Tempo di ….iniezioni – Testo di Egle Farris
Si esercitava su qualche vecchia mela, che poi mangiava comunque perchè sapeva che non ne avrebbe avuta un’altra . Lei diceva di no ma lo sapevano tutti e sorridevano con imbarazzo quando magnificava la sua preparazione ed esperienza nel settore infermieristico .
Si era inventata un lavoro,per sopravvivere , in tempi in cui le pensioni sociali erano latitanti e di lavoro ce n’era meno di adesso . Un lavoro a causa del quale tutti i bambini del paese la odiavano e sentire che “tia Marì ” con le nocche stava bussando alla porta era un rumore che aggrinciava volto e capelli .
Si presentava eternamente con uno stinto vestitino felpato a fiorami , cui aggiungeva uno scialle di bouclè in inverno , e con due occhi così intensamente celesti da parere bianchi , che già questo ti inquietava peggio che se avessi visto un alieno. E una centenaria borsa , di cartone pressato e tutta screpolata che , quando pioveva, veniva riparata contro il petto . Conteneva i ” ferri del mestiere”, ” temutissimi da tutti i bambini e non mi si venga a dire che per gli adulti non fosse lo stesso .
Perchè tia Maria di mestiere girava per il paese praticando iniezioni . Zanzarina la chiamavano e mai nome fu meno appropriato, perchè, al suo confronto, chiunque praticasse un’iniezione , un dilettante era stato . Piano piano , apriva la vetusta borsa sul tavolo, tirava fuori il bollitore d’alluminio , quelli d’acciaio sarebbero arrivati dopo , con un manico rovesciabile per aprirne il coperchio , e ai malcapitati si presentava una siringa giallognola di vetro spesso un dito ed un ago spuntato che più che ago era un residuato della prima guerra mondiale , una baionetta in pratica.
Solo a questa vista immaginavi sciagurate conseguenze sul tuo bel giovane sederino . Perchè quelli erano i tempi post-bellici , quando il rachitismo e l’anemia la facevano da padrone . Quando si pensava che i famosi ” estratti epatici ” rosso sangue dentro una fiala da 5 cc ti avrebbero raddrizzato le gambe ed aumentato i globuli rossi . Che poi io capivo che erano estratti simpatici e non comprendevo come mai potessero esserlo . E cercavi di scappare, di nasconderti in soffitta, sotto un letto o dentro uno di quegli enormi armadi ma , loro , ti trovavano sempre ,come cacciatori sulle tracce della preda .
Piangente e tremebonda imploravi un fazzoletto da stringere fra i denti e vedevi intanto quelle mani aggrinzite che brandivano l’arma letale . Anche quel piccolo batuffolo di cotone con un goccio di alcool ,era già un tormento .
Il trauma e l’urlo che seguiva la puntura mi risuonano ancora qui e quella siringa ci metteva un’eternita a svuotarsi e mi rivedo, dopo , a saltellare per tutta la camera gridando contro la malefica . E dopo un centinaio di salti e una caramella i lacrimoni finivano e per il giorno era andata ,sino all’indomani ,quando la “majalza ” rifaceva il suo consueto giro ,stringendo al fianco quella malefica borsa . Chissà quante volte quegli arnesi non erano stati disinfettati o sterilizzati , chissà per quale oscuro ed incomprensibile motivo venivo sottoposta a quella sevizia . Perchè di pura sevizia si trattava , roba da telefono azzurro . Ma allora vuoi mettere , in quei poveri tempi ,pensare che tua figlia stava faceva una cura di estratti epatici ( o simpatici?) per combattere l’anemia allora imperante e raddrizzare le gambe ……. E io comunque pensavo che mai ero stata anemica e le gambe manco una virgola storte , dritte come un fuso le avevo sempre avute….
Una signora col rossetto