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COLONNA DEL PARKINSON: LA DISFAGIA di Kai S. Paulus

tempio greco(due settimane fa, alla 18° Giornata Sassarese della Malattia di Parkinson, abbiamo parlato di uno dei sintomi più importanti e drammatici, la disfagia, insieme alla logopedista della ASL di Nuoro, dott.ssa Pina Frau, che ha suscitato grande interesse tra i presenti. Stamane, al V Congresso Polispecialistico della ASL di Sassari, si è parlato di nuovo della disfagia. Si inizia a parlarne di più grazie anche alle nuove tecniche di diagnosi e strategie terapeutiche. Vorrei pertanto riassumere la problematica di una deglutizione difficoltosa, la sua diagnosi, la sua terapia e, soprattutto, la sua possibile prevenzione. Un capitolo del Parkinson che merita una colonna del nostro Tempio, vedi LE SEI COLONNE DEL PARKINSON)

 

La Deglutizione:

Quando sono coinvolti 55 muscoli, innervati da 5 nervi cranici e due radici nervose cervicali, allora deve trattarsi per forza di un atto importantissimo: parliamo della deglutizione, meccanismo essenziale per la nostra nutrizione e la nostra salute in generale.

L’apparato complesso della deglutizione con la cavità orale, la faringe e l’esofago.

La deglutizione è essenziale per la nutrizione perché con essa viene trasferito il cibo assunto dalla bocca e trasformato tramite la masticazione in un impasto grossolanamente uniforme, il bolo.

Tutto sommato, molto semplice.

Ma la difficoltà sta nel fatto che il bolo deve attraversare una cavità posta sulla via respiratoria e quindi deve essere interrotto il flusso d’aria d’entrata, e per questo deve essere interrotta la respirazione. Roba mica da poco!

La deglutizione può essere divisa fondamentalmente in tre fasi: orale, faringea e esofagea.

La prima fase della deglutizione, la preparazione del bolo, è volontaria, le altre due fasi, quella faringea e quella esofagea, non sono soggette alla nostra volontà e quindi difficilmente influenzabili. Durante questa prima fase orale, e comunque sempre quando non si deve deglutire, lo sfintere esofageo superiore rimane chiuso per proteggere l’esofago (tubo muscolare che unisce la faringe allo stomaco) e per permettere il flusso d’aria attraverso la laringe dentro la trachea e quindi i polmoni.

Nella seconda fase (faringea), infatti, accade il momento più delicato: la lingua blocca posteriormente la cavità orale, il palato molle si alza e chiude la cavità nasale, mentre si abbassa l’epiglottide per chiudere la laringe permettendo in questo modo al bolo di giungere nell’esofago senza entrare nell’apparato respiratorio; subito dopo il palato molle si rialza, la lingua si abbassa e l’epiglottide si rialza, per permettere nuovamente la respirazione.

Alla fine (terza fase, esofagea), il bolo, giunto nell’esofago, viene spinto, un po’ grazie alla forza di gravità ma soprattutto attraverso la peristalsi (contrazione ondulatoria dall’alto verso il basso) fino allo stomaco chiudendo alle sue spalle il ‘cardias’, l’anello muscolare gastroesofageo, per evitare il reflusso; il palato molle si abbassa, l’epiglottide si alza, lo sfintere esofageo superiore chiude l’esofago, e la respirazione può riprendere.

Come abbiamo visto, la deglutizione è un meccanismo perfetto (ci avete mai fatto caso quando mangiate?). Ma cosa succede quando questo meraviglioso meccanismo si inceppa, si altera, e quando non garantisce più una corretta deglutizione, quando si presenta la disfagia?

Ne parliamo nella seconda parte, COLONNA DEL PARKINSON: LA DISFAGIA (2)

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