Volare si Può, Sognare si Deve!

Autore archivio: Kai Paulus

L’INVENZIONE DEL SONNO di Kai S. Paulus

(Pillola n. 50)

 

C’era, una volta …

… tanto tempo fa, più o meno 200-180 milioni di anni fa, quando la terra fu dominata da rettili grandi e piccoli e dinosauri.

Siamo a fine Giurassico ed alle soglie del Cretacico, quando i piccoli rettili, se non volevano essere sopraffatti dagli animali più grandi, dovettero trovare una soluzione per non estinguersi. E l’evoluzione venne loro incontro modificando i loro occhi, per permettere la visione notturna, e la loro termoregolazione, per resistere alle temperature più fredde notturne. Attrezzati in questo modo, i piccoli rettili potevano modificare i loro ritmi vitali e, vivendo di notte, sottrarsi ai predatori. Con il cambio della termoregolazione da esterna (ricavando calore dai raggi solari) ad interna (producendo calore tramite il proprio metabolismo), questi rettili si trasformarono gradualmente in mammiferi.

Quando alla fine del Cretacico gli esseri viventi di grosso calibro si estinsero, i neo-mammiferi non ebbero più bisogno della vita notturna e potevano nuovamente popolare la vita diurna.

Poi, nel Plateocene, i mammiferi iniziarono a dominare la terra per prenderne possesso fino ai tempi nostri.

Nasce una domanda spontanea: “ma cosa facevano questi primitivi mammiferi in questo immenso periodo di oltre 180 milioni di anni?

Risposta: “inventarono il sonno!

Sappiamo che ogni azione costa energia, e tutti gli esseri viventi sono soggetti a questa legge; e pertanto, dopo la caccia oppure la fuga, gli animali devono riposarsi per recuperare e risparmiare energie. I rettili si riposano durante il freddo della notte diventando immobili seppur svegli, mentre i mammiferi, producendo calore all’interno del loro corpo, non si fermano automaticamente quando fa fresco, ma si addormentano quando si sono affaticati. L’evoluzione ha regalato ai mammiferi il dono del sonno, durante il quale riposano, rigenerano e recuperano le energie, il che avviene ciclicamente, attraverso il ritmo circadiano determinato dall’alternarsi di luce e buio.

L’evoluzione ha messo 180 milioni di anni per creare il sonno. Un motivo ci sarà.

Il sonno ci ha garantito la sopravvivenza.

Meditate, gente, meditate.”

 

Fonti bibliografiche:

Rattenborg NC, Ungurean G. The evolution and diversification of sleep. Trends in Ecology and Evolution, 2023; 38(2): 156-170.

Rial RV, Akaarir M, Canellas F, Barvelò P, Rubino JA, Martìn-Reina A, Gamundì A, Nicolau MC. Mammalian NREM and REM sleep: why, when and how. Neuroscience and Biobehavioral Reviews, 2023; 146: 105041.

Rial RV, Canellas F, Akaarir M, Rubino JA, Barcelò P, Martìn A, Gamundì A, Nicolau MC. The Birth of the Mammalian Sleep. Biology, 2022; 11:734. https://doi.org/10.3390/biology11050734.

CONOSCERE “SU NEMIGU” di Kai S. Paulus

tempio greco

(Il Tempio Greco: La Rampa)

 

[All’inizio del nostro Progetto “Il Tempio Greco” abbiamo parlato dell’accettazione della malattia come prerogativa necessaria per poter comprendere e affrontare le tante problematiche del Parkinson, e quindi l’accettazione rappresenta le fondamenta del nostro Tempio (vedi “ CREPIDOMA: ACCETTAZIONE DELLA MALATTIA“ e “ STILOBATE: ACCETTAZIONE DELLA MALATTIA 2“). E pertanto riprendiamo la costruzione del Tempio anteponendo il capitolo della conoscenza, una specie di Rampa d’accesso al nostro Tempio, perché ritengo che, se conosco il mio avversario, lo temo di meno e quindi potrò contrastarlo meglio]

 

Ieri pomeriggio ci siamo incontrati nella nostra Casa Park in via Ardara a Sassari per il primo di una serie di appuntamenti di un nuovo progetto, quello di conoscere meglio la malattia di Parkinson, quel rapace infingardo, su nemigu.

In questo primo incontro abbiamo affrontato la storia, e cioè di come James Parkinson ha raccolto le sue osservazioni in un libretto “The shaking palsy” (La paralisi agitante, 1817) dando il via a “la malattia di Parkinson”, che poi non fu neanche lui a coniare questo termine, ma lo scienziato francese Jean-Martin Charcot che si riferiva, circa 40 anni dopo la pubblicazione de ‘La paralisi agitante’, alla malattia “di quel Parkinson” in una delle sue lezioni su persone rallentate e con tremore.

Ci siamo quindi occupati del quadro clinico ed abbiamo appreso che i sintomi e segni del Parkinson possono essere distinti in

1) segni motori, che sono quelli classici, come il tremore, il rallentamento motorio e la rigidità muscolare che generalmente rispondono alla terapia anti-Parkinson dopaminergica,

 

 

2) segni non motori, quali l’insonnia, i dolori e la depressione, che necessitano di farmaci specifici,

3) i sintomi psichiatrici (disinibizione, compulsioni, ossessioni, ecc.) che ovviamente vanno trattati separatamente ma anche con l’ottimizzazione della terapia farmacologica, ed infine

4) le complicazioni farmacologiche, causate proprio dagli stessi farmaci, che servono per far star meglio la persona ammalata, ma che possono provocare degli effetti spiacevoli e che rendono la gestione globale ulteriormente difficile.

Successivamente abbiamo affrontato i segni prodromici, cioè i sintomi che possono precedere per molti anni l’esordio vero e proprio del Parkinson, e che oggi rivestono enorme importanza perché possono aiutare a fare diagnosi preclinica, a intraprendere dei percorsi preventivi che, anche se non possono evitare la malattia, possono comunque ritardarla e magari rendere il suo decorso meno grave.

La cura di tali prodromi, quando presenti durante il Parkinson, è invece importante, per la sua gestione globale e per mantenere sufficienti autonomie e qualità di vita.

E’ importante sottolineare, che la presenza di uno di questi segni non è assolutamente indicativo per un Parkinson, e che, per esempio, la riduzione dell’olfatto è dovuta verosimilmente ad un raffreddore oppure ad una patologia otorinolaringoiatrica; oppure, la stitichezza può essere ricondotto ad una alimentazione non equilibrata; o ancora, si può essere tristi per una perdita o una delusione. Ovviamente in questi casi non pensiamo minimamente ad una malattia neurodegenerativa. Invece, i prodromi che potrebbero farci pensare ad un Parkinson sono quelli che si presentano per lunghi tempi, anche molti anni, ed apparentemente senza cause note.

Vorrei ringraziare il nostro ‘webmaster’ Gian Paolo Frau ed il nostro ‘fac totum’ Antonello Soro, senza i quali non saremo riusciti a tenere questa impegnativa lezione nella nostra bellissima nuova sede.

 

La prossima volta ci occuperemo delle cause di Parkinson, dove esattamente inizia nel nostro corpo, ed anche del perché. Ne vedremo delle belle!

 

Progetto “Il Tempio Greco – Le Sei Colonne del Parkinson”.

Sinora pubblicati: (cliccare sul titolo celeste per visualizzare l’articolo)

LE SEI COLONNE DEL PARKINSON

TEMPIO GRECO: CAMBIAMENTO PROGETTO

CREPIDOMA: ACCETTAZIONE DELLA MALATTIA

STILOBATE: ACCETTAZIONE DELLA MALATTIA 2

COLONNA DEL PARKINSON: I FARMACI

COLONNA DEL PARKINSON: TERAPIE AVANZATE

COLONNA DEL PARKINSON: LA RIABILITAZIONE

LA RIABILITAZIONE NEL TEMPIO DEL PARKINSON di Pinuccia Sanna

RIABILITAZIONE E DANZA di Annalisa Mambrini

COLONNA DEL PARKINSON: LA DISFAGIA

COLONNA DEL PARKINSON: LA DISFAGIA (2)

COLONNA DEL PARKINSON: LA DISFAGIA (3)

COLONNA DEL PARKINSON: INTERFACCIA CERVELLO – COMPUTER

COLONNA DEL PARKINSON: INTERFACCIA CERVELLO – COMPUTER (2)

 

ARTE TERAPIA E PARKINSON di Kai S. Paulus

(Pillola n. 49)

Le terapie complementari, o alternative, vengono sempre più frequentemente utilizzate nella gestione globale della malattia di Parkinson, che notoriamente è una patologia complessa e multisistemica dove trattamenti farmacologici e riabilitazione tradizionale spesso non riescono a portare a risultati soddisfacenti.

“King’s Bench Prison” Dipinto di Augustus Pugin e Thomas Rowlandson (Londra 1807-11)

Le arti terapie si sono rivelate particolarmente efficaci nel trattamento del Parkinson perché:

  • coinvolgono contemporaneamente il sistema motorio, quello sensitivo, i domini mnesico-cognitivi e l’elaborazione visuo-spaziale,
  • comportano un miglioramento dell’integrazione sensitivo-motoria, della coordinazione occhio-mano, della memoria, dell’espressione individuale, dell’autostima, e della socializzazione,
  • stimolano creatività (crescita, flessibilità e sperimentazione), curiosità (voglia di conoscere) motivazione e divertimento,
  • e promuovono pertanto un ampio benessere bio-psico-sociale.

Le arti terapie attivano tante reti cerebrali e la neuroplasticità, cioè la capacità del cervello ad adattarsi, a riparare ed a crescere (!)

Questi trattamenti complementari aumentano le capacità motorie, migliorano l’umore, e riducono dolori, stress ed ansia, con conseguente miglioramento dello stato generale di salute e della qualità di vita.

Molte volte abbiamo parlato in questo sito delle arti terapie, quali musica, ballo, canto, poesie e teatro, che stiamo continuamente o periodicamente praticando nella nostra Associazione Parkinson Sassari.

Recentemente, tra le tante opzioni terapeutiche della malattia di Parkinson sta prendendo sempre più piede l’arte figurativa, il disegno e la pittura.

Ma di questo parleremo un’altra volta…

 

Fonti bibliografiche:

Cucca A, Di Rocco A, Acosta I, Beheshti M, Berberian M, Bertisch HC, Droby A, Ettinger T, Hudson TE, Inglese M, Jung YJ, Mania DF, Quartarone A, Rizzo JR, Sharma K, Feigin A, Biagioni MC, Ghilardi MF.  Art therapy for Parkinson’s disease. Parkinsonism and Related Disorders, 2021; 84: 148-154.

Ettinger T, Berberian M, Acosta I, Cucca A, Feigin A, Genovese D, Pollen T, Rieders J, Kilachand R, Gomez C, Kaimal G, Biagioni M, Di Rocco A, Ghilardi FM, Rizzo JR. Art therapy as a comprehensive complementary treatment for Parkinson’s disease. Front Hum Neurosci, 2023; 17: 1110531. doi: 10.3389/fnhum.2023.1110531.

Ganter-Argast C, Junne F, Seifert K. Kunsttherapie. Nervenarzt, 2022; 93: 953-970.

PARKINSON – DISPOSITIVI INDOSSABILI di Kai S. Paulus

Oltre il 50% delle persone affette da malattia di Parkinson hanno grosse difficoltà a farsi seguire da uno specialista dei disordini del movimento, perché ce ne sono pochi, e questo crea diversi problemi nella corretta terapia e gestione globale della malattia.

Per ovviare a questo problema da alcuni anni si cerca di sviluppare dei dispositivi elettronici che possono registrare in ogni momento le più variate difficoltà motorie delle persone che a distanza possono essere lette da uno specialista che può eventualmente modificare e adattare la terapia, evitando prenotazioni di visite ambulatoriali.

Con delle specifiche apps di smartphone (applicazioni di cellulari), con sensori che si possono facilmente indossare come orologi, si possono monitorare le performance motorie delle persone in ogni momento della giornata, il che rappresenta un modo obiettivo di riprodurre il quadro neurologico in un dato periodo. Già esistono sul mercato degli “smartband” (cellulari a braccialetto) che misurano tanti parametri vitali, quali frequenza cardiaca e pressione sanguigna, il consumo energetico ed il sonno notturno. Ora arrivano invece strumenti specifici per la malattia di Parkinson.

Oltre ai momenti di fine dose della terapia, i blocchi motori ed il freezing, con queste applicazioni si possono anche tenere sotto controllo l’alimentazione, molto importante per garantire il sufficiente apporto energetico evitando malnutrizione e peggioramento della malattia neurologica.

In seguito alla pandemia del covid-19, la telemedicina si è molto diffusa tramite telefonate, posta elettronica e videochiamate. Ora con le innovative applicazioni per cellulari si aggiunge un altro tassello che permette una sempre migliore ed efficiente gestione della persona a distanza e una migliore ed obiettiva comunicazione tra medico e paziente.

La telemedicina non sostituisce la visita in presenza, a mio avviso essenziale per creare un rapporto umano di conoscenza, collaborazione e fiducia tra le parti, però la telemedicina aiuterà tanto, specialmente quando non ci sono disponibilità per una visita, oppure impossibilitati ad avvicinarsi per vari motivi.

Buon Ferragosto a tutti voi.

 

Fonti biografiche:

Antonini A, Reichmann H, Gentile G, Garon M, Tedesco C, Frank A, Falkenburger B, Konitsiotis S, Tsarmis K, Rigas G, Kostikis N, Ntanis A, Pattichis C. Toward objective monitoring of Parkinson’s disease motor symptoms using a wearable device: wearability and performance evaluation of PDMonitor®. Frontiers of Neurology, 2023; 14:1080752. doi: 10.3389/fneur.2023.1080752.

Reichmann H, Klingelhoefer L, Bendig J. The use of wearables for the diagnosis and treatment of Parkinson’s disease. Journal of Neural Transmission, 2023; 130: 783-791

Wang H, Hu B, Chen L, Yuan M, Tian X, Shi T, Zhao J, Huang W. Predicting the fatigue in Parkinson’s disease using inertial sensor gait data and clinical characteristics. Frontiers of Neurology, 2023; 4:1172320. doi: 10.3389/fneur.2023.1172320.

PARKINSON – SALUTE ORALE di Kai S. Paulus

(Pillola n. 47)

Ho letto uno studio molto interessante, appena pubblicato da un gruppo di ricercatori olandesi, che riguarda una tematica molto frequente, ma della quale quasi non si parla mai: la salute e l’igiene orale nella malattia di Parkinson.

Nella malattia di Parkinson si riscontrano spesso alterazioni nel cavo orale che riguardano la mucosa, le gengive ed i denti, e queste alterazioni sono causati direttamente dalla malattia, ma spesso anche dovuti, o comunque accentuati, dalla terapia dopaminergica orale.

Conosciamo bene sintomi, quali eccesso di saliva (scialorrea) e secchezza della bocca (xerostomia) che spesso accompagnano il rapace infingardo.

E frequentemente possiamo riscontrare anche bruciore di bocca (stomatopirosi), parodontite, carie, e dolore all’articolazione temporomandibolare per contratture, tremore e malocclusioni.

Tutti questi problemi si manifestano più frequentemente nelle persone con Parkinson rispetto alla popolazione generale, e pare che peggiorino con la durata e la gravità della patologia.

Gli scienziati olandesi sostengono che nella malattia di Parkinson, a causa dei sintomi motori (rigidità, lentezza, tremore, dolore) ci si spazzoli meno correttamente i denti, ma anche le difficoltà deglutitorie (disfagia), la scialorrea e la xerostomia possono portare ad alterazioni della mucosa orale (il microbiota orale) e favorire la flora batterica su gengive e denti.

Invece, non si sono riscontrati differenze, tra persone parkinsoniane e popolazione generale, per quanto riguarda la perdita dei denti e numero di protesi.

Una precaria salute orale può aggravare lo stato generale parkinsoniano, portare ad ulteriore disagio e sofferenza, ed anche a denutrizione e perdita di peso.

Pertanto, concludono i ricercatori olandesi, l’igiene orale riveste primaria importanza nella gestione globale della malattia di Parkinson ed una buona salute orale può contribuire a modulare il decorso della malattia.

 

Fonti biografiche:

Verhoeff MC, Eikenboom D, Koutris M, de Vries R, Berendse HW, van Dijk KD, Lobbezoo F. Parkinson’s disease and oral health: a systematic review. Archives of Oral Biology, 2023; 151: 105712.

PARKINSON E VIBRAZIONI di Kai S. Paulus

(Pillola n. 46)

C’è da diventare matti.

Con tutta la mole di cure farmacologiche e invasive non si riesce proprio a debellare uno dei problemi principali della malattia di Parkinson: l’instabilità posturale. Nonostante i migliori protocolli terapeutici non c’è niente da fare, blocchi motori, freezing e cadute godono purtroppo di ottima salute, in perfetto stile del nostro ‘rapace infingardo’ (mai sopra nominazione era più azzeccata come in questo contesto. Grazie G.B.).

Ma iniziamo dal principio:

Illustrazione del sistema nervoso di Lattes “Il sistema nervoso”.

 

Ogni nostro movimento è dettato dalla collaborazione del cervello (l’ideatore), dei nervi (il sistema collegatore), e dei muscoli (l’organo effettore), un sistema perfetto che ci permette la stazione eretta e gli spostamenti nello spazio che ci circonda. Stiamo parlando di una catena di comando dall’alto in basso.

Ma, affinché possa funzionare il sistema locomotorio (cervello-nervi-apparato muscoloscheletrico), non basta il movimento muscolare comandato dal cervello attraverso le vie nervose motorie, ci vuole un ritorno dal basso verso l’alto: è essenziale che la periferia del nostro corpo (mani, piedi, ecc.) informi in ogni istante il centro di comando (il cervello) sul movimento eseguito con continui feedback attuati mediante le vie nervose sensitive, cioè vie di comunicazione che dalla periferia tornano al cervello.

 

E pertanto, l’efficiente controllo posturale che permette un buon equilibrio ed una marcia senza problemi, è dato dalla perfetta interazione ed integrazione dei sistemi che promuovono e modulano l’azione muscolare ed i sistemi somatosensoriali periferici con i quali il cervello viene informato sul movimento eseguito e sulla esatta posizione del corpo nello spazio.

Noi stiamo in piedi perché il nostro cervello elabora informazioni provenienti dall’ambiente esterno e dalla periferia del nostro corpo; informazioni visive, uditive, vestibolari e somatosensitive permettono di sondare e di correggere in ogni secondo l’azione muscolare, e di reagire nel modo più utile agli stimoli esterni, con il fine ultimo di adattare continuamente la posizione del nostro corpo prevenendo le cadute.

Chiudete gli occhi, da seduti oppure sdraiati, e cercate di capire dove si trovano esattamente le vostre braccia e le vostre gambe; dopo un po’ ce la fate, proprio grazie ai vostri sensi che, attraverso i nervi sensitivi, informano il vostro cervello sulla vostra posizione. Si dovrebbe fare più spesso per conoscere meglio il proprio corpo. Attenzione però, questo esperimento ha un effetto collaterale: è molto rilassante ed ansiolitico.

Questi sintomi tendono a peggiorare con la progressione della malattia, mettendo la persona a rischi sempre maggiori e riducendo continuamente le proprie autonomie e la qualità di vita. Inizialmente l’instabilità posturale può essere gestita con i farmaci; ma con il tempo, i sintomi peggiorano, i farmaci creano loro stessi complicazioni e le fluttuazioni tra efficacia della singola dose (fase “on”) con miglioramento sintomatico, ed effetto fine dose (fase “off”) con accentuazione di rigidità, rallentamento, tremore, difficoltà nei movimenti, dolori ed ansia, che rendono la giornata sempre più difficile e sofferente.

Tra le tante strategie riabilitative, esiste una cosiddetta stimolazione vibratoria-tattile che viene utilizzata proprio per ridurre i blocchi motori e per migliorare l’equilibrio e la camminata. Negli ultimi anni si è osservato che le vibrazioni, applicate meccanicamente ad una parte del corpo, principalmente agli arti inferiori, riescono a migliorare la sensibilità propriocettiva, cioè la capacità di riconosce la propria posizione nello spazio; ma le vibrazioni riescono anche a sbloccare le contratture prolungate, ed a ricalibrare il sistema sensitivo motorio, periferico e centrale, con un miglioramento dell’equilibrio e riduzione delle cadute.

Attualmente esistono diverse apparecchiature, molto costose e non rimborsabili, che aiutano in questo senso, ma si studiano ancora gli effetti a lungo termine ed un loro eventuale contributo ad una auspicabile modulazione del decorso del Parkinson, meno neurodegenerativo.

Stiamo a vedere.

Fonti bibliografiche:

Brognara L, Navarro-Flores E, Iachemet L, Serra-Català N, Cali O. Beneficial effect of foot plantar stimulation in gait parameters in individuals with Parkinson’s disease. Brain Sciences, 2020; 10(69): doi:10.3390/brainsci10020069

Fujikawa J, Morigaki R, Yamamoto N, Oda T, Nakanishi H, Izumi Y, Takagi Y. Therapeutic devices for motor symptoms in Parkinson’s disease: current progress and a systematic review of recent randomized controlled trials. Frontiers in Aging Neuroscience, 2022; 14:807909. doi: 10.3389/fnagi.2022.807909.

Galli M, Vicidomini C, Rozin Kleiner AF, Vacca L, Cimolin V, Condoluci C, Stocchi F, De Pandis MF. Peripheral neurostimulation breaks the shuffling steps patterns in Parkinsonian gait: a double blind randomized longitudinal study with automated mechanical peripheral stimulation. European Journal of Physical Rehabilitation Medicine, 2018; 54(6): 860-865.

Rigoni I, Degano G, Hassan M, Fratini A. Sensorimotor recalibration of postural control strategies occurs after whole body vibration. Scientific Reports, 2023; 13: 522-535.

Zelada-Astudillo N, Moreno VC, Herrera-Santelices A, Barbieri FA, Zamunèr AR. Effect of the combination of automated peripheral mechanical stimulation and physical exercise on aerobic functional capacity and cardiac autonomic control in patients with Parkinson’s disease: a randomize clinical trial protocol. Trials, 2021; 22(1): 250. doi: 10.1186/s13063-021-05177-w.

PARKINSON ESTIVO: CAPOGIRI E VERTIGINI di Kai S. Paulus

(Pillola n. 45)

L’estate rovente picchia duro, le temperature impennano, la pressione arteriosa precipita.

 

 

 

Ci risiamo, capogiri e sensazione di svenire sono all’ordine del giorno. Ciò vale per tutta la popolazione, giovani e, soprattutto, meno giovani. Caronte non perdona.

E se ci si mette di mezzo anche il rapace infingardo, allora aiutoooo!

Le vertigini rappresentano diverse situazioni sgradevoli: una strana sensazione di girarsi sul posto (vertigini soggettive) o di vedere il mondo girarsi (vertigini oggettive), oppure di sentirsi instabili come su una nave con mare mosso, sensazioni che partono lievi per peggiorare fino a sentirsi mancare. Questa sensazione è molto comune nelle persone affette da malattia di Parkinson che ne riguarda un 48-68%. A parte la sensazione sgradevole, le vertigini rappresentano un elevato rischio di cadute, aumentano i disagi e disabilità provocati dal Parkinson e riducono la qualità di vita delle persone che ne sono affette.

Le cause sono principalmente, 1) una riduzione della pressione arteriosa, come l’ipotensione ortostatica, cioè la riduzione della pressione quando si sta in piedi, 2) possibili effetti collaterali dei farmaci, 3) problemi vestibolari, cioè del nostro centro dell’equilibrio, l’orecchio interno, oppure 4) patologie ortopediche della colonna cervicale. Nella malattia di Parkinson riscontriamo in particolare una riduzione della pressione arteriosa dovuta alla malattia stessa, ma particolarmente accentuata dalla terapia, dai farmaci, che purtroppo bisogna assumere per potersi muovere e per tremare di meno.

Spesso le vertigini sono già disabilitanti di per sé, ma accentuano anche i sintomi parkinsoniani, in particolare le difficoltà di equilibrio e l’instabilità posturale.

Mentre durante l’anno si riesce ad abituarsi agli effetti della terapia, con l’attuale caldo del anticiclone Caronte, che provoca una maggiore vasodilatazione con riduzione della pressione arteriosa, la situazione precipita e può causa problemi seri.

Allora, cosa fare?

In accordo con il medico si può modificare la terapia rendendola meno pesante per i mesi estivi.

E poi?

Bere, bere, bere!

L’acqua tira su la pressione. Il problema è che spesso non si sente l’esigenza di bere, perché con l’età diminuisce lo stimolo della sete, specialmente nel Parkinson.

Allora bisogna bere lo stesso, anche se non abbiamo sete. Mica prendiamo le pastiglie perché abbiamo fame, le assumiamo perché sono la nostra terapia; la stessa cosa vale per l’acqua, la dobbiamo bere anche se non abbiamo sete, perché l’acqua diventa la nostra terapia e quindi la dobbiamo bere per forza, magari a piccoli sorsi ma continuamente.

Fonti bibliografiche:

Fancello V, Hatzopoulos S, Santopietro G, Fancello G, Palma S, Skarzynski PH, Bianchini C, Ciorba A. Vertigo in the Elderly: a systematic literature review. Journal of Clinical Medicine. 2023, 12; 2182. https://doi.org/10.3390/jcm12062182.

Kwon KY, Park S, Lee EJ, Lee M, Ju H. Impact of subjective dizziness on motor and non-motor symptoms in patients with early stages of Parkinson’s disease. Journal of Integrative Neuroscience, 2022; 21(1): 1-6

 

Kwon KY, You J, Kim RO, Lee EJ. Association of dizziness-related handicap or disabilitry with clinical feature
in patients with early Parkinson’s disease. Journal of Integrative Neuroscience, 2023; 22(3): 68-74.

DA NON CREDERE: TERZA NOVITA’ PER LA SLA IN UN ANNO di Kai S. Paulus

(Pillola n. 44)

Non ci siamo ancora ripresa dalla epocale novità del farmaco monoclonale “Tofersen” uscito l’estate scorsa (vedi “ SLA: FINALMENTE UN NUOVO FARMACO “) ed ancora non riusciamo a comprendere la novità di poche settimane fa (vedi “ VECCHIO FARMACO ANTI-PARKINSON EFFICACE CONTRO LA SLA? “), ecco che spunta già un terzo importante farmaco per la sclerosi laterale amiotrofica, SLA, gravissima malattia neurodegenerativa notoriamente senza speranza.

Da anni esisteva unicamente una sostanza, il Riluzolo, che mitigava l’effetto neurotossico del glutammato, e che in alcune persone ammalate può aumentare la sopravvivenza di alcuni mesi.

Tofersen rappresenta la prima novità anticorpale nella SLA, ma può essere d’aiuto solo in una variante quella con la mutazione genetica della superossido-dismutasi, SOD1.

Poche settimane fa abbiamo appreso che un vecchio farmaco anti-Parkinson, il Ropinirolo, può avere un effetto benefico nella SLA, specialmente sulla degenerazione cellulare.

Ed ora arriva Masitinib, un farmaco della classe degli inibitori delle tirosinchinasi che bloccano i processi biochimici interessati nel processo infiammatorio e nelle risposte immunitarie; tant’è che il farmaco viene impiegato in oncologia veterinaria ed è in fase di studio per la cura della sclerosi multipla. Curioso il fatto che Masitinib, già in sperimentazione da molti anni, è stata rifiutata inizialmente dall’Agenzia Europea del Farmaco per la cura della SLA nel 2018.

Forte quindi dei promettenti risultati degli studi del gruppo di ricercatori iraniani capitanati da Fereshteh Azedi, Masitinib torna prepotentemente alla ribalta questo farmaco, e forse questa voltaci siamo, perché in uno stadio avanzato di ricerca (fase 2b/3) Masitinib in associazione a Riluzolo è stato in grado di prolungare la sopravvivenza delle persone ammalate di oltre due anni, risultato che ancora nessun altro farmaco utilizzato nella SLA può vantare. Precedentemente, questi clamorosi risultati sono stati presentati al congresso annuale della Accademia Americana di Neurologia nell’aprile 2023 dal docente universitario tedesco Prof. Albert C. Ludolph.

Sono veramente felice per le persone affette da SLA, e sono molto fiducioso, perché proprio in questi mesi ci troviamo in mezzo ad una rivoluzione della terapia delle malattie neurodegenerative e che prestissimo riguarderà anche la malattia di Parkinson.

 

Fonte bibliografica:

Ketabforoush AHME, Chegini R, Barati S, Tahmasebi F, Moghisseh B, Joghataei MT, Faghihi F, Azedi F. Masitinib: the promising actor in the next season of the Amyotrophic Lateral Sclerosis treatment series. Biomedicine & Pharmacotherapy, 2023; 160: 114378.

 

PUGILATO E PARKINSON di Kai S. Paulus

 

 

(Pillola n. 43)

 

Boxe, un gancio destro al Parkinson” (Inbodyitalia.it, 2022), “Il Parkinson va KO con gli allenamenti di boxe” (Il Messaggero, 11 marzo 2021), “Parkinson, una palestra per prendere a pugni la malattia” (Quotidianosanità.it, 24 ottobre 2013), ”Un gancio al Parkinson, la boxe per lottare contro questa malattia” (mediaset.it, 8 giugno 2021), “Prendiamo a pugni il Parkinson sul ring” (ilfattoquotidiano.it, 3 febbraio 2019), “Il Parkinson si batte anche con la boxe” (tuttosport.it, 2 luglio 2022), “La boxe come medicina” (zonamistamagazine.it, 14 febbraio 2023), “Boxe e Parkinson: il pugilato rallenta la malattia” (gazzetta.it, 10 maggio 2023)

Con questo entusiasmo tante testate giornalistiche italiane salutano la possibilità di praticare il pugilato come fisioterapia e riabilitazione per contrastare la malattia di Parkinson.

Allora, la domanda nasce spontanea: perché non lo facciamo anche noi?

 

Nel 2011 compare la prima pubblicazione scientifica sui benefici del pugilato nella malattia di Parkinson

Uno sguardo ad importanti pubblicazioni scientifiche conferma il beneficio del pugilato su equilibrio, deambulazione e qualità di vita. Ovviamente il pugilato in riabilitazione è inteso come allenamento, e non la gara vera e propria.

L’allenamento del pugilato comprende esercizi di coordinazione, capacità aerobica, agilità, potenziamento e tonicità muscolare, stretching, equilibrio statico-dinamico, miglioramento di riflessi posturale e d’azione, concentrazione, e tanto altro.

Il pugilato è uno sport molto fisico e la gara vince chi, oltre l’astuzia, possiede maggiore potenza muscolare.

In un recente studio si esplorano ulteriori benefici aggiungendo anche il Kick boxing, ovvero l’utilizzo anche dei piedi per colpire la sacca. Questa tecnica rende molto più complessi gli esercizi, ma con modesti risultati. Non bisogna esagerare.

Nella riabilitazione ovviamente non si arriva a tanto e gli obiettivi sono diversi, non si deve prevalere e non bisogna vincere alcuna gara (se non quella contro “Cassius” Parkinson). E non è richiesta neanche tanta fatica, ma stanno in primo piano gli esercizi di stretching, di equilibrio e di coordinazione, e si migliorano, agilità, postura, camminata, e soprattutto qualità di vita.

Noi, Associazione Parkinson Sassari, da sempre affrontiamo le varie discipline riabilitative con uno spirito collettivo e ludico, e pertanto, per chi se la sente e per chi vuole provare, l’obiettivo principale sarà anche qui il divertimento, che, come sappiamo, è dopamina pura.

Allora, che dite, vogliamo provare?

E’ ufficiale: il pugilato nella riabilitazione del Parkinson da grandi soddisfazioni e migliora la qualità di vita.

Fonti bibliografiche:

Combs SA, Diehl MD, Staples WH, Conn L, Davies K, Lewis N, Schaneman. Boxing training for patients with Parkinson’s Disease: a case series. Physical Therapy, 2011; 91(1): 132-142.

Domingos J, De Lima ALS, Steenbakkers-van der Pol T, Godinho C, Bloem BR, de Vries NM. Boxing with and without kicking techniques for people with Parkinson’s disease: an explorative pilot randomized controlled trial. Journal of Parkinson’s Disease, 2022; 12: 2585-2593.

Larson D, Yeh C, Rafferty M, Bega D. High satisfaction and improved quality of life with Rock Steady Boxing in Parkinson’s disease: results of a large-scale survey. Disability and Rehabilitation, 2022; 44(20): 6034-6041.

 

ANSIA E PARKINSON di Kai S. Paulus

(Pillola n. 42)

Nel capitolo precedente abbiamo conosciuto i vari aspetti dell’ansia (vedi “ ANSIA ”), ed ora andiamo a vedere come si presenta l’ansia nella malattia di Parkinson e come possiamo gestirla.

Nella malattia di Parkinson l’ansia è piuttosto frequente e le sue cause sono molteplici e dobbiamo distinguere le sue diverse forme:

  1. CAUSE COMUNI:
  • la comprensibile preoccupazione della propria condizione di salute, e dell’avvenire
  • le preoccupazioni familiari, la paura di rappresentare un peso
  • le paure sociali, non voler essere riconosciuti come ammalati
  1. ANSIE SPECIFICHE:
  • il disagio motorio
  • la disabilità
  • la paura del prossimo blocco motorio
  • la preoccupazione di non essere autonomi
  • l’ansia che accompagna la riduzione del tono dell’umore
  • la scarsa fiducia nelle cure
  1. ANSIE INTRINSECHE ALLA CARENZA DI DOPAMINA:
  • l’ansia che aumenta nelle fasi off, e quando il farmaco perde efficacia
  • ansia/agitazione che accompagnano le discinesie da eccesso di farmaco
  • il circolo vizioso: l’ansia che alimenta il tremore ed il freezing che a loro volta aumentano l’ansia

 

Allora, cosa possiamo fare per controllare l’ansia oppure, ancora meglio, cosa possiamo fare per non cadere nella sua trappola?

La terapia medica dell’ansia è costituita da ansiolitici, antidepressivi, e terapia cognitivo comportamentale includente realtà virtuale ed applicazioni digitali sanitarie (non ancora diffuse in Sardegna).

In realtà, è difficile evitare l’ansia, perché, come avevamo detto nel capitolo precedente, l’ansia è un meccanismo di sopravvivenza; ma certamente possiamo, e dobbiamo, imparare a controllarla; a parte i farmaci ed i consigli dei medici e psicologi, possiamo affrontare la problematica in tanti modi:

Per iniziare, dobbiamo documentarci sulla propria malattia e conoscere le cause del nostro malessere, individuare le nostre paure e preoccupazioni, parlarne con i familiari, medici ed eventualmente psicologi; solo in questo modo potremo affrontarle efficacemente.

Poi, possiamo agire in tanto modi, in base alle nostre capacità ed inclinazioni: in particolare dobbiamo fare di tutto per rilassarci: cercare di distrarci con passeggiate, giocare a carte, giochi di società, guardare un film rilassante o un documentario, leggere un bel libro, stare con altre persone e frequentare associazioni, avere degli obiettivi, essere attivi nel volontariato, fare sport oppure ginnastica, e tanto altro. Nonostante le disabilità dobbiamo comunque cercare di renderci utili nella vita quotidiana, aiutando in casa, fare commissioni, essere disponibili all’ascolto di terzi. Yoga, pilates, ed altre tecniche di rilassamento.

Anche persone con disabilità medio-gravi possono lavorare su se stesse per vincere i loro disagi psichici, ed addirittura in internet si trovano tanti tutorial per attività da seduti ed allettati; perfino alle persone tetraplegiche oppure con SLA in stadio avanzato vengono offerte degli svaghi e giochi tramite dei comunicatori e computer a comandi oculari.

Ed infine: dormire bene, e se ci sono difficoltà a riguardo, consultare le regole dell’igiene del sonno (vedi ” IGIENE DEL SONNO 2.0 “).

Forse non riusciremo pienamente a vincere sempre l’ansia, ma sicuramente possiamo imparare a controllare l’ansia, lo stress e le preoccupazioni.

E con ciò, carissimi lettrici e lettori, curiamo la malattia di Parkinson; cioè, comprendendo le nostre ansie riduciamo i sintomi del Parkinson, rendiamo meno gravi tremori e blocchi motori.

Provare per credere.

N.B.: poi ci sarebbero le “ferite dell’anima”; ma di queste parliamo un’altra volta.

 

Fonti bibliografiche:

Blundell EK, Grover LE, Stott J, Schrag A. The experience of Anxiety for people with Parkinson’s disease. NPJ Parkinson’s Disease, 2023; 9(1): 75 doi: 10.1038/s41531-023-00512-1.

Forbes EJ, Byrne GJ, O’Sullivan JD, Yang J, Marsh R, Dissanayaka NN. Defining atipical anxiety in Parkinson’s disease. Movement Disorders Clinical Practice 2021; 8(4): 571-581.

Zwanzger P, Ehlich B. Psychische Stoerungen: Therapie von Angsterkrankungen. Neurotransmitter 2023; 34(5): 31-37.