Siamo nel 1946 e finalmente la guerra è finita! Anche se i miei ricordi sono un po’ vaghi, qualcosa è rimasto nella mente.
A Sassari le bombe avevano devastato parte della ferrovia lasciando intatto il resto della città.
All’epoca, chi era riuscito a conservare dei soldini poteva andare avanti ma chi non aveva niente come noi, doveva vivere alla giornata. Intanto la popolazione usciva sempre più spesso dai rifugi e per fronteggiare le prime difficoltà usufruiva di ciò che i nostri alleati americani distribuivano (sigarette, cioccolata, formaggini, latte in polvere e latte condensato); ho ancora un vago sapore di quel latte che, in quel tempo, deliziava il mio palato. I più bisognosi potevano beneficiare anche di coperte, vestiario, scarpe e tutto ciò che serviva al funzionamento della casa. Il ricordo più vivo che ho delle scarpe è che erano dotate di bollette, non quelle da pagare, ma chiodi che servivano a proteggere le suole delle scarpe.
Anche il comune di Sassari aveva messo a disposizione un tesserino che dava diritto ad un pasto caldo, preparato nei locali delle “Monache Cappuccine”.
La ripresa della scuola fu piuttosto difficile perché l’ignoranza la faceva da padrona soprattutto sui giovani che vivevano lontani dalla città. Era stata istituita anche la scuola notturna che consentiva, a chi di giorno lavorava, di poter acquisire quei pochi elementi per poter uscire dall’ignoranza totale.
Le insegnanti che si prestavano a quel tipo di lezioni, lo facevano più che volentieri perché consentiva loro di accumulare punteggio per l’assunzione definitiva.
Ricordo che per poter aiutare un’insegnante di nostra conoscenza, io e mio padre, con un altro gruppo di adulti già in possesso della licenza elementare, avevamo formato una classe di V^ e seguivamo le lezioni con grande interesse, anche se sotto forma di ripasso.
Al momento degli esami i componenti la commissione ci fecero i complimenti senza capire che il livello raggiunto era frutto di una piccola strategia da noi organizzata a fin di bene.
Intanto gli artigiani iniziavano ad assumere apprendisti e, se anche questi non venivano pagati…beh…che dire, è il solito ritornello che va ancora di moda.
Salvatore Faedda
Un nuovo tassello di storia sassarese di Salvatore. Bello come siete riusciti a dare una mano all’insegnante.
E le mode non passano mai…