Badde Lontana – In ricordo di Giuseppe Fiori – Testi di Franco Simula

In ricordo di Giuseppe Fiori – 04 ottobre 2020

In ricordo di Giuseppe Fiori – 04 ottobre 2020
Si consultavano solo loro.
I calli.
I calli venivano “ascoltati” come noi il meteo dall’immancabile colonnello dell’Aeronautica . E, i calli, non promettevano niente di buono da diversi giorni.
Oggi, che non capisci più le stagioni, sempre più ripenso che prima le conoscevamo, accecanti estati, miti primavere, autunni che correvano verso inverni che incancrenivano le ossa.
La casa era enorme, un’isolato, tutti assieme vivevano i miei nonni coi vari figli sposati ed ognuno aveva le proprie stanze. Ma in inverno, quando la tempesta, nei pomeriggi innaturalmente neri, si avvicinava, allora, si correva nella stanza dei nonni, le imposte semichiuse a spiare l’inizio della pioggia. La fiamma delle candele proiettava ombre su ogni parete e gli armadi parevano mostri pronti ad aprire le mascelle, i letti altissimi e, sotto, nascondigli per bobbotti. E quelle facce tremolanti che ci guardavano …..tutte tutte le pareti erano zeppe di grossi quadri malevoli. Santa Tecla, un piatto sulla mano sinistra contenente i suoi seni tagliati, il cuore di Gesù fuori dal petto stillante spine e goccioloni di sangue e Santa Barbara, colpita da fulmini e saette, alzava gli occhi al cielo. E si correva a mettere uno stagnale sotto un filo incessante che colava dall’autarchico tetto con le tegole che volavano al minimo soffio di vento, e una casseruola là in fondo e un tegame di qua, ed allora, al culmine, si levava dagli angoli l’invocazione “Sant’Avara de sos campos, libera nos ” in una litania ripetuta infinite volte e condita con le promesse di giaculatorie, novene e tredicine ad ogni santo conosciuto, mentre anche le candele raggiungevano il loro ultimo respiro.
E noi piccoli, pallidi, sbirciavamo all’ esterno, da un pertugio, tutto quel clamore e quell’acqua ruscellante e, volgendoci, vedevamo tutti quei vecchi, perché agli occhi dei bambini, tutti gli altri, vecchi sono, imploranti S.Avara ,mentre i tavolati cigolavano di suoni aggriccianti . E quando la furia si esauriva ,vedevi il colore tornare sulle guance di ciascuno e subito dopo ci si premiava con le frittelle scaldate sulla graticola e con un pane carasau inumidito, zuccherato e arrotolato. Di quegli anni, sotto l’onda dei ricordi, dietro le palpebre chiuse, risento ancora quei tuoni e quegli scrosci, sigillati nella memoria, paurosi e splendidi e irrimediabilmente perduti ed obsoleti .
Chi, infatti, ha più quei temporali, S. Barbara, ma soprattutto i calli e i tavolati scricchiolanti di una volta?
Una signora col rossetto Egle Farris
Oggi sono in giro per visite domiciliari. Per l’ultima visita in programma sono sorprendentemente in anticipo e così decido, prima della mia destinazione, di accostarmi con la macchina e chiamare il nostro Presidente Franco Simula.
Per raggiungere il posto, parecchio fuori Sassari, mi ci è voluto un bel po’, a momenti mi chiedevano il passaporto… Finalmente, giunto allo svincolo autostradale internazionale di Segasidda manna e Segasidda minor, posso parcheggiare e chiamare Franco per un breve saluto.
Per prima cosa Franco smorza subito la mia idea, di riprendere immediatamente con le nostre attività in via Venezia, facendomi ragionare sulle recenti restrizioni del nostro Sindaco nei luoghi pubblici. Quindi dovremo attendere ed eventualmente trovare delle alternative.
Subito dopo Franco mi informa sulle incessanti attività diplomatiche della vulcanica Laura Piga (Franco trova sempre il giusto aggettivo per rendere l’idea) per ottenere un locale, ricerca rafforzata dal nostro presidente che ha ottenuto un imminente appuntamento con l’assessora. Tutti e due riteniamo che sarà opportuno riprendere le attività della nostra Parkinson Sassari al più presto possibile. L’altra irresistibile vulcanica, Rita Lionetti, ha elaborato durante l’estate un progetto di attività annuale che ora dovremo seriamente prendere in considerazione.
Come da accordi con Franco, e su suggerimento della presidente della commissione disabilità, Ermelinda Delogu, lo aggiorno dei miei progressi nello stilare una bozza di un progetto, simile ad un PDTA (percorso diagnostico terapeutico assistenziale) multidisciplinare, da proporre alla ATS in tempi brevissimi, per migliorare e velocizzare la presa in carico dell’utente per l’iter diagnostico ed il percorso terapeutico-riabilitativo. Per tale proposito ad entrambi viene in mente il protocollo d’intesa con l’Università con il quale potremo attivare dei corsi di aggiornamento e perfezionamento per fisioterapiste/i, logopediste/i e psicologi/che, che gradualmente potranno essere integrati nel PDTA/Ecosistema del Parkinson. Oggi stesso prenderò contatti con dott. Giuseppe Demuro, e speriamo che entro il mese si possa concretizzare qualcosa. E poi ci sarebbe ancora da organizzare l’incontro tra il nostro presidente ed il rettore dell’Ateneo per la firma ufficiale…
Notizia molto piacevole è, e Franco non nasconde una discreta soddisfazione, che il 5×1000 del 2018 è stato trasferito sul conto della nostra associazione e che quello del 2019 non si farà attendere.
Quindi, ci sarebbe da prendere in considerazione la nostra Giornata Sassarese che generalmente teniamo a fine novembre e che quest’anno sarà una vera sfida; ma vogliamo essere coraggiosi: non possiamo ridurre il nostro tradizionale appuntamento annuale di incontro, aggiornamento e scambio di idee ad una sterile video-conferenza. No, la vogliamo tenere dal vivo, con tutte le dovute precauzioni e distanziamenti, ma dal vivo. Pensiamoci già da adesso.
Infine, informo il nostro presidente che ho inoltrato domanda alla segreteria del CUP per rendere nuovamente possibili gli appuntamenti con l’ambulatorio dei Disordini del Movimento, che comunque, e me ne vanto, durante i mesi del lockdown non ha interrotto l’attività e, con il dovuto rispetto delle attuali norme vigenti, ha proseguito a fornire continuamente prestazioni ambulatoriali, telefoniche e per posta elettronica. Speriamo che il CUP farà prestissimo ripartire le prenotazioni ufficiali; ciò è importante non tanto per i nostri soci che già conoscono il numero ambulatoriale diretto 079 2062792, ma per le persone che non hanno riferimenti a Sassari e non sanno come ottenere un appuntamento per una visita neurologica per Parkinson, tremori, ed altri disordini del movimento.
A già, e poi ci sono ancora Soleandro e le genuità che ci fanno sorridere divertiti. Ma dobbiamo terminare la nostra solita breve chiacchierata, ne parleremo un’altra volta.
Tanti saluti a Giannella.
Allora, non mi ricordo più, Segasidda manna oppure minor?
Non era un ultimatum, era un diktat .
Solo la data veniva comunicata, al momento opportuno.
La vendemmia si sapeva che dovevamo farla. Sempre.
Tutta la famiglia, quella enorme famiglia che occupava intero un isolato con una miriade di lunghi corridoi alla fine dei quali ci stava sempre un armadio enorme temuto dai piccoli perché credevano ci fosse il maligno bobotti, stanze, stanzini, cucine e ripostigli, nonni, undici figli, generi, nuore e zie e prozie e nipoti e cugini richiamati da ogni dove, che si passavano la data tipo KGB. Dovunque si trovassero …….. ubbidivano.
Si scendeva verso quella vigna immensa dal buffo nome “Tilipische”, con la terra dentro le scarpe, saltando l’asmatico torrente, sulle cui rive gialli meloni e rosse angurie promettevano delizie. Facevamo a gara per passare da un paracarro di cemento all’altro e non cadere, cosa che invece si verificava molto spesso e allora c’era chi piangeva e chi ne rideva per dimostrarsi forte e chi ci minacciava che “la mamma del sole” nascosta in un banco di candido tufo ci avrebbe rapito e punito per quel pericoloso gioco .
E poi si iniziava, tutti noi bambini ad urlare più che cantare, gli altri a lavorare.
Raccolta veloce e sorridente, famiglie e vignaioli, grandi e piccini, in lotta con le vespe, chiamate dall’ambrato moscato . Canti a squarciagola, grappoli di infinita dolcezza, acini gonfi e maturi, piluccati prima e dopo, pendenti dai tralci deformati dal vento, file di ceste colme, esalanti odori aspri e soavi.
Il pranzo, si sapeva. Gli adulti sotto le annose querce, i piccoli tutti assieme sotto un albicocco deliziososo, un melo miali dai frutti bianchi e rossi e due vecchi susini da cui pendevano cerosi frutti viola all ‘esterno e color dell’oro all’interno.
Il pranzo, manco dirlo, imbandiva uve con formaggi di ogni tipo, salsicce e frittate, deliziose mele “miali “, fragranti pere “antoni ‘e sale “, io ricordo questo nome, chissà, ma continuo a sentirne ancora il gusto.
Pranzo velocissimo, la pigiatrice non poteva aspettare, il sole invece ci attendeva ancora e si ricominciava da capo sino a che iniziava a scemare.
E, alla fine del giorno, inebriato di odori e sensazioni, ti fermavi con gli occhi chiusi per assaporare gli ultimi profumi e per ringraziare loro, le viti spogliate del loro immenso tesoro, ma ancora innamorate dell’ultimo raggio del sole.
Una signora col rossetto Egle Farris
Qualche giorno fa, Paola ed io abbiamo fatto una bellissima passeggiata ad Alghero, tutto il Lungomare Dante e Valencia fino al Bar Quintilio. Una giornata splendida; c’era una lieve brezza e tutta quella aria fresca ci faceva proprio bene. Ritornando, ci siamo spinti fino sulla muraglia, pensando a Franco Simula e Barabba (vedi l’articolo “La muraglia e dintorni” di Franco Simula, pubblicato in questo sito il 16 luglio 2020).
Quasi alla fine dei Bastioni sento una musica familiare. No, penso non può essere, ma la persona con il grande capello nero seduta su uno sgabello suonando la chitarra, era proprio lui, Angelo Giovanni Maria Pilo, in arte Soleandro.
Devo ammettere, fino ad un anno fa non conoscevo il cantautore di Ploaghe che ho imparato ad apprezzare grazie al nostro coro Volare Si Può. In particolare, ogni volta che sento la sua famosa canzone “Savitri” devo pensare al nostro “Coro virtuale”, quando, durante il lockdown della passata primavera, il nostro maestro Fabrizio Sanna settimanalmente ci ha diretto tramite Facebook attraverso la musica italiana e spesso anche con questo “cantico d’amore”, dichiarato “canzone dell’anno” durante la manifestazione sassarese “Note di Stelle – Insieme Per Ricominciare”.
In tale occasione, come sappiamo, la nostra Parkinson Sassari è stata premiata per il loro sforzo durante l’emergenza del covid-19 e per aver contribuito a far conoscere “Savitri”.
Ci siamo fermati ad ascoltarlo e ci ha dedicato l’immensa “Non potho reposare”.
“Buonasera Soleandro”, lo saluto e continuo un po’ sfacciatamente, “abbiamo recentemente vinto un premio insieme”.
Il musicista mi studia con lo sguardo e poi replica: “Lei è quello del servizio in televisione, l’amico di Franco. A vedervi cantare nel parco mi sono emozionato. State facendo delle cose straordinarie a Sassari; continuate così. Mi saluti Franco e tutti gli amici della vostra associazione.”
In macchina, al rientro verso Sassari, abbiamo cantato “Savitri”, “Piaghe” ed altre canzoni del cd “Savitri (cantico d’amore)”.
Parlando con Franco ho scoperto che amiamo i treni . Ma questo di cui vi parlo è un treno diverso, bizzarro e misterioso.
IL TRENINO.
Ero stata avvertita .
QUELLO era un treno particolare .
Giunsi trafelata davanti a quel binario che mi avevano indicato.
La prima volta che lo vidi, di un legno che un tempo doveva essere stato rosso, aspettava silenzioso e discosto. Con sgomento guardai se avessi la crinolina ,se fosse il 1874. Il trenino sembrava arrivato dritto dritto dal Far-West, ma era il 1974 e fu con apprensione e curiosità che salii tre gradini altissimi per me, per poggiarmi poi su sedili di rigido legno, rigati da infinite mani, e toccai vetri freddi ed opachi, che facevano solo indovinare l’esterno. Cominciò a saltellare sui binari con affanno e mi sembrò all’improvviso che il tempo e le distanze non contassero più ,dondolata dal ritmo lento e sempre uguale, che invitava a chiudere gli occhi.
Prima fermata, Funtana Niedda, dove non saliva o scendeva nessuno, poi Rodda Quadda, ritratto della prima e poi, poi….. il ponte sospeso ed inquietante che avrei da quel giorno chiamato “Cassandra crossing” sul quale il trenino pencolava e le nocche strette alle spalliere diventavano bianche.
Rodda Quadda
E capitava allora una cosa strana.
Restavi tu sola e il trenino che portava i tuoi pensieri e i tuoi desideri dove tu volevi e sognavi allora ignote destinazioni e lui le indovinava e te le proiettava nell’anima, perché era un vecchio treno e i vecchi treni, si sa, conoscono i sogni di tutti i passeggeri.
Per tanto tempo il trenino non mi portò al lavoro, ma in luoghi immaginari che solo più tardi avrei visto per davvero ,come se lui mi avesse fatto una irrinunciabile ed inviolabile promessa….
E poi, un freddo giorno di dicembre, arrivando di corsa all’appuntamento, sognando altre mete esotiche e lontane, lo cercai con gli occhi e…. non lo trovai più, non lo vidi più, sostituito da una inaspettata, amorfa e grigia littorina senz’anima e senza avventure. Non l’ho mai perdonato ….. Se n’era andato senza avvertirmi, il trenino, così, lasciandomi sola con i luoghi dei miei sogni.
Una signora col rossetto Egle Farris
Durante lo spettacolo “Note di Stelle” sono stati premiati i cori dell’Associazione Parkinson Sassari e di Casa Serena che hanno contribuito a far conoscere la canzone Savitri di Soleandro che é stata dichiarata canzone dell’anno.
Il nostro presidente Franco Simula é stato invitato sul palco per ricevere il riconoscimento, la targa in foto
Ovvero: come sconfiggere il Parkinson con appetito
Circa un anno fa abbiamo avuto un’idea molto ambiziosa: siccome comunemente si devono seguire delle rigide raccomandazioni dietetiche per rispettare le terapie farmacologiche di malattie croniche, e siccome sappiamo molto bene che una malattia cronica come il Parkinson richiede già tante restrizioni e rinunce, allora con Prof. Pier Andrea Serra, presidente del Corso di Scienze Alimentare dell’Università di Sassari, abbiamo voluto capovolgere le apparenti certezze, e cioè proporre un modo per divertirsi a tavola, senza rinunce, ed anzi, contribuire a combattere il Parkinson lasciando libero sfogo alle papille gustative consumando ottimi piatti, gustosi e soddisfacenti.
Il tutto ha inizio durante l’estate scorsa, quando Prof. Serra ci fa conoscere nella nostra Casa Park le due dottoresse Antonella Fiori e Veronica Matzau, entrambe studentesse del corso di Scienze Alimentari. Mi ricordo bene le animate discussioni nella piccola Casa Park colma dei nostri soci ponendo tantissime domande a Prof Serra e le dottoresse Fiori e Matzau sulle difficoltà di una persona con Parkinson alle prese di una corretta alimentazione.
Ecco il punto: qual è la corretta alimentazione in caso di Parkinson?
La scienza ufficiale è molto chiara su questo argomento: siccome le proteine (carne, pesce, formaggi, legumi, ecc.) interferiscono enormemente con l’assorbimento della levodopa (Madopar, Sinemet, Sirio, Stalevo, Duodopa) vengono raccomandati pasti poveri di proteine, ed i pasti principali spostati come orario in funzione dell’assunzione dei farmaci.
E qui nasce lo stupore: la persona con Parkinson deve lottare continuamente con disagi motori (tremore, rigidità, instabilità posturale, ecc.) e non-motori (ansia, depressione, dolori, insonnia, ecc.), ma anche con tanti possibili effetti collaterali causati dai farmaci, quali nausea, bruciore gastrico, sonnolenza (specialmente a tavola); ma ultimamente viene postulato il divertimento e le emozioni positive come chiavi di una buona gestione del Parkinson, ma di gioia e piacere a tavola non si parla mai.
Il pasto non è solo nutrimento, ma rappresenta anche piacere, gratificazione e socializzazione, di cui specialmente una persona con tante difficoltà ha proprio bisogno.
Spesso, il Parkinson causa patologie del tratto gastrointestinale, quali disfagia, reflusso gastroesofageo, gastrite, stitichezza, flatulenza, nausea, che ulteriormente vengono aggravate da rigidi protocolli e restrizioni.
Per trovare delle soluzioni alle tantissime domande, le dottoresse Fiori e Matzau, dopo alcuni incontri con le comunità parkinsoniane di Sassari ed Alghero, hanno stilato un questionario per conoscere meglio le abitudini alimentari ma anche i disagi connessi all’assunzione del cibo. Sulla base dei dati raccolti le dottoresse hanno quindi elaborato delle proposte per poter evitare i disagi e soprattutto per ritrovare il piacere della buona tavola, l’attesa gioiosa del momento culinario, la divertente convivialità, elementi essenziali che contribuiscono a gestire meglio la malattia.
Giovedì, 9 luglio ci siamo quindi dati appuntamento per una nuova video-conferenza per ascoltare i risultati della ricerca gastronomica, con la oramai consueta e perfetta moderazione del dott. Giuseppe Demuro e la partecipazione del “nostro” Prof. Pier Andrea Serra.
Inizia la dott.ssa Antonella Fiori che presenta la ricerca comune, l’elaborazione dei questionari ed i risultati numerici espressi in percentuali dai quali si evincono tanti comportamenti “sbagliati” dovuti propri a limitazioni per disagi fisici e psichici e, di conseguenza, alla frequente assenza di appetito.
Successivamente, la dott.ssa Veronica Matzau in accorda con la collega, sottolinea l’importanza del piacere a tavola, la necessità di consumare alimenti che piacciono, l’essenzialità delle preparazioni dei piatti, dei colori, dei profumi, ed infine il comune denominatore: il divertimento.
Ecco finalmente arrivati al credo della nostra Parkinson Sassari: migliorare divertendosi. Come sappiamo le emozioni positive rivestono un ruolo fondamentale nella cura del Parkinson suscitando effetti positivi immediati sullo stato d’animo, ma elicitando successivamente una tangibile riduzione dei sintomi parkinsoniani, conosciuti ed evidenti nelle arti-terapie quali la musico-terapia, il canto ed il teatro. Queste emozioni vengono provocati anche davanti ad un piatto desiderato e gustoso, da consumare alla consueta ora ed in compagnia, senza rinunce e restrizioni. Ed il farmaco? Sarà il farmaco ad adattarsi al cibo e non viceversa, e quindi l’assunzione del farmaco si sposterà in funzione del tempo e della via di assunzione a debita distanza da colazione, pranzo e cena, e senza rinunciare ad una frutta, un gelato, una merenda fuori pasto.
Non sempre sarà possibile che la persona ammalata o la famiglia riesca a correggere il comportamento a tavola; allora si può far ricorso alla educazione alimentare, disciplina emergente e sempre più importante gestita da professionisti con preparazione specializzata come i biologi nutrizionisti.
Il nostro applauso e la nostra gratitudine va alla dott.ssa Antonella Fiori ed alla dott.ssa Veronica Matzau, per il loro impegno ed il loro lungo lavoro durato un anno e di aver dato nuovamente la possibilità alla persona con Parkinson di potersi sedere a tavola con aspettativa e gioia. Un ringraziamento speciale a Prof. Pier Andrea Serra che ha reso possibile tutto ciò.
Questa videoconferenza che ha segnato la conclusione del nostro progetto “Aggiungi un posto a tavola” segna anche la prima iniziativa all’interno del protocollo di Public Engagement tra la nostra Parkinson Sassari e l’Università degli Studi di Sassari, recentemente firmato dal nostro presidente Franco Simula e dal rettore dell’Ateneo Sassarese Prof. Massimo Carpinelli.
E per concludere una enorme soddisfazione per la nostra Associazione Parkinson Sassari e cioè la consapevolezza che per la prima volta nella comunità scientifica si è parlato dell’importanza del piacere a tavola a spese del farmaco e non viceversa. Un bel primato la cui portato si apprezzerà sicuramente negli anni a venire.
Buon Appetito!
L’idea era di Rita Lionetti, che si è trovata subito in coppia con Laura Piga (le due “effervescenti condottiere”, come le chiama affettuosamente il nostro presidente Franco Simula), raggiunte dalla new entry Elenia Mainiero ed infine completate dalla ‘capitana’ Dora Corveddu; il tutto quasi per gioco.
Rita trova in rete il bando del concorso “Think hack – restart” di Open Campus e ci convince a partecipare per creare nuove attività e finanziamenti per la nostra Parkinson Sassari, e le sopraelencate fantastiche quattro ragazze si mettono subito al lavoro e creano un progetto sul tema di possibili attività sociali e culturali nel periodo post-pandemia. (seguono alcune immagini della presentazione del nostro progetto)
L’idea è di creare una piattaforma digitale per la nostra associazione dove poter realizzare molteplici attività a distanza per poter rimanere sempre in contatto e crescere insieme, anche durante le ferie, oppure (speriamo di no!) future emergenze collettive, con proposte culturali e ricreative, come abbiamo già iniziato a fare in questi mesi con le nostre video-conferenze e gli appuntamenti settimanali del coro virtuale di Fabrizio Sanna.
Ebbene, tra cinquanta gruppi partecipanti abbiamo raggiunto per la sorpresa di tutti e dopo un tour de force di una settimana intensa di appuntamenti in rete, il secondo posto!!!
Uno straordinario risultato delle nostre Fantastiche Quattro, a beneficio di tutto il nostro Ecosistema Parkinson Sassari!
Il verdetto finale:
SOGNARE SI DEVE, VINCERE SI PUO’…
Kai Paulus
Alghero luglio 2020
Fra gli algheresi DOC o fra gli innamorati delle bellezze di Alghero chi non dovesse riconoscere o ricordare due punti caratteristici della città sardo-catalana e cioè la “muraglia” e il “solaio”, rivelerebbe una carenza imperdonabile. Per amare la “muraglia” bisogna esserci vissuti, nella “muraglia”. O quanto meno bisogna aver partecipato, da ragazzi, a una delle tante battagliole ingaggiate fra bande rivali dei diversi quartieri della città: un gruppo per difendere il territorio, l’altro per cercare di occuparlo. La “muraglia” serve a connotare quel tratto di cinta murarie fortificato, bellissimo, rivolto verso il sole che tramonta, istituzionalmente noto come lungomare Marco Polo e si snoda dalla torre ottagonale di S. Giacomo sino alla torretta della Polverera. In uno slargo situato verso la metà si notano delle piccole nicchie cha altro non erano che bocche di fuoco da utilizzare nel caso di attacchi proditori dal mare. Questa era la fortezza difensiva di ieri, questa è la muraglia di oggi. Che se non possiede più i blasoni di un tempo rimane pur sempre un punto di incontro non solo per la città da quando è diventato un lungo ristorante che si snoda da La Lepanto al Caffè Latino a ospitare clienti desiderosi di cenare evitando di far disperdere gli ultimi raggi di sole morente. Da quando è stata abbellita col totale rlfacimento del fondo stradale, fatto con lastroni e ciottoli , secondo il tipico disegno delle strade algheresi, la “muraglia” si è trasformata da punto negletto e sporco di periferia in passeggiata elegante e irrinunciabile sia per gli algheresi che per i turisti del mondo.
Questo tratto di passeggiata, delimitato all’orizzonte dal gigante addormentato di Capo Caccia è uno di quegli spettacoli mozzafiato che al tramonto si accende di un rosso porpora intenso da ipnotizzare le centinaia di fotografi occasionali desiderosi di carpire l’ultimo spicchio di sole calante.
Dopo il tramonto, animano la contrada quelli di Carrerò dels Hebreus, di via S. Erasmo, di via Sannino, via Ospedale, di Piazza Santa Croce che dopo aver cenato fugacemente, si presentano con la chitarra. Pietro, creativo geniale ma indocile e insofferente delle imposizioni; Luis, cantante poliglotta, comprese le innumerevoli varietà del canto sardo nonché apprezzabile guida turistica, Armando, estroso accompagnatore di musiche algheresi; Barabba, con chitarre e armonica, viola, arpa e chi più ne ha più ne ha più ne metta: “musico” per definizione propria; Tore con le sue nacchere, fa da “spalla” a tutti, solo quando è assente ci si rende conto che manca uno strumento essenziale; Paolo con la batteria, completa il complesso musicale. Non si direbbe ma quasi tutti son pronti a far da “primedonne” e quindi poco adusi ad arrivare per primi. Intanto “dopocena”, i primi arrivati trovano posto fra le poche panchine dello slargo, dove troneggia la copia perfetta di un cannone in bronzo del XVI secolo, che stavolta non è li a cacciare gli stranieri, ma a riceverli con disponibilità e garbo. I bambini occupano la base di legno del cannone e cominciano a manovrarlo, sognando la resa dei pirati che hanno osato attaccare le fortificazioni algheresi. Ormai il gruppo dei suonatori non può più tardare: infatti sbucano alla spicciolata, dai vicoli adiacenti, qualcuno facendosi precedere da un ragazzino che regge lo strumento. Le donne che sinora erano rimaste a casa, vanno a occupare le panchine: Samanta con Salvo e Andrea, Annamaria con Sandro, Mariangela con Tonio, Rita con Gianni Una volta che i suonatori trovano la loro collocazione ideale, accordate le chitarre e consumati gli ultimi “sfottò”, di botto si scatena la buriana musicale.
Ciò che sino a questo momento era apparso disordine individualista, si ricompone in un caos ordinato, generato da tre chitarre, una batteria, una nacchera; mancano solo gli strumenti musicali (tanti) di Barabba, che col suo carisma, mette tutti d’accordo. Improvvisamente si formano dei capannelli di turisti italiani e stranieri, che dopo una prima esecuzione provano piacere a intrattenersi prima e scatenandosi poi in vorticosi balli di musiche spagnole.
Questo è quanto accade nello spiazzo dei cannoni, che rappresenta il “piano nobile” del complesso della “Muraglia”. E qui avvengono gli eventi di rappresentanza: suoni, canti, balli; ma la casa-Muraglia non finisce qui, nel piano sottostante esiste una “tavernetta”, meglio nota come “Il Solaio”, dove si consumano (nel senso di mangiare) i delitti più efferati: dall’orata all’agnello, dal calamaro al porcetto, passando per formaggi e salsicce, verdure e dolci di ogni fantasia. Qui il re indiscusso della cucina è Sandro Multineddu, che si fa aiutare anche da altri, ma l’ultima parola, sui condimenti, sulle spezie, sui vini da scegliere, rimane sempre la sua.
Mancano Gino e Grazia, come mai? No, no, sono presenti eccome! Dando una mano, se occorre nelle circostanze più svariate.
Tornando al solaio-tavernetta, c’è da aggiungere che è il punto-mare più vicino alla zona, dove gli affezionati vanno a fare il bagno e a prendere il sole: il “Solaio”, appunto. Ma quando il solaio abbandona la veste istituzionale e diventa cucina, allora è un brulicare di persone indaffarate ad accendere il fuoco, e a preparare le carni e i condimenti: e qui il re, coordinatore della cucina, continua ad essere sempre Sandro Multineddu.
E quando, finalmente, arriva l’ora del pranzo, il popolo della Muraglia si placa e dà sfogo alle Olimpiadi mangerecce. Com’è immaginabile, le quantità sono pantagrueliche e quindi bastevoli anche per la cena. Dopo qualche minuto di silenzio obbligato iniziano a farsi sentire gli effetti euforici di qualche bicchiere di gradevole vino tracannato in eccedenza. Finora non era stata notata l’assenza di Carmelo e Pina, che hanno in mente di realizzare progetti familiari con l’entusiasmo e l’intraprendenza dei giovani: è immediata l’evocazione della poesia di Prevert: “I ragazzi che si amano”. L’unica assente nel solaio-tavernetta è Angela, la “reina”. Qualche problema di salute le impedisce di condividere con gli altri momenti comunitari di allegria, e agli altri mancheranno le canzoni degli anni ‘60 e ‘70 “fischiettate” con insolita bravura da Angela, la “reina” della Muraglia.
Franco Simula