Volare si Può, Sognare si Deve!

La visita militare di Salvatore Faedda

Avevo appena ricevuto la cartolina verde per la visita militare e già non vedevo l’ora di ritrovarmi in caserma, con qualche coetaneo, per essere ammesso alla leva del 1943.
Ci tenevo proprio a fare quell’esperienza perché, all’epoca, dato che il mio lavoro non dava sbocchi importanti, pensavo di poter risolvere il mio futuro nell’ambito della vita militare.
Nel giorno e nell’ora stabilita un ufficiale mi chiamò scandendo il mio nome e cognome con dovuta precisione….!!! Finalmente, non vedevo l’ora di passare il turno!!! “Si spogli”, mi disse l’ufficiale, e iniziò così a fare le varie misurazioni in altezza e in lunghezza. Io, che cominciavo ad assaporare quella vita, mi vedevo già in divisa e mi congratulavo con me stesso per il fisico che ritenevo adatto a quello scopo.
Dopo aver segnato tutti i miei dati con una macchina da scrivere “Olivetti lettera 22”, l’ufficiale mi suggerì di rivestirmi e, con una busta in mano nella quale aveva rinchiuso il mio destino, me la consegnò dicendo queste parole: “Lei è il figlio di Faedda?”, “Certamente” risposi io. “Allora dia tanti saluti a babbo. Ora può andare…buongiorno”.
Quando lasciai la caserma non ebbi subito il coraggio di aprire la busta ma poi la curiosità prese il sopravvento. Lentamente le mie dita estrassero il foglio e subito la scritta “RIFORMATO” mi riportò alla realtà. Non riuscivo a capirne il perchè ma…così era scritto.
Giunto a casa feci subito il resoconto a mio padre, compresi i saluti da parte dell’ufficiale che, di fatto, lui…non conosceva affatto.
A mio avviso ritengo d’essere stato scambiato con un incozzato che, probabilmente, aveva il mio stesso cognome. Peccato…ci tenevo davvero tanto!!!

Salvatore Faedda

1 Commento

  1. kaipaulus

    Anche io non ho fatto il militare…
    Tempo addietro ero stato assegnato ad un battaglione della Nato in Belgio (allora la Germania non era sovrana), ma io volevo studiare Medicina, e gli studenti di Medicina non dovevano prestare il servizio militare. Questa scelta mi è costato molti anni: in Germania c’era il numero chiuso ed io dovetti andare all’estero con tutte le problematiche, difficoltà e distrazioni di un ragazzo di 19 anni. A volte mi si chiede se non mi sono mai pentito considerando che in Italia non regna la meritocrazia e che forse altrove avrei potuto far carriera. La mia risposta è sempre la stessa: non mi sono pentito. Certo, per ottenere qualcosa e conservare ciò che hai raggiunto devi sudare tanto, tantissimo, senza mai avere certezze. Ma volete mettere, oggi non suonerei l’armonica e mi sarei perso le perle di Salvatore e tutti i vostri contributi straordinari sul sito della nostra Parkinson Sassari!

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