloce a piccoli passi con tronco inclinato in avanti (inseguire il proprio baricentro), sembra il contrario del FoG. La festinazione probabilmente è dovuta ad un progressivo ritardo dell’elaborazione temporale di schemi motori nelle proiezioni nervose che vanno dal nucleo pallido interno (nei gangli della base) fino all’area premotoria e quella motoria supplementare nella corteccia. Pertanto, i passi diventano sempre più corti fino a raggiungere un limite al quale le aree corticali non riescono più a distinguere lo schema fasico del movimento, necessario a generare il prossimo passo in sequenza portando alla fine al blocco motorio ed al FOG.

 

Tra i sintomi non motori che possono rappresentare un fattore di rischio di FoG ci sono:

  • disturbi cognitivi: i domini cognitivi probabilmente coinvolti nella generazione di FoG sono la “velocità di elaborazione basale”, “l’abilità di apprendimento“, e le “capacità visuo-spaziali ed esecutive”. Il coinvolgimento delle alterazioni cognitive nel FoG viene illustrato tramite il seguente modello: in condizioni normali le azioni premature (non ancora controllate per la loro fattibilità) vengono evitate oppure ritardate finché l’eventuale conflitto decisionale sarà risolto [tenete presente che siamo dentro i circuiti neuronali del cervello e tutto si svolge al di fuori della nostra coscienza, nel lasso di tempo di pochi nanosecondi]. Invece, se tale sistema di prevenzione/ritardo non funziona, allora viene imposta una più veloce decisione di risposta con maggiore incongruenza ed errore e formazione del blocco motorio.

ansia e depressione: in studi di Risonanza Magnetica Funzionale si è osservato che nei “Freezer” c’è un interessamento dei circuiti limbici/emozionali con una specie di sovraccarico tra la rete limbica corticale e sottocorticale da una parte, e lo striato (putamen e globo pallido) ventrale (quello dorsale è responsabile dei sintomi motori) dall’altra; tale meccanismo di sovraccarico potrebbe spiegare come l’ansia e depressione (che nascono nel sistema limbico) possono predisporre al FoG.

sonno: dati controversi esistono per una eventuale predisposizione dei disturbi del sonno, ed in particolare il “disturbo comportamentale nella fase REM” che causa sonno agitato e sonniloquio, ed alcuni studi ipotizzano addirittura una comune genesi tra questi due fenomeni apparentemente molto distanti.

parola: disturbi del linguaggio (disartria, ipofonia, tachifemia, ecc.) sembrano essere maggiormente presenti in persone che poi svilupperanno il FoG.

parametri neuroradiologici: recenti studi ipotizzano un valore predittivo per sviluppare il FoG quando, all’esordio della malattia, alla scintigrafia (SPECT DATscan) si osserva un maggiore interessamento del nucleo caudato (oltre al putamen, sempre compromesso), ed alla risonanza magnetica encefalica, delle maggiori iperintensità nella sostanza bianca sottocorticale, causando probabilmente delle interruzioni delle vie associative corticali e di quelle motorie striato-frontali.

terapia: paradossalmente, la stessa terapia dopaminergica viene tirata in ballo come fattore di rischio nella comparsa dei blocchi motori, e pertanto si parla di FoG levodopa responsivo, FoG levodopa resistente, e FoG indotto da levodopa. Alcuni studi avrebbero osservato che il FoG quasi non esisteva prima dell’era della levodopa ed hanno conseguentemente concluso che il FoG sarebbe dovuto proprio alla stessa levodopa con lunghi ed alti dosaggi. Altri studi invece sostengono che prima non si è osservato il FoG perché non ci si badava essendo le persone talmente ammalate che non camminavano per niente e che l’aspettativa di vita era molto ridotta. In effetti, la clamorosa efficacia della somministrazione di dopamina si ottenne proprio con la quasi miracolosa scomparsa temporanea del freezing prolungato all’inizio degli anni ‘60.

– infine, vengono discussi da parte della ricerca internazionale anche dei biomarker presenti nel liquor cerebrospinale, come il Beta-amiloide 1-42 (Ab42), di cui al momento però non esistono risultati univoci.

 

(segue Freezing della Marcia 3)

 

Fonti bibliografiche:

Bharti K, Suppa A, Tommasin S, Zampogna A, Pietracupa S, Berardelli A, Pantano P. Neuroimaging advances in Parkinson’s disease with freezing of gait: a systematic review. NeuroImage: Clinical, 2019; 24: 1-16.

Gao C, Liu J, Tan Y, Chen S. Freezing of gait in Parkinson’s disease: pathophysiology, risk factors and treatments. Translational Neurodegeneration 2020, 9: 12-34.

Koehler PJ, Nonnekes J, Bloem BR.  Freezing of gait before the introduction of levodopa. Lancet Neurol 2021; 20: 97.

Marques JS, Hasan SM, Siddiquee, Luca CC, Mishra VR, Mari Z, Bai O. Neural Correlates of Freezing of Gait in Parkinson’s Disease: An Electrophysiology Mini-review. Frontiers of Neurology. 2020; 11: 1-12.

Nieuwboer A, Giladi N. Characterizing Freezing of Gait in Parkinson’s Disease: Models of an Episodic Phenomenon. Movement Disorders 2013; 11; 1509-1519.

Nonnekes J, Bloem BR. Biphasic Levodopa-Induced Freezing of Gait in Parkinson’s Disease. Journal of Parkinson’s Disease 2020;10: 1245-1248.

Weiss D, Schoellmann A, Fox MD, Bohnen NJ, Factor SA, Nieuwboer A, Hallett M, Lewis SJG. Freezing of gait: understanding the complexity of an enigmatic phenomenon. Brain 2020;143:14-30.

 

FREEZING DELLA MARCIA 3 di Kai S. Paulus

FoG

(seguito di “Freezing della Marcia 2)

 

Franco, Baraba e Soleandro hanno concluso la loro animata discussione ed ora arrivano al dunque.

 

Terapia:

L’approccio attualmente più efficace per trattare il FoG è rappresentato dalla riabilitazione neuromotoria e complementare (arte, musica e sport terapia), che esige ovviamente una preventiva ottimizzazione della terapia farmacologica dopaminergica e, quando necessaria, antidolorifica, ansiolitica ed antidepressiva, e correzione di eventuali disturbi del sonno e della digestione. In casi farmacoresistenti sono da prendere in considerazione anche procedure non farmacologiche, quali la stimolazione cerebrale profonda, la stimolazione vagale non invasiva, e le stimolazioni magnetica od a corrente diretta transcraniali.

Dopodiché potrà iniziare il programma riabilitativo fisico e mentale.

 

Per l’importante partecipazione delle funzioni cognitive nella generazione del FoG, si rende necessaria una rieducazione al movimento, alla deambulazione, con la massima partecipazione del Freezer che invece è spesso convinto che “le gambe non funzionino”. Siccome i possibili movimenti alternativi al passo in avanti, e cioè spostare lateralmente il piede, sollevarlo, sollevare il ginocchio, ecc., conferiscono alla persona la consapevolezza del buon funzionamento della gamba, che poi aiuta ad incrementare motivazione, speranza, fiducia, e conseguentemente la ferma convinzione di poter superare il blocco motorio.

 

Per favorire la camminata sono spesso necessari dei trucchi (“cues”) che servono per “ingannare” il sistema “inceppato” e portano al corretto svolgimento del movimento.

 

Tra tali trucchi ci sono:

– la marcia militare, cioè camminare volutamente ed esageratamente come un soldato di parata con le ginocchia ben alzate e con il correspettivo accompagnamento delle braccia

– l’ostacolo: dover superare piccole travi oppure strisce per terra, reali oppure immaginarie

– il ritmo, verbale o musicale, che favorisce il movimento

– l’utilizzo di videogiochi e realtà virtuale che possono combinare diverse strategie con il divertimento che, come sappiamo, porta ad un rafforzamento dopaminergico.

 

Tutti questi trucchi funzionano al momento, mentre spesso, appena non applicate, il FoG si ripresenta come prima comportando frequentemente una sensazione di delusione e di frustrazione..

FoG

Una figura del lavoro di Marquez et al. di Frontiers in Neurology 2020, che illustra molto bene le molteplici connessioni tra corteccia cerebrale e strutture centrali sottocorticali coinvolti nel FoG

 

Per evitare queste situazioni di rassegnazione, bisogna procedere con determinazione con le seguenti, fondamentali strategie:

1) la Consapevolezza: come descritto prima, il fatto di poter “magicamente” eseguire il movimento apparentemente contro ogni previsione, porta inevitabilmente ad un rafforzamento positivo e motivazione della persona

2) l’Esercizio continuo: i trucchi vanno applicati sempre anche nella vita di tutti i giorni, spesso alternandoli tra di loro, per rinforzare sia la consapevolezza sia gli schemi motori compensatori, da poter ridurre il fenomeno bloccante. Ovviamente, sarà bizzarro camminare per strada come un soldato prussiano, ma con l’esercizio permanente i movimenti diventeranno più morbidi e per terzi non osservabili.

 

Spero di non essermi dilungato troppo, ma l’argomento, come avrete notato, è complesso quanto delicato. Sono convinto che comprendere bene i meccanismi che sottostanno al FoG rappresenta il primo passo della cura, e dà al “freezer” la possibilità di affrontarlo con più raziocinio e meno ansia, che, come sopra esposto, non fa altro che alimentare ulteriormente il freezing della marcia.

 

Per scrivere questo articolo ho letto tanti articoli e capitoli di libri presentandovi l’attuale stato di conoscenza della scienza e ricerca internazionale, nella speranza che possa servire per i nostri prossimi percorsi riabilitativi a tema, ovviamente in presenza.

 

Franco, Baraba e Soleandro hanno smesso di parlare accomodandosi su qualche panchina sulla muraglia di Alghero e, chi con l’armonica e chi con chitarra e voce, intonano “Vooooolaaare…”

 

Volare si può sognare si deve!

 

 

Fonti bibliografiche:

Gao C, Liu J, Tan Y, Chen S. Freezing of gait in Parkinson’s disease: pathophysiology, risk factors and treatments. Translational Neurodegeneration 2020, 9: 12-34.

Ge HL, Chen YX, Lin YX, Ge TJ, Yu LH, Lin ZY, Wu XY, Kang DZ, Ding CY. The prevalence of freezing of gait in Parkinson’s disease and in patients with different disease durations and severities. Chinese Neurosurgical Journal 2020; 6: 17-28

Mancini M, Bloem BR, Horak FB, Lewis SJG, Nieuwboer A, Nonnekes A. Clinical and methodological challenges for assessing freezing of gait: future perspectives. Movement Disorders, 2019; 34(6): 783-790.

Perez Parra S, McKay JL, Factor SA. Diphasic Worsening of Freezing og Gaut in Parkinson’s disease. Movement Disorders Clinical Practice, 2020; 7(3): 325-328.

Tosserams A, Mazaheri M, Vart P, Bloem BR, Nonnekes J. Sex and freezing of gait in Parkinson’s disease: a systematic review and meta-analysis. Journal of Neurology, 2021; 268: 125-132.

Witt I., Ganjavi H, MacDonald P. Relationship between Freezing of Gait and Anxiety in Parkinson’s disease patients: a systemic literature review. Hindawi Parkinson’s disease, Vol 2019, article ID 6836082.

PAUL BEJJANI (1967-2021)

Siamo alla fine degli anni ’90, ero in scuola di specializzazione di Neurologia, quando Prof. Virgilio Agnetti mi affidò il compito di preparare un seminario sulla stimolazione cerebrale profonda come cura del Parkinson. Credo sia stato il mio primo approccio approfondito con la malattia di Parkinson.

Il neuroscienziato libanese Paul Bejjani è stato un innovatore delle tecniche di stimolazione cerebrale profonda, DBS (deep brain stimolation), che prevede l’inserimento di elettrodi dentro il cervello per idealmente ripristinare i circuiti compromessi dal Parkinson. Tale procedura invasiva è promettente in casi di farmacoresistenza oppure di eccessivi effetti collaterali delle medicine dopaminergiche.

Cresciuto come neurochirurgo alla Salpetriere di Parigi sotto Yves Agid, Paul Bejjani ha descritto nel 2000 una metodica rivoluzionaria per arrivare in modo sicuro con gli elettrodi chirurgicamente fino al nucleo subtalamico, al centro del cervello, che da allora è conosciuta come “linea di Bejjani”, a tutt’oggi la tecnica preferita nella chirurgia neurochirurgica nel Parkinson.

Dopo la formazione in Francia, Bejjani è tornato nel Libanon dove ha lavorato fino alla fine nella Clinica di Neuroscience a Beirut; tale clinica è stata distrutta nella nota esplosione al porto nell’agosto 2020.

Paul Bejjani è stato un eroe, è stato un’eccellenza della neurologia, ha contribuito all’innovamento nel campo della neurochirurgia del Parkinson, ed ha assistito gratuitamente i meno abbienti in tempi di guerra e di pace.

All’inizio dell’anno lui si è ammalato di covid-19, ma ciononostante ha continuato a lavorare e ad occuparsi degli ammalati con cui era sempre in contatto tramite il suo inseparabile auricolare, anche quando aveva necessita di ossigeno-terapia.

Paul Bejjani morì il 16 febbraio 2021, all’età di 53 anni.

Kai Paulus

Fonte bibliografica:

Hariz M, Jabre M, Nohra G, Agid Y. Paul Bejjani In Memoriam. Movement Disorders 2021; 36(5): 1058-1060.

 

“LA SPERANZA E’ UN FARMACO”

Non disperare”, dice Irene quando mi vede un po’ nervoso dopo una visita domiciliare per conto dell’ADI, “non puoi pretendere che ci siano per tutte le situazioni sempre i farmaci giusti; magari alle persone non servono farmaci, ma parole, quelle giuste, quelle di speranza. Leggi il libro di Fabrizio Benedetti.”

E così ho dato retta alla dott.ssa Irene Melis, psicologa in servizio presso i Servizi Domiciliari della ATS a Sassari. Ed ho fatto molto bene a darle retta.

Fabrizio Benedetti è un neurofisiologo ed insegna fisiologia e neuroscienze all’Università di Torino; lui è noto per i suoi lavori sugli effetti placebo e nocebo, che hanno ottenuto riconoscimenti internazionali.

Il suo libro del 2018, “La Speranza è un Farmaco” merita di essere letto. Specialmente il significativo sottotitolo “Come le parole possono vincere la malattia” conferisce un preciso indirizzo al tema trattato. E che tema!

Certo, sappiamo tutti che le parole di conforto possono aiutare, quelle di speranza possono servire a non mollare, e quelle di incitazione possono motivare, ma è sorprendente che questo tipo di linguaggio agisca allo stesso modo di alcuni farmaci.

Pensate, dott. Benedetti spiega l’impatto del significato delle parole su alcune aree del cervello e racconta la sua ricerca con persone con diverse problematiche. Lui verifica con indagini neuroradiologiche che nel cervello le parole positive agiscono sugli stessi circuiti nervosi come, per esempio, la morfina, quando parole oppure farmaco ottengono lo stesso effetto antidolorifico. Incredibile, vero?

Il libro è ricco di ‘casi clinici’ e di testimonianze, non solo per rafforzare la tesi dello scienziato, ma anche per dimostrare il contrario. Per esempio, una signora finisce al Pronto Soccorso per una banale caduta accidentale, ma poi si aggrava in seguito al comportamento maleducato ed antipatico di medici, infermieri e tecnici; il racconto è molto toccante di come la signora va a finire in questo girone dantesco, ma ugualmente anche di come ne esce dopo il trasferimento in un altro ospedale con personale ‘umano’.

Il libro non si occupa di magia, e non propone un linguaggio mistico-esoterico in sostituzione del farmaco. Al contrario, il neuroscienziato propone l’utilizzo delle parole giuste, ma anche il corretto comportamento da parte del personale sanitario, per rafforzare l’effetto delle cure con l’intento comune di ottenere un miglioramento psicofisico delle persone.

Il testo è molto reale, scientifico, e divulgativo, e lo si può leggere anche senza grandi conoscenze tecniche, solo l’ultimo capitolo, dopo l’avvertimento dell’autore, spiega più approfonditamente i meccanismi dei circuiti, recettori e rispettivi neurotrasmettitori coinvolti.

Lo scienziato piemontese cita, come esempio principale di azione benefica delle parole sulle malattie, proprio la malattia di Parkinson che, grazie alle fitte interconnessioni dopaminergiche tra il sistema motorio e quello limbico/emotivo, si adatta molto bene ad approcci non farmacologici.

Ma questo, caro Fabrizio, noi della Parkinson Sassari lo sappiamo già da molto tempo.

Kai Paulus

 

Fabrizio Benedetto. La Speranza è un Farmaco. Come le parole possono vincere la malattia. Mondadori Libri S.p.A., Milano, 2018, pagine 200, € 18,00

TONINO E GLI ALTRI CAREGIVER

Caro Tonino,

Le scrivo, non per distrarmi ma perché c’è qualche novità per il ‘portatore sano’.

L’altro giorno mi è arrivato il nuovo numero di “Movement Disorders Clinical Practice” in cui ho letto un interessante articolo del gruppo di scienziati statunitensi, olandesi e canadesi intorno a Max Hulshoff sulle difficoltà e sui bisogni del ‘portatore sano’, il/la caregiver, nella gestione della malattia di Parkinson.

Il lavoro è una specie di riassunto di tutti i lavori riguardanti i caregiver pubblicati tra il 2004 ed il 2020. E qua subito una nota dolente: gli articoli scientifici considerati sono in tutto 27, e paragonati agli oltre 84.000 sulla malattia di Parkinson, sono davvero pochissimi, come per indicare che coloro che si occupano ed assistono le persone ammalate di Parkinson non vengano considerati dalla scienza ufficiale.

Dallo studio si evince che sembra molto difficile quantificare il peso, i bisogni e le capacità di affrontare [traduzione delle parole utilizzate dagli autori: burden=peso, needs=bisogni, coping=capacità di affrontare] le più variegate situazioni della persona che assiste un’ammalato/a di Parkinson, e specialmente nelle varie fasi della malattia, e solo una ricerca ci è riuscita sinora, quella di Pablo Martinez-Martin e colleghi nel 2019. Però sono proprio questi i parametri, cioè peso, bisogni e capacità, che bisogna comprendere per poter eventualmente intervenire ed aiutare i caregiver socialmente, culturalmente ed istituzionalmente.

Nell’articolo “Il Portatore Sano” pubblicato in questo sito, che potete trovare nell’archivio sotto ‘marzo 2020’, abbiamo ampiamente affrontato i tanti aspetti di questo ‘lavoro’, e quindi qui non vorrei soffermarmi sui particolari, però leggete anche le incredibili testimonianze nei commenti che descrivono molto bene la realtà quotidiana e le tante difficoltà nell’affrontare costantemente la sindrome parkinsoniana, con le sue continue fluttuazioni e volubilità, le sue improvvisazioni ed imprevedibilità.

Questa volta gli scienziati hanno osservato la qualità di vita dei caregiver e concludono che il sonno, il tono dell’umore ed il tempo dedicato a sé stessi sono messi in pericolo; questi ‘pesi’ ovviamente richiamano i ‘bisogni’, le necessità, gli aiuti, che a loro volta condizionano le capacità individuali nell’affrontare l’assistenza; d’altra parte, se non ci sono sufficienti capacità nell’affrontare le difficoltà, allora il peso e la fatica, non solo fisica ma anche mentale, aumentano enormemente portando l’asta dei bisogni, degli aiuti, a livelli non più raggiungibili.

Di conseguenza accrescono preoccupazioni, ansia, senso di inadeguatezza e di frustrazione; con l’ansia incrementano l’insonnia e la riduzione del tono dell’umore; alla fine prevalgono incomprensioni e difficoltà di comunicazione, ed anziché alleggerire i disagi di una persona, ora ci saranno due persone che necessitano di notevoli aiuti.

Gli autori concludono che ci vogliono più attenzione e più studi scientifici che esaminino approfonditamente la situazione dei ‘portatori sani’, coloro che gestiscono quotidianamente, e spesso giorno e notte, le persone con Parkinson, perché soprattutto da loro, gli eroi nell’ombra, dipende la salute e la qualità di vita dei loro assistiti.

Penso che questo articolo dimostri che qualcosa stia cambiando e che la sensibilità della comunità scientifica verso i caregiver stia migliorando. E’ questa la novità.

Cordiali saluti,

Kai Paulus

 

Fonti bibliografiche:

Hulshoff MJ, Book E, Dahodwala N, Tanner CM, Robertson C, Marras C. Current knowledge on the evolution of care partner burden, needs, and coping in Parkinson’s Disease. Movement Disorders Clinical Practice 2021; 8(4):510-520.

 

GIORNATA MONDIALE PARKINSON 2021

Parkinson Mondiale

Recentemente abbiamo conosciuto Massimiliano Iachini, presidente della Associazione Italiana Giovani Parkinsoniani, che ci ha invitato al suo evento ‘zoom’ in occasione della Giornata Mondiale della malattia di Parkinson del 11 aprile 2021.

La nostra Parkinson Sassari è molto legata a questa ricorrenza internazionale, avendoci più volte aderito negli ultimi anni. Indimenticabile il nostro convegno per la Giornata Mondiale del 2014 al Palazzo della Provincia (vedi l’articolo nel nostro archivio in aprile 2014) con la partecipazione di molti amici, personaggi ed anche della Dinamo Sassari; durante i preparativi mi era anche venuta l’idea del nostro motto “Volare si può, sognare si deve”.

Parkinson Mondiale

Quindi oggi alle ore 12,00 (fino a oltre le 15,00!), con il nostro presidente Franco Simula e la nostra nuova fisioterapista Elenia Mainiero ci siamo affacciati a questo vivace mondo del Parkinson Giovanile ed abbiamo conosciuto tante interessanti e simpatiche persone: Francesca de Bartolomeis della Fuerte Es La Vida Parkinson No Limits, dalla Danimarca l’attivissima Elisabeth Ildal presidente della Cure4Parkinson danese e pregressa Advocate del World Parkinson Congress, l’affascinate e spettacolare britannico Tom Isaacs, in collegamento anche il cileno Josè residente in California e tanti altri, tutti accomunati dalla enorme voglia di vivere e di vincere.

Giornata mondiale Parkinson

I moderatori Massimiliano Iachini e Francesca De Bartolomei

La videoconferenza era caratterizzata da tanti contributi video delle varie attività svolte dai soci, dal trekking, alla vela, dal tennis tavolo alla discesa di sci, dal canto e ballo fino all’esecuzione di violoncello in alta montagna. Durante il collegamento si ascoltava tanta musica, si cantava, ballava, e si scherzava; insomma, un po’ come facciamo noi, con tanta allegria.

Giornata Mondiale Parkinson

Tom Isaacs, Inghilterra, e Josè, California

Personalmente mi ha colpito che non si parlava di disagi e difficoltà, né si faceva accenno a medici o farmaci, ma tutti i contribuiti ed interventi erano particolarmente positivi e costruttivi, come per sottolineare l’impatto e la forza delle attività fisico-sportivo-culturali nella gestione del Parkinson. Grande esempio, ne avevo proprio bisogno, perché due giorni fa mi ha scioccato il racconto di un giovane parkinsoniano che a causa della malattia ha dovuto fare grandi rinunce professionali ed era molto sfiduciato per il suo futuro. Ora potrò fargli coraggio.

Giornata Mondiale Parkinson

Elisabeth, Danimarca

Già da un po’ di tempo ho questa idea, ma ora questa conferenza mi ha convinto e chiederò al nostro direttivo di creare una sezione per le persone giovani con Parkinson per poter meglio rispondere alle loro esigenze e bisogni, coinvolgendoli nelle attività associative e dando loro più fiducia e prospettive.

Kai Paulus

GINNASTICA VIRTUALE CON ELENIA MAINIERO

Ginnastica virtuale Elenia

Elenia Mainiero certamente non è nuova alla nostra associazione e fa parte delle nostre “Magnifiche Quattro” (insieme a Dora Corveddu, Rita Lionetti e Laura Piga) che nell’estate 2020 hanno portato a casa per noi un fantastico secondo posto nel concorso “Think hack – restart” della sarda Open Campus, con il progetto di una piattaforma digitale per le attività riabilitative e ricreative della nostra associazione.

Le nostre fantastiche quattro

Tutti contenti ed in attesa di poter interagire da casa, invece, dovevamo attendere, perché, come si sa, tra il progettare ed il fare c’è in mezzo il mare, ed in questi ultimi mesi solo il nostro mitico maestro Fabrizio Sanna è riuscito a proseguire settimanalmente con il suo avvincente coro virtuale “Volare si Può”.

Ma non ci siamo aresi e volevamo aggiungere nuove attività, e quindi, grazie all’organizzazione di Rita Lionetti, possiamo finalmente annoverare la ginnastica all’offerta “virtuale” della nostra Parkinson Sassari. E così, dal primo aprile (data memorabile per la nostra associazione, vedi il recente articolo del nostro presidente Franco Simula “Uno splendido pesce d’aprile”) la nostra fisioterapista Elenia Mainiero ha iniziato a riunirci per delle sedute bisettimanali di leggera ginnastica ed esercizi di rilassamento e di corretta respirazione.

Ginnastica virtuale

Oggi pomeriggio abbiamo svolto la seconda seduta e posso dire che la partecipazione è stata sorprendentemente buona e l’interesse sta crescendo. Evidentemente l’iniziativa sta piacendo.

Forza Elenia, stai andando benissimo! Mille grazie per la tua disponibilità e la tua simpatia con la quale riesci a coinvolgere tutti i partecipanti.

Ginnastica virtuale Elenia

Prossimo appuntamento: mercoledì 7 aprile ore 17,00 (chi ancora non ha partecipato può comunicare un indirizzo di posta elettronica all’associazione tramite il quale verrà inviato il link di collegamento un’ora prima della seduta).

Kai Paulus

ATTIVITA’ MOTORIA NEL PARKINSON – videoconferenza con la dott.ssa Lucia Cugusi

Ballu Sardu

Siamo atleti rallentati che necessitano di costante allenamento” (Franco Simula)

Giovedì 25 febbraio ci siamo incontrati su google.meet per una nuova videoconferenza (la settima in undici mesi!) all’interno del protocollo d’intesa tra l’Università di Sassari e l’Associazione Parkinson Sassari, e come le altre volte dott. Giuseppe Demuro si è dimostrato un ottimo organizzatore e impeccabile moderatore; consueti padroni di casa sono stati gli immancabili Prof. Pier Andrea Serra ed il nostro presidente Franco Simula; ospiti d’onore i presidenti della Associazione Parkinson Alghero, Cecilia Cuccureddu e Marco Balbina. Il tema della conferenza era più che mai accattivante:

I benefici dell’attività motoria nella malattia di Parkinson: esperienze in Sardegna

con cui la dott.ssa Lucia Cugusi, ricercatrice al Dipartimento di Scienze Motorie dell’Università di Sassari si è presentata alla nostra associazione, ha presentato il suo lavoro e le sue idee, e condiviso con noi i suoi progetti futuri da realizzare insieme a tutti noi.

Apparentemente non si è trattata di nessuna novità, visto che sappiamo da molto tempo che l’attività fisica, l’esercizio ed il movimento in generale, sono essenziali per contrastare il ‘rapace infingardo’ (cit. G.B.), se non fosse proprio per lei, la ricercatrice nuorese formatasi a Cagliari e da poco approdata a Sassari.

Ballo sardo

La prima pubblicazione del 2015 della dott.ssa Cugusi sui benefici del ballo sardo

Ma è proprio la dott.ssa Lucia Cugusi colei che ha avuto l’intuizione di non sbirciare oltreoceano in cerca di novità, ma di utilizzare le tradizioni della sua terra, il ballu sardu, per aiutare a curare le persone affette da Parkinson. La genialità della dottoressa barbaricina sta proprio nella integrazione di esercizio fisico, del gruppo, della musica, del divertimento e dell’emozione, si l’emozione, perché i sardi il loro ballo ce l’hanno nel sangue. Ed ecco spiegati i risultati della sua ricerca ed i benefici della antica tradizione proprio sul Parkinson, dove l’esercizio contrasta la rigidità, la musica supera l’instabilità posturale, il gruppo sconfigge la solitudine, e dove l’emozione ricarica la dopamina.

Esercizi

Altri significativi studi della dott.ssa Cugusi, in alto, con il nordic walking, ed in basso la famosa pubblicazione sul ballo sardo nel Parkinson

Su nemigu’ (cit. Peppino Achene) si può affrontare quindi con il ballo sardo, ma la dott.ssa Cugusi si spinge oltre ed illustra ai partecipanti prossimi progetti da realizzare a Sassari: il nordic walking, il trekking su terraferma ma anche dentro i letti dei ruscelli, l’acquagym e movimenti acquatici, canottaggio e persino vela. E nuovamente la docente tira fuori le sue origini: sfruttare le bellezze e le risorse naturalistiche della Sardegna, con le sue coste, le montagne, i parchi e laghi che tutto il mondo ci invidia; insomma, la Sardegna come palestra naturale: dopamina pura! Pensate, gli astronauti dell’agenzia spaziale statunitense, NASA, e di quella europea, ESA, vengono regolarmente in Sardegna per la loro preparazione, e abbiamo detto tutto.

La nostra musicoterapista Annalisa Mambrini è in perfetta sintonia con la dott.ssa Cugusi quando sottolinea che l’esercizio deve essere costante e soprattutto vario, comprendendo tutte le attività possibili, dalla ginnastica al ballo, dal pilates allo yoga, ecc.

esercizi

L’importanza degli esercizi ‘mimici, dell’espressione verbale, nel gruppo, e dei ‘compiti per casa’

L’entusiasmo dei partecipanti è enorme e la discussione, di conseguenza, si fa molto animata. L’argomento trattato fa sognare, come acclama la nostra vicepresidente Dora Corveddu, ma inevitabilmente vengono esternati anche dubbi e perplessità: sempre Dora aggiunge che nonostante tanto impegno durante le sedute di riabilitazione non si vedono migliorie, e Peppino se la prende con la farmacologia quando afferma che tante pillole non riescono a ridurre i sintomi. A tutti e due la dott.ssa Cugusi risponde che proprio per affrontare queste criticità potranno aiutare le attività da lei proposte, e Prof. Serra, in qualità di attuale prorettore della terza Missione dell’Ateneo turritano, aggiunge che bisogna istruire specificamente gli operatori sanitari con formazione permanente e master universitari.

Interviene anche Marco Balbina con un quesito particolare: che fare, e soprattutto cosa non fare, quando alle problematiche del Parkinson si aggiungono nuovi eventi come, per esempio, una frattura, con inevitabile ulteriore riduzione della qualità di vita.

“Sale in cattedra” a questo punto la nostra storica fisioterapista, Pinuccia Sanna, e spiega che non bisogna cercare di ‘guarire’ oppure di raggiungere chi sa quali risultati, ma semplicemente mirare a ritornare alle condizioni prima del trauma; inoltre, per affrontare le difficoltà, i disagi ed i dolori, bisogna preservare la quotidianità, cioè celebrare le piccole cose, come i pasti in famiglia, le commissioni, la spesa, ecc. e non rinunciarci a causa della malattia. Sottolineando il discorso della docente universitaria, a Pinuccia scappa una espressione che personalmente mi è piaciuta davvero molto: è importante fare gli esercizi insieme perché “nel gruppo non esiste la patologia, esiste soltanto il gruppo”, per dire che nel gruppo sono tutti uguali, le disabilità sono le stesse, ci si capisce immediatamente e ci si concentra sulle autonomie esistenti guardando verso il future e verso i miglioramenti.

Il gruppo

“Il gruppo”

Infine, la dott. Cugusi fa riferimento ad un altro elemento fondamentale delle attività: gli esercizi a casa. Ecco, cosa vi dico da sempre: fate i compiti per casa! Durante le attività individuali e collegiali si apprendono degli esercizi che vanno portati a casa e ripetuti quotidianamente e più volte al giorno, ovviamente in piena sicurezza, per effettivamente trarne beneficio e per migliorare, per esempio, la postura, la marcia oppure il freezing. Noi conosciamo le tabelline perché la maestra ce le aveva spiegate a scuola e poi noi le avevamo studiate a casa…

Si conclude così. dopo oltre due ore, questa interessantissima videoconferenza con la soddisfazione di tutti, e soprattutto con la consapevolezza che l’Ecosistema del Parkinson a Sassari si è ulteriormente arricchito con le conoscenze, le idee, i progetti e la simpatia della dott.ssa Lucia Cugusi.

Volare si può, sognare si deve!

Kai Paulus

 

Videoconferenza

Videata poco prima della conferenza, in attesa che tutti si collegassero

TREMORE A RIPOSO di Kai S. Paulus

Tremore circuiti

Il tremore è un sintomo chiave della malattia di Parkinson e quello che viene maggiormente associato al Parkinson, ma ciononostante la sua patofisiologia rimane praticamente sconosciuta”.

 

Esordisce così il gruppo israeliano intorno a Nir Asch nella loro pubblicazione del 2020, una frase molto significativa, che sa quasi di rassegnazione, ma che descrive molto bene le difficoltà della comprensione, e quindi della gestione, del tremore; e stiamo parlando ‘solo’ del tremore, uno dei circa trenta sintomi parkinsoniani, che attendono altrettanti svelamenti e trattamenti efficaci.

[ma non demoralizziamoci, la scienza sta andando avanti…]

 

Andiamo per ordine: che cosa è il tremore?

Tremori

Il tremore viene definito come un movimento involontario, oscillatorio e ritmico, di una parte del corpo.

 

 

Ci sono tanti tipi di tremori, come elencati nella tabella qui di fianco:

 

 

Nella malattia di Parkinson si osserva principalmente il cosiddetto “tremore a riposo”, cioè il movimento involontario, oscillatorio e ritmico, che si presenta quando l’arto è completamente fermo, tipicamente distale, per es. una mano, ed esordisce ad un lato e nel tempo rimane comunque asimmetrico (a differenza, per es., del tremore essenziale, che invece si presenta durante una azione ed è sostanzialmente simmetrico).

 

 

Il tremore a riposo si presenta ad una frequenza relativamente lenta di 4-6 Hz (quello essenziale è più veloce, da 6 a 9 Hz), con il tipico movimento del “contare soldi” o “fare pillole” dato dall’oscillazione opposta di pollice e indice. Con l’inizio di una azione, di un movimento intenzionale, il tremore a riposo si ferma, mentre con la distrazione si accentua. Oltre alle mani, questo tremore può presentarsi anche ai piedi, alla lingua ed alla mandibola.

 

Qual è la causa del tremore a riposo?

[volete sapere veramente troppo]

 

L’origine esatta del tremore a riposo non si conosce ancora, ma ci sono diverse ipotesi, di cui la seguente appare attualmente quella più accreditata:

Cervello tremore

Principali strutture cerebrali coinvolte nella generazione del tremore a riposo

Come per gli altri sintomi motori del Parkinson, l’inizio di tutto è un deficit di dopamina nella sostanza nera che è responsabile di alterazioni dei circuiti dei nuclei della base (globo pallido, putamen, caudato) e conseguentemente le loro proiezioni verso il talamo, e quindi quelle verso la corteccia motoria. Il crocevia dei sistemi neuronali coinvolti nell’origine dei tremori (globo pallido interno, cervelletto, talamo, corteccia motoria) sembra essere il nucleo subtalamico come evidenziano studi di stimolazione cerebrale profonda che, indirizzati verso il centro subtalamico, riducono diversi sintomi parkinsoniani, tra cui, appunto, il tremore. Pare, inoltre, che la prevalenza di un tipo di oscillazioni neuronali su un altro tipo determini il diverso quadro clinico: più tremorigeno (oscillazioni theta) oppure più rigido (oscillazioni beta). Immaginiamoci tali oscillazioni semplicemente come un modo di comunicare, di trasmettere informazioni, delle cellule nervose. A causa del deficit di dopamina nelle cellule della sostanza nera, che modula i circuiti dei nuclei basali deputati alla scelta del movimento giusto, il sistema si altera e le oscillazioni non sono più in equilibrio; hanno così origine i vari sintomi parkinsoniani in base alla prevalenza di circuiti colpiti ed oscillazioni alterati.

Tremore circuiti

Semplificazione dei circuiti neuronali coinvolti nella malattia di Parkinson

Come si cura il tremore a riposo?

[ecco arrivati alla nota dolente: come si fa a curare qualcosa che non si conosce?]

 

Sappiamo che all’origine dei sintomi motori del Parkinson, e quindi anche del tremore a riposo, c’è un deficit di dopamina. E dagli studi di Hornykiewicz [vedi il nostro articolo “Oleh Hornykiewicz (1926-2020) padre della moderna terapia del Parkinson, del 24/01/2021] si conoscono i miglioramenti sintomatici grazie alla somministrazione di dopamina, o meglio, del suo precursore, la levodopa. Quindi, aggiungendo dopamina, in un modo o nell’altro si riducono i sintomi, e quindi anche il tremore, ma come esattamente funzioni non si sa. Per citare il gruppo di ricercatori intorno a Guglielmo Foffani: riusciamo a curare il tremore di un nostro paziente, ma non conosciamo esattamente il perché.

Appare sempre più evidente l’importanza dei pilastri della cura non farmacologica del Parkinson: il movimento e l’attività fisica, il buon riposo notturno e le emozioni positive, il divertimento. Il Parkinson si cura, ed anche bene, e per questo ci si avvale di terapie complementari, la arte-terapia, musicoterapia, coro, teatro, e sport-terapia. Ma noi della Parkinson Sassari lo sappiamo già da molto tempo.

Tremore

 

 

 

Fonti bibliografiche:

Asch N, Herschman Y, Maoz R, Auerbach-Asch CR, et al. Independently together: subthalamic theta and beta opposite roles in predicting Parkinson’s tremor. Brain Communication 2020; 2 (2)

Becktepe JS, Goevert F. Die Therapie essentieller Tremorsyndrome. Neurotransmitter 2020, 31 (7-8): 43-50

Cacabelos R. Parkinson’s disease: From Pathogenesis to Pharmacogenomics. Int Journal Molecular Science 2017, 18: 551-579

Chen W, Hopfner F, Becktepe JS, Deuschl G. Rest tremore revisited: Parkinson’s disease and other disorders. Translational Neurodegeneration 2017; 6: 16-24

Foffani G, Monje MHG, Obeso JA. Rest tremor in Parkinson’s disease: the theta and beta sides of the coin. Brain Communications 2020; 2(2)

PARKINSON E RESILIENZA COVID-19 di Kai S. Paulus

Resilienza 2

Chi è ammalato di Parkinson oppure vive insieme ad una persona con Parkinson (il “Portatore sano” come lo chiama Tonino Marogna) conosce fin troppo bene le sfide quotidiane per superare gli innumerevoli disagi causati dalla malattia, la mole di preoccupazioni, le angosce, le ansie, la depressione e le notti insonni. Per affrontare tutte quelle problematiche possono aiutare, almeno in parte, le raccomandazioni di una vita attiva con passeggiate e socializzazione, le visite mediche, la fisioterapia e l’associazione con le sue attività ricreative (gite, pranzi, cene, ecc.), terapeutiche (coro, musicoterapia, ginnastica, teatro, ecc.) ed informative (convegni, simposi, riunioni, sito internet, ecc.)

Poi è arrivato il Covid-19 e nulla appare come prima: le certezze, le abitudini, i punti di riferimento, tutto spazzato via dal tornado della pandemia della SARS-cov-2, con lockdown ed il nuovo tricolore rosso-giallo-arancione.

Ci stiamo proteggendo con mascherine, distanziamento sociale e vaccinazione. Ma cosa succede ai parkinsoniani ed i loro portatori sani, più fragili e provati?

Sono aumentate tutte quelle manifestazioni psicologiche che già prima erano difficili da tenere a bada: ansia, depressione ed insonnia, e con esse anche inevitabilmente le complicanze motorie con accentuazione dell’instabilità posturale, della rigidità, il freezing, ed il tremore. I media proiettano ininterrottamente numeri e statistiche, aggiornamenti, ipotesi e previsioni, con puntuali smentite; è diventato difficile e complicato ottenere appuntamenti per visite mediche ed accertamenti strumentali; le attività associative sono diventate virtuali e per parteciparci si deve familiarizzare con link, zoom, google meet, audio acceso al momento giusto.

Cosa fare?

Resilienza 1

Negli ultimi 12 mesi sono stati pubblicati tantissimi lavori scientifici che affrontano queste tematiche e già i loro titoli sono molto eloquenti:

 

Salute mentale, attività fisica e qualità della vita nella malattia di Parkinson durante la pandemia del covid-19 (Shalash et al., 2020)

L’impatto della pandemia del covid-19 sulla malattia di Parkinson: sofferenze nascoste ed opportunità emergenti (Helmich e Bloem, 2020)

Incidenza dell’ansia nella malattia di Parkinson durante la pandemia della malattia del coronavirus (covid-19) (Salari et al., 2020)

Malattia di Parkinson e covid-19: impressioni e coinvolgimento di pazienti e caregiver (Prasad et al., 2020)

I bisogni riferiti dai pazienti con malattia di Parkinson durante l’emergenza del covid-19 in Italia (Schirinzi et al., 2020)

L’impatto della pandemia del covid-19 sullo stress psicologico, sull’attività fisica e sulla gravità dei sintomi nella malattia di Parkinson (Van der Heide et al., 2020)

L’impatto del covid-19 e distanziamento sociale sulle persone con malattia di Parkinson (Feeney et al., 2021)

SARS-CoV-2 ed il rischio di malattia di Parkinson: fatti e fantasia (Merello, Bathia, Obeso, 2021)

I bisogni di pazienti parkinsoniani durante la pandemia del covid-19 in una zona rossa (Cavallieri et al., 2021)

Resilienza 2

 

Penso che queste pubblicazioni siano incoraggianti perché evidenziano che la ricerca ed i medici hanno individuato velocemente le nuove problematiche che il mondo parkinsoniano deve affrontare; vengono studiate le ricadute dei drastici cambiamenti sulla qualità di vita, su psiche ed anima, e vengono proposte strategie per correre ai ripari.

Intanto c’è la resilienza, la capacità di adattamento e di resistenza. Sicuramente può essere d’aiuto la consapevolezza che, se la persona parkinsoniana deve mettersi la mascherina, tutti se la devono mettere; se la persona parkinsoniana deve rimanere a casa, tutti devono rimanere a casa, e se essa deve fare triage, tamponi e vaccini, li dobbiamo fare tutti. Quindi, in questa pandemia siamo tutti uguali, ed ugualmente limitati nelle nostre azioni.

La pandemia ha messo a nudo tutte le debolezze del nostro modo di vivere, portando tanti disagi e soprattutto isolamento e solitudine. Ora stiamo rispolverando la solidarietà ed il rispetto reciproco, il senso civico, stiamo imparando ad utilizzare i nuovi mezzi tecnologici, da whatsapp alla posta elettronica, dalle videochiamate alle videoconferenze, fino alle piattaforme virtuali interattive. Tutto in neanche dodici mesi. Non male.

Certo, non è finita e le persone ammalate risentono particolarmente del distanziamento sociale e necessitano di tempo per riorganizzarsi, ma già si vede la luce alla fine del tunnel: le prenotazioni per visite ed esami stanno diventando più veloci, le vaccinazioni sono iniziate, e la nostra associazione sta per inaugurare una stagione ricca di novità ed eventi, a distanza ed in presenza. Ecco una delle novità che il covid-19 ci lascerà: avendoci abituati alle nuove tecnologie, queste potranno essere integrate nelle attività ricreative e terapeutiche e saranno utili per coinvolgere anche persone che abitano lontani oppure hanno difficoltà a recarsi sul posto, e saranno utili anche per rimanere comunque in contatto quotidianamente.

Volare si può …

Resilienza 3

Fonti bibliografiche:

Cavallieri F, Sireci F, Fioravanti V, Toschi G, et al. Parkinson patients’ needs during covid-19 pandemic in a red zone: a framework analysis of open-ended survey questions. European Journal of Neurology 2021

Feeney MP, Xu Y, Surface M, Shah H, Vanegas-Arroyae N, et al. The impact of covid-19 and social distancing on people with Parkinson’s disease: a survey study. Nature NPJ Parkinson Disease 2021, 7(10): 1-10

Helmich RC, Bloem BR. The impact of the covid-19 pandemic on Parkinson’s disease: hidden sorrows and emerging opportunities. Journal of Parkinson’s disease 2020, 10: 351-354

Kumar A. Experience of video consultation during the covid-19 pandemic in elderly population for Parkinson’s disease and movement disorders. Post grad Medicine Journal 2021, 97 (1144): 117-118.

Merello M, Bathia KP, Obeso JA. SARS-CoV-2 and the risk of Parkinson’s disease: facts and fantasy. The Lancet Neurology 2021, 20: 94-95

Prasad S, Holla VV, Neeraja K, Sursetti BK, Kamble N, Yadav R, Pal PK. Parkinson’s disease and Covid-19: perceptions and implications in patients and caregivers. Movement Disorders 2020, 35 (6): 912-914.

Salari M, Zali A, Ashrafi F, Etemadifar M, et al. Incidence of anxiety in Parkinson’s disease during the coronavirus disease (covid-19) pandemic. Movement Disorders 2020

Schirinzi T, Ceroni R, Liguori C, Scalise S, et al. Self-reported needs of patients with Parkinson’s disease during Covid-19 emergency in Italy. Neurological Science 2020

Shalash A, Roushdy T, Essam M, Fathy M, et al. Mental health, physical activity, and quality of life in Parkinson’s disease during Covid-19 Pandemic. Movement Disorders 2020

Van der Heide A, Meinders MJ, Bloem BR, Helmich RC. The impact of the Covid-19 pandemic on psychological distress, physical activity, and symptom severity in Parkinson’s disease. Journal of Parkinson’s Disease 2020, 10: 1355-1364.