Volare si Può, Sognare si Deve!

Pillole sul Parkinson

INSONNIA: RISOLTA? (pillola n. 25)

Mi preme intervenire brevemente con una nuova Pillola, per le novità che ci sono nel campo della sonnologia (e non solo) con l’arrivo di una nuova classe farmacologica.

Per trattare l’insonnia abbiamo attualmente a disposizione, oltre a correggere altri disturbi di salute che possono causare l’insonnia (ansia, depressione, ipertensione arteriosa, ipertiroidismo, ecc.), la fitoterapia (camomilla, melissa, passiflora, ecc.), i sonniferi, ipnoinducenti benzodiazepinici (triazolam, lormetazepam, ecc.) e gli ipnoinducenti non benzodiazepinici (zolpidem, zoplicone, ecc.), con risultati molto variabili e frequenti effetti collaterali (sonnolenza diurna, stordimento mattutino, instabilità posturale, ecc.).

Ma rimane la domanda sulla causa dell’insonnia.

Da circa vent’anni si sta studiando una molecola, l’orexina, che fa parte del complicato meccanismo dell’alternanza sonno-veglia.

L’orexina è un neurotrasmettitore, scoperto nel 1998, prodotta da pochi neuroni all’interno dell’ipotalamo latero-posteriore e perifornicale e che modulano reti neuronali in tutto il cervello e midollo spinale. La funzione dell’orexina pare essere la regolazione del ritmo sonno-veglia, ma anche dell’appetito, del metabolismo energetico dell’organismo, dell’umore, del dolore e del meccanismo cerebrale della ricompensa, ed entra anche nella regolazione di funzioni cognitive quali attenzione, apprendimento, memoria, funzioni esecutive e movimento (!).

Quindi, un deficit di orexina può portare a disturbi quali una alterazione del ritmo sonno-veglia con sonnolenza diurna, la narcolessia, ma anche depressione, stress, ed obesità,

mentre un eccesso di orexina comporta insonnia. Ed inoltre, alterazioni del livello di orexina sono correlati a malattie neurodegenerative (!).

Stanno arrivando dei farmaci, i cosiddetti agonisti dell’orexina ovvero stimolanti l’orexina, che contribuiscono a mantenere lo stato di veglia durante il giorno, mentre gli antagonisti, bloccando l’orexina favoriscono il sonno. Per tale motivo, farmaci nuovi, quali gli antagonisti duali della orexina (daridorexant, suvorexant, lemborexant, ecc.) o quelli selettivi, riducono l’insonnia, migliorano il sonno e garantiscono migliori performance diurne, senza significativi effetti collaterali. Quindi, questi farmaci migliorano sonno, memoria, funzioni cognitive e prestazioni diurne (o direttamente oppure indirettamente migliorando il sonno) ed i disturbi del sonno, come il disturbo comportamentale del sonno REM (agitarsi, calciare, picchiare e parlare nel sonno).

E se a questo punto vi dicessi che l’orexina c’entra forse anche con il Parkinson?

Ma di questo parleremo un’altra volta.

Kai S. Paulus

 

Fonti biografiche:

Dale NC, Hoyer D, Jacobson LH, Pfleger KDG, Johnstone EKM. Orexin Signaling: a complex, multifaceted process. Front Cell Neurosci 2022, 13;16:812359.

Pizza F, Barateau L, Dauvilliers Y, Plazzi G. The orexin story, sleep and sleep disturbances. Journal of Sleep Research 2022, 31(4); e13665.

Toor B. Ray LB, Pozzobon A, Fogel SM. Sleep. Orexin and cognition. Front Neurol Neurosci 2021, 45: 38-51.

TEMPIO GRECO: CAMBIAMENTO PROGETTO

(seguito di LE SEI COLONNE DEL PARKINSON)

Rallentiamo i lavori in corso e cambiamo progetto dando voce anche a voi, in maniera che tutti/e possano aggiungere “mattoni” e costruire questo nostro Tempio contribuendo con i propri suggerimenti e le proprie idee. Sarà un palazzo fatto da tutti, cioè la gestione del Parkinson con le vostre proposte e richieste: “Come vorreste essere curati? “, “Come vorreste sia gestito il mondo del Parkinson?”, “Cosa vorreste aggiungere?”, “Cosa vi manca?”, “Cosa non serve?”, levostre emozioni, i vostri bisogni, ecc.

Aggiungeremo i vostri ‘mattoni’ e, se sono tanti, aggiungeremo anche una intera colonna.

Potete scrivere le vostre idee nei commenti sotto ogni nuovo capitolo., anche qua sotto, per iniziare subito. Per esempio: ho appena pubblicato l’introduzione a “Le sei colonne del Parkinson” al quale Sergio ha commentato di problemi con solitudine e stress, e Franco ha invece sottolineato che venga considerata la volontà della persona.

Questi due “mattoni” inserirò, citando gli autori, nel prossimo capitolo “Le fondamenta”, dove si parlerà di accettazione, motivazione e coraggio.

tempio greco

Il piano dell’opera è la seguente:

  • Le Fondamenta (accettazione, partecipazione, motivazione, coraggio)
  • Il trattamento farmacologico
  • Il trattamento riabilitativo
  • La Famiglia e/o ‘caregiver’
  • Il Sonno
  • La Digestione
  • L’umore
  • Il tetto (riassunto, temi ancora non trattati)

Su questi temi, ma anche su altri riguardanti la gestione del Parkinson, potete da subito dire la vostra.

Volevo porre le fondamenta stasera, però aspettiamo, in attesa dei vostri “mattoni”; nel frattempo aggiungerò questi due pensieri di Sergio e Franco al capitolo de “Le Fondamenta”, ed ancora altri che si aggiungeranno in questi giorni. In questo modo andremo avanti di settimana in settimana, ed il Tempio diventerà grande, costruita da tante persone. Quindi, una specie di guida al trattamento del Parkinson a 360° grazie anche ai vostri contributi.

KP

(segue “Tempio Greco: Cambiamento Progetto 2”)

LE SEI COLONNE DEL PARKINSON di Kai S. Paulus

tempio greco

Con questa serie di brevi capitoli “Le sei colonne del Parkinson” cercherò di fornire una sintetica panoramica sulla gestione globale della malattia di Parkinson.

In questi anni mi sono reso conto che lo stato di salute di ogni persona parkinsoniana è diverso, perché c’è la differenza di genere, perché ognuno/a in base al proprio carattere reagisce in maniera diversa, perché non si tollerano alcuni farmaci, perché l’assistenza pubblica e/o familiare non è ottimale, perché è difficilissimo accettare la diagnosi e tutto ciò che con essa cambia.

Il mio lavoro consiste nel tagliare su misura l’abito della cura del Parkinson: aggiungo farmaci, li sposto, li sostituisco, aumento o abbasso il loro dosaggio, consiglio fisioterapia e supporto psicologico, richiedo consulenze specialistiche per altre patologie, e propongo attività associative. Questa delicata quanto difficile impresa viene complicata dalla comprensibile preoccupazione di paziente e familiare sulle aspettative prossime e future.

Come vedete, ci sono tantissime variabili ed è quasi impossibile confezionare un abito perfetto per ognuno/a. Nella mia attività quotidiana si sono formate negli anni delle tematiche, dei capitoli, dei capisaldi, che sono validi per tutti/e, e che contribuiscono notevolmente al miglioramento della qualità di vita, e, da non trascurare, sono completamente gratuiti e fattibili per tutti.

Ma come posso strutturare tutte le questioni e far ordine in questa giungla di necessità, bisogni, prescrizioni, consigli e raccomandazioni?

Allora mi è venuta un’idea…

Vorrei costruire insieme a voi un antico Tempio greco, di quelli belli e robusti, stile dorico, dove ogni colonna rappresenti un capitolo fondamentale della gestione globale della malattia di Parkinson, e dove, capitolo per capitolo, erigeremo prima le fondamenta, poi una ad una le colonne portanti, ed infine metteremo il tetto che protegge e terrà insieme le colonne permettendoci di individuare al primo sguardo tutte le questioni essenziali per affrontare la malattia.

tempio greco

Premessa:

Il Parkinson è una patologia progressivamente invalidante e con il tempo causa sempre più problemi e disagi, sia per la persona ammalata sia per i familiari.

Esistono diverse strategie per ridurre le disabilità psicomotorie parkinsoniane ed il carico psicofisico di familiari e/o assistenti, ma ci vogliono innanzitutto:

1) un approccio multidisciplinare da parte dell’assistenza sanitaria (neurologo, fisiatra, psicologo, ed altre figure professionali in base alle necessità), più facilmente raggiungibile con un PDTA (Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale), proposto da noi già da diverso tempo ed ancora in attesa di realizzazione, e

2) un adeguato approccio socio-familiare inscindibile da un atteggiamento positivo e motivato della persona parkinsoniana che dovrebbe partecipare attivamente alla gestione della propria malattia.

Iniziamo allora il nostro cantiere e poniamo le basi:

                                                                                (segue con TEMPIO GRECO: CAMBIAMENTO PROGETTO)

ACCETTARE LA MALATTIA DI PARKINSON di Kai S. Paulus

Accettazione

(Pillola n. 24)

La malattia di Parkinson causa tanti problemi, tra cui instabilità posturale, rigidità, rallentamento dei movimenti, tremori, insonnia, ansia, depressione, dolori e fatica, e rende la persona progressivamente sempre più disabile con un sempre maggiore consumo di farmaci che a loro volta possono ulteriormente complicare il precario stato di salute.

Negli ultimi anni è diventato sempre più evidente che l’accettazione della malattia aiuta a gestire meglio le varie disabilità, con riduzione delle stesse, e minor assunzione di farmaci. Quindi l’accettazione è promossa di diritto a uno dei pilastri della gestione globale del Parkinson. Tutto semplice per l’operatore sanitario. Ma l’amico Giuseppe lo spiazza chiedendo “Ma come faccio ad accettare la malattia?” Domanda che segue contestualmente quella “Perché proprio io?” (vedi archivio maggio 2020).

Se la malattia, e la disabilità in generale, causano limitazioni nelle attività quotidiani e nella convivenza familiare e sociale, provocando di conseguenza diversi stati d’animo quali delusione, sconfitta, tristezza, ansia, depressione, rabbia, e quindi rifiuto e non accettazione, allora la soluzione non può che essere l’accettazione e la resilienza.

Sembra facile, ma invece è una delle problematiche individuali più difficili. Se ci si riesce, il premio sarà inevitabilmente un miglioramento della qualità di vita, un miglioramento del quadro neurologico, e soprattutto un miglioramento della soddisfazione della propria vita.

La resilienza è un approccio basato sulle risorse individuali disponibili che aiuta ad affrontare positivamente e creativamente le difficoltà.

Ed ora arriviamo al nocciolo della questione: come possiamo accettare una malattia che rende ogni movimento faticoso, ci stravolge la vita, ci cambia le prospettive, i rapporti familiari e quelli sociali, insomma, ci riduce nettamente la qualità della nostra vita. Perdiamo l’autostima, aumenta l’ansia, e la depressione ci attende dietro l’angolo.

Innanzitutto, dobbiamo conoscere la nostra malattia e le nostre disabilità, non subirle quotidianamente, ma osservarle e studiarle in ogni momento della giornata e della notte [mi raccomando: il sonno!], che ci aiuta a individuare i nostri limiti ed i nostri bisogni, da comunicare anche al familiare e/o assistente.

Imparando a conoscere la malattia giorno dopo giorno, possiamo individuare le continue fluttuazioni fisiche ed emotive e gli effetti dei farmaci.

Conviene parlarne con qualcuno che ci ascolta, che può essere un familiare, un amico/a, un assistente, un operatore sanitario, ecc. Dobbiamo esprimere i nostri pensieri ed emozioni suscitati dalla disabilità, dai limiti e dalle sfide quotidiane.

Dobbiamo individuare i servizi che la collettività ci mette a disposizione, utilizzarli al meglio, ma anche comunicare alle sedi predisposte i disagi e servizi non ottimali (burocrazia, attese, ecc.). Ogni comune mette a disposizione assistenti ed operatori sociali e servizi per le disabilità, la sanità pubblica fornisce terapisti, infermieri, OSS, psicologi, medici e specialisti di ogni branca della medicina, e lo stato prevede diversi aiuti personali, materiali ed economici (assistenti, ausili, esenzioni per malattia, invalidità, accompagnamento, permessi familiari, ecc.)

Accanto a questi aiuti istituzionali esiste il mondo del volontariato e delle associazioni, che è importante conoscere e vivere.

Vi siete mai chiesti a cosa serve la nostra Parkinson Sassari?

L’associazione rappresenta un punto di riferimento, un luogo dove confrontarsi con persone che devono affrontare le nostre stesse difficoltà, valido sia per le persone ammalate sia per i familiari. L’associazione può diventare un rifugio, un gruppo di amiche ed amici, una grande famiglia che protegge, conforta ed aiuta.

L’associazione può essere divertente e luogo di svago, occasione di una risata; l’associazione offre eventi ricreativi e ludici, invita a gite, pranzi e cene [il Beach Park appena inaugurato durante l’estate 2022 ne è piacevole esempio].

L’associazione informa con incontri di diverse figure professionali sanitari ed amministrativi, ed organizza seminari, eventi informativi e convegni; e con il proprio sito internet l’associazione racconta le proprie attività ed informa delle novità scientifiche.

L’associazione riabilita con la ginnastica (per migliorare l’equilibrio, la coordinazione e la deambulazione), con il coro (per migliorare il timbro della voce, l’espressione verbale, ma anche la deglutizione), con il teatro (per migliorare la memoria e l’autostima), il tutto praticato in gruppo per migliorare la socializzazione ed il buon umore [divertimento=dopamina!].

Ma l’associazione è anche partecipazione attiva: ognuno/a di noi ha la sua storia da raccontare, le sue esperienze da condividere; ognuno/a ha un talento che può mettere a disposizione degli altri, potrà contribuire ad organizzare attività ed eventi, aiutare chi ha maggiori difficoltà, motivare gli indecisi, suonare uno strumento, proporre una canzone da cantare, una sceneggiata da recitare, una gita da gioire, un pranzo da gustare. La partecipazione attiva solleva l’autostima e trasforma la propria disabilità in aiuto, sostegno, motivazione e insegnamento per terzi [la disabilità sale in catedra!].

Accettazione

La malattia richiede l’accettazione delle cose che non siamo più in grado di fare, ma richiede anche la consapevolezza che possiamo/dobbiamo adattarci: non dobbiamo rimpiangere le nostre abilità perdute, ma concentrarci su ciò che invece possiamo fare e creare. [probabilmente non tutti condividono questa mia frase, ma se all’inizio scambiate la parola “malattia” con “età”, nessuno obietterà, vero?]

Infine, può essere utile la lettura di storie di altri disabili e come loro hanno superato le loro paure e limitazioni; anche questo nostro sito è pieno di testimonianze da leggere con attenzione, e che grazie al nostro fantastico webmaster Gian Paolo Frau vengono puntualmente pubblicati e che si possono trovare nell’archivio del sito.

L’arte dell’accettazione della malattia di Parkinson [si tratta veramente di un’arte che tutti possono e dovrebbero imparare] a Sassari probabilmente è un po’ più facile che in altri posti: possiamo contare su un efficiente Ecosistema del Parkinson, molto evoluto negli ultimi anni [è interessante rivisitare una sua precedente versione in L’Ecosistema Parkinson Sassari, oppure nel mio articolo del 2016 Dott. Paulus non molla Mr. Parkinson], e che attualmente è formato, oltre da Comune e ASL di Sassari, dalla nostra Associazione Parkinson Sassari con la sua rete di connessioni con l’Università che lega a noi diversi specialisti quali psicologi, terapisti, farmacologi, neurologi, nutrizionisti e tanti altri, e dove la persona affetta da Parkinson e la sua famiglia non è abbandonata ma aiutata, integrata e supportata.

Vi sembro troppo ottimista? Non mi pare, guardate l’Ecosistema attuale:

  • La Provincia: ci ha appena concesso la sala per la nostra tradizionale Giornata Sassarese della malattia di Parkinson di fine anno;
  • Il Comune: sempre vicina tramite la Commissione per le Disabilità;
  • ASL: l’ambulatorio Parkinson ha appena aggiunto ulteriori possibilità di prenotazione tornando ai pieni ritmi pre-covid; è in corso il progetto su Familiari/Caregiver;
  • Università: conclusosi prima dell’estate la ricerca sui virus nel Parkinson con prossima presentazione dei risultati, è ora iniziato il progetto di fitness con la Facoltà di Scienze motorie che coinvolge le associazioni Parkinson di Sassari e di Alghero;
  • Associazione Parkinson Sassari: sta sistemando la nuova sede in previsione della sua prossima apertura; sta preparando, dopo lo stop dovuto alla pandemia, la Giornata Sassarese del Parkinson; il coro “Volare si può” è in piena attività.

Non male, vero? E se parte il PDTA (Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale) del Parkinson suggerito da noi all’ASL di Sassari, allora l’utenza personale e familiare sarà pienamente inserita in una rete globale che aiuterà a 1) accettare la malattia, 2) affrontarla e 3) migliorare la qualità di vita ottenendo un livello di vita soddisfacente in attesa della prossima generazione di farmaci innovativi.

Più che mai: Volare si può sognare si deve!

 

Fonti bibliografiche:

Gheshlagh RG, Sayehmiri K, Ebadi A, Dalvandi A, DalvandS, Tabrizi KN. Resilience of Patients with Chronic Physical Diseases: a systematic review and meta-analysis. Iran Red Crescent Med J, 2016; 18(7): e38562.

Mahmoud NN, Rothenberger D. From Burnout to Well-being: a focus on resilience. Clin Colon Rectal Surg 2019: 32: 415-423.

Robottom BJ, Gruber-Baldini AL, Anderson KE, Reich SG, Fishman PS, Weiner WJ, Shulman LM. What determines resilience in patients with Parkinson’s disease. Parkinsonism and Related Disorders, 2012; 18: 174-177.

Rosengren L, Forsberg A, Brogardh C, Lexell J. Life Satisfaction and Adaptation in Persons with Parkinson’s Disease – A qualitative study. Int. J. Environ Res Public Health 2021; 18, 3308; 1-12.

SLA: FINALMENTE UN NUOVO FARMACO di Kai S. Paulus

(Pillola n. 23: permettetemi di dedicare questa Pillola alla SLA perché c’é una grossa novità)

La sclerosi laterale amiotrofica, SLA, è una malattia neurodegenerativa che colpisce il sistema motorio ed in particolare la via motoria esecutiva, con il primo motoneurone che origina nella corteccia cerebrale e che proietta il commando del movimento al tronco encefalico ed al midollo spinale, da dove il secondo motoneurone si porta in periferia dove innerva ed aziona il muscolo scheletrico (collo, gabbia toracica, braccia e gambe).

Il sistema motorio con il primo motoneurone che origina nella corteccia cerebrale, ed il secondo motoneurone che arriva fino la muscolo

Nella SLA sono colpiti entrambi i motoneuroni a causa di mutazioni genetiche quali quella del gene che codifica per l’enzima antiossidante, superossido dismutasi SOD1, del gene TARDBP che codifica per la proteina TDP-43, importante nella regolazione di altri essenziali geni, e di mutazioni del gene C9ORF72 che codifica per la omonima proteina coinvolta nei processi di fagocitosi intracellulare. A queste possibili mutazioni si aggiungono una serie di possibili fattori ambientali, tra cui sostanze tossiche, pesticidi ed insetticidi.

La malattia del motoneurone è una malattia rara con una prevalenza di 6-7 casi ogni 100.000 abitanti (quella del Parkinson è di 3 casi ogni 1000), che colpisce maggiormente persone giovani con una lieve prevalenza tra i maschi.

Il quadro clinico della sclerosi laterale amiotrofica è rapidamente progressivo ed è caratterizzato da una ipotrofia e ipostenia muscolare che porta progressivamente a debolezza muscolare ai quattro arti con difficoltà nella manualità e nella deambulazione fino ad una tetraplegia con allettamento, difficoltà nell’espressione verbale (disartria), nella deglutizione (disfagia) e respirazione (dispnea). L’attuale terapia con il farmaco riluzolo può rallentare lievemente la progressione della malattia che in alcuni anni porta comunque alla morte.

La notizia che il nuovo farmaco, tofersen, possa non solo rallentare ma addirittura ridurre la SLA, ha quasi del miracoloso.

Lo studio scientifico, appena pubblicato, sul nuovo farmaco Tofersen

Tofersen è un oligonucleotide antisenso che si lega al RNA (copia temporanea di un pezzo di DNA) del gene mutato della SOD1 bloccando la produzione della proteina alterata che innesca i processi cellulari che conducono alla degenerazione del neurone.

Da ciò si deduce, però, che il nuovo farmaco rappresanta al momento una promettente opzione terapeutica solo per le persone con la mutazione di SOD1, che in Italia attualmente sono circa 120-150.

Pur riguardante solo una piccola popolazione di ammalate/i di SLA, i risultati scientifici di tofersen sono eclatanti e danno molta speranza a tutta la comunità di persone affette da malattie neurodegenerative in quanto questo farmaco, già somministrato anche in Italia, rappresenta l’inizio di una nuova era del trattamento farmacologico, non più sintomatico, ma modificante il decorso della malattia [in realtà già iniziata qualche mese fa con il Risdiplam per l’atrofia spinomuscolare, di cui vi avevo informato a giugno, vedi “Atrofia spinomuscolare”, archivio giugno 2022]

Personalmente sono molto emozionato, perché ho studiato la SLA sin dai tempi della mia specializzazione alla fine degli anni ’90 lavorando ad una interessante tesi che successivamente è stata pubblicata su una rivista scientifica internazionale, ed oggi seguo tante persone con SLA insieme allo straordinario gruppo della SS Malati Ventilati e ACA della ASL Sassari, l’anestesista Simona Troisi, la psicologa Annalisa Calabretta, l’assistente sociale Elisabetta Marras, oltre a competenti infermieri e fisioterapiste, capitanato dalla responsabile, dott.ssa Vanna Chessa, che tutti insieme svolgono un incredibile ed insostituibile lavoro e sono un vanto per nostra sanità pubblica sassarese.

La mia tesi di specializzazione: uno studio elettrofisiologico con gli allora innovativi potenziali evento-correlati, con cui si possono sondare le capacità del cervello

Fonti bibliografiche:

Anderl-Straub S, Schuster J, Dorst J, Ludolph AC. Amyotrophe Lateralsklerose und Frontotemporale Demenz – auf dem Weg zu gemeinsamen genspezifischen Therapieansaetzen. Der Nervenarzt 2021; 92: 1219-1226.

Dorst J, Genge A. Clinical studies in Amyotrophic Lateral Sclerosis. Curr Opin Neurol 2022; 35(5): 686-692.

Ito D. Promise of Nucleic Acid Therapeutics for Amyotrophic Lateral Sclerosis. Ann Neurol 2022; 91(1): 13-20.

Miller TM, Cudkowicz ME, Genge A, Shaw PJ, Sobue G, Bucelli RC, Chiò A, Van Damme P, et al. Trial of Antisense Oligonucleotide Tofersen for SOD1 ALS. N Engl J Med 2022, 387(12):1099-1110.

Miller T, Cudkowicz M, Shaw PJ, Andersen PM, Atassi N, Bucelli RC, Genge A, et al. Phase 1-2 Trial of Antisense Oligonucleotide Tofersen for SOD1 ALS. N Engl J Med 2020; 383(2): 109-119.

ATROFIA SPINOMUSCOLARE di Kai S. Paulus

(Pillola n. 22)

 

Progressiva” e “degenerativa” sono questi i termini con cui il nostro vicepresidente Franco Simula sottolinea la gravità della malattia di Parkinson. Spero, e sono convinto, carissimo Prof. Simula, che questi aggettivi possano presto sparire dal vostro vocabolario.

 

Nei due giorni della settimana, che sono in servizio per le visite a domicilio, vado a trovare persone con malattie molto gravi, come la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), quasi tutti allettati e con ventilazione meccanica, e dove i medici si sentono completamente impotenti.

 

Da diverso tempo sto seguendo a domicilio delle persone affette da una malattia rara, la atrofia spinomuscolare (SMA), che si basa su un difetto genetico che causa una debolezza muscolare “progressiva” e degenerativa”. Nei casi in cui la SMA si manifesta già alla nascita, il bambino si presenta senza forza alcuna e flaccido (“floppy child”) e non riesce a raggiungere il primo traguardo nello sviluppo del movimento, e cioè, non riesce a rimanere seduto autonomamente. Quando invece la “degenerazione” muscolare si presenta nel corso degli anni, la persona perde “progressivamente” la forza muscolare con sempre maggiore perdita delle autonomie residue fino a finire in sedia a rotelle ed, alla fine, allettata.

La malattia è dovuta a delle mutazioni del gene SMN1 che codifica per una proteina, SMN, essenziale per il corretto funzionamento del motoneurone, cellula neuronale che innerva l’unità motoria formata da una o più fibre (cellule) muscolari. Pertanto, l’alterazione di quella proteina porta a disfunzioni e “degenerazione” del neurone che innerva il muscolo, con conseguente “progressiva” debolezza e ipotrofia muscolare.

 

Tra parentesi, visto che in questo periodo ci stiamo dedicando molto a familiari e caregiver, immaginatevi, se l’unico familiare, che si prende cura di una persona così grave, ad un certo momento subisce un ictus cerebrale (…)

 

Ora però arriva Risdiplam, un farmaco che interviene direttamente sul meccanismo della malattia inibendo la sua “progressione” e riducendo il quadro clinico; quindi, a tutti gli effetti un farmaco in grado non solo di agire sui sintomi, come siamo abituati noi con i farmaci anti-Parkinson, ma capace di modificare il decorso della malattia (“disease modifying”) agendo direttamente sul processo patologico.

Il risultato sarà, 1) per le persone sintomatiche, con sintomi clinici, una riduzione della gravità del quadro clinico e conseguente miglioramento della qualità di vita per ammalati e familiari, e 2) per gli asintomatici, clinicamente sani, l’evitare dell’esordio di segni e sintomi.

 

Il risdiplam rappresenta per l’atrofia spinomuscolare l’inizio di una nuova, epocale, generazione di farmaci che, speriamo presto, stiano per arrivare anche per altre malattie neuro- “degenerative” e “progressive”, come la SLA e la malattia di Parkinson.

Vittoria? Forse non ancora. Ma per me medico, poter portare a casa un farmaco simile, è, a dir poco, entusiasmante ed è la prima volta che succede un fatto talmente clamoroso nella mia vita professionale.

E se prossimamente Franco Simula dovesse essere costretto a modificare il suo vocabolario a riguardo del Parkinson?…  Non vedo l’ora.

 

Fonti bibliografiche:

Martin P, Horber V, Park J, Kronlage C, Grimm A. Spinale Muskelatrophie. Nervenarzt 2022; 93(2): 191-200

Mercuri E, Deconinck N, Mazzone ES, et al., SUNFISH Study Group. Safety and efficacy of once.daily risdiplam in type 2 and non-ambulant type 3 spinal muscular atrophy (SUNFISH part 2): a phase 3, double-blind, randomized, placebo-controlled trial. Lancet Neurol 2022;21(1): 42-52

Paik J. Risdiplam: a review in spinal muscular atrophy. CNS Drugs 2022; 36(4): 401-410

PARKINSON E FESTINAZIONE di Kai S. Paulus

(Pillola n. 21)

La festinazione è uno dei sintomi più frequenti negli stadi medio-avanzati della malattia di Parkinson, già menzionata nella prima descrizione clinica di James Parkinson nella sua “The shaking palsy” (1817), ma curiosamente non considerata dalla letteratura internazionale come invece altri segni tipici, quali tremore, rigidità, rallentamento motorio, scialorrea e disturbi del sonno.

La festinazione appartiene al capitolo dell’instabilità posturale insieme al freezing e la camptocormia, e, insieme ad essi, principale causa di cadute.

Quando ero studente, ci spiegavano la festinazione come il tentativo di rincorrere il proprio baricentro proiettato in avanti, un’immagine azzeccata che non ho mai dimenticato; è come quando si sta per cadere in avanti e, per evitare la caduta, si fanno dei passi correttivi in avanti; ma nella festinazione questi passi risultano troppo corti, per cui necessitano velocemente di un passo compensatorio, che però risulta più breve, ed il prossimo passo sarà ancora più veloce ed ancora più corto: si crea così una corsa a passi sempre più piccoli, ed alla fine non si riesce più a correggere la proiezione del tronco in avanti, e quindi si cade.

Ed arriviamo al punto: cosa possiamo fare per ridurre la festinazione, prevenire le cadute o magari evitarla proprio?

Come già accennato, la festinazione è scarsamente responsiva ai farmaci dopaminergici ed alle procedure invasive, come la stimolazione cerebrale profonda oppure il trattamento con gli ultrasuoni focalizzati; ma è comunque importante l’ottimizzazione della terapia in atto. Dopodiché, la riabilitazione mirata al miglioramento dell’equilibrio statico-dinamico, della postura e della marcia, e le strategie di nordic walking sono sicuramente da annoverare tra le metodiche più utili, accanto alle cure dei disturbi non motori, quali insonnia, stitichezza, dolori, depressione, ansia.

Fonti bibliografiche:

Nonnekes J, Giladi N, Guha A, Fietzek UM, Bloem BR, Ruzicka E. Gait festination in parkinsonism: introduction of two phenotypes. Journal of Neurology, 2019; 266: 426-430.

IGIENE DEL SONNO 2.0 di Kai S. Paulus

(Pillola 20)

Il sonno è una delle funzioni fisiologiche più importanti per il corretto funzionamento del nostro organismo, corpo e mente. Molte volte ci siamo occupati in questo sito delle problematiche del sonno, specialmente nella malattia di Parkinson, nella quale i disturbi del sonno possono rappresentare il sintomo d’esordio della malattia che precede i classici sintomi del Parkinson (tremore, rallentamento, rigidità, instabilità posturale) anche per molti anni. Sappiamo anche quanto lo stesso Parkinson possa rovinare il sonno. Abbiamo già trattato i diversi disturbi del sonno che si incontrano nel Parkinson (sindrome delle gambe senza riposo, movimenti periodici delle gambe, disturbo comportamentale del sonno REM, alterazione del ritmo circadiano, le apnee notturne, ecc.) che vanno gestiti da esperti di Parkinson e di disturbi del sonno, proprio perché il loro corretto trattamento può modificare il decorso della malattia e ridurre sintomi e disagi durante il giorno.

Tra le problematiche notturne spicca certamente la comune insonnia, di cui soffre circa il 6% della popolazione generale, che spesso viene sottovalutata oppure trattata farmacologicamente in modo non ottimale.

Esistono dei semplici comportamenti che si possono adottare giornalmente per migliorare il proprio riposo notturno, seguendo alcune raccomandazioni che sono incluse nella cosiddetta Igiene del sonno, che, accanto alla Terapia Cognitiva Comportamentale, rappresenta il principale approccio non farmacologico ed efficace nel trattamento dell’insonnia.

Nonostante l’apparente semplicità dell’igiene del sonno, risulta che solo poche persone riescono a seguire quelle regole ed a migliorare efficacemente il loro riposo notturno. Pertanto, vorrei presentare un aggiornamento delle regole comportamentali nella speranza che possano trovare maggiore consenso e beneficio tra coloro che posseggono enormi greggi notturni di pecorelle …

Fonti bibliografiche:

 

 

Frohnhofen H. Schlaf und Schlafstoerungen im hoeheren Lebensalter. CME 2022; 19(1-2): 19-27.

Lauren NG, Cunnington D. Management of insomnia in primary care. Aus Prescr 2021; 44(4): 124-128.

Weinhold SL, Goeder R. Kognitive Verhaltenstherapie bei Insomnie. Somnologie 2022; 26(1): 55-64.

Zeising M, Thiedermann C, Pollmaecher T. Schlafmedizin in der Psychiatrie und Psychotherapie. Nervenarzt 2022; 93: 313-324.

MALATTIA DI PARKINSON E DEPRESSIONE di Kai S. Paulus

(Pillola 19)

 

La depressione, spesso associata all’ansia, è una malattia neuropsichiatrica che coinvolge sia la sfera affettiva che quella cognitiva, ed è molto frequente nella popolazione generale.

Questo disturbo dell’umore è caratterizzato da una riduzione dell’autostima, perdita di interesse, mancanza di motivazione, stanchezza, tendenza all’isolamento, ecc., con conseguenti difficoltà a svolgere le comuni attività domestiche e/o lavorative, associato ad ansia ed insonnia. Nella maggior parte, la depressione è curabile con approcci psicoterapeutici o farmacologici.

Si distinguono diverse forme di depressione che vanno dal disturbo distimico fino al bipolarismo, che qui non possiamo trattare, ma nella malattia di Parkinson la depressione acquista particolare significato ed importanza, e si distinguono diversi tipi di depressione:

1) una depressione pre-esistente ed indipendente dalle cause del Parkinson, che però viene accentuata dalla malattia neurologica, prevalentemente da ascrivere ad una riduzione del tono serotoninergico intracerebrale;

2) una depressione che può rappresentare il sintomo d’esordio del Parkinson e precedere di diversi anni i classici sintomi motori (tremore, rallentamento, rigidità, instabilità posturale) e dovuto ad un coinvolgimento di sistemi neuronali dopaminergici, noradrenergici e serotoninergici; in questo caso la depressione diventa una vera sfida, sia in termini di corretto inquadramento diagnostico (quindi non classica depressione, ma disturbo parkinsoniano), sia in termini terapeutici perché necessita di un approccio farmacologico mirato;

3) una depressione correlata alle fluttuazioni motorie del Parkinson che si manifesta specialmente nelle fasi “off” di fine dose della levodopa insieme all’accentuazione del tremore, dei blocchi motori e dei dolori;

4) una depressione reattiva, cioé dovuta alle difficoltà di affrontare i disagi e disabilità del Parkinson.

5) una comprensibile depressione del familiare, sopraffatto dal peso della necessaria disponibilità 24 ore su 24, che complica la convivenza familiare e la gestione globale;

6) la forma più frequente: una depressione mista che comprende diverse delle forme elencate.

 

Comunemente, depressione e Parkinson si accentuano vicendevolmente, cioè in presenza di depressione il quadro neurologico del Parkinson si aggrava, e con il decorso del Parkinson peggiora la depressione, con ovvie difficoltà nella gestione di entrambi.

Che cosa possiamo fare?

1) per una depressione indipendente dal Parkinson bisogna scegliere approcci farmacologici compatibili con la terapia antiparkinsoniana;

2) ottimizzare la terapia del Parkinson con cui verosimilmente migliora anche il tono dell’umore;

3) un sostegno psicologico per la persona ammalata ed i familiari;

4) favorire e stimolare le attività quotidiane, con commissioni, passeggiate, passatempi piacevoli vari;

e, importantissimo,

5) le attività associative: stare insieme a persone con problematiche simili è utilissimo quanto terapeutico, e le attività proposte anche dalla nostra Parkinson Sassari, quali coro, ginnastica (entrambi online ed in presenza), gite, convegni, ecc. sono essenziali perché esaltano l’insieme, la collettività, il coinvolgimento del singolo a partecipare alle attività di gruppo, favorendo pertanto la motivazione ed il divertimento.

 

Infine, Parkinson, depressione e ansia, riducono la qualità e la durata del riposo notturno, per cui una delle strategie principali è rappresentato sicuramente dal miglioramento del sonno.

Ma questo lo sapevamo già.

 

Fonti bibliografiche:

Aguera-Ortiz L, Garcia-Ramos R, Perez FJG, Lopez-Alvarez J, Montes Rodrigues JM, et al. Focus on depression in Parkinson’s disease: a Delphi Consensus of Experts in Psychiatry, Neurology, and Geriatrics. Parkinson’s Disease 2021; ID 6621991: 1-11.

Weintraub D, Aarsland D, Chaudhuri KR, Dobkin RD, Leentjens AFG, Rodriguez-Violante M, Schrag A. The neuropsychiatry of Parkinson’s disease: advances and challenges. Lancet Neurol 2022; 21(1): 89-102.

CANNABIS E PARKINSON di Kai S. Paulus

(Pillola 18)

La cannabis attualmente è molto in voga, e da comune sostanza “da sballo” è stata promossa a suon di popolo a rimedio terapeutico contro il Parkinson. Già da diversi anni i cannabinoidi rientrano nelle terapie palliative ed antidolorifiche anche per malattie neurologiche quali la sclerosi multipla, ma il loro utilizzo come farmaco anti-Parkinson è ancora molto discusso e di cui abbiamo già riferito nell’articolo “Stupefacente!” (vedi archivio: aprile 2017).

La cannabis, composta da oltre 2000 sostanze, contiene principalmente due molecole, la THC che è psicoattiva e responsabile dello ‘sballo’, di allucinazioni e assuefazione, e la CBD che invece possiede un effetto ansiolitico ed antiinfiammatorio. Le due sostanze si influenzano a vicenda e così la CBD può accentuare l’azione psicogena della THC che a sua volta rafforza l’effetto ansiolitico della CBD. Nel commercio si trovano tanti prodotti di cannabis in diverse formulazioni (pastiglie, gocce, inalazione) ed a rapporti diversi tra THC e CBD potenzialmente decisivi nel determinare l’eventuale risultato; e siccome l’effetto del cannabinoide, in base alla formulazione ed alla concentrazione, è molto individuale, è difficile stabilire in quali percentuali, dosaggi e rapporto THC-CBD assumerlo per ottenere i benefici sperati senza dover far i conti con gli effetti collaterali.

La cannabis viene spesso assunta nella speranza che possa mitigare i sintomi parkinsoniani difficili da gestire con i farmaci tradizionali, e ci si accontenta alla fine del suo effetto principalmente ansiolitico. Nel sopracitato articolo ho cercato di illustrare i pro ed i contra della cannabis e delle sue principali componenti, la CBD e la THC, che potete andare a rivedere.

Appare interessante che, nonostante non ci siano evidenze scientifiche su eventuali benefici nel Parkinson, i prodotti a base di cannabinoidi vengono utilizzati verosimilmente nella speranza che “a qualcosa possano servire”, spesso dovuto ad una propaganda mediatica non scientifica.

Regolarmente leggo nel viso la delusione di coloro, tanti, che mi chiedono della cannabis non ottenendo la sperata risposta affermativa.

In questo contesto di assenza sia di evidenze scientifiche che di linee guida accreditate, e del sostanziale fai-da-te, si inserisce l’appena pubblicato articolo del nuovo numero della rivista Movement Disorders Clinical Practice con l’accattivante titolo “Maggiori rischi, maggiori benefici? Riferiti effetti del reale utilizzo di cannabis nella malattia di Parkinson” (Holden et al., 2022). Gli autori presentano un sondaggio tra oltre 50.000 persone affette da malattia di Parkinson raccogliendo le loro esperienze con la cannabis assunta di propria iniziativa.

Tra i principali effetti benefici sono stati riportati: miglioramento del sonno, riduzione di ansia, agitazione e dolori, mentre gli effetti avversi sono stati stordimento, problemi cognitivi, allucinazioni, aumento del peso, instabilità posturale, sonnolenza diurna, fatica, tachicardia ed apatia. Interessante è l’affermazione del 30% degli intervistati di un’azione positiva sui sintomi parkinsoniana, specialmente rigidità, rallentamento motorio e discinesie, mentre circa il 5% riferisce un peggioramento sintomatico. Tali risultati sono però soggettive, non confermate da valutazioni cliniche, e verosimilmente da ascrivere ad una sensazione di miglioramento per l’effetto rilassante. Secondo una ipotesi degli autori, la THC potrebbe effettivamente comportare una certa riduzione dei sintomi parkinsoniani associato però ad un aumento dei sopracitati effetti avversi. E pertanto, ci si chiede se vale veramente la pena (nel vero senso della parola) di usare una sostanza per la propria salute senza avere nessuna certezza né basi scientifiche.

La discussione rimane aperta, e sono in corso nuovi studi per poter oggettivare gli effetti dei cannabinoidi e per comprendere maggiormente i loro meccanismi d’azione all’interno del sistema nervoso centrale. Nel frattempo, per ottenere un effetto rilassante senza incorrere in spiacevoli effetti collaterali, e per rimanere nell’ambito della fitoterapia, magari potrebbero assolvere dal bisogno benissimo altri rimedi, quali, melissa, biancospino, passiflora e la comunissima camomilla, meno costosi e senza effetti collaterali.

Però, la questione della cannabis come possibile cura della malattia di Parkinson rimane molto intrigante e rimarremo sul pezzo.

Fonte bibliografica:

Holden SK, Domen CH, Sillau S, Liu Y, Leehey MA. Higher risk, higher reward? Self-reported effects of real-world cannabis use in Parkinson’s disease. Mov Disord Clin Prac 2022; 9(3):340-350.