Volare si Può, Sognare si Deve!

Autore archivio: Kai Paulus

SA MARIGLIA di Kai S. Paulus

Ieri pomeriggio sono andato a trovare le nostre amiche ed i nostri amici all’Istituto Europa.

Aspettando mia figlia davanti alla palestra, stavo chattando con Dora, lei mi ha dato la dritta che potevo trovare nel primo pomeriggio i nostri soci all’opera.

Siccome avevo tempo mi sono avviato verso Carbonazzi, dove attualmente (grazie a Laura Piga) si svolgono le varie attività associative in attesa della ristrutturazione della nostra nuova sede in via Ardara, e dove  le amiche e gli amici si incontrano settimanalmente a sfidarsi nell’antico gioco di origine aragonese, il bridge sardo, e cioè la sassaresissima mariglia.

Franco Simula aveva già menzionato più volte la mariglia nel nostro sito e vale la pena rileggere i suoi gustosi versi in limba con traduzione (vedi Sa mariglia La mariglia di Francesco Simula ed anche A Peppinu Achene di Franziscu Antoni Simula) [cliccando sul titolo si può visualizzare le due poesie]

E’ stato un vero piacere incontrare tanta allegria e buon umore, ma anche tanta concentrazione ed impegno. Chi ancora non lo sapeva e vorrebbe partecipare, può semplicemente unirsi ai tavoli da gioco.

Purtroppo, non conosco ancora questo famoso gioco di carte e quindi non riuscivo a seguire le battaglie dei nostri amici, ma sicuramente il ragazzo di Koblenz si metterà a studiare e presto sfiderà Adelaide, Giuseppina, Peppino A., Peppino S., Giuseppe, Franco, Sergio, Geminiano ed Antonello.

CELLULE STAMINALI – ABBIATE ANCORA UN PO’ DI PAZIENZA di Kai S. Paulus

(Pillola n. 28)

L’idea dei “pezzi di ricambio” è affascinante per la cura delle malattie croniche: inserire, dove serve, cellule nuove di zecca per far funzionare un organo o, nel caso nostro, un circuito cerebrale.

Le cellule staminali sono cellule immature, a riposo, ma che possiedono la proprietà, quando serve, di attivarsi e di differenziarsi in cellule mature e pienamente funzionanti. Sono dette anche pluripotenti, perché possono maturare, in base al bisogno, in cellule con diverse funzioni.

Le cellule staminali sono cellule giovani, immature che possono svilupparsi, differenziarsi, in tanti tipi diversi, in base alle esigenze dell’organismo. (da: www.my-personaltrainer.it 2023)

Non le conoscete? Eppure, andate dal parrucchiere ogni mese e vi tagliate le unghie ogni settimana.

Qualsiasi crescita biologica è possibile grazie alla presenza di cellule staminali, che vengono studiate e già utilizzate in alcuni campi medici, quali oculistica (cornea), diabete, oncologia, cardiologia, ecc. Il grosso problema delle cellule staminali provenienti da donatori è il rigetto, per cui la ricerca è molto concentrata sull’autotrapianto, cioè di cellule provenienti dallo stesso organismo, dette cellule staminali autologhe.

Anche nel Parkinson la ricerca sulle cellule staminali è molto intensa, perché l’idea di impiantare cellule sane nel circuito nigrostriale [neuroni dopaminergici che si proiettano dalla sostanza nera al putamen del corpo striato e che nel Parkinson si ammalano per prime; quindi nero=nigro e putamen/striato: nigrostriatale], ammalato è, oltre che affascinante, teoricamente fattibile. Principalmente vengono usate cellule provenienti da feti abortiti (che già solleva problematiche etiche).

Ma ci sono grossi problemi tecnici.

(e certo, ogni volta che siamo vicini ad una soluzione, Paulus ci dice che per il Parkinson non vale,…)

In questi anni di intensa ricerca sulle cellule staminali si sono presentati fondamentalmente tre scenari complicati:

  • Far arrivare il “pezzo di ricambio” a destinazione, al centro del cervello: per questo le cellule nuove devono attraversare la barriera ematoencefalica, cioè devono passare, se iniettate, dal sangue dentro il cervello e attraversare una ‘parete protettiva’ che si interpone tra vaso sanguigno e cervello (per fortuna esiste, diversamente ogni batterio del cavolo riuscirebbe ad entrare dentro il cervello); questo percorso è molto difficile;
  • Le cellule immature sono dotate di attività di crescita, di crescita, di crescita, e possono cescere, se non fermate, all’infinito. Cosa succede? Continuano a crescere in modo incontrollato: cancro! Non è proprio un bel modo per curare il Parkinson;
  • Le cellule nuove possono ammalarsi della stessa malattia: l’alfa-sinucleina alterata diffonde nel cervello ed infetta le cellule sane circostanti, quindi, nulla di fatto, il Parkinson persiste.

 

Questo mese, quindi attualissimo, un gruppo di ricercatori coreano-tedeschi ha pubblicato i risultati della loro ricerca sulle cellule staminali nel Parkinson sulla prestigiosa rivista ‘Movement Disorders’. Un gruppo di 15 pazienti è stato trattato con cellule staminali ed il risultato è stato una riduzione di alcuni sintomi parkinsoniani; ma il fatto più eclatante è che non si sono osservati effetti collaterali.

Le critiche a questo importante lavoro sono che il gruppo dei partecipanti è troppo esiguo, non c’è un gruppo di controllo di persone non trattate con staminali, ed, infine, il periodo di osservazione di 12 mesi pare non sufficiente per poter trarre conclusioni utili per l’applicazione di questa tecnica alla comunità di persone affette da malattia di Parkinson.

Non ancora, ma si stanno facendo grossi passi in avanti.

 

Fonte bibliografica:

Kim J, Inbo H, Kim HS, Kim WC, Jang SJ, Min K, Kim SH, Bae SH, et al. First clinical report on the treatment of Parkinson’s disease fetal midbrain precursor cells. Movement Disorders 2023, Jan 24: doi: 10.1002/mds 29316

ALLE ORIGINI DEL PARKINSON di Kai S. Paulus

(Pillola n. 27; seguito di L’ALFA-SINUCLEINA)

Ora conosciamo la funzione della proteina alfa-sinucleina all’interno della cellula nervosa, il neurone, ed è facile intuire che di questa proteina ce ne voglia una enorme quantità, visto che in pochi millisecondi deve legare e staccare migliaia di vescicole nelle terminazioni assonali dei neuroni per consentire la trasmissione dell’informazione nervosa. E quindi, l’alfa-sinucleina viene prodotta continuamente in quantità industriali.

Immaginatevi una catena di montaggio che produce tonnellate di un determinato prodotto: ci saranno degli scarti, è inevitabile. Questi scarti vengono eliminati attraverso diversi meccanismi cellulari, rappresentati principalmente dai lisosomi, piccole ‘bolle’ intracellulari che captano gli scarti e le digeriscono, oppure il sistema ubiquitone-proteasoma (UPS), che invece smantella gli scarti nelle loro parti elementari che poi potranno nuovamente essere utilizzate nella catena di montaggio.

Ora immaginatevi questa scena: la “nettezza urbana” del neurone, appunto lisosomi e UPS, non riesce ad eliminare gli scarti. Un disastro! Montagne di mondezza!

Questa pattumiera è rappresentata da alfa-sinucleina alterata che, da un lato, non funziona, e quel che è peggio, essa è tossica per il neurone producendo radicali liberi e danneggiando diversi organelli intracellulari, tra cui i mitocondri, le centrali energetiche della cellula. Uno scenario cellulare apocalittico: l’accumulo di alfa-sinucleina alterata che non solo non funziona compromettendo la corretta trasmissione dell’informazione nervosa, ma che danneggia il neurone dall’interno condannandolo a morte cellulare!

Per fortuna, esistono vari meccanismi di compenso, tra cui quello di raccogliere gli scarti tossici e di racchiuderli dentro dei “sacchi di mondezza”, i cosiddetti corpi di Lewy, inclusioni intracellulari sostanzialmente non pericolose; la cellula si salva e può continuare a svolgere il proprio lavoro, quello di mantenere funzionanti i circuiti neuronali dentro il cervello, e specialmente dentro i nuclei della base (gruppo di centri nervosi al centro del cervello), garantendo il corretto svolgimento dei movimenti muscolari.

Stadio iniziale: la cellula sta soffrendo e cerca di isolare l’alfa-sinucleina alterata dentro i corpi di Lewy e continua la sua attività liberando dopamina per la trasmissione dell’informazione nervosa.

Quindi, problema risolto?

Per un po’ di tempo sì, però, siccome continua la produzione industriale di alfa-sinucleina, continua anche l’ammontare dei suoi scarti, e pertanto, non funzionando i sistemi di smaltimento, aumentano continuamente i corpi di Lewy, che alla fine diventano talmente numerosi da riempire la cellula e di disturbare le sue funzioni.

Ci risiamo! Il neurone, non è in grado di lavorare correttamente e non può svolgere il suo compito, quello di liberare il neurotrasmettitore per la trasmissione dell’impulso nervoso a quello successivo, secondo o postsinaptico.

Infine, il primo neurone, quello afferente del circuito, non è in grado di liberare dopamina e pertanto si interrompe il circuito, con il risultato che l’attività dei muscoli non è più corretta e la persona dovrà vedersela con tremore, rigidità, rallentamento motorio ed instabilità posturale.

Stadio avanzato: la cellula si riempe di corpi di Lewy che disturbano l’attività del neurone che non riesce più a liberare dopamina; la trasmissione dell’informazione nervosa è interrotta.

Riassumendo, la salute della cellula nervosa, il neurone, in caso di malattia di Parkinson è minata fondamentalmente quattro volte:

  • Una eccessiva produzione di alfa-sinucleina alterata, che non può svolgere il suo naturale compito di garantire la trasmissione dell’informazione neuronale (nel caso nostro: l’esecuzione del movimento corretto)
  • La tossicità della alfa-sinucleina alterata che danneggia gli organi intracellulari (specialmente i mitocondri, le centrali energetiche delle cellule)
  • L’incapacità della ‘nettezza urbana’ (lisosomi, sistema UPS) a smaltire gli scarti di alfa-sinucleina, il che porta all’accumulo di alfa-sinucleina aggravando l’effetto degenerativo
  • L’unica difesa cellulare per neutralizzare gli scarti tossici (impacchettamento in sacchi, i corpi di Lewy) si ritorce contro la salute cellulare perché questi sacchi alla fine ingolfano talmente la cellula che essa non riesce più a svolgere le proprie mansioni.

Insomma, un bel problema: il secchio è bucato per almeno quattro insulti diversi, ognuno di per sé già devastante. Il secchio perde dopamina che con pastiglie, capsule, compresse e pompe dobbiamo continuamente riempire, se vogliamo riuscire a muoverci.

Un corpo di Lewy dentro un neurone come appare al microscopio elettronico.

Irreparabile?

No.

Ma di questo parleremo un’altra volta.

L’ALFA-SINUCLEINA di Kai S. Paulus

(Pillola n. 26)

Recentemente il nostro amico Franco Simula mi ha raccontato di aver sentito alla televisione un professore parlare della alfa-sinucleina a riguardo della malattia di Parkinson. Il nome non gli era nuovo, e ricordava che c’entrava con i meccanismi che portano al Parkinson, ma l’esatta funzione di questa proteina gli sfuggiva. In quel momento ho capito che, in effetti, l’alfa-sinucleina  abbiamo nominato tante volte in questo nostro sito, ma non ne abbiamo mai parlato in modo specifico, il che vorrei fare adesso con una breve presentazione di questa piccola ma importante proteina.

Partiamo dalla cellula nervosa, il neurone, il cui compito è trasmettere l’informazione, e lo fa attraverso un segnale bioelettrico lungo la sua superficie cellulare. Per poter coprire lunghe distanze (dell’ordine dei micrometri) il neurone si avvale di un prolungamento cellulare, l’assone, che permette al segnale nervoso di scorrere fino a destinazione, generalmente un altro neurone all’interno di un circuito o rete funzionale. I due neuroni, però, non vengono direttamente in contatto, e tra il terminale assonale del primo neurone e la parte ricevente del secondo neurone, il dendrite, rimane un piccolo spazio, la sinapsi.

Ora, l’impulso elettrico non può superare la sinapsi saltando da una parte all’altra, e pertanto la comunicazione tra i due neuroni avviene nel modo seguente:

Quando il segnale nervoso giunge alla terminazione assonale, l’informazione nervosa, di natura elettrica, viene trasformata in segnale chimico, cioè, l’arrivo dell’impulso elettrico promuove la liberazione nello spazio sinaptico di una sostanza, il neurotrasmettitore, che ‘nuota’ fino all’altra parte della sinapsi dove si lega a dei recettori specifici che quindi fanno ripartire il segnale elettrico lungo il secondo neurone.

Vi starete chiedendo: ma cosa c’entra la trasmissione del segnale nervoso tra due neuroni con quella strana proteina, l’alfa-sinucleina?

Una volta che il segnale nervoso è arrivato alla terminazione dell’assone, troverà pronte delle vescicole piene di neurotrasmettitori che vengono versati nella sinapsi in seguito al comando del segnale elettrico appena arrivato. Ed adesso entra in gioco l’alfa-sinucleina, perché è lei che lega la vescicola alla membrana cellulare terminale permettendo lo svuotamento del suo contenuto dentro lo spazio sinaptico.

Nello stesso modo, l’alfa-sinucleina serve per staccare la vescicola dalla membrana per potersi nuovamente riempire di neurotrasmettitore in attesa del prossimo segnale bioelettrico. Tutto questo meccanismo perfetto si svolge in pochi millisecondi continuamente in tutto il nostro sistema nervoso, cervello, midollo spinale e nervi periferici, e ci permette di pensare, di agire e di muoverci.

Meccanismo fantastico, vero? Ma cosa succede quando questo meccanismo non funziona bene, e soprattutto, quando l’alfa-sinucleina non svolge correttamente il suo ruolo? Ne parleremo prossimamente.

(segue con ALLE ORIGINI DEL PARKINSON)

COLONNA DEL PARKINSON: INTERFACCIA CERVELLO – COMPUTER di Kai S. Paulus

tempio greco

(della serie Il Tempio Greco iniziata con LE SEI COLONNE DEL PARKINSON)

 

Ritornando alla riabilitazione delle persone affette da malattia di Parkinson (vedi COLONNA DEL PARKINSON: LA RIABILITAZIONE) dobbiamo aggiungere un’altra metodica, modernissima, che è quella che utilizza la tecnologia elettronica per superare le disabilità, e cioè quella dell’interfaccia cervello computer (brain computer interface, BCI).

L’idea è questa:

Tutti i nostri movimenti volontari vengono ideati nella corteccia del nostro cervello, e dopo un complicato processo di elaborazione e selezione del movimento desiderato, parte il commando nervoso che arriva in periferia fino al muscolo da azionare; così riusciamo a muovere la mano, fare un passo, parlare, ecc.

L’attività cerebrale è costituita da correnti bioelettriche che corrono lungo i neuroni di determinati circuiti neuronali deputati ad una certa azione. Queste attività si possono ‘leggere’.

Quando pensiamo una cosa, nel nostro cervello si attiva una precisa attività elettrica che si può registrare mediante un elettroencefalogramma, EEG, un elettrocorticografia, ECoG, oppure attraverso la registrazione dei potenziali evento-correlati, ERP, cioè l’attività cerebrale che si forma in previsione di un intento fisico oppure anche solo immaginario. Stiamo parlando di eventi elettrici che si verificano nell’arco di pochi millisecondi.

Negli anni ’90 e primi 2000 studiavamo in Clinica Neurologica queste metodiche, ancora rudimentali e puramente sperimentali, e le loro possibili applicazioni cliniche; eravamo l’unico gruppo in Sardegna; raggiungemmo ottimi risultati, ma i nostri professori non erano interessati e quindi dopo sette anni si chiusero le ricerche a Sassari. Ovviamente nel mondo si andò avanti, ed oggi si riescono a leggere i pensieri, nel vero senso delle parole.

Alcune pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali che ricordano un intenso periodo di tanto lavoro e incredibile entusiasmo

Attualmente si riesce a creare un collegamento tra il cervello e dispositivi elettronici e computer (BCI) in grado di superare l’interruzione causata, per esempio, da un ictus. L’ischemia ictale è causata da una zona cerebrale dove non giunge il sangue e quindi non funziona; alla lunga rimane una cicatrice che interrompe definitivamente il circuito colpito, e rimane come esito una disabilità. Per esempio, l’ictus ha reso plegico un braccio, e quindi, pur volendo non riusciamo a muovere il braccio; abbiamo l’idea, il desiderio, di muovere il braccio, ma il nostro organo esecutore, il muscolo, non risponde perché la linea, il nervo, è disturbato.

Tramite l’interfaccia possiamo mettere in collegamento il cervello con il braccio: la nostra idea di voler muovere il braccio adesso viene elaborata dal computer che aziona il muscolo; in questo modo saremo nuovamente in grado di muovere il braccio attivamente, volontariamente.

E la riabilitazione?

Sinora abbiamo solo ripristinato il collegamento tra centro e periferia. La riabilitazione avviene quando aggiungiamo un segnale di ritorno che ci informa se il nostro intento è andato a buon fine. Per esempio, vogliamo muovere il braccio, ma verosimilmente sbagliamo perché è difficile selezionare il movimento corretto tra migliaia di possibilità (selezione che normalmente viene effettuata dai nuclei della base). Allora un segnale di ritorno ci informa sull’esito della nostra azione e ci dà la possibilità di correggere ‘il tiro’.

Questo segnale di ritorno il chiama feedback, che applicato in medicina viene definito anche biofeedback, e nel nostro caso specifico, neurofeedback.

 

(prosegue con COLONNA DEL PARKINSON: INTERFACCIA CERVELLO – COMPUTER (2))

 

Fonti bibliografiche:

Behboodi A, Lee WA, Hinchberger VS, Damiano DL. Determining optimal mobile neurofeedback methods for motor neurorehabilitatione in children and adults with non-progressive neurological disorders: a scoping review. Journal of NeuroEngineering and Rehabilitation, 2022; 19:104-127.

Chamola V, Vineet A, Nayyar A, Hossain E. Brain-Computer Interface-Based Humanoid Comtrol: a review. Sensors 2020, 20: 3620-3643.

Kashif M, Ahmad A, Mohseni Bandpei MA, Farooq M, Iram H, Fatima R. Systematic review of the application of virtual reality to improve balance, gait and motor function in patients with Parkinson’s disease. Medicine 2022, 101: 31-42.

Simon C, Bolton DAE, Kennedy NC, Soekadar SR, Ruddy KL. Challenges and Opportunities for the Future of Brain-Computer Interface in Neurorehabilitation. Frontiers in Neuroscience, 2021;15:

Wen D, Fan Y, Hsu SH, Xu J, Zhou Y, Tao J, Lan X, Li F. Combining brain-computer interface and virtual reality for rehabilitation in neurological diseases: a narrative review. Annals of Physical and Rehabilitation Medicine, 2020; 64: 101404.

COLONNA DEL PARKINSON: INTERFACCIA CERVELLO – COMPUTER (2) di Kai S. Paulus

tempio greco

(seguito di COLONNA DEL PARKINSON: INTERFACCIA CERVELLO – COMPUTER)

Il neurofeedback è una tecnica che non solo viene utilizzata in caso di traumi e danni cerebrali, ma può essere applicata anche per promuovere la salute psicologica e le performance cognitive, e come trattamento riabilitativo per diverse condizioni patologiche, quali i disturbi attentivi (ADHD), di apprendimento e di comportamento, disturbi d’ansia e d’umore, e disturbi del sonno.

Ed adesso arriva la parte più affascinante:

Il collegamento cervello – elettronica non è solo un’opportunità passiva che ci permette unicamente di superare un ostacolo, di compensare una disabilità; al contrario, l’interfaccia BCI ci dà la possibilità, grazie al neurofeedback, di allenare il nostro sistema nervoso, di stimolare la neuroplasticità, cioè meccanismi intrinseci del cervello capaci di rigenerare e riparare il tessuto nervoso danneggiato, che infine aiutano a recuperare le funzioni perdute.

Incredibile, vero?

Ora aggiungiamo alla rete cervello-computer la realtà virtuale, VR, per allenare e riabilitare la persona affetta da Parkinson con difficoltà di equilibrio e blocchi motori. La riabilitazione con la VR ci dà la possibilità di creare scenari ogni volta diversi, di personalizzarli e di adattarli alle esigenze della singola persona; in questo modo si possono esercitare singoli movimenti così come anche movimenti complessi dei cambi e passaggi posturali. Il neurofeedback consente alla persona di correggersi in ogni momento e di migliorarsi in maniera sostanziale.

Troppo noioso?

Allora aggiungeremo ancora il divertimento con i videogiochi, che in riabilitazione si chiamano Exergames, di cui abbiamo già parlato (vedi CONGELATI A TRADIMENTO: QUALCOSA SI MUOVE), e che combinano esercizio al divertimento con il vantaggio che la riabilitazione viene eseguita con maggiore interesse e coinvolgimento. Come sappiamo, il divertimento aumenta la dopamina e stimola la neuroplasticità (vedi Il Divertimento come fonte di Dopamina parte IV) il che rafforza il miglioramento globale, fisico, psichico, ed ovviamente anche della qualità di vita.

Ma non finisce qui:

Tutto quello che abbiamo raccontato è già realtà, ma apre anche a scenari prossimi futuri sinora inimmaginabili. BCI, feedback, e VR, vengono utilizzati soprattutto a fini riabilitativi, ma qualcuno porta la ricerca avanti al fine di potenziare le capacità del cervello, di creare persone dotate di capacità sempre maggiori. Qui si sconfina nel transumanesimo, una corrente filosofica che promuovere il potenziamento per ottenere essere umani migliori. Recentemente nei media si è parlato della possibilità, fattibile già nel 2023, di impianti di microchip nel cervello per potenziare diverse funzioni. Al lettore attento viene forse in mente il “laccio neurale” dello scrittore di fantascienza Ian M. Banks, ma sembra che anche altre fonti fantascientifiche verranno presto realizzati; e ne parla anche il nostro Marco Balbina, presidente della Associazione Parkinson Alghero, e stimato scrittore e poeta, nel suo romanzo “Faccia di cera” (Edizioni Italiane, 2020).

 

Pericoloso?

La scienza va avanti: dai semplicistici lavori sui potenziali evento correlati di giovani studenti di 25 anni fa si è arrivati al collegamento cervello-computer con tanto di neurofeedback correttivo con numerose applicazioni in medicina e psicologia; e dalla stimolazione cerebrale profonda, DBS, trattamento invasivo per il Parkinson, che si avvale di una stimolazione monodirezionale che idealmente ripristina la frequenza con cui comunicano i neuroni dentro i nuclei della base (alterati dal Parkinson), si è arrivati alla stimolazione bidirezionale, cioè il feedback elettronico con cui la metodica neurochirurgica registra l’andamento della propria stimolazione per poterla continuamente correggere ed adattare.

Tante possibilità, tante opportunità, complici anche le nanotecnologie. Da lì a manipolare il cervello è un attimo. Come sempre siamo chiamati a scegliere il giusto utilizzo tra le tante opzioni che ci vengono proposte.

Tematica molto complessa ed importante che ho potuto solo accennare, la discussione è aperta. Ma i vantaggi riabilitativi per tante malattie ed esiti traumatici sono indiscutibili ed evidenti. E questo mi fa ben sperare.

 

Fonti bibliografiche:

Feitosa JA, Fernandez CA, Casseb RF, Castellano G. Effects of virtual reality-based motor rehabilitation: a systematic review of fMRI studies. J Neural Eng. 2022; 19(1): doi: 10.1088/1741-2552.

Kashif M, Ahmad A, Bandpei MAM, Gilani SA, Hanif A, Iram H. Combined effects of virtual reality techniques and motor imagery on balance, motor function and activities of daily living in patients with Parkinson’s disease: a randomized controlled trial. BMC Geriatrics 2022; 22(1): doi: 10.1186/s12877-022

Maranesi E, Casoni E, Baldoni R, Barboni I, et al. The effects of non-immersive virtual reality exergames versus traditional physiotherapy in Parkinson’s disease older patients: preliminary results from a randomized-controlled trial. Int J Environ Res Public Health, 2022; 19(22): 14818, doi: 10.3390.

Mangone M, Agostini F, de Sire A, Cacchio A, Chiaramonte A, Butterini G, Martano A, Paolini M, Bernetti A, Paolucci T. Effect of virtual reality rehabilitation on functional outcomes for return-to-work patients with Parkinson’s disease: an umbrella review of systematic reviews. Neurorehabilitation, 2022; 51(2): 201-211.

Sarasso E, Gardoni A, Tettamanti A, Agosta F, Filippi M, Corbetta D. Virtual reality balance training to improve balance and mobility in Parkinson’s disease: a systematic review and meta-analysis. Journal of Neurology 2022; 269(4): 1873-1888.

COLONNA DEL PARKINSON: LA DISFAGIA (3) di Kai S. Paulus

tempio greco

(il seguito di COLONNA DEL PARKINSON: LA DISFAGIA e COLONNA DEL PARKINSON: LA DISFAGIA (2))

Come abbiamo visto nei capitoli precedenti, il disturbo la disfagia è un sintomo molto complesso e pericoloso. Ma è possibile curarla, o, ancora meglio, prevenirla?

Vediamo che cosa può fare la persona con disfagia:

Esistono delle regole comportamentali che ogni persona interessata può rispettare per prevenire, o comunque ridurre, le drammatiche conseguenze del disturbo della deglutizione:

Dopodiché c’è la squadra paziente-famiglia-medico che deve collaborare:

Con questi comportamenti possiamo già evitare tante problematiche e mantenere una soddisfacente qualità di vita.

Per i casi più importanti esistono delle terapie riabilitative e mediche:

Alla fine, se il rischio delle complicanze, quali soffocamento e/o polmonite, è troppo elevato, si può procedere, per un breve periodo, con il posizionamento di un sondino naso-gastrico, oppure, per tempi più lunghi, di quello della gastrostomia endoscopica percutanea, PEG. Queste procedure non sono sempre ben accettate e tollerate, ma, garantendo la corretta introduzione di cibo, liquidi e farmaci, prevengono importanti stati carenziali, quali malnutrizione e disidratazione, e consentendo anche il proseguimento della terapia medica, infine si evita una precipitosa progressione della malattia neurologica e di altre patologie. Però, sia il sondino che la PEG, non proteggono completamento dalla disfagia, in quanto rimane il rischio dell’aspirazione di saliva.

Un altro scenario drammatico è il soffocamento, quando all’improvviso un boccone va “di traverso” ed ostruisce le vie aeree superiori con conseguente emergenza respiratoria.

Illustrazione presa dal web

Per questa urgenza, che spesso avviene a domicilio durante un pasto, è necessario che il familiare e/o caregiver conosca la manovra di Heimlich, che consiste nell’abbracciare da dietro la persona in difficoltà appoggiando il pugno della mano non dominante subito sotto lo sterno e applicando con l’altra mano una serie di improvvise spinte sul pugno, con un movimento inizialmente dentro l’addome e poi verso l’alto, per fare pressione contro diaframma e polmoni facilitando l’espulsione dell’ostacolo.

Questa manovra non porta sempre al successo sperato anche se eseguita da mani esperte, per cui si raccomanda di non arrivare neanche a questa emergenza: una persona affetta da disfagia non dovrebbe neanche introdurre in bocca cibi di consistenza tale da poter ostruire le vie aeree.

Pur diviso in tre parti, non ho potuto trattare tutti gli aspetti della disfagia e ci sono tante difficoltà individuali che differiscono da caso a caso, per cui vi invito a dire la vostra con commenti, critiche e suggerimenti.

Fonti bibliografiche:

Cosentino G, Avenali M, Schindler A, Pizzorni N, Montomoli C, et al. A multinational consensus on dysphagia in Parkinson’s disease: screening, diagnosis and prognostic value. Journal of Neurology 2022, 269: 1335-1352

Gong S, Gao Y, Liu J, Li J, Tang X, Ran Q, Tang R, Liao C. The prevalence and associated factors of dysphagia in Parkinson’s disease: a systemic review and meta-analysis. Frontiers in Neurology 2022, doi 10.3389/fneur.2022.1000527

Schindler A, Pizzorni N, Cereda E, Cosentino G, Avenali M, Montomoli C, Abbruzzese G, et al. Consensus on the treatment of dysphagia in Parkinson’s disease. Journal of Neurological Sciences 2021, 430; doi 120008

COLONNA DEL PARKINSON: LA DISFAGIA (2) di Kai S. Paulus

tempio greco(seguito di COLONNA DEL PARKINSON: LA DISFAGIA)

Avendo visto nel capitolo precedente quanto sono complessi e complicati i meccanismi della deglutizione, per la maggior parte involontari cioè automatici e non influenzabili dalla nostra volontà, possiamo comprendere a quali difficoltà si possono andare incontro quando questi meccanismi non funzionano correttamente; allora si parla di disfagia.

La disfagia si riscontra in tante malattie neurologiche (ictus, sclerosi multipla, sclerosi laterale amiotrofica, miastenia gravis, distrofie, e tante altre), ma qui mi limiterò alle problematiche del Parkinson; il meccanismo della disfagia è fondamentalmente identico nelle varie malattie, ciò che cambia è l’approccio preventivo e terapeutico, che è quello che ci interessa di più.

La disfagia è definita come difficoltà di deglutire con conseguente non corretto transito del bolo alimentare dalla cavità orale fino allo stomaco.

Si distingue una disfagia orofaringea, di cui parleremo qui, ed una disfagia esofagea, quando è disturbato il transito del bolo dentro l’esofageo a causa di ostruzioni, stenosi oppure alterazioni della peristalsi (contrazione ondulatoria del tubo esofageo dall’alto verso il basso che spinge il contenuto fino allo stomaco).

Perché dobbiamo parlare di disfagia?

La malattia di Parkinson non è una malattia mortale, se pur può diventare molto invalidante ed accelerare altre patologie concomitanti, specialmente cardiocircolatorie o dismetaboliche. La disfagia, però, rappresenta un sintomo con possibile esito fatale, quali soffocamento e polmonite ab ingestis (aspirazione di cibo che finisce nei polmoni dove causa una importante infezione difficile da curare). Ed è per questo che sia la persona affetta da Parkinson sia familiari e caregiver devono conoscere questo sintomo e collaborare nella sua prevenzione, diagnosi e terapia.

Quali sono i fattori di rischio della disfagia nel Parkinson?

Tra i principali fattori di rischio ci sono soprattutto l’età avanzata, dove si riscontra una riduzione della forza muscolare (ricordiamo che nella deglutizione sono coinvolti 55 muscoli); la durata di malattia (la disfagia raramente può presentarsi negli stadi iniziali del Parkinson, ma diventa molto più frequente negli stadi più avanzati); predispone ugualmente alla disfagia la gravità del quadro neurologico, sia riguardo allo stadio di malattia sia relativo alle continue fluttuazioni on-off e specialmente a rigidità e bradicinesia che in fase off sono molto più pronunciati.

Come si fa diagnosi di disfagia?

La diagnosi della disfagia è certamente clinica, avviene tramite l’osservazione ed il colloquio con paziente e familiari, dove curiosamente il problema viene spesso non riconosciuto nonostante domande dirette dell’operatore sanitario. Allora esistono dei questionari che il paziente potrà compilare da solo oppure somministrati dallo specialista. Un modo molto semplice ed efficace per scoprire un disturbo della deglutizione è il test del bicchiere di acqua che il paziente dovrà bere e che, in caso di disfagia, causerà tosse, rigurgito o perdita di acqua dalla bocca.

La Endoscopia esofagea a fibre ottiche, da: Labeit B. et al., Neurogastroenterol Motil., 2019

Per la conferma della diagnosi, e dopo aver escluso problematiche gastroesofagee (reflusso, tumori, stenosi, gastriti, ecc.) possiamo avvalerci della Endoscopia esofagea a fibra ottica (FEES) con cui si possono visualizzare le strutture faringee ed esofagee, l’Elettromiografia del muscolo cricofaringeo, parte principale dello sfintere esofageo superiore, e la Videofluorografia digitale (VFG), un’indagine radiologica con la quale si può seguire un bolo radioattivo nel suo tragitto fino allo stomaco ed individuare eventuali ritardi o blocchi.

Come già detto, le conseguenze della disfagia possono essere drammatiche, però, riconoscerla è importantissimo per poter intraprendere molte misure per ridurre i rischi e per trattarla, come vedremo nella prossima ed ultima parte, COLONNA DEL PARKINSON: LA DISFAGIA (3)

COLONNA DEL PARKINSON: LA DISFAGIA di Kai S. Paulus

tempio greco(due settimane fa, alla 18° Giornata Sassarese della Malattia di Parkinson, abbiamo parlato di uno dei sintomi più importanti e drammatici, la disfagia, insieme alla logopedista della ASL di Nuoro, dott.ssa Pina Frau, che ha suscitato grande interesse tra i presenti. Stamane, al V Congresso Polispecialistico della ASL di Sassari, si è parlato di nuovo della disfagia. Si inizia a parlarne di più grazie anche alle nuove tecniche di diagnosi e strategie terapeutiche. Vorrei pertanto riassumere la problematica di una deglutizione difficoltosa, la sua diagnosi, la sua terapia e, soprattutto, la sua possibile prevenzione. Un capitolo del Parkinson che merita una colonna del nostro Tempio, vedi LE SEI COLONNE DEL PARKINSON)

 

La Deglutizione:

Quando sono coinvolti 55 muscoli, innervati da 5 nervi cranici e due radici nervose cervicali, allora deve trattarsi per forza di un atto importantissimo: parliamo della deglutizione, meccanismo essenziale per la nostra nutrizione e la nostra salute in generale.

L’apparato complesso della deglutizione con la cavità orale, la faringe e l’esofago.

La deglutizione è essenziale per la nutrizione perché con essa viene trasferito il cibo assunto dalla bocca e trasformato tramite la masticazione in un impasto grossolanamente uniforme, il bolo.

Tutto sommato, molto semplice.

Ma la difficoltà sta nel fatto che il bolo deve attraversare una cavità posta sulla via respiratoria e quindi deve essere interrotto il flusso d’aria d’entrata, e per questo deve essere interrotta la respirazione. Roba mica da poco!

La deglutizione può essere divisa fondamentalmente in tre fasi: orale, faringea e esofagea.

La prima fase della deglutizione, la preparazione del bolo, è volontaria, le altre due fasi, quella faringea e quella esofagea, non sono soggette alla nostra volontà e quindi difficilmente influenzabili. Durante questa prima fase orale, e comunque sempre quando non si deve deglutire, lo sfintere esofageo superiore rimane chiuso per proteggere l’esofago (tubo muscolare che unisce la faringe allo stomaco) e per permettere il flusso d’aria attraverso la laringe dentro la trachea e quindi i polmoni.

Nella seconda fase (faringea), infatti, accade il momento più delicato: la lingua blocca posteriormente la cavità orale, il palato molle si alza e chiude la cavità nasale, mentre si abbassa l’epiglottide per chiudere la laringe permettendo in questo modo al bolo di giungere nell’esofago senza entrare nell’apparato respiratorio; subito dopo il palato molle si rialza, la lingua si abbassa e l’epiglottide si rialza, per permettere nuovamente la respirazione.

Alla fine (terza fase, esofagea), il bolo, giunto nell’esofago, viene spinto, un po’ grazie alla forza di gravità ma soprattutto attraverso la peristalsi (contrazione ondulatoria dall’alto verso il basso) fino allo stomaco chiudendo alle sue spalle il ‘cardias’, l’anello muscolare gastroesofageo, per evitare il reflusso; il palato molle si abbassa, l’epiglottide si alza, lo sfintere esofageo superiore chiude l’esofago, e la respirazione può riprendere.

Come abbiamo visto, la deglutizione è un meccanismo perfetto (ci avete mai fatto caso quando mangiate?). Ma cosa succede quando questo meraviglioso meccanismo si inceppa, si altera, e quando non garantisce più una corretta deglutizione, quando si presenta la disfagia?

Ne parliamo nella seconda parte, COLONNA DEL PARKINSON: LA DISFAGIA (2)

18° GIORNATA SASSARESE DELLA MALATTIA DI PARKINSON di Kai S. Paulus

Abbiamo superato il periodo di restrizioni sociosanitarie a causa della pandemia del covid-19 grazie al coro virtuale ed alla ginnastica in streaming, a tante videoconferenze con l’Università di Sassari e con associazioni Parkinson nazionali (vedi anche I parkinsoniani più; social; ai tempi del virus; dalla Nuova Sardegna del 29 aprile 2020).

La locandina dell’evento creata da Gian Paolo Frau

Ma ora era necessario di tornare in presenza con il nostro tradizionale appuntamento annuale e l’abbiamo fatto sabato scorso, 3 dicembre 2022, con la 18° edizione della Giornata Sassarese della malattia di Parkinson che vedeva la nostra Associazione Parkinson Sassari ODV e l’Ambulatorio dei Disordini del Movimento della ASL Sassari uniti all’Università degli Studi ed all’AOU di Sassari, per riferire sullo stato dell’arte della diagnosi e trattamento della malattia di Parkinson, e per presentare nuovi progetti scientifici da realizzare nei prossimi mesi.

Arrivando in Piazza Italia alle ore 8,00 ammirando, come sempre, il magnifico Palazzo della Provincia.

Nella sala Angioy del bellissimo Palazzo di Provincia che in passato ci aveva ospitato già più volte (vedi la memorabile , per la quale è stato coniato il nostro motto “Volare si può…”) la mattinata è stata iniziata con la consueta apertura del presidente della nostra Associazione Parkinson Sassari, questa volta rappresentata da una comprensibilmente emozionata Dora Corveddu,

La nostra presidente Dora Corveddu (con Gian Paolo Frau impegnato)

che nella sua introduzione ha ripercorso le tappe di un anno associativo 2022 intenso, ricordando le attività continue delle prove del coro con le esibizioni in occasione della Giornata Mondiale della Malattia di Alzheimer, ospite dell’AMAS, ed il fantastico concerto al Cineteatro Astra in Viale Cossiga, la visita della mostra itinerante a Nuoro “La malattia di Parkinson in Immagini” con le voci di Lella Costa e Claudio Bisio, fino al Beach Park, le divertenti discese al mare di Platamona durante l’estate rese possibili grazie alla donazione del minibus Mercedes a 9 posti, e per concludere la realizzazione del sogno della nostra Park Sassari: la consegna di un locale tutto nostro in via Ardara, dove all’inizio del nuovo anno si potranno svolgere tutte le attività riabilitative, ricreative e ludiche (vedi anche Relazione della Presidente al convegno sulla malattia di Parkinson SS 3 dicembre 2022).

La logopedista dott.ssa Pina Frau e Prof. Pier Andrea Serra

La parte scientifica è inizialmente moderata da prof. Pier Andrea Serra, Prorettore della terza missione dell’Università degli Studi di Sassari, nonché amico di lunga data della Park Sassari, che introduce i lavori rivolgendosi al pubblico in sala lodando il lavoro pluriennale della nostra associazione, che, specialmente con il sapiente utilizzo delle moderne tecnologie ed opportunità offerte dalla rete internet, si collocherebbe, secondo il docente universitario, all’apice delle comunità sociali essendo avanti anticipando le linee guida europee, ed esempio per le nuove generazioni che faticherebbero invece a fruttare al meglio le tecnologie per la loro crescita.

Allora Prof. Serra cede la parola alla prima relatrice, la logopedista dott.ssa Pina Frau (ASL Nuoro) che spiega i meccanismi della deglutizione, il suo malfunzionamento la disfagia, e le strategie per migliorare quell’importante disturbo e per evitare conseguenze drammatiche quali il soffocamento e la polmonite ab ingestis. Durante l’animata discussione la specialista accenna alla famosa manovra di Heimlich, che, eseguita da persone esperte può rappresentare un salvavita, ma attenendosi alle indicazioni di una adeguata alimentazione eviterebbe tale rischiosa manovra.

La presidente Dora Corveddu saluta il Sindaco di Sassari, Nanni Campus, insieme all’Assessora al Patrimonio del Comune di Sassari, Rosanna Arru

In prima fila seguono attentamente il convegno il Sindaco di Sassari dott. Nanni Campus e l’assessora al Patrimonio, dott.ssa Rosanna Arru, che a questo punto porgono, visibilmente toccati dalle tante emozioni, il loro saluto ai presenti.

Alcuni momenti dell’intervento del Sindaco di Sassari, Nanni Campus

Lo psichiatra dott. Paolo Milia

Prende, quindi, la parola lo psichiatra dott. Paolo Milia, nuovo ‘acquisto’ della ASL Sassari come responsabile del Servizio per le dipendenze patologiche, che guida i partecipanti attraverso un affascinante racconto, guarnito di tanti riferimenti alla mitologia greca ed alla storia della medicina, verso la difficile accettazione della malattia, e verso la non meno difficile comunicazione, sia tra familiari che tra medico e paziente.

Il nostro “Anton Park”

 

 

 

 

Nel mentre il nostro Coro “Volare si può” si sta preparando, chiede di poter parlare il nostro ‘fac totum’ Antonello Soro e racconta pubblicamente la sua storia drammatica, che da parkinsoniano giovane ha perso il lavoro a causa della malattia e comprensibilmente non poteva accettare il rapace infingardissimo, finché un giorno non si è fatto una chiacchierata con Dora Corveddu che lo ha convinto ad avvicinarsi alla nostra associazione. Da allora sarebbe rinato, ed ora, se gli viene qualche dubbio, parlerebbe con Dora, chiamerebbe ‘FrankSimula, oppure chiederebbe al dj Fabrizio Sanna una bella canzone. Una intensa testimonianza di accettazione e di vita.

(continua con 18° GIORNATA SASSARESE DELLA MALATTIA DI PARKINSON (2)

Impressioni dal convegno