Riapre Casa Park
Dopo oltre un anno di chiusura quasi totale (salvo necessari interventi assicurati da Tonino)
RIAPRE CASA PARK.

Spazio verde all’ingresso
Spazio verde all’ingresso
Era da tanto che non scendevo in giardino . L’occasione mi fu offerta casualmente dalla necessità di dover assistere l’autista che guida la macchina per il rifornimento periodico del gasolio per il riscaldamento.
Si esercitava su qualche vecchia mela, che poi mangiava comunque perchè sapeva che non ne avrebbe avuta un’altra . Lei diceva di no ma lo sapevano tutti e sorridevano con imbarazzo quando magnificava la sua preparazione ed esperienza nel settore infermieristico .
Si era inventata un lavoro,per sopravvivere , in tempi in cui le pensioni sociali erano latitanti e di lavoro ce n’era meno di adesso . Un lavoro a causa del quale tutti i bambini del paese la odiavano e sentire che “tia Marì ” con le nocche stava bussando alla porta era un rumore che aggrinciava volto e capelli .
Si presentava eternamente con uno stinto vestitino felpato a fiorami , cui aggiungeva uno scialle di bouclè in inverno , e con due occhi così intensamente celesti da parere bianchi , che già questo ti inquietava peggio che se avessi visto un alieno. E una centenaria borsa , di cartone pressato e tutta screpolata che , quando pioveva, veniva riparata contro il petto . Conteneva i ” ferri del mestiere”, ” temutissimi da tutti i bambini e non mi si venga a dire che per gli adulti non fosse lo stesso .
Perchè tia Maria di mestiere girava per il paese praticando iniezioni . Zanzarina la chiamavano e mai nome fu meno appropriato, perchè, al suo confronto, chiunque praticasse un’iniezione , un dilettante era stato . Piano piano , apriva la vetusta borsa sul tavolo, tirava fuori il bollitore d’alluminio , quelli d’acciaio sarebbero arrivati dopo , con un manico rovesciabile per aprirne il coperchio , e ai malcapitati si presentava una siringa giallognola di vetro spesso un dito ed un ago spuntato che più che ago era un residuato della prima guerra mondiale , una baionetta in pratica.
Solo a questa vista immaginavi sciagurate conseguenze sul tuo bel giovane sederino . Perchè quelli erano i tempi post-bellici , quando il rachitismo e l’anemia la facevano da padrone . Quando si pensava che i famosi ” estratti epatici ” rosso sangue dentro una fiala da 5 cc ti avrebbero raddrizzato le gambe ed aumentato i globuli rossi . Che poi io capivo che erano estratti simpatici e non comprendevo come mai potessero esserlo . E cercavi di scappare, di nasconderti in soffitta, sotto un letto o dentro uno di quegli enormi armadi ma , loro , ti trovavano sempre ,come cacciatori sulle tracce della preda .
Piangente e tremebonda imploravi un fazzoletto da stringere fra i denti e vedevi intanto quelle mani aggrinzite che brandivano l’arma letale . Anche quel piccolo batuffolo di cotone con un goccio di alcool ,era già un tormento .
Il trauma e l’urlo che seguiva la puntura mi risuonano ancora qui e quella siringa ci metteva un’eternita a svuotarsi e mi rivedo, dopo , a saltellare per tutta la camera gridando contro la malefica . E dopo un centinaio di salti e una caramella i lacrimoni finivano e per il giorno era andata ,sino all’indomani ,quando la “majalza ” rifaceva il suo consueto giro ,stringendo al fianco quella malefica borsa . Chissà quante volte quegli arnesi non erano stati disinfettati o sterilizzati , chissà per quale oscuro ed incomprensibile motivo venivo sottoposta a quella sevizia . Perchè di pura sevizia si trattava , roba da telefono azzurro . Ma allora vuoi mettere , in quei poveri tempi ,pensare che tua figlia stava faceva una cura di estratti epatici ( o simpatici?) per combattere l’anemia allora imperante e raddrizzare le gambe ……. E io comunque pensavo che mai ero stata anemica e le gambe manco una virgola storte , dritte come un fuso le avevo sempre avute….
Una signora col rossetto
Il vecchio Thimor ,
nella sua lunga vita ha molto
viaggiato così come ha amato.
Ora a riposo,
nella casa che affaccia sul porto
guarda le barche ormeggiate;
altre che passano,
solcano onde spinte dalla brezza di ponente,
verso destinazioni ignote,
al nocchiero ricordano i suoi viaggi,
che la memoria silenziosa gli riporta.
Il suo sguardo ferito dai
bagliori di fuoco del tramonto
trova quiete sul mare di perla.
lontano, nel tepore salmastro della sera
lontano qualcuno canta,
e il pensiero riflesso
rincorre i timori dell’anima;
cirri mutevoli,
impetuosi in mare aperto
dilatano la sofferenza.
Rigato è il volto di pietra
che la bruma avvolge con
innocente carezza.
Scevro di coscienza
è il dilemma
che rovista l’arcano .
La vita rivive nella memoria
di ciò che è stato,
o il senso della vita è altra cosa ?!.
G.B.
Franco Simula
Il 14 marzo 2018 segna una svolta nell’annosa questione dell’ambulatorio Parkinson. Convocati dal dott. Pintor e dal dott. Licheri, in rappresentanza dei direttori generali dott. Moirano e dott. D’Urso, al presidente e alla vicepresidente della nostra Associazione viene data lettura della convenzione intercorsa tra Ats Sardegna e l’Azienda Ospedaliera Universitaria di Sassari per assicurare la gestione di un percorso clinico assistenziale a favore dei pazienti affetti dal morbo di Parkinson e malattie correlate. La convenzione prevede anche che l’Aou di Sassari metta a disposizione, a supporto dell’attività dell’Azienda Tutela della Salute, un dirigente medico neurologo, identificato nella persona di Kai Stephan Paulus, che da anni si occupa della malattia di Parkinson e pertanto rappresenta un punto di riferimento per i pazienti e le relative famiglie.
Si tratta, finalmente, di un ambulatorio dedicato esclusivamente al Parkinson e ai disturbi del movimento, mettendo fine allo stillicidio degli appuntamenti rimandati, quando si era fortunati, da un mese all’altro, e in mancanza di un intervento tempestivo, intasando il Pronto Soccorso o ricorrendo al ricovero. Con i costi umani ed economici che purtroppo molti di noi hanno dovuto sperimentare.
Il 14 marzo, dunque, ci viene annunciata la data di partenza del nuovo ambulatorio al 1° aprile. Possibile, proprio il 1°aprile ? che, guarda caso, è il giorno di Pasqua ? Non sarà un pesce d’aprile, o uno scherzo feroce? Nei vari incontri tra una nostra rappresentanza e i massimi dirigenti della Sanità della Sardegna, questi si sono mostrati sempre sensibili e disponibili ad affrontare e risolvere il disagio connesso alla mancanza dell’assistenza sanitaria continuativa indispensabile a pazienti cronici e con malattie neurodegenerative come la nostra. Tale disagio si era manifestato in svariate occasioni in conferenze stampa, articoli sui principali quotidiani e su alcune tv locali. Le assicurazioni dei Dirigenti Sanitari, però, non trovavano una concreta attuazione in tempi secondo noi ragionevoli, ma considerando tuttavia che il provvedimento che ci riguardava era solo uno delle centinaia di delibere da adottare, abbiamo tenuto viva la fiammella della speranza…e poi, ecco, finalmente l’ambulatorio Parkinson: veramente uno splendido pesce d’aprile.
Cozzula con l’uovo
Così la chiamavano, per distinguerla da quella che allora veniva consacrata come Pasca ‘e Nadale nel mio piccolo, indimenticato paese.
Le immagini sgranate sono quelle della casa del pane, così chiamavano quelle due stanze in terra battuta, col cortile, il pozzo e la legna accatastata e lingue di rosso fuoco nel forno…e le “luscie” piene di grano con le trappole per topi tutt’attorno e le pannocchie, prese per i capelli e appese alle travi …e mani che impastavano farina e secchi d’acqua tirati con affanno …e campane legate e slegate che non capivo mai cosa dicessero gli adulti a questo proposito e il giovedì a vedere nelle due chiese i “sepolcri”, parola evocante misteri incomprensibili ed inaccessibili a noi piccini , alti verdi fili attorniati da nastri colorati e il bianco tenero dei germogli del grano o delle lenticchie dritti ed incolonnati, che li volevo sempre accarezzare, ma non si poteva, non era riguardoso … ci dicevano.
E noi non toccavamo anche se non capivamo cosa fosse riguardoso…
E la Madonna nel suo simulacro sempre nero e addolorato, portata in giro per le strade sibilanti solo di vento, strette e silenziose ,e donne nero-vestite coi capelli sciolti che riempivano quei silenzi di pianti ed implorazioni….e i bambini vestiti da angeli, addobbati di lustrini e catenine d’oro cucite abilmente a scanso di lunghe mani e che gli usciva l’alluce dal buco della scarpa troppo piccola …e le pulizie pasquali con l’unico detersivo esistente marca “olio di gomito “, che si sciorinava tutto ai primi soli dalla finestra finalmente aperta ….e la benedizione di quelle povere, lustre case col prete in cotta e i chierichetti tronfi con il paniere delle offerte dove qualche uovo aveva già fatto la frittata e la bisaccia per i dolci e il sacchetto ,piccolo ,per i soldini …che pochi ne venivano elargiti e la veglia della notte del sabato, tutto al buio col solo chiarore di una candela e una fiammella ,perché doveva rinascere, ma chi? mi chiedevo, chi? …..e poi la domenica quello scampanio che riaccendeva sorrisi e auguri e felicità….e poi tutti quei giorni di confusi, 000 intrecciati avvenimenti, persone, silenzi e misteri e candele e Madonne in processione allora si perdevano e fuggivano e non mi facevo più domande, dimenticavo tutto di fronte a quelle “cozzule ‘e s’ou” con innumerevoli forme di biondo pane frastagliato come ricamo, con un uovo sodo al centro ed un nastro bianco attorno, che era la cosa più bella mai uscita da quella casa del pane …….
Una signora col rossetto Egle Farris
Sei precipitata nel mio cuore prima ancora di conoscerti, con l’ irruenza del destino;
il tuo il sorriso, lo sguardo, l’incedere, erano già parte di me, mancava la tua figura, la tua presenza ; sapevo che saresti arrivata e ti avrei riconosciuta al primo sguardo del nostro primo incontro.
Così pensava Emiliano nel suo intimo, < ” la sua donna l’avrebbe riconosciuta tra mille ” > , doveva aspettare, doveva solo aspettare.
Nell’attesa, nel suo girovagare di giovane pubblicista “freelance” di un giornale sportivo, non aveva disdegnato amicizie con colleghe e altre amiche occasionali; ma erano state storie sentimentali di poco conto, relazioni superficiali, prive di veri sentimenti amorevoli e nessuna sopravviveva all’usura del tempo; rapporti, per così dire, vissuti e consumati in fretta, senza pretese ne rimpianti.
Il suo lavoro, nella scala dei valori , era al primo posto; era così importante da decretare la fine di un rapporto prima ancora che lo stesso mettesse radici.
Le relazioni , semplicemente finivano, senza “lacrime” , e di loro rimaneva solo uno sbiadito ricordo, poi dimenticato.
Poi, fu l’incontro galeotto, nel tepore di una primavera incipiente, alla fermata dei tram n° 19 – e n° 77 – di piazzale Loreto.
<Quando sono arrivato, lei era già in attesa del tram, lo sguardo fisso sul cellulare, estraniata da tutto, si distingueva da quanti gli erano intorno>.
Una figura snella, decisamente alta, ben proporzionata nel jeans attillato; mocassini, camicetta in tinta , e blazer poggiato sul braccio completava la sua “mise minimalista”; la sola concessione alla civetteria femminile era la borsa firmata che teneva a tracolla.
Nel vedere la sua figura così appropriata, d’istinto, mi sono rivolto a lei chiedendole < ” il – 77 – è già passato ?! ” ( …. )> lei, sempre confinata sul suo cellulare non dava ascolto , perciò , schiarendomi la voce, in modo da attirare la sua attenzione, ho ripetuto la domanda con tono più alto – dopo un tempo che a me è sembrato lunghissimo, disinvolta, ha rivolto il suo viso al mio.
Nel voltarsi, con gesto naturale, i suoi capelli castani si sono scomposti e lei li ha ravviati intrecciandoli tra le dita, così da rivelarmi il suo volto (….) !!
In quel preciso momento un tumulto di sentimenti mi è esploso dentro, – non ho sentito la sua risposta – , ma uno scossone che mi percuoteva l’anima !!.
L’ incarnato del viso esaltava il sorriso aperto, la voce flautata, che in quel momento poteva aver detto qualunque cosa, mi giungeva come una musica che stordiva i sensi, e il suo sguardo diretto, color ambra, penetrava il cuore artigliando i battiti che acceleravano senza ritegno.
Era Lei ( ….. )!! a conferma, il raffinato e semplice modo di porsi, che denotava una personalità decisa e tenera al contempo, mi aveva già conquistato.
Comicamente confuso, <ho solo occhi per il suo viso radioso > , mi rendo conto che mi guarda con espressione divertita , (….) < mi scuoto > , e la sola cosa che riesco a farfugliare dopo essermi ripreso é : < ” in attesa del prossimo tram, posso offrirle un caffè ” ?! > lei, sempre più divertita annuisce chinando la testa di lato !! così , con sguardo complice ci avviamo al bar dell’angolo (…..) incontro al nostro caffè e la nostra storia !!
Epilogo:
Non è dato sapere se la storia tra Emiliano e Ludovica, questo è il nome di LEI, sia sbocciata e loro siano le due anime gemelle che la storia promette.
Il lettore può dare il seguito che preferisce; a me resta il gusto del racconto e il sottile confine confuso tra realtà e sogno.
g.b.