Volare si Può, Sognare si Deve!

IL CAPITANO

Circa 25 anni fa ho conosciuto il nostro amico Giuseppe, capitano della famigerata squadra di calcio “Igiene”.

Allora lavoravo alla mia tesi di laurea nel laboratorio di Elettromiografia della Clinica Neurologica di Sassari; il tema del lavoro era “Standardizzazione di una Metodica per la Registrazione dei Potenziali Cognitivi Uditivi e Visivi”, in poche parole, il mio compito consisteva nel tarare un macchinario molto sofisticato per poter misurare la capacità della memoria a breve termine. Negli anni a seguire avrei approfondito tale metodica, con il benestare di Prof. Isidoro Aiello, e l’aiuto della biologa dott.ssa Immacolata Magnano, con lo studio delle funzioni cognitive del lobo frontale e del cervelletto durante la scuola di specializzazione, fino a creare una metodica per la diagnosi pre-clinica della malattia di Parkinson durante il dottorato di neuroscienze.

 

(Il libretto di ricordi di Giuseppe appena pubblicato)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quando Giuseppe entrò nella piccola stanza, dove lavoravamo sette giorni su sette per un anno intero al Neuroscan, il computer che permetteva di trasformare l’attività cerebrale in informazione leggibile, era come se lo conoscessi da sempre: con il suo modo di fare, gentile, disponibile, molto affabile e simpatico, Giuseppe, che si era prestato a fare da cavia, mi metteva subito a mio agio e scherzavamo appunto come vecchi amici.

Le nostre “cavie” dovevano sottoporsi ad un elettroencefalogramma (EEG) durante il quale avevano il compito di eseguire dei semplici compiti mnesici dei quali la macchina misurava la precisa localizzazione dell’area cerebrale attivata ed i tempi impiegati. Per la registrazione dell’EEG utilizzavamo un rudimentale casco a 38 canali, che in realtà non era un casco ma un insieme di stringhe di gomma sotto le quali erano applicati gli elettrodi. Forse il lavoro più faticoso e lungo era di ridurre le impedenze tra elettrodo e cuoio capelluto, per cui raschiavamo con un ago smusso la superficie seborroica dello scalpo, il che non era molto piacevole.

Sicuramente tale operazione faceva male, ma per Giuseppe nessun problema, lui ci stava e ci divertivamo un sacco in quel pomeriggio chiusi nella stanzetta buia della Neurologia. Generalmente le registrazioni erano faticose e noiose, ma con Giuseppe era diverso: lui era interessato a ciò che succedeva, parlavamo e ridevamo tanto.

La tesi di laurea alla fine era un successo e poneva le basi per tante presentazioni a convegni nazionali ed internazionali, pubblicazioni su riviste scientifiche, e per le mie tesi di specializzazione e di dottorato. Per me erano anni di duro lavoro, ma soprattutto di tante soddisfazioni, di entusiasmi e di sogni; e così, il chimico industriale Lorenzo Giuseppe Cossu mi ha aiutato a costruirne le basi.

Mille grazie Giuseppe.

(sotto i pini di via Venezia Giuseppe mi omaggia orgogliosamente del suo libretto, ed Anna cerca la penna che le avevamo rubato per la dedica. La bella foto è di Dora, la capitana)

Kai S. Paulus

 

2 Commenti

  1. Egle Farris

    Mi permetto di entrare in punta di piedi in questo ricordo così pacato eppure così intenso.
    Grazie è una parola che diciamo di continuo ,ma che forse ha perso in questo nostro tempo
    il suo più intrinseco significato .Penso che dietro un grazie dettato dal cuore ci siano
    nascoste storie diverse ,che non vengono fuori solo per parlare. Quando con pazienza e
    professionalità vengono alleviate le nostre pene ,difficilmente siamo portati a pensare
    e rivedere tutto il cammino che è stato necessario per raggiungere dei validi risultati .
    Delusioni ed entusiasmo che si sono alternati per lungo tempo, e risultati che hanno
    permesso di usufruire delle odierne conoscenze . Quindi io dico grazie a quello studente
    tedesco e al suo insostituibile amico Giuseppe ,che hanno permesso di avere conoscenze
    ulteriori su Mr Parky . E riporto la frase che ,da quando anche io sono diventata paziente mi ha colpito di più . Era forse meglio studiare la malattia ,senza che alcun paziente ne soffrisse……

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  2. Dora

    Grazie grazie, carissimo Kai Paulus, per questi ricordi che in Giuseppe hanno alimentato la soddisfazione di aver dato una mano a colui che è diventato il suo insostituibile neurologo di riferimento, specialista indiscusso nella malattia del Parkinson e dei disordini del movimento. Anche io ricordo che mio marito mi raccontava di un giovane medico tedesco che studiava per acquisire la specializzazione in quella branca della neurologia , il Parkinson appunto, poco ambita, sosteneva lui , perché secondo altri specializzandi non offriva grandi soddisfazioni, perché di ” Parkinson non si guarisce” sosteneva il giovane Paulus.
    Ma io credo che oggi il Parkinson ed i parkinsoniani, che lui ha la sorte di seguire, gli diano soddisfazioni immense e lo si vede quando con dedizione ed affetto segue quelli che sono, oltre che pazienti, amici dell’Associazione da lui voluta già da alcuni anni fa. Ed allora lui segue, accompagna e progetta attività varie, anche in collaborazione con docenti dell’università di Sassari, quali il prof. Serra ed il suo collaboratore Giuseppe Demuro ed altri importanti nomi della sanità sassarese.
    Ma la qualità più importante di Kai Paulus è la sua capacità di rassicurare ed incoraggiare i suoi pazienti che trovano in lui non solo il medico capace e preparato, ma anche un esempio di disponibilità ed umanità ragguardevoli.
    Ed allora Giuseppe, che ha voluto ricordare in un libretto la sua esperienza lavorativa ed umana presso l’Istituto di Igiene e Medicina Preventiva dell’università di Sassari, ha voluto consegnare la prima copia proprio al suo medico che non solo ha commentato, ma ha ricordato la sua piacevole esperienza di collaborazione con mio marito . Pertanto Giuseppe ed io sono siamo molto contenti e grati per le parole che tu, caro Kai, gli hai dedicato. Grazie grazie davvero

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