Volare si Può, Sognare si Deve!

Autore archivio: assoparkss

Tre postulanti…con multa di Franco Simula

L’appuntamento era per le 10,30 in via Montegrappa per prendere Franco e Iole e continuare poi per la Scuola Elementare di San Donato, cuore del centro storico di Sassari, dove avevamo un appuntamento con la Dirigente Scolastica Patrizia Mercuri. L’incontro non voleva essere solo una visita di cortesia o di auguri per il nuovo anno ma soprattutto un riesame del caseggiato per la possibile individuazione di altri e più comodi locali- nella scuola elementare di S.Maria- da mettere a disposizione del gruppo raccolto intorno all’Associazione Parkinson di Sassari.
Arriviamo in macchina a ridosso del centro storico e ci si pone immediatamente il problema del posteggio in una zona in cui di stalli disponibili -anche a pagamento- non se ne trovano. Che fare? Alla fine del Corso Vitt. Emanuele la strada si apre a imbuto e sembra promettere qualche possibilità di parcheggio: ma c’è ben in vista un cartello che prevede addirittura un divieto di fermata.
-Iole, che facciamo? Rischiamo? Tanto rimarremo dalla Dirigente Scolastica solo pochi minuti quanto basta per verificare eventuali nuove possibilità di “ricovero” e poi…via.
-Va bene, accendiamo le quattro luci intermittenti che indicano breve sosta e rischiamo.
L’incontro con la dirigente appare subito cordiale e improntato alla massima disponibilità; probabilmente non durerà poco perché la fase preliminare della conversazione attinge ad ampie mani dai ricordi del passato più o meno vicino.
Iole, irresistibile e gradevole affabulatrice soprattutto nel raccontare simpatici episodi riguardanti personaggi che in tempi diversi erano transitati per quella scuola, aveva completamente dimenticato che eravamo in divieto di sosta e quindi sanzionabili.
La giornata, a tratti, è radiosa; un bel sole rende l’ufficio della Dirigente più luminoso e godibile.L’ufficio è abbastanza sobrio ed essenziale, tuttavia alcuni oggetti non possono non attirare l’attenzione anche dell’osservatore più distratto:un imponente apparecchio radio abbellisce una parete dello studio. La radio è inserita in un mobile d’epoca (1930-40) in radica di noce impreziosito da alcune eleganti colonnine verticali elaborate con gusto sobrio e ricercato allo stesso tempo che le conferiscono una particolare solennità. In un’altra parete un acquerello ricco di colori col bel campanile della chiesa di S. Donato richiama lo sguardo del visitatore. Lo studio della Dirigente, insomma, è organizzato per il lavoro: anche il telefono non rimane a lungo inutilizzato.
Si entra nel merito delle nostre richieste: la Dirigente, dopo aver sentito le sue collaboratrici del plesso scolastico di S.Maria, ci consentirà l’utilizzo di due ampi spazi: uno in un giorno della settimana e uno in un altro giorno giusto per poter conciliare le numerose richieste che pervengono a questa scuola: evidente mente le richieste sono in rapporto diretto con l’ampia disponibilità della Dirigente la quale ci informa che, dopo le 17 pomeridiane, sarebbe disponibile anche la palestra della Scuola di S. Donato. Qui si porrebbe naturalmente il problema dei posteggi che forse potrebbe risolversi con soluzioni non impossibili ( utilizzo dei pass per invalidi-ricerca posteggi nelle vicinanze)
Nessuno di noi pensa più alla macchina in divieto di sosta perché la conversazione su questo e altri ameni argomenti ci coinvolge più della paura della multa.
Franco Enna infatti approfitta dell’incontro per fare omaggio di alcune sue pubblicazioni alla dott.ssa Mercuri; fra le altre anche la tragedia di Romeo e Giulietta scritta per i ragazzi in stile “rap” e successivamente riadattata per anziani parkinsoniani alla ricerca di terapie alternative.
Arrivati al momento dei saluti sembrerebbe che l’incontro stia per terminare ma non è così perchè Iole, che in questa scuola ha espletato per anni la sua attività di collaboratrice pedagogica, trova in ogni angolo, in ogni parete un motivo di riflessione attraverso il ricupero dei tanti ricordi che riaffiorano con tanta vivacità da sembrare di poterli riutilizzare ancora .No, Iole, niente è più riutilizzabile allo stesso modo perché mancano i protagonisti e i contesti di allora .
E inoltre non ci possiamo più attardare perché, a quest’ora, ormai di multe ce ne avranno applicato almeno tre.
Gli ultimi saluti e via.
Di multe non ce ne sono tre ma almeno una troneggia sotto il tergicristallo anteriore della Toyota Blu.
La paghiamo metà per ciascuno -dice Iole
Ma va…spetta di diritto al proprietario della macchina! Piuttosto facciamo una cosa: dato che la multa è di 28,70 euro, mettiamo da parte per tutto il mese di febbraio 1 euro al giorno e dato che quest’anno è bisestile, in un mese ricuperiamo l’intero ammontare della somma risparmiando persino 30 centesimi perché l’ultimo giorno del mese, il 29 febbraio, accantoneremmo soltanto 70centesimi. Che ne dite? Vi sembra buona l’idea?
-Ma cosa ce ne facciamo di tutti questi soldi raccolti nell’arco di un mese? _
-E’ semplice -conclude Iole- li utilizzeremo per pagare le prossime multe che prima o poi, per qualche motivo, saremo costretti a prendere.
Forza ragazzi (di 70 anni…e oltre) e continuiamo con le nostre ricerche di locali,stavolta dobbiamo proprio farcela.

Pillole di tristi ricordi (quando è morto mio cugino Luigi) di S. Faedda

Ai miei nonni piaceva molto andare al mare ad Alghero; partivano  col primo treno insieme a zia Grazietta (che era la loro figlia minore nonché sorella di mamma) e col nipote Luigi che era il figlio di zia Salvatorica, anche lei, ovviamente, sorella di mamma. Questo cugino la notte andava a dormire a casa dei nonni per far loro compagnia e la mattina rientrava a casa sua in via Antonio Sisco.
Normalmente, quando andavo a comprare il latte, lo incontravo vicino alla chiesa di S. Apollinare. Lui era sempre allegro e mi chiedeva i giornalini. Purtroppo dovevo negarglieli perché a casa mia li leggeva mio padre e non voleva che venissero prestati.
Una mattina d’estate lo trovo come al solito davanti alla chiesa ma con la faccia seria. Subito lo riferisco a mia madre e lei mi risponde che sicuramente è offeso perché non gli ho dato i giornalini. Mi è bastata quella giustificazione per non pensarci più.
Quello stesso giorno Luigi va al mare con mia zia e i miei nonni e, una volta arrivati in spiaggia, lui si mette a giocava con la sabbia. I nonni e la zia, invece, preparano la baracca fatta con le lenzuola (all’epoca non esistevano ombrelloni). Una volta sistemato il rifugio provvisorio, si rendono conto che Luigi non è nelle vicinanze e iniziano a chiamarlo.
La giornata è calda e sembra uguale alle altre…ma non è così!!!
Durante l’ora di pranzo a casa di mia zia si presenta un poliziotto dicendo che Luigi si è perso in spiaggia e non riescono a trovato. Anche nonno e nonna, insieme a zia Grazietta, l’hanno cercato  tutto il giorno senza trovarlo.
Nel frattempo le voci iniziano a circolare e tutti i parenti  raggiungono la casa di zia per saperne di più.
Alle sei di sera ritornano i carabinieri e zia Salvatorica, la mamma di Luigi, chiede subito se suo figlio è stato ritrovato. Loro rispondono di si e chiedono di poter parlare col padre. Zio Filippo si è subito fatto avanti e loro gli fanno cenno per potergli parlare in disparte.
Nella camera vuota, insieme ai carabinieri, entrano zio Filippo e mio padre che era il padrino di Luigi. Involontariamente la porta della camera viene lasciata leggermente aperta ed io che mi trovo nei paraggi, vedo mio zio, alto e grosso, toccare il soffitto con la testa. Subito dopo ci viene comunicato che cosa era successo.
Ad Alghero, appena arrivati in spiaggia, Luigi dev’essere sicuramente entrato in acqua e siccome l’acqua era fredda l’ha subito fulminato. Era a pochi metri dalla riva ma la gente lo cercava sulla spiaggia da una parte all’altra.
Da quel giorno i miei nonni non sono serviti più e quando si andava in campagna a vendemmiare, zio Filippo come vedeva noi bambini correre e giocare, si girava da un’altra parte e si metteva a piangere. La notte, quando andavamo a letto, tutti noi cugini ci divertivamo un mondo giocando sopra una coperta rigida e dura…come la pelle dell’asino.
Io, che ero il cugino più grande, quando andavo in campagna, mi sembrava di vederlo in mezzo ai fondi d’uva che mi perseguitava.
Un giorno ne ho parlato con mamma e lei candidamente mi ha risposto che Luigi mi perseguitava perché non gli avevo dato i soliti giornalini.

Salvatore Faedda

Presentazione libro “Le cose migliori” di Valeria Pecora

Gentilissimi membri e responsabili dell’Associazione Parkinson di Sassari, mi chiamo Valeria Pecora e vi scrivo perché mi piacerebbe organizzare una presentazione del mio romanzo “Le cose migliori” presso la vostra associazione. Il mio libro tratta la tematica del Parkinson visto con gli occhi dei bambini. Mia madre si è ammalata di questa malattia quando era molto giovane (lei aveva 39 anni e io 7) e da grande ho voluto rielaborare le sensazioni e quel dolore causato dalla sua malattia. Il mio libro è un libro di dolore ma anche di profondo amore e di speranza. Ho già avuto modo di presentare il mio libro in diverse occasioni: diverse presentazione presso i Comuni della Sardegna (Cagliari, Arbus, Villacidro), alla Giornata Nazionale Parkinson del 28 novembre al teatro Le Saline di Cagliari, alla radio cooperativa di Padova nell’ambito del programma Area Parko (rubrica dedicata ai giovani parkinsoniani) e all’Università degli studi di Cagliari presso la Facoltà di Psicologia. Sono stata anche intervistata dal settimanale Grazia in merito alla mia esperienza di “figlia di Parkinson”.
Ho rilasciato una mia testimonianza anche presso il sito Parkinson Italia.

http://www.parkinson-italia.it/rubriche/storie-di-parkinson/avevo-solo-7-anni-quando-mia-madre-marisa-si-e-ammalata-di-parkinson

Vi ringrazio in anticipo per l’attenzione che spero potrete dedicarmi e vi auguro un buona Epifania. In attesa di una vostra risposta vi saluto.

Valeria Pecora

Ancora – dal Ragazzo di Koblenz di Kai S. Paulus

Non è facile conciliare il lavoro (obbligati) e gli impegni di famiglia (volontari) con gli hobby. Come vi raccontai in estate, da circa un anno mi provo con l’armonica a bocca; vi descrissi tutta la storia della mia nuova passione, dagli inizii nella mia città natale Koblenz, fino alla riscoperta grazie a Salvatore. Mi si è aperto davanti un immenso mondo musicale composto da blues, country, pop e folclore, suonato su diatoniche, cromatiche, ottave, tremoli, suonate in prima, seconda o terza posizione utilizzando le varie tecniche di “soffiare” e “respirare”, “bending”, “lip pursing”, “tongue blocking”, eccetera, insomma, roba da far venire i capogiri. Vi avevo anche raccontato delle mie notevoli limitazioni di “lezioni di musica” visto che la mia “arte” non è compresa a casa mia e pertanto sono banditi gli strumenti a fiato. Rimangono pertanto poche occasioni per poter dar libero sfogo alla mia vena musicale. Ma in tutto questo anno non ho mollato e davanti a scuola aspettando i bimbi oppure nelle piazze di Sassari mi sono esercitato; la ricompensa era di poter accompagnare Salvatore dopo i nostri bellissimi incontri conviviali in qualche melodia; ogni volta dovevo constatare di essere troppo stonato e di non progredire abbastanza. Durante l’estate mi mettevo sugli scogli (lontano da orecchie familiari) nella quasi disperata impresa di voler migliorare la tecnica su questo piccolo, meraviglioso ed affascinante strumento. Insomma, passano i mesi, ma grossi progressi non se ne vedono.

Sabato, 12 dicembre, poi, ci siamo visti nella “Tana dei Golosi” a Li Punti e dopo un bel pranzo in ottima compagnia, Salvatore tira fuori la sua armonica e mi invita a fare ugualmente. Be’, francamente, pensavo, non è proprio il momento giusto, ero seduto di fronte a Prof. Serra, no no, meglio di no. Ed in ogni caso non mi ricordavo più i Beatles e Massimo Ranieri, come consigliato da Salvatore, perché nelle ultime settimane cercavo di produrre qualche suono comprensibile di vecchie canzoni natalizie; sembrano semplici, ma ogni volta mi fanno venire un nodo alla lingua. Comunque, infine mi faccio convincere ed intono con il mio ‘maestro’ “Obladi oblada” dei Beatles, senza però riuscire a tenere il ritmo. Allora vengo invitato a suonare qualcosa io. “Aiuto!” Che faccio? Che figuraccia davanti al professore e tutti gli altri. Inizio le prime note di “Astro del ciel” e mi accorgo che la nostra “The voice” Anna mi sta accompagnando cantando. Questo mi dà coraggio e vado avanti discretamente. Con Anna, anche qualcun altro si associa; un momento indescrivibile: io stento a suonare una delle canzoni natalizie più famose e sento alcune voci che mi accompagnano. Meraviglioso! E’ stato bellissimo.

Qualche giorno fa, mercoledì 23 dicembre, ci vediamo con alcuni amici della nostra Parkinson Sassari in un bar vicino alle Cliniche, per visionare il video della recente Giornata Parkinson prima di poterlo mettere nel nostro sito e per farci gli auguri. Ad un certo punto vengo omaggiato con una stupenda ‘Hohner Golden Melody-Comet’. Sono sorpreso ed imbarazzato (non fatelo più!) ma la meraviglia è grande ed in me torna il ragazzo di Koblenz quando allora, dalla nonna, teneva in mano quello straordinario oggetto emozionandosi ad ogni suono che emetteva.

Oggi, sabato 26 dicembre, il ragazzo di Koblenz è a casa! Pensate, sarà che è Natale, ma più verosimilmente perché è un regalo dei miei amici, sta di fatto che ho potuto suonare l’armonica in casa mia durante le feste con il benestare dei miei familiari!

il simbolo di Koblenz: Koblenzer Schangel Non è un gesto offensivo: allora i ragazzi facevano a gara di chi sputava più lontano per guadagnarsi qualche centesimo.

il simbolo di Koblenz: Koblenzer Schangel
Non è un gesto offensivo: allora i ragazzi facevano a gara di chi sputava più lontano per guadagnarsi qualche centesimo.

Auguro a tutti voi che nel nuovo anno possiate trovare tanti momenti in cui torna la ragazza ed il ragazzo che è in voi e divertirvi ed emozionarvi!

Kai S. Paulus

Postilla alla pillola nr. 4 di Kai S. Paulus

Postilla alla Pillola n.4
Nel 2016 un progetto scientifico sul Sonno

         Durante la recente IX Giornata Sassarese della Malattia di Parkinson il Prof. Pier Andrea Serra ci ha spiegato l’importanza del buon riposo notturno specialmente per il cervello affetto da Parkinson, e dei processi di riparazione e di rigenerazione che avvengono nel mentre ci troviamo tra le braccia di Morfeo. Ed il nostro amico docente ha anche sottolineato le difficoltà che ci sono nel Parkinson a trovare un sonno restauratore. Proprio per questo Serra ha lanciato l’idea di uno studio scientifico che studia il sonno nel Parkinson ed ha invitato tutti i soci della Parkinson Sassari a parteciparvi. L’idea è di iniziare con un sondaggio su come effettivamente ognuno dorme attualmente, quindi anche con l’aiuto di farmaci, e come dormiva prima di ammalarsi. Mano a mano che lo studio procede ci saranno immediati effetti pratici: i dati raccolti potranno servire a correggere la qualità del sonno dove è necessario.

         Ecco, il sonno, la nuova medicina contro la “brutta bestia”, da somministrare subito con l’inizio dell’anno. Siamo quindi tutti invitati a partecipare, anche chi dorme bene. L’indagine inizierà già all’inizio dell’anno nuovo in modo tale da poter presentare i primi dati dello studio in occasione della nostra prossima riunione ufficiale della Giornata Mondiale nel mese di aprile 2016. In effetti, questo nostro prossimo evento sarà caratterizzato dalla presentazione di studi nostri, quindi non ascolteremo ciò che si fa di buono in America oppure in Giappone, ma parleremo di noi, dei risultati del nostro studio sul sonno, ma anche di quelli sui familiari e sui virus, il tutto “made in Sassari”.

          In questo senso va il mio augurio che il 2016 porti nuove conoscenze ed efficaci rimedi che possano aiutare a combattere sempre meglio il nostro “nemigu”. La nostra Parkinson Sassari continuerà a volare sempre più in alto, aiutata, oltre che dai nostri instancabili ‘preparatori atletici’ e dal nostro formidabile regista teatrale, da un gruppo di ricercatori sassaresi eccellenti.

Buon Natale ed un Anno Nuovo sempre migliore!
Kai S. Paulus

Pillola nr° 6: il dolore – di Kai S. Paulus

 Sapete bene che a me piace prende spunti dai vostri contributi, racconti e poesie per questa serie di ‘Pillole’ e devo dire che il nostro sito ne è molto ricco. A maggior ragione mi sorprende che sinora non avete fatto cenno ad uno dei più invalidanti, fastidiosi e farmaco-resistenti sintomi del Parkinson, il dolore. Cercherò comunque di orientarmi, anche se non scritto in queste pagine, con quello che mi viene raccontato in ambulatorio.

Il dolore nella malattia di Parkinson è un capitolo molto importante, innanzitutto perché non c’è un dolore, ma vengono riferiti diversi tipi di dolore. Frequentemente si trova pertanto un dolore di origine muscolo-tendineo a causa delle contratture muscolari prolungate (particolarmente frequenti i dolori lombari ed alle gambe) che comportano infiammazione e quindi dolore dei tessuti; poi il dolore articolare (periartrite delle spalle, cervicale, rachide lombare, anche, ginocchia) per le eccessive sollecitazioni da tremori e contratture, ed il dolore centrale, cioè quel dolore dovuto alla persistenza della malattia cronica. Come se non bastasse, la terapia stessa, in particolare la levodopa (Madopar, Simenet, Stalevo, Sirio, Duodopa), può provocare una neuropatia periferica dolorosa. Nella stessa persona questi differenti tipi di dolore possono manifestarsi separatamente ma anche in diverse combinazioni. Il dolore può presentarsi in maniera persistente oppure parossistico, episodico, e varia spesso in intensità e qualità: il dolore può essere lancinante, trafittivo, sordo, ad esordio acuto oppure presentarsi ad ondate. Per non farci mancare niente, il dolore è spesso modulato dalla stessa terapia dopaminergica, e che si osserva soprattutto durante il fenomeno del “fine-dose”, cioè, quando la dose di dopamina tende ad esaurirsi, si accentuano i dolori che invece si possono attenuare con la successiva somministrazione. Infine, un dolore preesistente, per esempio una lombosciatalgia da ernia del disco, oppure una periartrite della spalla, può essere accentuato dalle contratture e dal tremore.

Fin qui non vi ho raccontato niente di nuovo perché quasi tutte le persone affette da Parkinson devono fare i conti con uno o più dolori. Allora cosa si può fare, cosa si deve fare? Prima regola: il dolore va sempre trattato, non tollerato. Ed allora: come trattarlo? La maggior parte del dolore nella malattia di Parkinson è ovviamente dovuta direttamente alla malattia stessa, per cui per prima cosa il medico dovrà cercare di ottimizzare la terapia farmacologica anti-parkinsoniana per ridurre al minimo la comparsa di dolore. Comunque, nonostante la miglior correzione farmacologica, molte persone continueranno a lamentare dolori misti cronici. Allora ci vuole il fisiatra per un programma riabilitativo mirato (voi non ne avete bisogno perché siete coccolati dalla nostra insostituibile Pinuccia Sanna), e magari anche l’ortopedico per correggere alterazioni articolari e della colonna. Infine, e solo infine, si deve ricorrere ai farmaci antidolorifici, per iniziare da quelli non-steroidei semplici noti a tutti per arrivare fino agli oppiacei. Affrontare i dolori nella malattia di Parkinson non è affatto facile, ma non ci si deve arrendere, ne va della qualità di vita estremamente importante nel caso del nostro “nemigu”, citando il nostro Peppino Achene, per poterlo combattere a testa alta quotidianamente.

Brutta bestia il Parkinson, scrive il nostro Piero Faedda, ed allora a maggior ragione dobbiamo domarla!

Il capitolo dei dolori nella malattia di Parkinson è molto vasto e la terapia correlata spesso complicata. Per rimanere nello spazio delle ‘Pillole’ ovviamente non potevo essere esaustivo e forse neanche sufficientemente chiaro. Vi invito pertanto ad approfittare della possibilità dello spazio dedicato ai commenti in fondo alla pagina per domande e commenti, risponderò a tutti.

 

Kai S. Paulus

Cronaca di un viaggio – di S. Faedda

(Sassari/Parigi – Settembre 1998)
(senza paura di attentati)

Partecipanti: Luigi (amico di Salvatore)
Sua moglie Laura (amica di Anna)
Io Salvatore
Mia moglie Anna
Io e Luigi siamo due amici sfigati perché siamo incappati in due ragazze entrambe figlie di ferrovieri. Il padre di Anna aggiustava anche gli orologi e la sera, quando si rientrava a casa, non si poteva sgarrare di un minuto. Al contrario di Anna, Laura aveva un duro ostacolo in sua madre perché ogni volta che usciva le dava in custodia due o tre fratellini col solo intento di tenerla impegnata e farsi poi riferire il comportamento dai ragazzini.
Una sera, mentre eravamo in pizzeria, ci siamo ripromessi che una volta sposati avremo fatto un viaggio insieme a Lourdes e a Parigi. Sembrava un utopia invece la promessa si è avverata in occasione del nostro trentesimo anniversario di matrimonio.
Nei giorni precedenti la partenza, con Laura e Luigi, progettiamo diverse soluzioni ma poi alla fine prevale quella del viaggio auto/nave/auto con la nostra Brava blu appena acquistata.
Giunto il giorno fatidico, carichiamo la macchina di valigie e provviste varie (pasta, pelati, caffè etc.) dato che a Parigi abbiamo preso in affitto due mini appartamenti, con tanto di cucine, in un residence nei pressi del “Moulin Rouge”.
La traversata in nave è fantastica…finalmente cominciamo ad assaporare quella libertà che ci era stata negata da giovani.
Una volta sbarcati a Genova e dopo aver fatto colazione al bar, raggiungiamo e oltrepassiamo la frontiera, ci fermiamo a Tolosa per un pasto veloce e poi, tra risate, canti e qualche sbadiglio di sonno proseguiamo il nostro viaggio. Dopo qualche ora decidiamo di fare sosta a “Castillon de Saint Martory”, un piccolo villaggio a circa 100 chilometri da Lourdes, per trascorrervi la notte imminente.
Al primo distributore chiediamo dove poter prenotare a basso costo. Subito ci accompagnano sul retro e ci mostrano una piccola costruzione adibita ad accogliere i viaggiatori di passaggio.
L’impatto è favorevole; immersa nel verde…con tanti fiori di mille colori. Prenotiamo subito due camere e chiediamo se è possibile cenare nel locale. Sistemati i bagagli scendiamo nella sala ristorante per occupare il tavolo prenotato. Poco distante da noi una coppia di una certa età sta pasteggiando silenziosamente; praticamente gli unici clienti siamo noi e la coppia seduta nell’altro tavolo.
Ci portano il menù, rigorosamente in francese, e noi cominciamo a girarlo e rigirarlo senza capire ciò che stiamo per ordinare. Il fragore delle nostre risate suscita la curiosità del commensale seduto nell’altro tavolo che, capito il nostro disagio, si avvicina e ci chiede se abbiamo bisogno di aiuto. Si presenta e ci dice che anche lui è italiano, che le sue origini sono del Trentino ma che ha trascorso gran parte della sua vita in Francia dove ha conosciuto sua moglie. Con più sicurezza facciamo le nostre ordinazioni e poi con tanta curiosità iniziamo a dialogare col signore italiano ma dal marcato accento francese.
Anche lui incuriosito ci chiede la nostra provenienza e quando diciamo d’essere sardi sua moglie, che stava ancora seduta nell’altro tavolo, si alza di scatto e vuol sapere l’esatta località. Sassari, rispondiamo in coro; incredibile…lei si commuove e ci racconta che quando aveva 19 anni era stata a Sassari per seguire gli studi che poi l’hanno portata all’insegnamento della lingua italiana in Francia.
La casualità di quell’incontro, peraltro piacevolissimo, si deve al fatto che in quel paese, esattamente sotto la loro abitazione, si svolgeva una rumorosa festa musicale che li ha indotti a prenotare in albergo per poter dormire nel silenzio più assoluto.
Il giorno successivo, subito dopo colazione, i nuovi amici ci portano a casa loro per farci conoscere il loro modo di vivere. Visitiamo la casa con un po’ di timore (buia, mobili scuri ma di grande fascino) finché in un angolo della sala io (Salvatore) noto un meraviglioso pianoforte a coda. Che dire…le mie mani cominciano a strimpellare con grande approvazione dei proprietari.
Dopo aver lasciato loro una bottiglia di mirto sardo, riprendiamo la strada per Lourdes, felici e contenti per la bella esperienza appena vissuta.
Finalmente raggiungiamo la meta tanto ambita, cerchiamo un albergo nelle vicinanze del percorso religioso e poi subito di corsa a visitare la grotta delle apparizioni. Che spettacolo….e quanta gente!!! Nei due giorni dedicati a Lourdes, abbiamo la percezione tangibile che qualcosa di sovrannaturale aleggia in quel luogo sacro.
Il terzo giorno, di buon mattino, riprendiamo il nostro viaggio stavolta in direzione di Parigi. Inevitabilmente sbagliamo strada…!!! Circa 40 km di percorso per renderci conto che non c’è sbocco. Riprendiamo la situazione in mano e dopo diversi chilometri ci fermiamo per cercare un posto dove poter dormire. Dopo lungo girare riusciamo a trovare un B.&B. con una sola camera ma con un letto matrimoniale ed un lettino. Presi dalla disperazione accettiamo l’offerta e, senza pensarci troppo, lasciamo il letto matrimoniale agli amici Laura e Luigi ed io e mia moglie ci distendiamo stretti stretti (si fa per dire) nell’altro lettino. La macchina è parcheggiata proprio sotto la nostra camera, perciò vado a letto tranquillo perché facilmente controllabile.
Alle tre del mattino un botto improvviso mi sveglia di soprassalto, scendo di corsa le scale ma, per mia fortuna, nell’altro angolo della strada due macchine sono incastrate una dentro l’altra….la mia è salva!!!
Altre tre ore di sonno e poi, di buon mattino, scendiamo per la colazione che il proprietario del B&B ha preparato alla grande.
Riponiamo i bagagli in macchina, occupiamo i nostri posti e, col solito entusiasmo…ripartiamo!!!
Durante il tragitto ci fermiamo per visitare uno dei tanti Castelli della Loira, esattamente quello di“Chambord”; spettacolare, di grande interesse culturale, strutturale e storico.
A tarda sera raggiungiamo Parigi e, a gran fatica, riusciamo a trovare il residence che avevamo prenotato da Sassari (all’epoca il navigatore non esisteva). I mini appartamenti sono moderni con tutte le comodità, ma la cosa che più ci fa piacere è che si trova al di sopra del rinomato cimitero di “Montmartre”. Di comune accordo ci dividiamo i ruoli: la colazione da Laura e Luigi e la cena da noi, il pranzo…cammin facendo!!!
Con una cartina recuperata nel residence, iniziamo la nostra avventura parigina.
Chi è stato a Parigi conosce bene l’emozione che si prova quando per la prima volta vede la “Torre Eiffel”. Rigorosamente in ferro battuto è una delle attrazioni e dei simboli più importanti della città. Si innalza sulla spianata degli “Champs de Mars” offrendo ai visitatori una vista panoramica mozzafiato.
Ovviamente non trascuriamo di visitare “Le Sacre Coeur de Montmartre”, il “Moulin Rouge”, il “Louvre” “L’arco di Trionfo” (che si trova all’inizio del famoso viale dei “Champs Elysées”).
I pomeriggi, invece, li dedichiamo a visitare grandi e lussuosi negozi come i magazzini “Lafayette” (con i soffitti di cristallo colorato).
Un tardo pomeriggio, dopo aver visitato i negozi sotterranei de “La Defénse” prendiamo il primo metrò che troviamo a disposizione senza valutarne la destinazione. Dopo diverse fermate, sentiamo una voce che dice qualcosa di incomprensibile per noi. Vediamo gli altri passeggeri alzarsi mentre noi, incuranti di ciò, restiamo rigorosamente incollati ai sedili. Solo dopo qualche secondo ci rendiamo conto che siamo al capolinea e che quella è l’ultima corsa. Che imbranati…!!! Mogi mogi, stanchi e pieni di sonno, afferriamo al volo il primo taxi che passa, e rientriamo nel residence per trascorrervi l’ultima notte prima del grande rientro.

Salvatore Faedda

Ricordi di gioventù – di Salvatore Faedda

Oggi (24 novembre 2013) ho fatto settant’anni, il tempo è passato e non me ne sono accorto. A casa mi hanno fatto la festa e, quando mia nipote, fratelli, amici e parenti mi hanno fatto gli auguri, le lacrime sono scese copiose. La notte ho dormito pochissimo pensando a come il tempo è passato velocemente. Ricordo che mamma prima di morire diceva: “da poco eravate ragazzini e adesso siete grandi, sposati e con figli”. Sante parole…che ora condivido pienamente. A tale proposito vi voglio raccontare alcuni episodi della mia gioventù.
Nel millenovecentoquarantasette, dopo la fine della guerra, siamo andati ad abitare in via S. Apollinare di fronte ad Annetta Pidocciu e Tubu Tubu. Lì ho coltivato le mie prime amicizie e, sempre in quel quartiere, ho frequentato le elementari. Finita la quinta elementari, a soli 11 anni, sono andato a lavorare da “Perez” in fondo al Corso Vittorio Emanuele per fare “lu pizzinnu d’andera”.
Per me che ero piccolo, quel lavoro era piuttosto faticoso soprattutto se si considera che ogni giorno, alle sei del mattino, dovevo andare al negozio per togliere le inferriate dalle vetrine e far si che gli abitanti di sorso che arrivavano col primo treno, potessero vedere tutti gli articoli messi in bella mostra.
Solitamente la domenica il principale mi mandavano in giro per il mercato a consegnare volantini pubblicitari. Io, che tanto stupido non ero, andavo sì al mercato, gettavo qualche volantino per terra e, quelli che rimanevano, li portavo a casa per utilizzarli come carta igienica dal momento che all’epoca non esisteva affatto.
In quel posto di lavoro non sono rimasto a lungo. Pensate che una domenica mattina il sig. Perez mi manda a chiamare e mi dice: “vai da Liggieri compra sei frittelle e portale a casa”. Voi cosa avreste capito? Io tutto contento ho comprato le frittelle, le ho portate a casa e le abbiamo mangiate con avidità. Avevamo finito da poco di mangiarle ed ecco che arriva il “principale” tutto agitato e, rivolto a me, mi chiede che fine avevano fatto le frittelle. “Mangiate ce le abbiamo” gli ha detto mio padre “ma scusi lei non ha detto a mio figlio di portarle a casa?” “Si” ha risposto lui “ma a casa mia”. Da quel momento mi ha licenziato senza pagarmi il breve periodo lavorato.
Dopo qualche giorno sono andato a lavorare nel bar di “Cicitu Muntò poi da Usai per imparare il mestiere di sarto ed infine da Ponzeveroni il farmacista per fare le commissioni. Tutti mi hanno usato ma nessuno mi ha pagato.
In quel periodo furono inaugurati i grandi magazzini Upim; quando mamma mi mandava a comprare qualcosa da Mongili o al mercato, passavo gran parte del tempo a curiosare nei vari reparti di quel centro commerciale dimenticandomi di comprare ciò che mi era stato richiesto.
Vicino alla Upim si piazzavano tante bancarelle con i prodotti più disparati!!! Uno in particolare vendeva caramelle nere e le reclamizzava così: “Ameluk Africaorientale plodotti…rinfrescano il c… e rinfrescano la gola”. C’era poi quello che toglieva i calli e quello che faceva la lotteria, insomma…quel mondo per me era un paradiso.
Anche mio fratello, però, non era da meno; un giorno mamma l’ha mandato dal macellaio a comprare un pezzo di lingua per fare lo spezzatino, sapete che cosa ha comprato??? “un vasino da notte” e per giustificarsi ha detto che di lingua non ce n’era e, per non rientrare a mani vuote, aveva comprato quell’oggetto.
Nel frattempo sono entrato a lavorare nella falegnameria Pirino coinvolgendo mio cugino Antonio e mio fratello Giovanni. Una mattina ho mandato mio fratello a comprare due panini imbottiti; due panini imbottiti??? Troppo banale, lui invece è rientrato in stabilimento con un pezzo di gesso di bologna. Arrabbiato gli ho chiesto: “adesso che cosa mangiamo!!!” e lui calmo calmo “perché il gesso non serve?” me lo sarei mangiato vivo.
Vogliamo parlare dei regali di Natale? Ad Antonello, che era il più piccolo dei miei fratelli, insieme a mamma gli mettevamo un cavallo con delle rotelle e veniva trainato per mezzo di un cordoncino. Siccome le ruote si staccavano facilmente dalla base, io le mettevo subito in bocca e con esse potevo fischiare alla grande. A Piero veniva regalata una pistola a cento colpi che quando sparava non scappava nemmeno una mosca. A mia sorella Annalisa una bambola. Quando questa si rompeva mi appropriavo dello strumento che diceva “mamma”, lo mettevo in tasca e, nella sala cinematografica, durante la proiezione di un film, la facevo suonare per far arrabbiare la maschera di turno. A mio fratello Giovanni, che era apprendista meccanico, gli venivano regalate le costruzioni. Io, che sono il più grande dei fratelli, il regalo di natale me lo facevo da me. Puntualmente compravo un’armonica a bocca. Non c’era niente da fare…la musica mi è sempre piaciuta!
A fine anno andavamo di casa in casa per cantare “a li tre re”. La gente ci dava un pugno di fichi secchi e noi andavamo via felici e contenti.
Dopo aver conseguito la licenza media lavoravo tutto il giorno, compreso il sabato, così in tasca avevo sempre qualche spicciolo per me.
All’epoca in via Torre Tonda avevano aperto una pizzeria dove facevano delle ottime pizze. Il proprietario che si chiamava Mimino aveva fatto venire un pizzaiolo napoletano. E così, quasi ogni sera, eravamo di pizzata.
Prima di annoiarvi ancora voglio raccontarvi una cosa che a me piace tanto: tutte le domeniche, dopo aver mangiato, prendevo dodici bicchieri di vetro, ci mettevo del vino e con una forchetta suonavo le canzoni in voga…ma il mio sogno era la fisarmonica.
Quando mio padre entrò a lavorare al comune e mamma non aveva più bisogno dei miei soldi, pur pagandola a rate, me la sono comprata con mia grande soddisfazione.
Poi nel 1960 ho comprato anche un registratore (all’epoca nessuno lo conosceva), e poi la cinepresa e il proiettore.
Certo che i tempi sono cambiati, ma io sono felice di ricordare quelli passati.
Di sicuro vi ho annoiato, ma ho ancora tante cose da raccontare, perciò ora cambio foglio così se vi ho annoiato…voi non leggete più.

Salvatore Faedda

Personaggio dell’anno Gian Paolo Frau

Condividendo i sentimenti di saluto e apprezzamento manifestati a Gian Paolo Frau in occasione della IX Giornata Nazionale del Parkinson il gruppo degli

amici intende rivolgere a Gian Paolo,  designato PERSONAGGIO DELL’ANNO, un caloroso indirizzo di stima e di ringraziamento

     A  Gianpaolo FRAU, grafico generoso e disponibile che con silenziosa riservatezza e pazienza – sperimentate anche sul piano personale – é stato capace di dare ascolto a un popolo di impazienti,  il nostro più sincero e vivo ringraziamento.

    Attraverso la creazione di un sito per l’Associazione Parkinson, Gian Paolo ci ha messo in contatto col mondo e ha contribuito concretamente a farci uscire dall’isolamento e dalla solitudine;ha reso possibile un contatto costante fra i membri dell’Associazione, ha facilitato la circolazione di idee, ha consentito a chi lo ha voluto  di esprimere le proprie opinioni e i propri sentimenti, ha spinto i titubanti a provare, i più attivi a riproporsi con nuovi stimoli. E’ stato un animatore culturale che ha aperto a tutti nuove opportunità e conoscenze.

             Con affetto e riconoscenza

SASSARI 28 NOVEMBRE 2015

Ringraziamenti

Come sapete tutti, la nostra recente IX Giornata Sassarese della malattia di Parkinson è stata dedicata alla memoria di Fiorentino Ena, per lungo tempo presidente della Associazione Parkinsoniani di Nuoro, recentemente scomparso. Pubblichiamo volentieri i ringraziamenti della moglie, Sig.ra Maria Grazia Mortara:

Gent.mi Dr. Paulus e Associazione Parkinson Sassari,

Vi ringrazio tanto, per il pensiero e la sensibilità che avete dimostrato nei confronti di mio marito, nella giornata nazionale della malattia di Parkinson, è un modo molto gentile per sentirsi tutti uniti, come una vera e grande famiglia nei momenti di gioia e di dolore.

Vi porgo i miei cordiali saluti,
Maria Grazia Mortara