Volare si Può, Sognare si Deve!

PARKINSON questo sconosciuto di Salvatore Faedda


Tante volte mi son chiesto che cosa è successo al mio corpo quando, da un giorno all’altro, mi è stato diagnosticato il morbo di Parkinson.
Con la mente ripercorro l’itinerario della mia vita lavorativa e mi convinco sempre più che, l’essere stato a contatto con sostanze chimiche possa aver causato il disastro.
Oggi, domenica 5 febbraio, mentre scrivo queste due righe, sul televisore appare Papa Giovanni Paolo II° che, della sua malattia (Parkinson), ne ha fatto un dono di Dio portando la Sua croce in tutto il mondo con dignità e…sofferenza.
In questi giorni, ringraziando il Cielo, sto assaporando la normalità della vita anche se la possibilità che possa finire da un momento all’altro, mi tiene costantemente in guardia. Se almeno riuscissi a capire con un certo anticipo ciò che mi sta succedendo, penso che sarebbe una grande conquista per mettere in secondo piano il “bastardo”.
Per capirne di più ho chiesto ai miei compagni di sventura, che frequentano  l’associazione “Volare si può, sognare si deve”, come hanno percepito questa malattia ma, ognuno, ha dato un sintomo diverso perché il morbo di Parkinson è….un disturbo libero!!!

Salvatore Faedda


 

LA SINDROME DI PISA (Pillola n. 11)

(Nella pratica clinica non è raro incontrare persone affette da malattia di Parkinson che lamentano una molto fastidiosa lateroflessione del tronco. Le terapie sotto elencate sono note e praticabili, però la novità sta nella crescente convinzione menzionata alla fine, oramai un concetto consolidato e generalmente accettato senza il quale non è possibile affrontare le sfide della moderna Medicina)

La sindrome di Pisa viene definita come una flessione laterale del tronco che si osserva caratteristicamente durante la deambulazione e che può essere ridotta a riposo oppure in posizione supina. Ciò significa che la lateroflessione è variabile in base alla posizione del corpo e non dipende da alterazioni scheletriche della colonna vertebrale (scoliosi, rotoscoliosi, ecc.). La sindrome di Pisa si presenta quindi come una deformazione posturale specialmente sul piano laterale, eventualmente associato ad una lieve inclinazione in avanti e con una rotazione.

A causa di una alterata percezione dello schema del corpo nello spazio e del controllo posturale, dovuti a disfunzioni nei nuclei della base (il sistema principalmente danneggiato nel Parkinson) associato ad un’alterata integrazione sensitivo-motoria e cognitiva, si sviluppa una asimmetrica attivazione della muscolatura paravertebrale con aumentata contrazione dal lato della flessione e di conseguenza ciò porta ad una ridotta attività muscolare controlaterale.

Le opzioni terapeutiche della sindrome di Pisa sono le seguenti:

  • Eventuale revisione della terapia dopaminergica in corso, con risultati spesso non soddisfacenti ed individuali.
  • Trattamento con tossina botulinica; il veleno, che serve per indebolire il tessuto muscolare, viene iniettato, con guida elettromiografica o ultrasonografica, nei muscoli iperattivi del lato del tronco flesso. Anche in questo caso le conclusioni non sono definitive per i pochi casi noti di miglioramento dei sintomi.
  • La riabilitazione neuromotoria, intesa come esercizi di stretching, stimolazione propriocettiva e tattile, rieducazione posturale mediante mobilizzazione attiva, e strategie di potenziamento della muscolatura paraspinale controlaterale, di equilibrio e di deambulazione.
  • La stimolazione cerebrale profonda (DBS), con la quale si possono trattare diversi sintomi parkinsonsoniani negli stadi avanzati di malattia, viene raramente anche utilizzata per migliorare la sindrome di Pisa, ma sinora con modesti risultati.
  • La chirurgia ortopedica rimane spesso l’ultima ratio: con la stabilizzazione della colonna vertebrale tramite l’impianto di guide in titanio si ottiene una correzione della flessione del tronco, però a spese di una marcata limitazione nei movimenti associato ad una importante instabilità posturale e deambulazione possibile solo con ausili.

Fin qua le prospettive per la persona con la Pisa non sono confortanti, ma questo per un semplice motivo: ci vuole una equipe multidisciplinare che comprende sia specialisti medici (neurologo, fisiatra, ortopedico) sia esperti della riabilitazione (terapisti, educatori, psicologi) per poter combinare i trattamenti farmacologici e non farmacologici integrando diverse strategie mirate al miglioramento della postura e quindi della qualità di vita della persona affetta da sindrome di Pisa.

(Sorprendentemente, la parola “equipe multidisciplinare” spaventa spesso gli amministratori della sanità pubblica, ma si può semplicemente tradurre con “buona sanità a costi ragionevoli)

Kai Paulus

 

Fonte:

Tinazzi M, Geroin C, Gandolfi M, Smania N, Tamburin S, Morgante F, Fassano A. Pisa Syndrome in Parkinson’s Disease: An integrated Approach from Pathophysiology to Management. Movement Disorders vol. 31, n. 12, 2016

PONIAMO I PALETTI AL PICCOLO PARK! Nuove Medicine all’orizzonte (Pillola n. 10)

Circa un anno fa abbiamo conosciuto la safinamide (Xadago) che dopo tanto tempo rappresentava finalmente una novità per il trattamento della malattia di Parkinson. La particolarità di questo farmaco è rappresentato dalla combinazione di un’azione sia come inibitore enzimatico (cioè blocca l’enzima monoaminoossidasi B, che invece elimina la dopamina, e aumenta pertanto la sua disponibilità) sia come modulatore glutamatergico (agendo su canali ionici dei neuroni glutamatergici bloccando così i neuroni spinosi medi coinvolti nella produzione di discinesie). L’avvento della safinamide era stato atteso come farmaco quasi miracoloso. Poi, in questi ultimi dodici mesi abbiamo dovuto ricrederci. Molti di noi hanno provato Xadago e possiamo dire che certamente non è miracoloso ma per molte persone rappresenta un utile strumento in più nella lotta contro Su Nemigu.

Ed all’orizzonte si affacciano già altre novità.

Nel 2015 è apparso negli USA una nuova formulazione di levodopa/carbidopa (per intenderci, Sinemet, Sirio, Stalevo) in capsula, IPX066. Il segreto di questo preparato sta proprio nella capsula che rende la disponibilità di farmaco più duraturo necessitando soltanto di tre, anziché delle solite quattro-sei somministrazioni giornaliere; ed anche di fronte a Stalevo uno studio comparativo avrebbe dimostrato che pazienti in terapia con IPX066 necessitavano di meno levodopa rispetto al gruppo che assumeva Stalevo.

Molto avanti sono gli studi di un nuovo inibitore enzimatico delle carbossimetiltransferasi, Opicon, che rispetto alle formulazioni attuali (Comtan, Tasmar, e contenuto anche in Stalevo) va assunto soltanto una volta al giorno; vantaggio principale è la riduzione dei blocchi motori.

In Giappone è in commercio un antagonista dei recettori dell’Adenosina A2α, Istradefyllin. Il blocco di questi recettori migliora il rallentamento motorio. Attualmente si sta lavorando ad un nuovo antagonista, Tozadenant, ed i primi risultati appaiono molto promettenti.

Mantadan è un noto farmaco antivirale, amantadina, utilizzato da decenni nel trattamento specialmente delle discinesie. Negli USA sono in corso ricerche per una formulazione a Rilascio Prolungato che consentirà un’unica somministrazione giornaliera rispetto alle due attuali.

Fin qua ciò che potremmo aspettarci per i prossimi venti mesi e che sicuramente contribuisce a migliorare le attuali strategie terapeutiche. Accanto a queste imminenti proposte farmacologiche proseguono ovviamente gli studi sulle cellule staminali e su farmaci in grado di neutralizzare l’accumulo anomalo di α-sinucleina, processo molecolare che sta alla base della malattia di Parkinson. Con queste ultime opzioni Gianni sarà sicuramente in grado di gestire suo figlio monello Park.

Kai Paulus

 

 

Fonte:

  • Reichmann H. Pharmakotherapie neurodegenerativer Erkrankungen. Neue Medikamente zur Behandlung des idiopathischen Parkinson-Syndroms. Neurologie & Psychiatrie, vol. 18(7-8), 2016

“LA MEDICINA MIGLIORE? L’influenza dell’attività fisica e della sedentarietà sulla malattia di Parkinson” (Pillola n. 9)


Recenti studi scientifici evidenziano come l’Attività Fisica abbia un effetto positivo e stimolante sui cosiddetti “Nuclei della base”, cioè quella parte del cervello che si ammala nel Parkinson. Secondo questi studi, durante l’attività aumentano i fattori di crescita neuronali (BDNF, GDNF) condizione necessaria per possibili effetti neurotrofici e di riparazione, vengono stimolati i meccanismi antiossidanti importanti per la eliminazione di tossine e residui del metabolismo cellulare, aumenta la sintesi di dopamina e l’attività dei trasportatori della dopamina e quindi incide direttamente sulla causa principale dei disturbi fisici cioè la carenza di dopamina, ed infine l’attività fisica diminuisce la eccessiva stimolazione glutamatergica, un importante sistema neuronale, alterato nel Parkinson e che sta alla base di alcune manifestazioni cliniche di difficile gestione farmacologica, quali le fluttuazioni e le discinesie. Gli autori sottolineano anche un altro fattore molto importante: la malattia di Parkinson è una malattia neurodegenerativa, cioè comporta la graduale morte di cellule neuronali; invece, l’esercizio fisico contribuisce a ridurre l’apoptosi, ovvero la morte cellulare programmata.

D’altra parte, la Sedentarietà può favorire l’insorgenza di una sindrome metabolica che, come noto, include diverse importanti malattie quali infiammazioni sistemiche e stress ossidativo dovuti a diabete, obesità, dislipidemia, e che può predisporre per malattie cardiovascolari, diabete mellito, insufficienza renale, ed anche per il Parkinson.
Quindi, la parola d’ordine per tutti è: Muoversi!

Ma questo lo sapevamo già. La novità è che, da un lato, la sedentarietà possa rappresentare uno dei tanti fattori che predispongono per la malattia di Parkinson e che possono peggiorarla durante il corso della malattia, e dall’altro lato, la confortante notizia scientificamente appurata che l’attività fisica protegge dal Parkinson come da tante altre malattie e che aiuta a combattere su nemigu.

Per attività fisica si intende il movimento in generale, come le passeggiate, il ballo, la fisioterapia (e qui in particolare la ginnastica, la musicoterapia, ed il training di antiche arti marziali giapponesi come Tai Chi e Q Gong), ma anche una vita quotidiana attiva, partecipata e dove anche il divertimento non deve mancare (vita familiare, amici, interessi, hobby, giardinaggio, ballo, teatro).

Come disse qualcuno: meditate, gente, meditate…

Kai Paulus

Fonti:
– LaHue SC, Comella CL, Tanner CM. The best Medicine? The Influence of Physical Activity and Inactivity on Parkinson’s Disease. Movement Disorders, vol. 31, n. 10, 2016
– Paillard T, Rolland Y, de Souto Barretto P. Protective effects of physical exercise in Alzheimer’s disease and Parkinson’s disease: a narrative review. Journal of Clinical Neurology, vol. 11, 2015


Fine della guerra, piccoli ricordi di Salvatore Faedda


Siamo nel 1946 e finalmente la guerra è finita! Anche se i miei ricordi sono un po’ vaghi, qualcosa è rimasto nella mente.
A Sassari le bombe avevano devastato parte della ferrovia lasciando intatto il resto della città.
All’epoca, chi era riuscito a conservare dei soldini poteva andare avanti ma chi non aveva niente come noi, doveva vivere alla giornata. Intanto la popolazione usciva sempre più spesso dai rifugi e per fronteggiare le prime difficoltà usufruiva di ciò che i nostri alleati americani distribuivano (sigarette, cioccolata, formaggini, latte in polvere e latte condensato); ho ancora un vago sapore di quel latte che, in quel tempo, deliziava il mio palato. I più bisognosi potevano beneficiare anche di coperte, vestiario, scarpe e tutto ciò che serviva al funzionamento della casa. Il ricordo più vivo che ho delle scarpe è che erano dotate di bollette, non quelle da pagare, ma chiodi che servivano a proteggere le suole delle scarpe.
Anche il comune di Sassari aveva messo a disposizione un tesserino che dava diritto ad un pasto caldo, preparato nei locali delle “Monache Cappuccine”.
La ripresa della scuola fu piuttosto difficile perché l’ignoranza la faceva da padrona soprattutto sui giovani che vivevano lontani dalla città. Era stata istituita anche la scuola notturna che consentiva, a chi di giorno lavorava, di poter acquisire quei pochi elementi per poter uscire dall’ignoranza totale.
Le insegnanti che si prestavano a quel tipo di lezioni, lo facevano più che volentieri perché consentiva loro di accumulare punteggio per l’assunzione definitiva.
Ricordo che per poter aiutare un’insegnante di nostra conoscenza, io e mio padre, con un altro gruppo di adulti già in possesso della licenza elementare, avevamo formato una classe di V^ e seguivamo le lezioni con grande interesse, anche se sotto forma di ripasso.
Al momento degli esami i componenti la commissione ci fecero i complimenti senza capire che il livello raggiunto era frutto di una piccola strategia da noi organizzata a fin di bene.
Intanto gli artigiani iniziavano ad assumere apprendisti e, se anche questi non venivano pagati…beh…che dire, è il solito ritornello che va ancora di moda.

Salvatore Faedda


 

La vigilia di Natale di Salvatore Faedda


Era la vigilia di Natale di tanti anni fa ed io, poco più che dodicenne, lavoravo in un negozio di mobili in Via Rosello. Verso le ore 19,00 un signore distinto entrò nel negozio per acquistare delle brandine chiudibili con relativi materassi, a patto che la consegna venisse effettuata quella sera stessa.
Ahimè!!! Avevo già capito tutto perché quella consegna a domicilio avrei dovuto farla io.
Rassegnato per l’incombenza affidatami, caricai le brandine sulla testa e mi incamminai per via Grazia Deledda presso la residenza dell’acquirente.
A stento raggiunsi l’ultimo palazzo, suonai il campanello e, passando tra due ali di persone in festa, scaricai le brandine in camera da letto.
A 60 anni di distanza sono in grado di ricordare ed eventualmente suonare quella musica che, in quella determinata situazione, aveva arrecato tanta tristezza nel mio cuore.
Erano circa le 22,00 quando ripresi la via del ritorno passando per il ponte di Rosello. La strada era bagnata, non dalla pioggia, ma dalle mie lacrime che scendevano copiose a causa della rabbia e dell’umiliazione subita in una giornata così importante…!!! Praticamente mi sentivo misero nella miseria più misera.

Salvatore Faedda


 

Mio figlio Park di Gianni Dessena


Il 31 Gennaio 2017 compirà quattro anni il mio terzo figlio.

C’è Matteo che di anni ne ha 22, poi c’è Daria che ne ha 14 e, dulcis in fundo, Park che ne compirà appunto 4.

Tutti dicevano che i primi due figli erano arrivati con comodo; infatti avevo 32 anni quando è nato Matteo e 40 quando è nata Daria. In compenso però ero troppo giovane quando è nato Park perché avevo solo 49 anni.

Il ginecologo o meglio il neurologo che quel 31 gennaio 2013 mi disse che ero in attesa del mio terzo figlio, mi mise subito in allarme…La prima cosa che mi suggerì fu quella di cambiare metodo di educazione verso la nuova vita che cresceva dentro di me. Voleva semplicemente dirmi che i primi due figli erano due bravi ragazzi mentre Lui, Park, sarebbe stato sempre un gran rompiscatole che godeva a fare dispetti.

Il signore in camice banco, tra le altre cose, mi disse che non sarei mai riuscito ad ammansire il caratteraccio che aveva ed avrà sempre Park, infatti, col passare del tempo degenererà sempre più combinandomene delle belle. Dovevo perciò trovare il modo di combattere contro quel nuovo figliolo che non conoscevo sino in fondo né io né il ginecologo né il neurologo né tutti i signori in camice bianco.

Ritenni che il miglior modo per contrastare Park era quello di farlo fesso e contento e renderlo ridicolo in alcune situazioni. Ad esempio: prendo il caffè al bar e mi tremano le mani? Vuol dire che per bloccare la tazzina anziché una utilizzerò due mani e assaporerò ugualmente quel buon caffè. Un’altra volta mi capitò, durante una cena, di avere una crisi di tremore molto evidente e un amico mi disse:”Gianni, cosa ti succede, non riesci a mettere in moto?” Ci mettemmo tutti a ridere e il tremore passò.

Dopo un periodo di lunghe riflessioni su come affrontare Park ed adattarsi quindi ad un cambiamento radicale del modo di vivere, presente e futuro, decisi di iscrivermi e fare parte attiva di un’Associazione composta di persone che hanno, anche loro, l’incomodo di avere un figlio che si manifesta in vari modi ma che, da vigliacco qual è, non si mostra fisicamente e dunque non si può neanche prendere a schiaffi.

Dagli amici che fanno parte dell’Associazione imparo tante cose interessanti che mi permettono senz’altro di affrontare varie evenienze nel miglior modo possibile.

Ritengo che l’unione fa la forza, dunque credo, o perlomeno mi voglio illudere, che questo esercito di buontemponi riuscirà, prima o poi, a far salire a galla i punti deboli di Park e dunque renderlo meno sconosciuto al mondo della medicina.

Naturalmente per avere una reazione efficace al problema che si è presentato, devi avere un aiuto che ti può dare soltanto una grande famiglia. E per grande si intende grande in tutto, come la mia. Composta da mia moglie Antonella e dai miei figli Matteo e Daria.

Gianni Dessena


Metella e il suo paradosso di Franco Simula


La giornata del 26 Novembre 2016 dedicata all’esame di eventuali progressi della ricerca sulla malattia di Parkinson è stata per molti versi speciale e indimenticabile.

Il presidente dell’Associazione, all’apertura del Convegno, ha introdotto il concetto “visionario” di “festa della malattia di Parkinson”. Festa come incontro, sostegno reciproco, solidarietà, come terapia complementare alla terapia farmacologica e anche come divertimento. Questo concetto è stato ripreso più volte dal dott. Paulus che, essendo neurologo non può che dispensare farmaci per una patologia sintomatica, ma è nel contempo uno dei più convinti sostenitori della terapia alternativa o complementare più nota come arti-terapia e cioè teatro-terapia, danza-movimento terapia, fisio-terapia, canto-terapia, disegno-terapia. L’atmosfera di festa che si respirava nell’aria ha finito col coinvolgere anche l’austero prof. Sechi che muovendosi nella sala con insolita disinvoltura ha rappresentato l’importanza della ricerca nel campo specifico della neurologia ma si è spinto a confidare ai presenti che la ricerca sarda, e quella sassarese in particolare, partecipa con altri gruppi stranieri a dei filoni di ricerca neurologica e su altre malattie dementigene all’avanguardia nel mondo. Il prof. Serra -ironico ma comunque fiducioso- ha raccontato che un progetto di ricerca sul sonno, giudicato eccellente dal Ministero, è rimasto senza finanziamento alcuno per mancanza di fondi. A parte questi doverosi rilievi, il clima che si respirava nella sala era di grande ottimismo e speranza.

Anche le persone a cui questo convegno era destinato, gli ammalati di Parkinson, hanno percepito in maniera quasi palpabile questa atmosfera di festa che è servita per alcuni come rafforzamento delle proprie convinzioni per altri come appropriazione cosciente di suggestioni che fanno gridare al “miracolo”. Ma allora è vero il “miracolo” di cui spesso parliamo un po’ per celia un po’ per autosuggestionarci.

Oggi, al convegno, se ne è accennato giusto per prendere le dovute distanze da fenomeni di suggestione personali o collettivi che non possono trovare ospitalità in quest’aula dove i ricercatori -da scienziati- hanno. parlato rigorosamente di fatti scientifici, evidenti, dimostrabili, ripetibili.

A fine mattinata, a conclusione di una giornata che era apparsa memorabile per tutti, e lo si capiva dallo stato d’animo lieto e festoso delle persone, tutte, incontro fra gli altri Metella e giusto per sentire una risposta scontata le chiedo:” come è stata la giornata? che impressione hai avuto”? La risposta di Metella è di quelle che ti “shockano” perché contemporaneamente appare spontanea, tenera, ingenua,

dolcissima ma anche sorprendente,quasi esplosiva, certamente paradossale. “Molto spesso mi sorprendo a ringraziare il destino per aver avuto la malattia di Parkinson”.

Ma davvero? E perché?

“Perché mi ha consentito di vivere una nuova vita, di conoscere tante persone meravigliose che in maniera e in misura diverse mi hanno aiutato a uscire dalla solitudine, a riacquistare fiducia in me stessa, ad aggirare il fantasma della depressione che a tratti compariva nella mia vita”.

Anche Franco dice che questo maledetto Parkinson -nonostante il fastidioso e incontrollabile tremore che gli tormenta e stanca entrambe le mani- tutto sommato gli ha permesso di ricuperare una vita diversa, più attiva mentalmente, vissuta con le nuove persone che ha avuto modo di conoscere e che -scherzando con lui- ne apprezzano l’humor, le scontrosità, ma anche i lampi di intelligenza e le schiette manifestazioni di affetto che dispensa ad ampie mani.

L’incontro di nuove persone, la condivisione delle sofferenze, il reciproco incoraggiamento sono solo alcuni elementi che contribuiscono a rendere anche la subdola malattia di Parkinson meno…”rapace infingardo”, meno…”nemigu”, meno…”idra a sette teste”, meno…”mostro”. Da combattere non solo con le medicine ma anche col movimento, col divertimento, con gli affetti.


 

Figli di un dio minore di Patrizia Canu


Resoconto della 10° Giornata Sassarese della malattia di Parkinson scritto da Patrizia Canu su L’Unione Sarda del 27 novembre 2016

 

Sassari. Difficoltà e speranze alla decima Giornata della malattia

Figli di un dio minore

Manca il centro Parkinson

 

Due Centri contro il Parkinson a Cagliari. Nessuno a Sassari. Milleseicento pazienti da tutto il nord dell’Isola, rimandati a casa o ricoverati, in nome della “ottimizzazione delle risorse”. Che, in soldoni, vuol dire tagli, e risparmi apparenti . Perchè, a lungo termine, significa invece tanti costi in più: un giorno di ricovero costa alla Asl, e quindi al cittadino, quanto cinquanta visite ambulatoriali. E spesso sono ricoveri che si potevano evitare. Siamo patologie rinchiuse in una riserva indiana – dice il presidente dell’associazione Parkinson, Franco Simula – Forse noi pazienti del Nord siamo figli di un dio minore?.

     INCONTRO. Ma non di questo vuole parlare Kai Paulus, neurologo a cui si devono umanità, competenza e numeri, in egual modo. Nel presentela decima giornata di Sassari contro il Parkinson non vuole sentire lamentele. Preferisce parlare di quello che si fa, delle nozze con i fichi secchi. E sono nozze fantastiche, a vedere questa sala gremita. Ci sarebbero dovuti essere i nuovi vertici, ieri alla Camera di commercio, per ascoltare di questo piccolo miracolo, messo su con risorse risibili. Competenze sanitarie e poi tante terapie complementari: danzaterapia, musicoterapia, teatroterapia. I linguaggio del corpo, musica , teatro, l’amicizia e la condivisione che funzionano più delle pastiglie, Gratis, tutto gratis. E’ il sociale, di cui parla il psicologo Giovanni Carpentras. Quel lavoro da fare “nel frattempo”. Nel frattempo che la malattia viene diagnosticata, nel frattempo che avanza, nel frattempo che viene condivisa.

     PROBLEMI E SOLUZIONI. Quello che emerso ieri è stata la grande ricchezza delle associazioni, e delle professionalità. “Noi italiani siamo i ricercatori più bravi al mondo. E’ solo un problema di mezzi” dice il farmacologo Pier Andrea Serra. La ricerca significa speranza. “In Italia ci sono 40 milioni l’anno per tutta la ricerca. In America nel centro dove ho lavorato aveva 12 milioni a disposizione per due ricercatori”.

     ECOSISTEMA. Il primario di neurologia dell’ Aou Gian Pietro Sechi: ” Il mio sogno è di colpire queste patologie all’inizio, nella fase di danno biochimico, quando le cose sono ancora curabili. A quello tendono i nostri piccoli studi con i nostri piccoli mezzi”. Ma la strada è piena di ostacoli, dice Serra: “Non esistono studi accurati sul sonno: spesso l’ammalato di Parkinson o di una malattia neurodegenerativa, la notte non ha sintomi. Abbiamo presentato un progetto al Ministero, progetto giudicato eccellente, con il massimo dei voti. “Bocciato”, è stata la sentenza, “non c’è un euro”. Ma noi terremo duro.

Patrizia Canu