“Ho paura del Parkinson, non voglio finire in carrozzella come quello“.
“Sono preoccupato per i miei figli, non voglio che si ammalino anch’essi“.
“Perché non mi dà quella pastiglia che alla mia amica/mio fratello/ecc. fa tanto bene?“
“Perché la stessa pastiglia alle volte fa effetto e mi fa star meglio, invece altre volte, pur assunta precisamente secondo le indicazioni, sembra che non funzioni proprio“.
“Perché proprio io?”
La malattia di Parkinson è facilmente individuabile per i suoi noti sintomi tremore, rigidità, rallentamento motorio ed instabilità posturale. Quindi, la diagnosi è semplice e la terapia conseguentemente standardizzata. Allora non si capiscono tutte queste difficoltà nella gestione della malattia.
Come purtroppo sappiamo, le cose non stanno esattamente così. Per proseguire l’elenco dei sintomi motori, magari meno famosi ma ugualmente antipatici, abbiamo l’impaccio motorio, la camptocormia (curvatura del busto), la scialorrea (accumulo e perdita di saliva), riduzione dei riflessi posturali (disequilibrio), ipomimia (riduzione della mimica facciale), freezing (blocco improvviso del movimento), festinazione (passo accelerato come se si rincorresse il proprio baricentro), disartria, e disfagia.
Ma non finisce qui, ci sono anche i sintomi non motori molto frequenti nel Parkinson, quali dolori, ansia, depressione, parestesie (formicolio, sensazione di addormentamento di una parte del corpo), costipazione, iposmia, ipogeusia, deficit attentivi e di concentrazione, insonnia (a causa della difficoltà di girarsi a letto, tremore), disturbi del sonno (agitazione durante il sonno, parlare nel sonno, ecc.), disregolazione termica, seborrea.
Giusto per complicarci la vita aggiungiamo i possibili effetti avversi della terapia farmacologica: ipotensione arteriosa, sonnolenza, astenia, bruciore gastrico, nausea, vertigini, sudorazione profusa, iper– o iposessualità, tendenza all’eccessivo gioco d’azzardo o shopping ed altre disinibizioni del controllo degli impulsi, fluttuazioni tra effetto picco-dose con irrequietezza e discinesie (movimenti involontari) ed effetto fine-dose con accentuazione più o meno grave dei sintomi motori e non-motori, dispercezioni sensoriali, allucinazioni, psicosi.
Questa è una panoramica sui possibili sintomi più importanti del Parkinson, ed ogni ammalato/a può avere una combinazione variabile di essi con un numero infinito di possibili combinazioni di presenza, numero, gravità e sfumature, che già di per sé rendono ogni parkinsoniano unico.
Poi si aggiungono le differenze di genere (ne abbiamo organizzato un intero convegno ad Alghero (La Signora Parkinson) nel 2019, di età (“Il mio Parkinson sta peggiorando: dieci anni fa stavo meglio“; certo, ma sono anche passati dieci anni di vita), e di personalità (variazioni di umore possono essere dovute alle fluttuazioni del quadro clinico, ma la depressione può anche rappresentare un sintomo d’esordio della malattia), le comorbidità (presenza di altre patologie), specialmente dismetaboliche (diabete, dislipidemie, tireopatie) e cardiovascolari che possono aggravare il quadro clinico, oppure malattie ortopediche che possono creare difficoltà nella corretta individuazione della causa (per es., l’instabilità posturale è frequente nel Parkinson, ma può essere data anche da gonartrosi, lombosciatalgie oppure artrosi cervicale). Parlando di comorbidità bisogna tener presenti possibili interazioni ed interferenze tra farmaci che possono contribuire a disagi e malessere generale.
Circa il 5% dei parkinsonismi è dovuto a mutazioni genetiche (SNCA, LRRK2, Parkin, PINK-1, DJ-1, ecc.) e le mutazioni del gene della glucocerebrosidase, GBA (causa della malattia di Gaucher), rappresentano l’8% del rischio di ammalarsi di Parkinson.
Come possibili cause di Parkinson vanno menzionati anche i fattori ambientali con l’esposizione a particolari farmaci, droghe, solventi, pesticidi, metalli pesanti, (virus?) ecc.
Infine, la malattia è soggetta ad una variabile ed incostante risposta alla terapia orale che è legata a 1) il momento dell’assunzione (prima o dopo i pasti; mattina o sera), 2) al contenuto ed al tempo di svuotamento gastrico, al tempo di transito intestinale, alle condizioni della flora gastrointestinale, all’eventuale stipsi, 3) alle variazioni climatiche e cambi di stagione, e 4) al tono dell’umore quotidiano.
In considerazione a quanto sopraelencato credo che alle domande poste inizialmente possiamo rispondere che le innumerevoli variabili delle caratteristiche genetiche, individuali ed ambientali, e della risposta al farmaco rendono ogni Parkinson praticamente unico e non prevedibile.
Rimane la domanda: “Perché io?”
Non ho risposta. Può essere destino o casualità. Verosimilmente sarà perché la vita è così: passano gli anni, invecchiamo, ci vengono capelli bianchi, le rughe, cadono i denti, peggiora la vista e l’udito, i riflessi sono meno pronti, andiamo incontro a tanti acciacchi e malattie, e quindi ci sarà anche la possibilità di riscontrare il Parkinson. Franco Simula la pensa in questo modo: “se ti chiedi del perché vuol dire che sei vivo“.
Carissimo dott Paulus. Un paio di anni fa l’elenco dei sintomi contro i quali combatte il mio Giuseppe sarebbe stato sicuramente ridotto rispetto a quello che, rileggendo oggi l’interessantissimo contributo, si è allungato notevolmente con le conseguenze che sono ormai evidenti soprattutto fuori dalle mura domestiche che creano una certa protezione ma non altrettanta sicurezza.E spesso alla continua domanda che mio marito si pone, ” perché proprio a me? ” non troviamo , com’è ovvio, risposte ed allora l’umore è sempre più altalenante .
La risorsa più importante, oltre alle cure, è l’associazione che per qualche ora ci distrae e ci allontana dalla costante preoccupazione per il presente, ma soprattutto per il futuro.
Al prof Rosati che diagnostico il morbo,
Giuseppe chiese quale sarebbe stata la sua vita nel futuro immediato e nel tempo a venire,
Il profesdore rispose che la ricerca avrebbe sicuramente portato nuovi farmaci che avrebbero migliorato la qualità della vita per una decina d’anni e poi il Parkinson sarebbe stata una grande rottura di ….
E così è..
Grazie geazie
gia perche’ propio io questa e la vita io sono 6 anni ormai che combatto e lo sappiamo che nn e facile..grazie dott.PAULUS
Buonasera Antonello,
no, non è per niente facile. Ma conoscendo meglio la complessità della malattia e sapendo cosa è Parkinson e cosa no, aiuta a conoscere meglio la propria situazione. La nostra associazione da anni è impegnata a trovare soluzioni la dove i farmaci non arrivano. E pensare che i nostri amici hanno realizzato in questi anni incontri, convegni, gite, pranzi, cene, attività riabilitative complementari quali coro, teatro, musicoterapia, e come adesso stanno affrontando l’emergenza del coronavirus scoprendo le nuove tecnologie mantenendosi in contatto, aggiornati, ed organizzando nuove iniziative telematiche, mi conferma sempre di più il nostro slogan: Volare si può, sognare si deve.
Il mio Parkinson (Mariantonietta)
Quando la diagnosi clinica del Parkinson è arrivata, avevo poco più di 48 anni. Consultai un rinomato neurologo a Cagliari che confermò diagnosi e terapia, che avevo appena iniziato. A fine incontro gli chiesi: “Perchè così presto? Cosa mi aspetta nel mio prossimo futuro?” Allargò le braccia e mi disse che-dalla sua esperienza- si stava sempre più abbassando nel tempo la soglia di insorgenza della malattia, mentre alla 2 domanda disse di non poter rispondere:come si può prevedere lo sviluppo della ricerca scientifica nel settore?
Oggi, a più di dieci anni da quel momento, convivo con il ‘nemico’, nella lotta quotidiana che tutti voi conoscete bene. La malattia mi ha impedito, e di questo ho sofferto molto, di continuare a fare il mio lavoro di insegnante: per entrare in classe ci vogliono una forza e un equilibrio che ormai non avevo più, con i miei sempre più frequenti blocchi di fine dose.(Sono tuttavia una donna fortunata, sempre in mezzo ai ragazzi ed ai libri, visto che nel mio Istituto mi occupo della Biblioteca Scolastica). Anche se ci sono molti momenti difficili, la qualità della mia vita è non solo accettabile, ma decisamente buona. La svolta in questo senso positivo è stata diventare paziente di dottor Paulus, che mi ha fatto capire che la terapia farmacologica (alla fin fine sono sempre gli stessi farmaci…) va misurata e cucita, come un vestito, in modo personalizzato su ogni singolo paziente…. e tuttavia non basta. Ci vuole tutto il resto: ci vuole l’incontro con gli altri, le cose che ti danno piacere, la famiglia che ami e ti ricambia questo amore, ci vuole l’esperienza di questa vostra associazione alla quale ho aderito volentieri. Non vi conosco, ma nelle occasioni in cui ci siamo incontratimi sono sentita accolta, e per questo vi ringrazio. Anche condividere con voi la mia esperienza e parlare così di me è terapia…
A presto
Mariantonietta
Buonasera Mariantonietta,
Lei oramai è una dei nostri. Oltre ad averci trovati all’ultima Giornata Sassarese della malattia di Parkinson nello scorso novembre, sta partecipando regolarmente al nostro coro virtuale. La invito inoltre a partecipare al nostro laboratorio di teatro virtuale che inizierà a breve.
Stimatissimo Dr. Kai, non ho memoria di una tavola così riccamente apparecchiata … pietanze raffinate (parkinsonismi) senza soluzione di continuità, con il solo dubbio sulla scelta, tanta, da far invidia al più esigente “ipocondriaco”;
non avendo una risposta certa, il rischio di una sonora indigestione (senza drammi) è quasi inevitabile.
Ha ragione, in questo ginepraio è difficile orientarsi e trovare la “formula magica” per sanare la “pietanze”,
l’antidoto rimane il pensiero di Franco Simula: ….ergo … quindi sono vivo.
Grazie Dr. Paulus.