Volare si Può, Sognare si Deve!

Autore archivio: assoparkss

Settembre – testi di Egle Farris

E , improvvisamente , agosto scivola in settembre , con alcune gocce di pioggia .

Un flash d’autunno . Con alcune gocce di pioggia .

La luce si arrende ,donandoci la dolcezza dell’uva , dei fichi  ,delle pere. Pure qualche castagna , sfuggita ad un riccio ribelle .

Oggi il clima è malinconico ,il fresco sfiora appena il caldo . Un fascino misterioso ed infinito, uno charme ed una grazia così profondi ….Questi giorni hanno una luce differente , poco accentuata ,non basterà tutto settembre per dimenticare il mare e la sabbia .

Dimenticare il sole che si specchiava e diveniva anch’esso verde e azzurro .

Anche i ricordi scivolano e se ne vanno ,forse resta in me solo l’ansia di una ragazza che non terminava mai di innamorarsi dei colori delle foglie .

Promesse e musiche e canzoni che si perdono nella memoria e nelle notti .

Passeggiare in un viale tranquillo ,chiudere un attimo gli occhi e sentire la prima foglia secca che scricchiola solo per te.

Una signora col rossetto Egle Farris

 

Incontro al mare testo di Franco Simula

Non era la solita gita al mare; è stato anche un incontro di amici parkinsoniani che non si vedevano da tempo, che avevano tante novità da scambiarsi, che avevano voglia di vedersi da vicino, di toccarsi, di baciarsi, come a voler continuare un discorso interrotto qualche mese prima. Avere in comune la stessa patologia fa scaturire sentimenti di condivisione delle sofferenze dell’altro, di solidale partecipazione. Soprattutto perché ciascuno di noi sa che il perfido Parkinson preme per farsi sempre più spazio nonostante ciascuno di noi conduca la personale battaglia per arrestarne o quantomeno rallentarne l’avanzata. E’ e rimarrà lapidaria la riflessione di G.B. “Ma la costanza di Mr. Parkinson è inesorabile, un rapace infingardo appollaiato sul trespolo della coscienza, pronto a ghermirmi proditoriamente non appena avessi abbassato la guardia”. Dagli incontri a quattro occhi emergevano aspetti fisionomici parzialmente mutati, ma ciò che non era cambiata era la voglia di combattere. Questi sono stati i primi reciproci rilievi fra coloro che non si vedevano da mesi ma poi i discorsi sono approdati a livelli più quotidiani e quindi Cenzina e Laura , Geminiano e Giuseppina, Domenico, assieme a quelli che avevano già preso un po’ di confidenza con la nuova struttura balneare, hanno ripreso a parlare di cose di mondo. Laura e Antonello si sono re-incontrati al loro livello Laura ricordando l’inconveniente occorso all’Istituto Europa da Lei
diretto nelle festività di Ferragosto e lui riaprendo gli angoli reconditi della memoria per cercare di risolvere un problema urgente creato dallo scasso di Ferragosto che, oltre ad aver sottratto alla scuola dell’attrezzatura di valore, ha creato ulteriori problemi connessi alla frantumazione di alcune vetrate dell’Istituto che rimaneva pertanto aperto alla mercé di chiunque avesse voluto continuare la razzia. Per Ferragosto tutti i vetrai sono in ferie, impossibile trovare una vetreria aperta. Impossibile per tutti ma non per Antonello che mette in movimento un amico vetraio e in men che non si dica riesce a rendere l’Istituto nuovamente sicuro. Questo ed altro circola nella spiaggia di Platamona fra una nuotata e una chiacchierata. La mia conversazione con Geminiano ripiega nuovamente sul Parkinson, non tanto per cercare rimedi, che sappiamo inesistenti, quanto per conoscere le particolarità delle rispettive malattie; quasi una ricerca masochista, un dito nella piaga, su ciò che ci affligge tutti i giorni. Vista la bella serata trascorsa in compagnia, ci salutiamo con l’impegno di tutti di non lasciar passare più tanto tempo senza vederci. D’altronde, concluso il periodo delle vacanze estive, riprenderanno le attività interrotte e quindi ci si potrà incontrare più spesso.

Franco Simula

Il PARKINSON, IL MARE E PLATAMONA – Testo di Franco Simula


Credo che sia definitivamente tramontata l’opinione dei sassaresi secondo la quale il mare bello, azzurro, pulito lo si poteva trovare solo ad Alghero o a Stintino. Platamona, il mare a pochi chilometri da casa veniva trascurato, snobbato. Forse oggi i sassaresi stanno riscoprendo la lunga, pulita spiaggia di Platamona che partendo dalle propaggini di Porto Torres si sviluppa per alcuni Km sino alla marina di Sorso offrendo uno spettacolo di acque sempre tiepide e cristalline ed una spiaggia pulita e ricca di tonnellate di minuscoli cristalli di quarzo che al tramonto brillano nella battigia riflettendo una luce surreale. In questo splendido tratto di costa il Comune di Sassari ha attrezzato un pezzo di spiaggia da riservare a persone con gradi diversi di invalidità che possono trascorrere al mare giornate serene .

Anche l’Associazione Parkinson Sassari Onlus ha voluto godere di questa opportunità.

Eravamo in molti stavolta. Un gruppo trasportato con la Mercedes dell’Associazione guidata da Antonello e un gruppo di “accudiddi” arrivati alla spicciolata. Dopo i veloci preparativi si procede al rito più importante e solenne della giornata: l’ingresso e il bagno in mare. Perché importante e solenne? Perché qualcuno entra in acqua trasportato in una sedia con ruote e qualche altro disteso su una lettiga galleggiante che consente bagno e divertimento assieme a tutti gli altri che accovacciati in comodi ciambelloni si lasciano dondolare fra le onde. Quest’operazione non proprio semplice, è resa possibile dagli assistenti comunali(che ringraziamo) e dal solito Antonello che non sa stare con le mani in mano. Accade anche che non tutti si sia dell’umore giusto per fare il bagno. Ieri Elisa sembrava un po’ triste e poco propensa a misurarsi con le onde, ma una chiacchierata con la presidente ha sortito un effetto rasserenante e riconciliante con se stessa e col mare.

Durante il bagno intravvediamo di lontano la sagoma indefinita di una persona bianco vestita che saluta agitando le braccia: sembra essere la Venere Greca che spunta dalle acque schiumose del mare. Non è proprio Venere ma ci siamo andati vicino. Quando il profilo diventa più nitido si percepisce chiaramente che è arrivata Adelaide dalle vacanze stintinesi. Arriva anche Franco U. che senza esitazione si tuffa nelle acque di Platamona, contribuendo anche lui a comporre il gruppo-guazzabuglio riportato nella foto ricordo.

Giornata serena, dunque, trascorsa tra un guizzo (che bei ricordi!) in acqua e una spettegolata sotto l’ombrellone. Peppino ha utilizzato meglio il tempo sotto l’ombrellone giocando a carte (senza posta! Anche perché il caffè era già stato offerto). Prima di andar via non possiamo non soddisfare il desiderio di Egle che ci chiede “la prossima bracciata” Cara Egle anche noi non siamo nel meglio delle forze per dedicarti bracciate di nuoto, ma un raggio di sole e una folata di dolce Zeffiro non te li può negare nessuno.

Prima di salire in macchina mi attraversa la strada Elisa; io azzardo: -Fammi un sorriso- e lei “Ma deve essere spontaneo” Ed io “E allora fammelo spontaneo” Finalmente Elisa e Tiziana che l’accompagna mi regalano un immenso sorriso. Stavolta spontaneo.

Buon pranzo a tutti.

Durante la mattinata alla nostra Presidente era arrivato un messaggio inviato da Michele Lombardi dell’Associazione Italiana Parkinson Giovanile che noi abbiamo conosciuto qualche settimana fa a Sassari e che alleghiamo.

https://www.parkinsongiovani.com/blog/fisioterapia-e-benessere/e-nato-il-primo-beach-park


Ancora quasi…TUTTI al MARE – Testi di Franco Simula


La sera di Ferragosto le previsioni del tempo non prevedevano una giornata decisamente bella con cielo azzurro terso, magari calda da asfissiare, ma limpida, anzi era prevista pioggia durante la notte e la previsione fu puntualmente mantenuta.
Per una decina di minuti una pioggia alquanto sostenuta riuscì a dare ristoro alle piante del giardino che da qualche giorno soffrivano del caldo eccessivo di un Ferragosto di…fuoco, anche per la coincidente Faradda dei Candelieri. Giannella sembrava non farsi intrigare da tali previsioni meteorologiche per decidere di andare al mare, io rimandai a oggi 16 la decisione che fu positiva anche se qualche nuvola or bianca ora color cobalto si intrecciava nel cielo: si va al mare. E la decisione fu ripagata da una gradevole discesa al mare di Platamona. Manco a dirlo, appena arrivati, dopo aver piantato sedie e ombrelloni, la meta da raggiungere fu il mare.
Che per noi, che non siamo campioni olimpici e neppure paraolimpici, rimane sempre un obiettivo di difficile approdo A questo punto entra in funzione Antonello che si fa in quattro per aiutare or l’uno or l’altro per entrare in mare. L’operazione è sempre complessa per parkinsoniani che – diremo con un eufemismo -hanno un equilibrio instabile. L’acqua era più fresca della volta precedente ma sempre rigeneratrice.
Stavolta abbiamo rilevato che i gommoni usati come salvagente non erano molto pratici: la circonferenza interna dei gommoni era troppo larga per cui la spinta dell’acqua spingeva il gommone verso l’alto e noi rimanevamo schiacciati verso il basso ma non con i piedi poggiati sulla sabbia del mare. Insomma un disagio riparabile utilizzando un salvagente di dimensioni ridotte.
Stavolta al mare eravamo un po’ meno della volta precedente ma ci siamo divertiti ugualmente e guarda caso incontri casuali fatti al mare hanno costituito un salotto diverso dal solito. Dora infatti ha avuto modo di incontrare un’amica che non vedeva da molti anni: i ricordi infatti si sono spinti nel tempo sino a rimembrare i balli organizzati nelle case in occasione dei festeggiamenti per il conseguimento delle maturità scolastiche. Intanto Iside effettuava il suo ingresso solenne in acqua sempre adagiata nella lettiga con le ruote riservata ai bagnanti con maggiori difficoltà.

Francesca era aiutata da Gavino, Franco da Giannella e Giuseppe da Dora che ha svolto anche il compito di fotografa del gruppo. Antonello continuava a fare il fac-totum non disdegnando ogni tanto di partecipare alle chiacchiere dei vari ombrelloni come quando a un certo punto qualcuno dice: – Speriamo che stasera piova- Antonello lancia un fulminante non-sense: “E così potrò finalmente innaffiare le piante”. Qualcuno degli astanti interloquisce: “ Che ortaggi coltivi nel tuo orto”? Il senso della risposta-domanda sottendeva una curiosità che rilanciava inconsapevolmente un altro non-sense che però trovò soluzione nel silenzio che spontaneamente si era creato. Un nuovo argomento di discussione invece, molto concreto, lo ha creato Sergio Carmelita:” Appena sarà possibile vi preparerò una zuppa di cozze”. E Antonello, attento, prendendolo subito in parola e pregustando il sapore:” Mi raccomando Sergio, molte cozze e poco prezzemolo”. Si capiva
chiaramente che era ormai arrivata l’ora del pranzo e del rientro a casa.
Franco Simula


La MORTE di don Mario Simula testi di Franco Simula

Don Mario Simula

La cerimonia funebre in onore di Mario, celebrata nella Chiesa di S. Pietro in Vincoli a Ittiri, è stata un’intensa solenne preghiera.

Uno di quegli eventi che Mario aveva tante volte organizzato per la Chiesa: oggi la Chiesa ha voluto rendere a Lui un omaggio di riconoscenza dovuto a un fedele servitore.

La Messa funebre, celebrata dall’Arcivescovo di Sassari Mons. Gianfranco Saba, concelebrata da otto tra Vescovi operativi ed “emeriti” e oltre 40 presbiteri e diaconi, accompagnata dai cori di Ittiri e della parrocchia di Cristo Redentore è stata la rappresentazione vivente della grandiosità della Chiesa: una manifestazione di fede solenne e sentita, celebrata da quell’Istituzione che il linguaggio ecclesiale definisce ”Chiesa militante” e “Chiesa Trionfante”. (Congregazione dei fedeli che sono già nella gloria). Il presbiterio che ospita l’altare, centro sacrale della cerimonia, era perfino troppo piccolo per contenere lo stuolo di concelebranti disposti in ordine gerarchico.

P. Salvatore Morittu nella ricostruzione di un breve profilo biografico su Mario si sofferma sul dono della Parola che spesso sapeva trasformare in Verbo; a questo proposito P. Morittu ricorda un’omelia, quasi ispirata, fatta da Mario sul monte delle Beatitudini in Terra Santa: “Un pezzo di cielo irruppe nel nostro cuore lasciando tracce indelebili della Parola di Dio. Ricca ed efficace come lo è di per sé ma ancora di più attraverso la mediazione di don Mario”.

Uno degli obiettivi del suo Ministero era educare i giovani ad una fede libera, non imprigionata nei dogmi, ma sofferta e accettata dalla ragione. Una parrocchiana tormentata dai dubbi, fra le tante scoperte “guidate” da don Mario, in una riflessione-confessione dice: “Con lui la fede era qualcosa di ragionato, era un seme che aveva continuamente bisogno di nutrimento… poi i miei studi mi hanno portato altrove e la mia fede si è trasformata insieme a me, ma lui è rimasto una guida, perché non era solo un prete cattolico, lui era un padre, un uomo di altissimo valore, un esempio di vita da seguire.”. E ancora: “Ieri ci siamo incontrati di nuovo, credenti e non, per l’ultimo saluto…”, e inoltre “Ciao don Mario per essere passato nella mia vita. La certezza che porto dentro di me, da atea, è che tu non morirai mai perché ti porto con me… coi valori che mi hai trasmesso, e con cui spero di continuare, nel mio piccolo, a renderti testimonianza.”.

Questo era il rapporto di Mario con i giovani, difficile da gestire perché spesso avaro di risultati attesi, ma onesto nel trasmettere, spesso con sofferenza – da sacerdote –  valori obiettivi non sempre integralmente condivisibili.  Con i ragazzi di P. Morittu aveva instaurato un naturale e cordiale rapporto di amicizia e confidenza, tale che ogni minimo pretesto serviva per condurlo a s’Aspru per approfondire insieme ai ragazzi i loro problemi. Erano infatti una tradizione, per Natale e per Pasqua, gli incontri fra i ragazzi di s’Aspru e quelli della Parrocchia.

L’Arcivescovo nella sua omelia ha ripercorso a grandi linee le tappe sacerdotali e gli incarichi diocesani ricoperti da Mario. Fra questi ultimi, fiore all’occhiello per il Vescovo era la gestione dell’Ufficio catechistico diocesano, che trasmette la Dottrina della Chiesa. Era stato anche Vicario Generale del Vescovo.

Il fatto che don Mario sembrava non reggere il peso degli incarichi curiali determinò l’esonero da essi per raggiunti limiti di età.

In realtà negli ultimi quattro anni ha pubblicato due testi sulla catechesi della Chiesa che sono stati diffusi attraverso la CEI che ne rappresenta la fonte autentica . E ancora, poco prima di morire, aveva ricevuto le ultime bozze di un testo sulla Catechesi che avrà come titolo ”Dio si può vedere”, senza considerare i preziosi rapporti intrattenuti con le centinaia di persone contattate attraverso gli incontri  CAD (Catechesi A Distanza).

La CEI gli aveva chiesto di poter utilizzare le omelie della domenica dal suo sito internet per  diffonderle in tutta l’Italia attraverso il canale “Qumran”: l’ultima omelia l’ha pubblicata domenica 31 luglio 2022. Tutto ciò per dimostrare che il quasi ottantenne, ancora molto giovane nell’intelletto e nello spirito, era in grado di pensare, di creare, di essere fedele a quella comunità ecclesiale di cui era stato sempre al servizio. E’ stato per 6 anni responsabile a livello Regionale della Catechesi settore disabilità, tanto che aveva deciso di mettersi ancora in gioco reinvestendo l’esperienza maturata qualche anno dopo, quando, frequentando la Pontificia facoltà di Scienze dell’Educazione “Auxilium” ha incentrato la ricerca su “La partecipazione dei bambini e dei ragazzi con disabilità nella pastorale ecclesiale” e ancora ”L’inclusione dei bambini e dei ragazzi con disabilità nella catechesi e nella liturgia”.

In contatto con la diocesi di Livorno per cui era redattore di una rivista per giovani educatori 15/17 anni intitolata “Sentieri”, a maggio 2022 ha tenuto gli incontri di formazione a distanza per giovani educatori.

Alla cerimonia funebre erano presenti due Alpini con gagliardetto: rappresentavano un circolo di alpini presente a Carbonazzi che tutti gli anni, in occasione dell’Epifania organizzava, per i meno abbienti e per le persone sole, un pranzo e una giornata di svago in un salone dell’oratorio.

Nell’ambito della Folk Festa che da 37 anni Ittiri propone alla comunità sarda, Mario aveva pensato e realizzato la Messa dei Popoli, la preghiera cosmopolita del ballo e del canto di carattere biblico, “un volo a passo di danza”.

Un ultimo rilievo notato durante l’esecuzione dei canti religiosi previsti per le varie parti della Messa che avevano una monastica, coinvolgente, evocazione del canto gregoriano: una delle ragazze incaricate di dirigere i cori cantava, dirigeva e accennava una sua intensa partecipazione attraverso un lieve dondolio del corpo, ancora “un volo a passo di danza”.

Franco Simula

 

 

TUTTI al MARE testi di Franco Simula


Una vecchia canzone diceva: ” Tutti al mare a veder le acque chiare” e qualcuno volgarizzando il verso correggeva “a veder le chiappe chiare”. Ieri 26 luglio 2022 un gruppo di parkinsoniani, rompendo gli indugi, le paure, le preoccupazioni, a bordo della nuova Mercedes che anonimi donatori hanno voluto generosamente regalarci, hanno deciso di andare al mare. All’arrivo, da subito, il colpo d’occhio iniziale dello spazio di spiaggia predisposto dal Comune a persone disabili ha offerto una panoramica gradevole: spazi ampi a disposizione, traversine in legno collegate fra loro formavano dei comodi collegamenti fra la sabbia e la battigia ma ne traeva beneficio anche l’estetica dal momento che si intuiva una visione d’insieme progettata con gusto e non abborracciata all’ultimo momento. Lo spazio è integrato da una cabina con servizio chimico e da due docce e una fontanina come servizi minimi dopo l’immersione nell’acqua salata. Eravamo in tredici tutti contenti di aver vissuto, in gruppo, una nuova avventura che finisce col rinsaldare nuovi vincoli di amicizia e solidarietà. La giornata al mare è consistita in una immersione all’interno di un gommone che ha fatto da nido protezione a delle persone che, con un eufemismo, diremo che non sono al massimo delle loro capacità di equilibrio. Francesca già alla seconda esperienza, sembrava trovarsi a suo agio in un ambiente, il mare, nel quale aveva vissuto da anni.
Timido e riservato, quasi commovente, l’ingresso in mare di Iside. Il nome evocava immediatamente lontani ricordi storici di regine egizie coeve di Piramidi immortali. E anche Lei è stata spontaneamente all’altezza del nome. Distesa con dignità su una lettiga, messa a disposizione dall’amministrazione comunale, è stata affidata alle carezze delle onde quasi a compiere un rito solenne di altri tempi. Adelaide è entrata in mare con l’eleganza di sempre. Per disfare il caschetto di raffinata fattura è stata necessaria una folata di vento impetuosa, una mini tromba d’aria, che per un attimo ha interrotto l’armonia che regnava sulla spiaggia di Platamona. Elisa si è divertita tanto fra le tiepide acque del bel mare turritano seguita a stretto contatto dalla fisioterapista Tiziana che a sua volta ha fatto le acrobazie per non essere ripresa; ma tant’è dal gruppo non poteva scansarsi. E poi perché? con quel fisico… Giannella teneva a bada il marito (cioè Franco) per evitare che andasse alla deriva mentre si prendeva beatamente il sole.
Tonino e Sergio si son ritagliati il compito discreto di vigilare sulle rispettive mogli anche perché a un certo punto si era messa un po’ di maretta. Giuseppe si è avventurato senza Dora ma di sostegni ne ha trovato in abbondanza. E Antonello dove era andato a finire? Per Antonello il lavoro non manca mai.
Ha fatto il sovrintendente di tutte le attività della mattinata. Ha piantato e spostato ombrelloni, ha scattato fotografie a tutti, ha fatto da stampella a chi ne ha avuto bisogno. Insomma ha interpretato alla perfezione il ruolo che si è ritagliato e che tutti gli riconosciamo.
Franco Simula

Lo SFRATTO dalla MURAGLIA – Testo di  Franco Simula

Quest’estate 2022 il ritorno alla Muraglia è preferibile chiamarlo lo”sfratto” dalla Muraglia perché nell’attribuzione degli spazi ai vari ristoratori la politica ha deciso di assegnare agli stessi ristoratori, a titolo gratuito, alcune aree attigue al muraglione sottraendole agli affezionati che trovavano uno spazio minimo a sedere tra i cannoni e i bei possenti sedili di lucido basalto.   La decisione, a  dire il vero, non è stata presa a cuor leggero ma in esecuzione di una disposizione ministeriale che prevede il risarcimento di parte dei danni causati dalla pandemia. Ma tant’è gli sfrattati dovevano a tutti i costi e senza esitazioni trovare un nuovo spazio: e nuovo spazio fu.  Rappresentato dalla gradinata in trachite rossa che collega il bastione con Piazza S. Croce. Quella era in un attimo diventata la nostra  “SCALA”.  L’occupazione è stata assolutamente pacifica e finalizzata a dare sfogo all’arte dato che musica e canto sono due arti nobili che accompagnano l’uomo sin dai tempi primordiali.

Sabato 9 luglio2022 i musici e i cantori della muraglia si sono dati appuntamento per liberare, dopo un altro anno difficile, l’arte repressa per troppo tempo. Il fascino della notte stellata ha facilitato le esecuzioni di canzoni e brani musicali. Alla spicciolata in pochi minuti si forma il gruppo che per un paio d’ore allieterà la serata.  Pietro Ledda, che nessuno conoscerebbe se non lo si chiamasse “Barabba” è il decano della compagnia. Sullo stipite della porta di casa spicca una ceramica  con la scritta “ Aqui vive un musico”. Ramingo per mezzo mondo, è riuscito in oltre 50 anni di vita artistica, ad acquistare competenza e dimestichezza con un buon numero di strumenti musicali dalla chitarra all’armonica, dal mandolino all’arpa che ospita tutti in un stanza della casa: un leader, un punto di riferimento.

Luis Doppio, che ha trascorso la giovinezza in Germania, fa la guida turistica, è anche lui un cosmopolita, cantante poliglotta: tutte le varietà e modalità del canto sardo e catalano fanno parte del suo ricco repertorio.  Luis  è un un uomo di cultura, non esibita ma manifestata con misura. Per lui la cultura non è una cosa ma è un modo di essere personale e un modo di considerare gli altri. 

Pietro  Migoni, il più giovane della brigata,  è  un uomo dai molti talenti che non sempre riesce a  valorizzare in maniera adeguata perché “si stufa “. Di volta in volta si applica con genialità a effettuare realizzazioni nella lavorazione del legno e  possiede  una singolare creatività nel trasformare pezzi di legno comuni in singolari creazioni. Con la chitarra potrebbe fare cose egregie se nell’applicazione fosse accompagnato da adeguata costanza. Che non è una donna. Il paradosso di Pietro è rappresentato dalla sua sottile capacità filosofica ad argomentare rimandando o mettendo in discussione ciò che al momento non è di suo gradimento.  

Tore ha esercitato l’attività di carpentiere prima all’estero e poi in alcune imprese cittadine e ha poi praticato sempre per passione la pesca subacquea, mettendo a disposizione la propria esperienza di subacqueo tutte le volte che lo ha richiesto il pietoso recupero di dispersi in mare; fa parte del gruppo che suona, ma non è appariscente perché accompagna con le nacchere; se però è assente per qualche motivo se ne sente la mancanza.

Gino partecipa agli incontri serali fornendo il suo contributo sonoro col crepitio della raspa e rendendosi disponibile a soddisfare le esigenze che si creano di momento in momento. 

Sabato, all’incontro musicale, Armando si è limitato a fare il chitarrista accompagnatore esprimendo anche in questo ruolo non preminente una musica che scaturiva da un’ispirazione profonda e sofferta, pur avendo un’ esperienza più che decennale di esibizioni in pubblico con un suo gruppo. L’anima vera di Armando è scaturita 24 ore dopo la serata canora. Aveva dovuto affrontare con gli amici  una giornata alquanto “operosa” al solaio.  Gamberoni e calamari, braciole e salsiccioni arrostiti dallo chef Sandro Multineddu (uomo di ingegno versatile e di raffinata ricercatezza nella scelta dei condimenti) hanno deliziato il pranzo pantagruelico degli amiconi. Tutto questo ben-di-dio non ha mancato di essere  innaffiato da abbondanti libagioni. Che, nel caso di Armando, hanno facilitato  uno sfogo-verità liberatorio che gli ha permesso anche di esporre in maniera istintiva la sua filosofia sulla musica e sulla vita.  “Io, dice Armando, non ho studiato al Conservatorio ma ho “succhiato” con avidità ciò che i miei amici studenti mi raccontavano. Io ci riflettevo e istintivamente, di getto, riuscivo a comporre delle sovrapposizioni da  aggiungere alle loro composizioni che gli stessi autori consideravano  di qualità eccellente e preziosa, talvolta superiore al lavoro originario”.  “E non pensavi di poterne trarre anche tu un beneficio economico”?  “L’idea del vantaggio economico non mi stimolava più della soddisfazione morale derivante dall’essere riuscito, da solo, a ottenere risultati superiori a quelli dell’intero gruppo; le loro valutazioni spontanee per me erano il massimo della soddisfazione”.   

Questi personaggi eterogenei , spesso anche con idee divergenti, quando si incontrano alla muraglia nelle belle notti d’estate riescono a trovare una coesione, un accordo straordinario, forse anche perché si conoscono da tutta la vita; riescono a formare un complesso coeso e armonioso veramente eccezionale che attira l’attenzione e gli applausi di tutti i numerosi turisti che si fermano incantati ad  ascoltare . La riproposizione delle tradizionali nostalgiche canzoni algheresi accompagnate dalle classiche canzoni spagnole o catalane costituiscono un complesso musicale dal fascino imperdibile che non può lasciare indifferente il passante.  E mentre i capannelli si alternano in continuazione per evitare di interrompere il flusso della passeggiata, fra la gradinata di trachite rossa e il Bastione si perde  l’ultimo canto nostalgico nella notte afosa di questo Luglio dominato dall’anticiclone africano.

                                                     

                             Franco  Simula                                                                                  

KILOMETRO – Testi di Egle Farris


I cani di Sassari sono quelli che di notte trovano lo zerbino di un palazzo e lo credono casa.

I cani di Sassari sono quelli che vedi con lo sguardo di smarrito disprezzo, accucciati in un canto.

I cani di Sassari sono quelli che frugano nell’ immondizia alla ricerca di un sognato osso.

I cani di Sassari sono quelli artritici e sciancati che invocano una carezza ed un luogo caldo.

Un cane di Sassari era un errabondo randagio macedonia tipo bassotto , che mani pietose accudivano sotto i portici Crispo, diventati  tutto il suo mondo . Dove adesso una stinta piastrella di ceramica ci ricorda il suo nome.

Kilometro , un nome lungo mille nomi, tutti i randagi di Sassari che ,assieme a lui , in silenzio e senza le nostre povere, inutili parole  sono andati in un posto che a noi non è permesso, poiché esiste, si, un paradiso dove i cani vanno, dopo. Perché l’inferno loro lo  hanno già vissuto in questa terra.

E perché non dovrebbero, andare in un posto dove il crudele uomo non c’è , in un paradiso, appunto , per cani ? E dove ,vedendoci al di fuori ,ci manderebbero un abbaio di felicità per dirci ” Staremo per sempre assieme, accomodatevi “.

Una signora col rossetto                               Egle Farris


A Salvatore Faedda – Testi di Franco Simula

IN MEMORIA

Visualizza immagine di originefoto di ©Giovanni Petretto


Nella chiesa di S. Apollinare, affollatissima, ad accogliere Salvatore Faedda c’era il seicentesco Cristo ligneo, straziato dal dolore sulla croce a capire e condividere le sofferenze di coloro che, dopo il transito terreno, si presentano a Lui alla ricerca della Luce . A condividere questo dolore, oltre ai parenti più stretti, erano presenti quasi tutti gli amici dell’Associazione Parkinson e una folla di estimatori dai quali si è fatto apprezzare nel tempo.
La cerimonia religiosa è stata partecipata e sofferta. In certi momenti del rito funebre in cui si sospendeva la parola si percepiva un silenzio immenso, ”assordante”: la preghiera del silenzio. Ma l’intera celebrazione è stata intensa e commovente, sino alla fine quando il celebrante, derogando dalle rigorose norme ecclesiali, con sensibilità e apertura encomiabili, ha consentito che il coro cantasse la canzone “Savitri” (Cantico d’amore) che
tanto piaceva a Salvatore e che Lui aveva cantato con tanto trasporto nel coro dell’Associazione “Volare si può” sino a venti giorni fa. Con questa semplice intuizione di bontà il sacerdote è riuscito a “umanizzare” profondamente un rito che poteva rischiare di assumere connotati solo formali. Con la scomparsa di Salvatore ci è mancata una ricchezza. Chi era Salvatore?

Era una fisarmonica che per anni ha allietato le serate e gli incontri conviviali di noi amìci parkinsoniani, disposti a condividerne le sofferenze che ormai lo avevano stretto in una morsa implacabile.
Era un lungo e semplice racconto naif che ha narrato con colori pastello teneri e delicati la vita dei vicoli di S.Apollinare, o una narrazione esposta con stile asciutto, sostanzioso, immediato.
Era una musica di tutte le canzoni dagli anni ‘60 e ‘70 sino ai nostri giorni che Anna sua inseparabile compagna di una vita, cantava con una voce dolcissima e melodiosa: “the voice” appunto.

Per quanto apparisse evidentemente provato dalla malattia di Parkinson, poco più di quindici giorni fa, cercai di avviare un mini dialogo: -Salvatore mi riconosci? -Si. -Come mi chiamo? La richiesta stavolta era stata impegnativa. E solo dopo che Anna suggerì il mio nome, sulle sue labbra notai un accenno di sorriso significando che quel nome lo conosceva bene ma non gli era pervenuto alla memoria al momento giusto. Esattamente come accade regolarmente a molti di noi. Era di carattere riservato, gentile nel tratto, affabile, alieno da polemiche. Sin da giovane era stato un valente artigiano del legno e aveva contribuito con altri operai alla costruzione della bella Bussola all’ingresso della Basilica del Sacro Cuore. All’inaugurazione della Bussola Salvatore dovette subire una cocente delusione perché il capo cantiere aveva impedito a tutti gli operai di partecipare alla colazione offerta generosamente dal parroco dott. Piga.
Pur nella sua modestia e riservatezza Salvatore aveva capito immediatamente l’importanza del sito Parkinson di cui, da subito, è stato uno degli scrittori più prolifici e di talento. E’ raro trovare uno scrittore autodidatta, privo di titoli accademici, con una innata e spontanea tendenza all’ironia e all’autoironia, da maestro navigato. Basta leggere per tutti il racconto che si intitola: L’eredità.

<< Dopo la morte di mamma l’avvocato ha chiamato tutti noi perché doveva leggere il testamento. Siamo cinque figli: Salvatore ,Giovanni, Annalisa, Piero e Antonello. A Giovanni, Annalisa e Antonello mamma non ha lasciato niente mentre a me e a Piero…il morbo di Parkinson.
Io pensavo che Parkinson fosse la marca di una penna stilografica ma l’ho capito dopo che Piero ha fatto le visite sanitarie e gli hanno detto che si trattava di un regalo di mamma.
Intanto, sotto sotto, indagavo perché tanti miei disturbi erano uguali a quelli di Piero. Infatti, quando andavo al bar con gli amici, non prendevo mai nulla perché mi tremava la mano e io mi vergognavo.

A casa mi chiedevano il perché del mio malumore: io alzavo le spalle e dicevo che non avevo nulla ma…le lacrime scendevano copiose.
Un giorno Piero mi dice:”Ti prenoto una visita da dott: Paulus che è molto bravo”. Così con mia moglie andiamo all’appuntamento e lui, dopo aver confermato la patologia con un modo di fare molto rassicurante mi dice:
“Iniziamo la lotta…sei d’accordo?”
Ho iniziato la terapia ed i risultati si sono visti subito. Ora entro al bar con più tranquillità perché la mano non trema più ed anche perché sono decisamente più allegro….tranne qualche volta.
Ogni tanto mi chiedo: con Piero ci somigliamo moltissimo, siamo precisi a babbo (che è morto a 94 anni ed era sano come un pesce), mentre gli altri tre fratelli somigliano a mamma e allora…come si spiega questo incrocio???.
Ora che ne ho la possibilità voglio dire al dottore che quando sono di malumore reagisco scrivendo tutto quello che mi passa per la testa. Ho anche la fortuna di suonare qualche strumento musicale che mi fa cambiare l’umore perché la musica mi fa compagnia. Speriamo che la scienza riesca a trovare una soluzione più che soddisfacente…soprattutto per i nostri figli. >>
Nel filone della passione musicale di Salvatore qualche volta ci siamo inseriti dott. Paulus, P. Marogna ed io, in occasione di qualche riunione conviviale, da dilettanti strimpellatori, abbiamo improvvisato un quartetto di armoniche a dir poco esilarante. Anche perché…buon riso fa buon sangue e per noi buona dopamina.
Ora Salvatore, concluso il suo percorso terreno ci lascia anche lui un’eredità morale rappresentata dalla generosità e riservatezza nell’operare al servizio degli altri. Con Salvatore abbiamo condiviso la gioia di percorrere lunghi tratti di strada insieme, durante i quali abbiamo conosciuto speranze deluse ma anche molti sogni realizzati, sogni che si spengono solo quando il sole decide di spegnersi su di noi.

Franco Simula


I locali scomparsi nel tempo – testi di Egle Farris

Ogni uscita era buona  per poterci andare , anzi ci andavamo apposta , risparmiando su quell’esiguo stipendio settimanale, in quella pescheria? friggitoria? paninoteca?

 Come si fa a definirla con un  termine odierno?     Forse con street-food?

Ma forse era tutto ,tutto questo . Si trovava all’inizio della via Turritana , a destra, appena voltavi da via B.Sassari, nell’angolo dove una vecchia paesana, pioggia vento o sole , stazionava per vendere lumache e finocchietti selvatici  e mazzetti di alloro e di aglio , olive verdi e nere.

E già prima di entrare sentivi il  succulento profumo del mare, e subito, ma allora si poteva, ti venivano servite una dozzina di cozze  a mezzo guscio, stillate di olezzante limone.  Di mezzi limoni era pieno un banco separato da un vetro  dai pochi tavolini a disposizone dei clienti ed esposti ai tuoi desideri  . Vedevi piatti ovali pieni di profumo di mare , vedevi  lunghe pagnotte bionde e morbide  pronte per essere aperte e farcite con   piccolissimi , teneri polpetti in umido o in guazzetto,frittura  e polpette di minuscoli calamari , un’insalata di mare che si scioglieva in odori e gusti sopraffini . E non vedevi neppure che il locale non era certo  molto elegante , rivestito com’era di piccole piastrelle bianche , proprio non te ne accorgevi, perchè due erano le cose che ti distraevano.

La prima il tuo grande amore di allora, e alzi la mano chi a diciotto anni non aveva un amore grande, la seconda la beatitudine di assaporare ad occhi chiusi un gusto  che oggi ha una struggente nostalgia, che oggi non trovi più, di dolcezza e sapidità e acidità  che continui a sentire nella testa e nel ricordo, ma che ti manca.

Perchè era l’essenza stessa del mare ,quel mare da dove venivano trigliette e calamaretti,  arselle e vongole che si aprivano un poco, un poco solo, per non disperdere quel sapore che si sarebbe  conservato per sempre nel tempo  per te , solamente per te .

Una signora col rossetto

Egle Farris