Volare si Può, Sognare si Deve!

STORIA DI VITA REALE (o meglio di vita vera) di Salvatore Faedda

Sono nato in via San Sisto n. 13, nella parte che va da via La Marmora al mercato, in una casa che mio padre aveva preso in affitto da una coppia di anziani. Il nostro portone era situato proprio di fronte a quello di Sannia, all’epoca famoso per il buon vino. Una canzoncina popolare lo ricorda così “in de Sannia ja vinnè di vinu bonu”.
A casa nostra, nonostante mio padre lavorasse in una ditta privata per la bitumazione delle strade, ciò che abbondava in assoluto era la…miseria!!! Ce n’era talmente tanta che bastava una giornata uggiosa per aumentarne la quantità perché mio padre, nei giorni di pioggia, purtroppo non lavorava.
Al piano terra di quella palazzina viveva signora Rosina, da me chiamata affettuosamente “zia Rosina”; quando vedeva mio padre rientrare a casa per via della pioggia, mi chiamava, preparava il fuoco nel braciere vicino al portone, tagliava le patate a spicchi e le friggeva nello stesso olio che ne aveva fritto a quintali. Io ero felicissimo perché così potevo mangiare qualcosa di gustoso. Anche il pane, all’epoca, era un alimento destinato ai ricchi perché solo loro potevano permetterselo (altro che merendine…!!!).
In un anno poco piovoso e con qualche introito in più, riuscimmo a cambiare casa per andare ad abitare in via S. Apollinare al n. 22 di fronte al tabacchino di “Annetta Pidocciu”. L’appartamento era di mio nonno che, a detta di qualcuno, si era procurato in tempo di guerra con il mercato nero. Finalmente avevamo l’acqua e la luce e, quando mamma non aveva i soldi per pagare le bollette mia nonna, di nascosto di mio nonno, dava mano al portafoglio e le pagava lei.
Quando l’economia riprese a girare, fra le altre cose di vitale importanza, potevamo permetterci perfino qualche fetta di fainè…che leccornia!!!
Anche i grandi magazzini UPIM avevano dato un grande contributo ed è per questo che tutt’intorno proliferavano bancarelle di ogni genere. Io mi incantavo: vedere tutto quel ben di Dio dopo tanta miseria…mi gratificava.
Sempre in quel periodo mia madre, ogni settimana, mi mandava nella macelleria di via Rosello a comprare 100 lire di ossa…per il cane!!! Quelle ossa, però, mia madre le faceva in brodo; il macellaio, che aveva capito la situazione, aggiungeva qualche pezzo di carne e quando lo portavo a casa…allora si che era una festa.
L’elettrodomestico in voga era il frigorifero, solo in pochi lo possedevano e chi poteva permetterselo quasi sempre lo pagava a rate. Le sorelle di mamma ce l’avevano tutte e ognuna lasciava sempre un piccolo spazio per noi.
Per il pranzo della domenica, che normalmente durava circa due ore (i telefonini non esistevano nemmeno nell’immaginario perciò a tavola si chiacchierava di gusto), mamma comprava lo “zimino”. Lei lo lavava bene, lo imbottiva con i “riccioli” e uva passa e poi lo cucinava col sugo…che bontà!!!
L’unico dolce possibile era un raviolone di ricotta che mia madre preparava con passione e poi friggeva per tutti noi.
Per le bevande da mettere in tavola, lasciavano a me l’incombenza di preparare l’acqua frizzante, con una bustina di idrolitina, e l’aranciata con una bustina di arancia liofilizzata.
Quando mio padre venne assunto al comune di Sassari poiché noi figli eravamo cresciuti e le esigenze erano aumentate, cambiammo nuovamente casa e andammo ad abitare in via Principessa Maria n.41. Lì ognuno di noi poté assaporare la gioia di una cameretta da condividere in due anziché un grande camerone pieno di letti.
Eravamo quasi ricchi…ma non ce ne siamo mai resi conto.

Salvatore Faedda

“La tenerezza è la forza più umile; eppure è la più potente per cambiare il mondo”.

Sicuramente è questo il sentimento che muove e rende salda la vostra Associazione, come abbiamo potuto vedere durante il pranzo di saluto in occasione del Santo Natale del 2014, festa, gioia, canti, poesia erano all’ordine del giorno.

Una gioia segnata dalla sofferenza che da voi viene vissuta con molta dignità, certamente crediamo che non manchino i momenti difficili, ma il Signore Nostro Gesù Cristo è sempre presente e vi accompagnerà sempre, a voi tocca la responsabilità di vivere questa sofferenza come un dono Dio, che vi ha scelto per collaborare, alla sua opera di redenzione del mondo, non dimenticando mai, che Cristo ci ha assicurato: ”Ecco, io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo”.

E’ la speranza il motore della vita e in merito vi lasciamo questo piccolo racconto:

In una stanza silenziosa c’erano quattro candele accese. La prima si lamentava:” io la sono la pace, ma gli uomini preferiscono la guerra. Non mi resta che lasciarmi spegnere”. E cosi accade. La seconda disse: “io sono la fede, ma gli uomini preferiscono le favole. Non mi resta che lasciarmi spegnere.” E così accade. La terza candela confessò: ”io sono l’amore, ma gli uomini sono cattivi e incapaci di amare. Non mi resta che lasciarmi spegnere”. All’improvviso nella stanza comparve un bambino, che, piangendo, disse: ”ho paura del buio”. Allora la quarta candela disse: “non piangere. Io resto accesa e ti permetterò di riaccendere con la mia luce le altre candele. Io sono la speranza.

Questa luce deve illuminare perennemente il vostro cammino e la vostra umile testimonianza anche nelle difficoltà e nei momenti oscuri, perché Cristo è la nostra speranza.

Che Dio vi benedica sempre e vi dona la sua gioia e la sua pace.

Tissi, 14 ottobre 2015

Le Sorelle della colonia San Pietro, località “Monte e sa Tanca”.

Riunione per familiari e caregiver

Giovedì, 29 ottobre

riprendono gli appuntamenti per familiari e caregiver organizzati dalla èquipe di Psicologia Clinica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria sotto la guida di dott. Giovanni Carpentras e con le assistenti, dott.ssa Angela Merella e dott.ssa Gabriella Meloni.
L’incontro questa volta non si svolge, come di consueto, nell’aula dell’Istituto di Radiologia, ma nella

AULA C
Facoltà di Medicina e Chirurgia
Complesso Didattico
Viale San Pietro
(dietro Palazzo Clemente)
dalle ore 10,00 alle ore 12,00
(si prega la massima puntualità perché l’aula prima e dopo è utilizzata per le lezioni universitarie)

L’aula in questione ricorderà forse alcuni la prima Giornata Nazionale del Parkinson nel 2010, come raccontato nel resoconto “Prima Giornata Nazionale: per iniziare, un fiasco” che trovate nella rubrica ‘I convegni’ di questo nostro sito (da allora ne abbiamo fatta di strada…).

Li rundini – Le rondini di Salvatore Faedda


Paria arimani chi era Pascha di Nadari.
Lu tempu è passadu in un mamentu
e già n'intindimmu lu giambamentu.
Bastha azzà lu cabu in aria pa vidè
li rundini chi arribini...e so umbè.
Zeschani lu nidu di l'annu passadu
chi cun pazenzia abiani fattu
pa passavi l'isthiu in santa pazi
e fa nascì li pizzoneddi novi
Andani e torrani senza ischontrassi
e lu tempu passa in alligria
Eddi no cunniscini la malincunia
chi noi abemmu tuttu l'annu
da Nadari finza a Sant'Andria

Salvatore Faedda
Sembrava ieri Natale,
il tempo è trascorso in un momento
e già ne sentiamo il cambiamento.
Basta sollevare lo sguardo per vedere
le rondini che arrivano...e sono tante.
Cercano il nido che l'anno scorso hanno lasciato
e che con tanta pazienza avevano costruito
per trascorrere l'estate in santa pace
e far nascere gli uccellini.
Vanno e vengono senza scontrarsi
e il tempo passa in allegria
loro non conoscono la malinconia
che noi invece abbiamo tutto l'anno
da Natale fino al mese di Novembre

Salvatore Faedda

 

Fra noi è nata una bella amicizia….. di Adelaide Sanna

E’ passato un po’ di tempo dal nostro ultimo incontro conviviale e già sento la mancanza di tutti voi e del vostro sorriso. L’esperienza fin qui vissuta all’interno dell’associazione e del gruppo mi ha convinta che essa è indispensabile per l’aggregazione e per la socializzazione dei nostri problemi legati a quello che noi chiamiamo il sig. PARKINSON e che ormai è la nostra ombra e che credo ci seguirà per tutta la nostra, spero lunga, vita.

Fra noi è nata una bella amicizia e un certo affetto che ci aiuta ad affrontare le giornate qualche volta difficili a causa della nostra malattia, ma quando stiamo insieme e quando facciamo le nostre attività siamo più sereni , più ottimisti e più fiduciosi nelle nostre possibilità di recupero e insieme troviamo il coraggio per vivere al meglio la nostra vita. Eh si, il coraggio, la serenità che ho visto e vissuto in mio padre alla fine dei suoi anni.

Quando ormai vedovo, alla veneranda età di novantaquattro anni, per una grave malattia venne decisa l’amputazione di una sua gamba , a noi figli questa apparve come una disgrazia e con grande preoccupazione ci riunimmo per dare conforto a nostro padre , aiutarlo nella decisione che spettava a lui prendere e per rassicurarlo sulla nostra assistenza e presenza.

Nella nostra ansia e concitazione lui intervenne e ci domandò : “ Ma si mi tagliani l’anca devu murì?”

A questa inattesa domanda noi dieci figli rispondemmo quasi in coro : “ Noooooo” e lui “ ma voi mi vureddi lu mantessi? “ noi sorridemmo e, commossi, lo rassicurammo.

“E allora tagliemmunnila “ fu la sua coraggiosa sentenza.

Certo questo episodio ci ha confermato quanto grande fosse la sua voglia di vivere, il suo coraggio, la sua determinazione ad andare avanti anche sulla sedia a rotelle. Ha vissuto circondato dall’affetto della sua famiglia, ha partecipato attivamente a tutti i momenti di gioia dei figli e degli amati nipoti che gli sono sempre stati vicini e spesso gli hanno fatto dimenticare la sua menomazione.

Ed è con questo spirito che io cerco di vivere la mia malattia, circondata da tante persone che all’interno dell’associazione condividono con me la voglia di andare avanti con entusiasmo e col piacere di fare quelle cose utili ma soprattutto piacevoli e spesso molto divertenti.

Ma devo rendere merito soprattutto alla mia famiglia che mi circonda di affetto e di premure anche se spesso non mancano le sollecitazioni a reagire nei momenti e giornate di difficoltà e di sconforto. Ma lo devo soprattutto ai miei adorati nipoti che con la loro allegria e gioia di vivere mi fanno sentire bene e mi fanno spesso dimenticare quell’ombra sempre incollata al mio fianco.

Un discorso a parte merita la ritrovata e consolidata amicizia con Dora e Giuseppe. La nostra conoscenza risale ai primi anni sessanta, quando Tonino e Giuseppe avevano una assidua e quasi quotidiana frequentazione e Dora ancora per noi non esisteva. La nostra amicizia diventò tanto solida che Tonino, quando partì per il servizio militare, mi affidò al fidato amico Giuseppe che aspettava che io uscissi dal lavoro per scortarmi fino a casa. Poi conoscemmo Dora alla quale subito ci affezionammo e Giuseppe se ne innamorò. Noi ci sposammo e continuammo a frequentarci. Nacquero i bambini e successivamente per lavoro, studio da parte di Dora e impegni vari , i nostri incontri si diradarono, ma restò sempre una grande fiducia e stima reciproche. Quando mi venne diagnosticato il Parkinson sapevo già che Giuseppe affrontava la malattia e non appena gli comunicai di essere stata colpita anche io dal male, mi rassicurò circa le terapie e mi propose subito di partecipare alle attività che già si svolgevano. Io accettai subito la proposta con grande entusiasmo anche perchè i miei figli videro l’opportunità di condividere con i nostri amici di sempre giornate diverse e soprattutto conoscere un nuovo gruppo di persone con cui confrontarci sulle problematiche della malattia stessa e aiutarci reciprocamente.

Devo infine ringraziare miei figli che hanno messo ordine in questi miei pensieri un po’ confusi e sgrammaticati.

Sassari 29 settembre 2015

Adelaide Sanna

Pillola nr° 4: “Ho scritto alla notte…”

“… e la luna e le stelle mi hanno rasserenata”, si legge nella suggestiva “Poesia estiva” propostaci da “The voice” Anna Iattarelli pubblicata nel nostro sito il 6 agosto scorso.

Il sonno e la qualità del riposo notturno sono un capitolo molto importante nella malattia di Parkinson. I disordini del sonno, quali insonnia, frammentazioni del sonno, agitazione durante il sonno, ecc., sono talmente frequenti (secondo fonti recenti* pare che oltre il 90% delle persone affette da Parkinson abbia problemi nel dormire), che il sonno buono viene considerato una vera terapia, come recentemente ci ha spiegato Prof. Pier Andrea Serra all’ultima Giornata Nazionale del Parkinson nel novembre 2014. [posso già anticiparvi che Prof. Serra tornerà tra noi in occasione della prossima Giornata Parkinson, sabato 28 novembre alla Camera di Commercio di Sassari, per approfondire i tanti aspetti del sonno].

Dormire è una necessità fisiologica: il nostro organismo deve dormire per riposarsi, e mentre i nostri muscoli sono rilassati, il nostro cervello non dorme ma invece è in piena attività. Come vedete nella figura (presa da it.wikipedia.org),

FasiSonno

il sonno è caratterizzato da diverse fasi: dalla veglia (awakening) si passa allo stadio 1, quello dell’addormentarsi, successivamente agli stadi più profondi, stadio 2 e 3, fino allo stadio 4, quello del sonno profondo, caratterizzato da un’attività cerebrale più lenta. Queste fasi si succedono in maniera ciclica più volte durante la notte, e dal sonno profondo si riemerge in uno stato di sonno leggero, la fase REM (Rapid Eye Movement) caratterizzata appunto da movimenti rapidi degli occhi e paralisi dei muscoli scheletrici, e durante la quale avvengono i sogni; a volte ci si può anche brevemente svegliare (brief awakening) per subito iniziare un nuovo ciclo del sonno. Durante gli stadi profondi avvengono essenziali processi biochimici di riparazione e rigenerazione dei neuroni, delle cellule del cervello, ma anche di consolidamento del recente apprendimento, la neuroplasticità. Questi avvenimenti notturni sono cruciali per il corretto funzionamento di mente e cervello. Nel Parkinson le fasi del sonno sono spesso alterate oppure non si riesce neanche a dormire. Questo può avere conseguenze negative sulle condizioni diurne: ansia ed agitazione, eccessiva sonnolenza diurna, ma soprattutto un peggioramento del quadro clinico. Questi sintomi si possono ovviamente trattare con diversi trattamenti e terapie, che però si potrebbero anche evitare migliorando la qualità del sonno. Ma di tutto questo parliamo tra un mese insieme a Prof. Serra.

Kai S. Paulus

*Videnovic A, Hoegl B (eds.). Disorders of Sleep and Circadian Rhythms in Parkinson’s disease. Springer Verlag Wien, 2015

La partita di pallone di Salvatore Faedda

Era il mese di maggio del 1900….e fruscia, a Cagliari si doveva giocare la partita Cagliari/Juve e in più c’era la “Fiera campionaria della Sardegna”.
Con un po’ di fortuna sono riuscito a recuperare due biglietti per lo stadio, uno per me e uno per mio figlio Stefano.
All’epoca mia moglie lavorava presso una ditta privata di mobili in ferro ed una sua collega, sapendo che dovevamo andare a Cagliari, ci ha chiesto un passaggio per lei e per sua madre.
Arrivato il giorno fatidico, subito dopo pranzo, con mia moglie, mio figlio e la mia Simca 1000 Special ci rechiamo a casa loro, carichiamo i loro borsoni e, una volta in macchina, partiamo per la nostra avventura.
Per rendere meno pesante il tragitto parliamo del più e del meno e, siccome mi premeva trovare subito un alloggio per la notte, l’argomento principale verteva sul pernottamento urgente presso un hotel.
La mamma della collega di mia moglie, che viaggiava sul sedile posteriore della vettura, nel sentire i nostri argomenti comincia a sorridere e, con un buon dialetto sassarese esordisce così: “ma allora non l’abedi cumpresu chi me suredda v’ha una casa cun dezi camari da lettu e voi no vi duvidi pinsà”. La sorella era quella che avrebbe dovuto ospitare loro per una notte così, dopo tale affermazione, non mi sono più preoccupato.
Arrivati a destinazione la padrona di casa ci mostra tutto l’appartamento….anzi…doppio appartamento comprese le camere da letto, ed io, in cuor mio, speravo vivamente d’aver risolto il problema per la notte anche se……qualcosa mi inquietava!!!!!!
Con tutta la compagnia decidiamo di andare a mangiare una pizza e concludiamo la cena con un buon gelato. D’accordo con mia moglie decidiamo di pagare il conto visto e considerato che avremo risparmiato i soldi per l’albergo.
Rientriamo verso l’abitazione della sorella in questione, a malapena recupero un parcheggio e, mentre scendiamo dalla macchina per risalire tutti insieme nella grande casa, una voce mi ha fatto gelare il sangue perché diceva così: “beh…buonanotte, ci vediamo domani!!!!”
A quel punto, senza alloggio e senza la certezza di trovare un riparo, mia moglie suggerisce di rientrare a casa considerando anche il fatto che nostro figlio aveva solo cinque anni. Purtroppo avevo già i biglietti per lo stadio e deludere mio figlio mi dispiaceva molto.
Con la coda tra le gambe tentiamo di trovare un buco per superare la notte ma l’unico posto disponibile, considerando che erano le 10 di sera, era un grande camerone con tanti posti letto già occupati. Naturalmente rinunciamo decidendo così di trascorrere la notte in macchina.
Ci appartiamo nella zona delle saline, è già mezzanotte, e dopo aver adagiato una coperta nel sedile posteriore per far dormire Stefano, noi incliniamo i sedili anteriori e tentiamo di chiudere gli occhi. Naturalmente faceva freddo ma…pazienza.
Dopo una certa ora una banda di motociclisti senza marmitta, comincia a percorrere tutto il vialone con gran fracasso per i nostri timpani. A quel punto la paura prende il sopravvento perciò decidiamo di spostarci e di sostare per le ultime ore della notte nei pressi di un posto di polizia.
Un poliziotto si avvicina alla macchina, ci chiede i documenti e, a quel punto, gli spiego cosa era successo. Lui, gentilmente, avendo capito la situazione, ci mette a disposizione il bagno della caserma assicurandoci che lì non avremo avuto problemi.
La mattina dopo ci permettono di lavarci la faccia e noi ringraziamo di cuore per la loro assistenza.
Finita la partita (in pareggio) pur con l’amaro in bocca per la delusione ricevuta, ci incamminiamo a riprendere gli amici per riportarli a Sassari. Il viaggio di rientro è stato deludente….silenzio assoluto per 200 km ed io, per cercare si sciogliere il gelo che si era creato, ho continuamente manovrato con i CD per inserire musica alla grande.
Dopo qualche giorno i nostri amici ci hanno invitato a pranzo, forse per ripristinare quel calore che era venuto a mancare, ed il padre di Vanna, la collega di mia moglie, ha esordito dicendo che il comportamento della cognata era davvero vergognoso e noi, per reagire a tale comportamento, saremo dovuti andar via lasciando capra e cavoli in quel di Cagliari
Salvatore Faedda

La visita militare di Salvatore Faedda

Avevo appena ricevuto la cartolina verde per la visita militare e già non vedevo l’ora di ritrovarmi in caserma, con qualche coetaneo, per essere ammesso alla leva del 1943.
Ci tenevo proprio a fare quell’esperienza perché, all’epoca, dato che il mio lavoro non dava sbocchi importanti, pensavo di poter risolvere il mio futuro nell’ambito della vita militare.
Nel giorno e nell’ora stabilita un ufficiale mi chiamò scandendo il mio nome e cognome con dovuta precisione….!!! Finalmente, non vedevo l’ora di passare il turno!!! “Si spogli”, mi disse l’ufficiale, e iniziò così a fare le varie misurazioni in altezza e in lunghezza. Io, che cominciavo ad assaporare quella vita, mi vedevo già in divisa e mi congratulavo con me stesso per il fisico che ritenevo adatto a quello scopo.
Dopo aver segnato tutti i miei dati con una macchina da scrivere “Olivetti lettera 22”, l’ufficiale mi suggerì di rivestirmi e, con una busta in mano nella quale aveva rinchiuso il mio destino, me la consegnò dicendo queste parole: “Lei è il figlio di Faedda?”, “Certamente” risposi io. “Allora dia tanti saluti a babbo. Ora può andare…buongiorno”.
Quando lasciai la caserma non ebbi subito il coraggio di aprire la busta ma poi la curiosità prese il sopravvento. Lentamente le mie dita estrassero il foglio e subito la scritta “RIFORMATO” mi riportò alla realtà. Non riuscivo a capirne il perchè ma…così era scritto.
Giunto a casa feci subito il resoconto a mio padre, compresi i saluti da parte dell’ufficiale che, di fatto, lui…non conosceva affatto.
A mio avviso ritengo d’essere stato scambiato con un incozzato che, probabilmente, aveva il mio stesso cognome. Peccato…ci tenevo davvero tanto!!!

Salvatore Faedda

Ballando con le Drag 2015

L’Associazione Culturale MUSIC & MOVIE, insieme alle Associazioni Voce Amica Onlus, Sassari Parkinson Onlus, MOS e Vip Sardegna Onlus, presenta:

ballando con le drag 2015

Gita di due giorni a Carloforte; storia tragicomica di Salvatore Faedda

Partiti la mattina alle 9,00 facciamo sosta per la colazione in un bar lungo la S.S. 131. Ad Oristano il pullman si ferma per il pranzo (ottimo sotto tutti i punti di vista), poi ripartiamo per S. Antioco. Fortunatamente la strada è abbastanza buona e questo ci permette di arrivare alla nostra meta verso l’ora di cena. Dopo cena, con la solita compagnia, ci mettiamo a cantare nell’attesa d’andare a dormire.
Prima di mettermi a letto faccio una doccia veloce ma mi accorgo che il sapone…non insapona affatto. Al momento non so darmi una spiegazione ma, quando lavo i denti, mi rendo subito conto che l’acqua è salmastra. Pazienza, mi dico, forse i denti diventeranno più bianchi.
Durante la notte, esattamente verso la una, il rumore di diversi sciacquoni in funzione mi svegliano…che succede? (penso)….poi mi riaddormento e non ci penso più.
Il giorno successivo, nella grande sala adibita alla prima colazione, si sente il brusio di tante persone che discutono sul loro stato di salute dovuto a disordini intestinali. Convinti di poter risolvere il problema con un the, quasi tutti lo richiedono (me compreso, anche se al momento non ho alcun problema), piuttosto che un bicchiere di latte o un buon caffè.
Durante la tratta S. Antioco/Carloforte sento i primi brontolii alla pancia con dolorose fitte poco gestibili; intanto, sul traghetto, un continuo via vai di persone dirette ai bagni comincia a insospettirmi.
Arriviamo a Carloforte, è domenica, e si svolgono i campionati mondiali di calcio. La prima tappa, mia e di molti altri, è dentro un bar a far la fila davanti alla toilette o, per meglio dire, bagno. Anche le visite successive si svolgono nei bagni dei bar ed io, per sentirmi più a mio agio, usufruisco della compagnia di Giuseppe….lui a mangiare paste ed io a fare la fila!!!
A pranzo ci viene servito dell’ottimo riso, ma non facciamo in tempo a sederci a tavola che un nuovo attacco di dissenteria colpisce la maggior parte dei gitanti. Vista la situazione, Piero decide di chiamare un medico e sollecita il gestore dell’albergo affinché metta a disposizione ulteriori bagni.
Una volta eseguite le visite, il medico suggerisce di recarci all’ospedale ma noi, all’unisono, decidiamo di rientrare a casa.
Saliamo sull’autobus e…che Dio ce la mandi buona!!! Al primo distributore l’autista schizza fuori dal mezzo alla ricerca disperata di un bagno. Purtroppo è chiuso e allora??? via di corsa verso la campagna, ma non solo l’autista, anche coloro che sono colpiti dagli attacchi.
Lo spettacolo che si presenta ai nostri occhi è indimenticabile; un via vai di persone, sotto la pioggia battente, che corre ai ripari per poter dar sfogo alle impellenti necessità…di pancia. Cosa da non credere….percorriamo tutta la 131 a tappe perché dolori e dissenteria non mollano la presa. Ogni tappa un’avventura; chi si nasconde dietro un cespuglio, chi salta i muri a secco, chi si nasconde dietro un’ ombrello….mamma mia quanti culi all’aria e alla pioggia.
Arriviamo a Sassari e in un attimo il pullman si svuota. Pure io corro verso casa e, quando finalmente mi richiudo in bagno, mi sento tranquillo perché solo così ho la certezza di non fare brutte figure. Ovviamente il giorno dopo non vado al lavoro perché ancora sotto gli effetti della dissenteria.
Solo dopo qualche giorno abbiamo saputo, da fonti certe, che tutto il disagio provocato ai nostri intestini era dovuto all’assunzione dell’acqua dell’albergo che, oltre ad essere salmastra, non era fornita nelle condizioni igieniche a norma di legge.
Col senno del poi ricordo che tempo addietro, tutti i componenti di una squadra di calcio alloggiata in quell’albergo, aveva avuto gli stessi problemi intestinali.
Comunque, a mio avviso, ritengo che il proprietario dell’albergo, prima di attivare una struttura non idonea, dovrebbe essere molto più vigile di quanto lo sia stato in precedenza.

Salvatore Faedda