Volare si Può, Sognare si Deve!

L’INSONNIA di Kai S. Paulus

Perché parlare di insonnia?

Perché l’insonnia rovina tutto ciò che di positivo fa il sonno (vedi “Il Sonno”, gennaio 2022).

Tutti noi conosciamo l’insonnia e passiamo ogni tanto qualche notte in bianco senza risentirne più di tanto, ma di insonnia cronica soffre il 6% (!) della popolazione, con lieve prevalenza femminile.

Il grande problema dell’insonnia è la sua ripercussione sulla nostra salute, rappresenta un grande fattore di rischio per malattie cardiovascolari e sindromi dismetaboliche come il diabete mellito, e può portare a sindromi ansiose, a depressione, ad alcolismo, a demenza ed anche al suicidio.

L’insonnia è una delle principali complicazioni delle malattie neurodegenerative, come il Parkinson, che, da un lato, causano l’insonnia, e, dall’altro, vengono peggiorate da essa.

Infine, l’insonnia è associata ad una aumentata richiesta di assistenza sanitaria, aumentato consumo di farmaci, assenza dal lavoro e ridotta efficienza lavorativa, con costi sociosanitari enormi.

Fondamentalmente l’insonnia viene definita come difficoltà nella fase di addormentamento e nel mantenere il sonno con frequenti risvegli e frammentazione del sonno, ed inevitabile perdita dei suoi benefici.

Nell’insonnia primaria non ci sono cause palesi, ma l’alterazione del ritmo circadiano (vedi “Il Ritmo circadiano”, dicembre 2021) predispone per il perseverare dell’insonnia.

Ci sono molte condizioni che possono causare l’insonnia secondaria, tra cui paure e preoccupazioni, vita sregolata, abuso di sostanze stupefacenti, alcol, farmaci, ma soprattutto molte malattie, quali ansia, depressione, ipertiroidismo, ipertensione arteriosa, cefalea, dolore cronico, ipertrofia prostatica, e tante altre; tra le malattie neurologiche croniche l’esempio classico è la malattia di Parkinson, quel rapace infingardo, su nemigu, che rende le notti spesso insopportabili. L’individuazione dei tanti motivi di insonnia nel Parkinson aiuta a trovare rimedi, farmacologici e non; la riduzione dell’insonnia è fondamentale per la gestione globale del Parkinson, come vedremo nel prossimo capitolo.

Sonno non vuol dire dormire per forza 8-10 ore, ma riposare bene durante la notte quelle ore che servono; il numero di ore può essere molto variabile e dipende dalle abitudini e necessità individuali. Non si può pretendere da una persona che ha sempre dormito poco, e con l’età ancora meno, di dormire per forza otto ore; oppure voler costringere una persona che non ha accumulato sonno durante le attività quotidiane, e quindi non è stanca (vedi “Il Ritmo circadiano”), di dormire “come Dio comanda”. Anzi, qui possono nascere paradossalmente fraintendimenti e atteggiamenti errati che portano al peggioramento della situazione.

Parlando, nel prossimo capitolo, del sonno nel Parkinson inevitabilmente toccheremo, oltre l’insonnia, i disturbi del sonno, vere e proprie malattie, che per motivi di spazio non potrò approfondire, e sonnambulismo, narcolessia, apnee notturne meriterebbero un capitolo ciascuno. Unicamente ci soffermeremo sul disturbo comportamentale del sonno REM, disturbo tipico del Parkinson e che lo può precedere anche di molti anni lasciando sperare in approcci preventivi.

Da due anni esiste una nuova categoria ed è quella dell’insonnia e dei disturbi del sonno dovuti al covid-19 che viene studiata in tutto il mondo e riguarda sia gli effetti causati dalla pandemia su ammalati ed operatori sanitari (fatica, isolamento, solitudine, ansia, preoccupazioni, depressione), ma anche i danni che il virus stesso causa a livello dei centri di regolazione del sonno nel nostro cervello.

E poi c’è un altro importante capitolo: l’insonnia dei nostri “portatori sani”, i familiari, che assistono eroicamente il loro parente ammalato senza soluzione di continuità, e dei quali abbiamo scritto già diverse volte (“Il Portatore Sano”, marzo 2020; “Tonino e gli altri Caregiver”, maggio 2021, e le tantissime testimonianze delle nostre amiche ed amici che fanno da filo conduttore a questo sito ) ed ancora ci torneremo molte altre volte, perché senza Tonino ed i suoi amiche/amici non reggerà l’intera assistenza sanitaria.

Ma intanto torniamo al nostro rapace infingardo …

IL SONNO di Kai S. Paulus

ciclo

Le azioni essenziali della nostra esistenza sono la respirazione, la nutrizione ed il sonno.

Il sonno, in particolare, è fondamentale per lo sviluppo cerebrale e per la sopravvivenza; bisogna tener presente che dalla qualità e durata del sonno dipende la salute psichica e fisica.

Il sonno ha le seguenti principali funzioni:

  • riposo e risparmio energetico: dopo le attività diurne e necessario riposare e risparmiare energie durante la notte (il metabolismo energetico basale diminuisce del 10 %) per essere pronti per una nuova giornata
  • riparazione: lo stato di sonno permette all’organismo la riparazione delle componenti cellulari danneggiate durante il giorno, e così favorisce la sintesi proteica ed anche il rilascio di ormoni
  • neuroplasticità: la straordinaria capacità del cervello di crescere, di adattarsi, e di riorganizzarsi, tramite processi di sviluppo di nuove sinapsi (punti di contatto e di trasmissione tra neuroni) e dell’albero dendritico (i dendriti sono i ricevitori dell’informazione neuronale, e più ricco sono le loro ramificazioni, più efficiente è il circuito).
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Elettroencefalogramma normale, con la tipica attività di ritmo alfa a frequenza di 8-12 Hz (asterischi rossi) nel contesto di attività beta a 12-18 Hz, caratteristici dello stato da sveglio.

Fagioli e Salzarulo (1985) definiscono il sonno come

uno stato dell’organismo caratterizzato da ridotta reattività agli stimoli ambientali che comporta una sospensione dell’attività relazionale (rapporti con l’ambiente), ed è caratterizzato anche da modificazioni dello stato di coscienza; il sonno si instaura autonomamente e periodicamente, si autolimita nel tempo ed è reversibile.”

Quest’ ultima affermazione è importante perché distingue il sonno dal coma che non si autolimita e può essere non reversibile.

ciclo

Esempio della periodicità dei diversi cicli del sonno con due brevi risvegli.

Il sonno è strutturato in cicli che si ripetono durante la notte da quattro a sei volte, ed ogni ciclo è caratterizzato da diversi stadi, che, dopo la fase di addormentamento, sono:

  • Sonno REM (rapid eye movements) durante il quale avvengono i sogni. Questo stadio è caratterizzato da movimenti rapidi degli occhi (chiusi) ma con tutto il resto del corpo immobile; questa “atonia” del corpo è una prerogativa del sonno e vedremo prossimamente cosa succede invece quando il corpo nella fase REM non rimane fermo ma si muove. La durata dello stadio di sonno REM aumenta durante la notte, da pochi minuti nel primo ciclo fino a 60 minuti nell’ultimo
rem

Elettroencefalogramma durnate il sonno REM. Nei cerchi rossi gi tipici artefatti dai rapidi movimenti oculari.

  • Stadio N1, questa prima fase di sonno ‘vero’ dura in ogni ciclo pochi minuti e costituisce circa il 5% del sonno notturno. Nello stadio N1 diminuisce l’attività cerebrale alfa, ancora prevalente nella fase REM, e viene sostituita da ritmi elettroencefalografici più lenti.
  • Nello stadio N2 rallenta l’attività cardiaca e diminuisce la temperatura corporea; esso dura circa 25 minuti nel primo ciclo ed aumenta gradualmente nei cicli successivi per rappresentare alla fine circa il 50% di tutto il sonno. Lo stadio N2 è caratterizzato dalla comparsa nell’elettroencefalogramma dei fusi e dei complessi K, tipici del sonno.

Sonno profondo (stadio N2), caraterrizzato all’elettrocefalogramma dalla presenza dei fusi (asterischi rossi) e dei complessi K (frecce blu)

  • Lo stadio N3 e N4 rappresenta il sonno più profondo, caratterizzato elettroencefalicamente da onde molto lente, il ritmo delta. Da questo stadio è difficile svegliarsi, ed alcune persone non si svegliano neanche con rumori oltre i 100 dB (per esempio, un TIR che ci passa davanti ad un metro sviluppa un rumore di 80 dB); e se ci si dovesse comunque svegliare, si rimane storditi e confusi. Durante questo stadio avvengono i fenomeni di riparazione, crescita, neuroplasticità e rafforzamento del sistema immunitario.

Questi stadi si modificano fisiologicamente con l’età, ma anche a causa di malattie e farmaci. Ma di questo parleremo un’altra volta.

 

Fonti bibliografiche:

Fagioli I, Salzarulo P. Behavioral states and development of circadian periodicity of heart rate. Sleep 1985; 3: 287-289.

Li J, Vitiello MV, Gooneratne N. Sleep in normal Age. Sleep Med Clin 2018; 13(1): 1-11

Elenia – La fisioterapia – Il Parkinson Testo di Franco Simula

 


Elenia, attuale docente di fisioterapia, prevalentemente on-line, ci chiede di sapere che cosa ci aspettiamo da questo tipo di esercitazione soprattutto in relazione al fatto che chi ne usufruisce è colpito dalla malattia di Parkinson.
Il fine ottimale che vorremmo poter conseguire sarebbe la guarigione dalla malattia condizione sino ad oggi impossibile da ottenere La ricerca in campo neurologico sta facendo dei progressi impensabili sino a qualche mese fa, ma la soluzione approssimativa o definitiva ancora non esiste, siamo ancora alle cure sintomatiche che arginano, rallentano ma non risolvono. Che cosa è capitato a noi ammalati di Parkinson? E’ capitato che un bel giorno ci è stata diagnosticata la malattia ma i sintomi non erano molto evidenti: il tremore era leggero, lo squilibrio e la rigidità dei movimenti solo accennati e saltuari, i segnali di freezing solo episodici, le distonie non frequenti e di breve durata. In questo modo la malattia è andata avanti per anni senza segnalare all’ammalato concreti evidenti e repentini aggravamenti. La metabolizzazione del male è avvenuta per piccole dosi evidentemente ancora sopportabili dall’organismo già ammalato. Ma quando poi, accade un evento eccezionale come la pandemia del 2019, allora anche la malattia precipita in caduta libera. La mancanza di rapporti sociali consolidati, la scarsità di movimento, il conseguente aumento di peso corporeo, inducono a “dimenticare” le cose acquisite di recente. Insomma un tracollo da guerra mondiale guerreggiata con le armi; con la differenza che per le strade non ci sono macerie ma di morti ce ne sono milioni. Oggi con la fisioterapia, dobbiamo cercare di recuperare tutto o almeno una parte del patrimonio che abbiamo perduto: lentamente e con sofferenza. Dobbiamo riequilibrarci. Dobbiamo riabilitarci. Dobbiamo riacquistare gli automatismi perduti.

Franco Simula


 

IL RITMO CIRCADIANO di Kai S. Paulus

ritmo 4

Tornando nel mondo reale, e promettendo che dell’orologio interno ce ne occuperemo ancora, rimangono gli aspetti pratici dell’avvicendamento di sonno e veglia.

A questo proposito ci è molto utile il modello elaborato da Alexander Borbely nel 1982 e aggiornato nel 2016, in cui lo scienziato olandese spiega in modo semplice e comprensivo l’alternarsi ritmico tra giorno e notte.

Partiamo da ciò che conosciamo tutti perché imposto dalla rotazione della terra: giorno e notte:

ritmo 1

Come mostra la figura, il fluido cambio tra giorno e notte, tra luce e buio, e quindi tra veglia e sonno, è intuitivo. Alexander Borbely chiama questa periodicità processo C (da Circadiano), e che è il nostro ritmo circadiano.

Quindi, tutto risolto: conosciamo il ritmo circadiano, conosciamo anche l’orologio interno (vedi “L’Orologio Interno – Una fiaba natalizia”) che adatta il nostro organismo a questa ritmicità, di giorno siamo svegli e di notte dormiamo, e pertanto, “caro Paulus, non dovevi neanche scomodarti per tale banalità.”

Invece, il caro Borbely aggiunge un altro elemento: il processo S (da Sleep drive, spinta del sonno). L’orologio interno ci rende possibili le attività diurne ed il riposo notturno, mentre il processo S mette in pratica l’orologio e lo ‘ricarica’.

ritmo 2

Comunemente, durante il giorno siamo svegli ed attivi, con il corpo e con il cervello: ci muoviamo e pensiamo. Il movimento ed il pensiero sono azioni, processi attivi che consumano energia. Man mano che la giornata avanza, consumiamo sempre più energie e, conseguentemente, accumuliamo stanchezza. E con la crescente stanchezza aumenta la necessità di riposare, di dormire; il processo S agisce come una molla che si carica sempre di più, finché ad un certo punto, idealmente verso le ore 23, quando la stanchezza prende il sopravento, la molla si libera, e ci addormentiamo.

Ritmo 3

Notoriamente, durante il sonno ci si riposa e si ricaricano le energie necessarie per il seguente giorno (vedi anche “Pillola n.4 ‘Ho scritto alla notte…’ ”, archivio ottobre 2015) ed il ciclo riprende da capo.

ritmo 4

Possiamo dire che il ritmo circadiano è dato dalla natura, procede per conto suo ed esisteva già prima della comparsa degli esseri umani, però il nostro orologio interno ed il processo S (l’accumulare stanchezza) ci inseriscono in questo ritmo per trarne il massimo vantaggio.

Verosimilmente, molti di noi domani notte non rispetteranno questo ritmo di alternanza per salutare l’anno nuovo, e dopodomani mattina se ne accorgeranno, ma poi ritroveranno il proprio ritmo. Ma molte, moltissime persone non riescono a seguire il ritmo circadiano per tante problematiche e ne risentono notevolmente, e che rappresenta anche uno dei principali disturbi del Parkinson. Ma di questo parleremo un’altra volta.

A tutti i migliori auguri di un Buon Anno 2022!

 

Fonti bibliografiche:

Borbely AA. A two-process model of sleep regulation. Hum Neurobiol 1982; 1: 195-204

Borbely AA, Daan S, Wirz-Justice A, Deboer T. The two-process model of sleep regulation. A reappraisal. J Sleep Res 2016; 25: 131-143

DIE INNERE UHR – EIN WEIHNACHTSMÄRCHEN von Kai S. Paulus

Innere Uhr

(su richiesta per i nostri amici tedeschi)

Es war einmal, vor langer, langer Zeit, da lebten in einem mysteriösen und fast unbekannten Dorf, welches Soprachiasmaticus hieß und von einer völlig fremden Wissenschaft regiert wurde, die Chronobiologie, ein altes Genen-Paar mit unaussprechlichen Namen, die wir einfacherweise Clock und Bmal nennen. So wie auch wir es gewohnt sind, waren diese Gene vorallem am Tage aktiv, aber da sie alt waren, konnten sie nicht ihren familiären Nucleus verlassen und waren auch nicht in der Lage, schwere Arbeiten zu verrichten. Deshalb beauftragten sie zwei junge und dynamische Elfen, Per und Cry, früh am Morgen ihren Nucleus zu verlassen und draußen Bausteine herzustellen, viele Bausteine, aber nicht aus Ton und Zement, sondern aus edlen Proteinen.

Jene Steine sind ganz besonders und dienen verschiedener Zwecke: sie wandern vom Hauptdorf Soprachiasmaticus über verschiedene Wege zu anderen, bewohnten und verwunschenen Zentren, deren Namen an weitentfernte Galassien erinnern: Locus Coeruleus, Peopticus Ventrolateralis und Hypothalamus Dorsomedialis. Dank dieser von Per und Cry hergestellten Bausteine, erleuchten die Strassenlampen in all diesen Dörfern, die sich plötzlich mit unerahntem Leben füllen, und es beginnen unglaubliche und wunderbare Tagesaktivitäten; ein wahrhaftiges Paradies.

Innere Uhr

Il bosco incantato, tecnica mista, Daniele Consani

Wie das aber mal so bei anständigen Maerchen ist, wartet schon das Böse an der nächsten Ecke. Und so passierte es auch in unserem Märchen, dass die Dunkelheit hereinbrach, ausgerechnet wegen derselben Steine, die gerade die Straßen von Locus, Preopticus und Hypothalamus erleuchtet hatten. Ihr mueßt wissen, daß einige der Bausteine nicht in die Periferie gelangt waren, sondern still und heimlich, so wie richtige Verräter, zurück in den Familien-Nucleus gekehrt, und ihre eigenen Ahnen, Clock und Bmal, aus dem Verkehr gezogen und gefesselt hatten.

Doch, zum Glück, um bei den typischen Märchen-Klischees zu bleiben, die Bösen verlieren am Ende immer und das Gute triumphiert. Und in unserem Falle, Clock und Bmal, blockiert und nicht aktiv, konnten die jungen Elfen Per und Cry nicht motivieren, die ihrerseits keine Bausteine herstellen konnten, weder die guten, geschweige denn, die bösen. Und so erloschen alle Lichter und die Nacht kam über das Land. Doch in Abwesenheit der bösen Steine waren unsere Clock und Bmal wieder frei und bei Sonnenaufgang konnten sie wieder die Arbeiten leiten und der Zyklus began wieder von vorne.

 

P.S.:

Seit Jahrzehnten versucht man, die Mechanismen, die dem Wach-Schlaf-Rhythmus zugrunde liegen, zu verstehen; dieser Rhythmus ist an das Wechselspiel von Licht und Dunkelheit gebunden und beeinflußt viele organische Parameter, wie die Körpertemperatur, die Laune, die kognitiven und physischen Fähigkeiten. Und so waren die amerikanischen Wissenschaftler Jeffrey C. Hall, Michael Rosbash und Michael W, Young schon lange Zeit jedem einzelnen Teil dieses Systems auf der Spur; dieses System befindet sich im Hirnzentrum und schließt den Nucleus Soprachiasmaticus (in direktem Kontakt zum Auge und kann somit die anderen Strukturen ueber Hell und Dunkel informieren), den Nucleus Preopticus, den Locus Coeruleus und den Hypothalamus ein; die letzteren liegen in der Nähe der aufsteigenden Bahnen der Formatio Reticularis, worüber die Hirnrinde ueber exzitatorische Reize für den Wachzustand und über inhibitorische Reize für den Schlafzustand informiert wird.

Schon seit langem kannte man die Gene Circadian Locomotor Output Cycle Kaput (CLOCK) und Brain and Muscle ARNT-like 1 (BMAL1), und auch vieler ihrer Endeffektoren, doch fehlte das Element welches alle Teile miteinander verbindet und das gesamte System schlüßig erklärt. Mit den Genen Period 1-3 (PER) und Cryptochrome 1-2 (CRY) konnten Hall, Rosbash und Young nun endlich alle genetischen Mechanismen des zirkadianen Rhythmus, die Innere Uhr, unseres Organismus erklaeren, und wofür sie 2017 den Nobel-Preis der Medizin erhielten.

Orologio 2

L’OROLOGIO INTERNO – UNA FIABA NATALIZIA di Kai S. Paulus

C’era una volta, tanto tempo fa, in un paese misterioso e quasi sconosciuto, chiamato Sovrachiasmatico, e governato da una sconosciuta scienza nominata Cronobiologia, una anziana coppia di geni con nomi impronunciabili che per semplicità chiameremo Clock e Bmal. Questa coppia era molto affiattata ed i due erano molto attivi durante il giorno, mentre si riposavano di notte. Siccome erano anziani, non potevano lasciare casa loro, il nucleo, e, soprattutto, non erano in grado di svolgere le attività pesanti. Per tale motivo, incaricarono due elfi giovani e dinamici, Per e Cry, che per loro lasciavano ogni mattino il nucleo per andare a lavorare all’esterno, a costruire mattoni, tanti mattoni, ma non di argilla e calcestruzzo, ma di nobili proteine.

Questi blocchetti sono molto particolari e posseggono diverse funzioni: si diffondono dal capoluogo Sovrachiasmatico attraverso differenti vie verso altri nuclei abitativi incantati con nomi che sanno di galassie lontanissime, quali Locus Coeruleus, Preottico Ventrolaterale e Ipotalamo Dorsomediale. Grazie ai mattoncini fabbricati dai nostri Per e Cry, si accendono le lanterne in tutti questi paesi che quindi si riempiono, come per magia, ogni mattina di una insospettata vitalità, ed iniziano incredibili e meravigliose attività diurne. Un vero paradiso.

Particolare di una illustrazione di “Il rifugio degli Elfi” 2014

Ma in tutte le fiabe che si rispettino la cattiveria attende subito dietro l’angolo. E così anche nel nostro racconto natalizio arrivò il buio. E sapete perché? Il buio calò su Soprachiasmatico e tutte le altre località proprio a causa dei blocchetti creati da Per e Cry, che avevano appena illuminato le strade di Locus, Preottico ed Ipotalamo. Dovete sapere che alcuni di questi mattoncini erano stregati e non si diressero verso la periferia ma, inosservati ed in silenzio, da veri traditori, tornarono indietro al nucleo familiare e sorpresero i loro stessi avi, Clock e Bmal immobilizzandoli e rendendoli inattivi.

Ma per fortuna, sempre rimanendo nei classici canoni fiabeschi, i cattivi con le loro azioni sbagliano ed alla fine trionfa sempre il Bene. Nel caso nostro, Clock e Bmal, bloccati e resi inattivi, non furono in grado di motivare i giovani elfi Per e Cry, che a loro volta non riuscirono a produrre i mattoncini, né quelli buoni, e, ironia della sorte, né quelli cattivi. E così si spensero tutte le luci e calò la notte, ma in assenza dei mattoncini stregati, il giorno seguente i nostri Clock e Bmal furono di nuovo liberi, e con il sorgere del sole poterono nuovamente dirigere i lavori, spronare Per e Cry, ed il ciclo iniziò daccapo.

Buon Natale.

 

N.B.:

Da decenni si cerca di comprendere i meccanismi che sottostanno al delicato ritmo sonno veglia, legato all’alternarsi di luce e buio e che modula diversi parametri del nostro organismo, come la temperatura corporea, l’umore, le funzioni cognitive, e le capacità fisiche. Da molto tempo gli scienziati statunitensi, Jeffrey C. Hall, Michael Rosbash e Michael W. Young erano sulle tracce di ogni singola componente di tale sistema che è localizzato nel centro del cervello includente il nucleo sovrachiasmatico (in diretto contatto con l’occhio e segnalando alle altre strutture luce o buio), ed i nuclei preottico, locus coeruleus e ipotalamo, che invece si trovano in stretto contatto con le vie ascendenti della formazione reticolare con cui la corteccia riceve stimolazioni eccitatorie di veglia e inibitorie di sonno. Già da tempo si conoscevano i geni circadian locomotor output cycle kaput (CLOCK) e brain and muscle ARNT-like 1 (BMAL1) ubicati dentro il nucleo cellulare dei neuroni del nucleo soprachiasmatico  ed anche tanti effettori finali, ma sfuggiva l’anello mancante, che i tre ricercatori hanno finalmente scoperto, e che sono i geni period 1-3 (PER) e cryptochrome 1-2, (CRY), i nostri elfi che costruiscono i mattoncini che poi attivano tutte le altre strutture, per poi, durante la notte, rientrare nel nucleo cellulare ed inattivare Clock e Bmal. Per questa sensazionale scoperta, nel 2017 Hall, Rosbash e Young hanno ricevuto il Premio Nobel per la medicina per i loro approfondimenti della cronobiologia, la scienza appunto che studia i cambiamenti tra sonno e veglia, e potendo chiarire definitivamente i meccanismi genetici che stanno alla base del ritmo circadiano del nostro organismo, il nostro Orologio interno.

Orologio 2

Il sogno di Anto Park

Dal mio forziere segreto

del quale solo io ho la chiave,

dove la mia mente

va a cercare conforto

nei momenti bui,

dove sono nascosti i più bei

ricordi, oggi prendo il mio

vestito da Peter Pan, verrà

a trovarmi mio nipotino Elias.

Credo che saliremo

ancora una volta

sull’olandese volante…

Buon sabato amici miei

Anto  Park

1943 Gli sfollati (continuazione) testo di Franco Simula

Durante la seconda guerra mondiale, il 1943 fu un anno cruciale: i fatti bellici avevano assunto una svolta diversa, più aggressiva e cruenta tendente a una soluzione finale.    Dopo la sconfitta dei tedeschi nella battaglia del deserto a  El Alamen, dopo l’umiliante  ritirata patita nella Campagna di Russia da Italiani e tedeschi, gli alleati anglo-americani  diedero inizio  a  una campagna di bombardamenti così intensi che  gli abitanti delle città cominciarono a preoccuparsi seriamente per la propria incolumità. Cagliari,Porto Torres Alghero Sassari furono bombardate.

   A Sassari fra il 13 e 14 maggio venne colpita la stazione ferroviaria con una bomba  che fece crollare un ponte che franò addosso a un gruppo di ferrovieri in cerca di rifugio: uno di essi rimase schiacciato .si trattava del ferroviere Giovanni Toccu, padre di Franco Toccu , suocero di Rosalba Mura. Aveva 43 anni, era padre di 5 figli.

   La famiglia Mura, come tante altre a Sassari, cercò di superare la paura sperimentando come soluzione alternativa  lo sfollamento fuori città  nelle campagne di Baddimanna dove  furono  adattate ad abitazioni provvisorie  alcune grotticelle  opportunamente ristrutturate da sfollati che di professione facevano i muratori o i carpentieri.  Si poteva, in tal modo, affrontare alla meno peggio, qualche settimana di “campeggio di guerra” con amici anche se con un po’ di angoscia nel cuore.

Nelle stesse giornate del bombardamento a Sassari il Comando Militare, tempestivamente informato, aveva provveduto a dislocare,  qua e là, in punti strategici del circondario,  alcuni manipoli  militari di specialisti mitraglieri col compito   di creare azione di disturbo agli aerei che volavano a bassa quota carichi di bombe.   Una di queste postazioni era stata dislocata  a Ittiri su una collinetta, chiamata “Runaghedu” (piccolo nuraghe) poco lontano dalla periferia del paese e dalla strada che da Ittiri porta a Sassari.  Un giorno di metà maggio, nella tarda mattinata, le sirene avevano squillato più a lungo del solito e  anche noi bambini avevamo notato questa circostanza eccezionale: ci sentivamo particolarmente eccitati.

Io e mio fratello maggiore Peppino (che allora aveva 10 anni e io 7) ci trovammo, insieme, per strada , verso la periferia del paese, in un punto inusuale rispetto agli spazi normalmente frequentati. Per strada trovammo altri ragazzi, anch’essi eccitati, che istintivamente, camminando e saltellando, si indirizzavano verso la parte alta del paese.  In pochi minuti ci ritrovammo alle falde della collinetta incoscientemente a contatto con la guerra vera. L’eccitazione aumentava anche perché qualcuno dei militari che aveva individuato questa torma di ragazzini ci aveva severamente ammonito a non avvicinarci a quella che era una zona di guerra .  Intanto, apprendemmo più tardi, che i nostri  genitori in preda a un’angoscia mortale, ci cercavano presso tutti i parenti e nelle più probabili vicinanze. Qualcuno di noi cercò  inutilmente di guadagnare la vetta della collinetta, perché. i tentativi  furono bruscamente interrotti dai militari che ci respinsero a qualche decina di metri.  Rimanemmo lì una mezz’ora e  ogni tanto sentivamo un crepitar di mitraglie ma nessuno di noi potè soddisfare la curiosità di assistere alla guerra dal vivo.  Superato il momento di eccitazione cominciammo a sentire lo stimolo della fame dato che non ci eravamo accorti che era stata abbondantemente superata l’ora del pranzo.

  Naturalmente il rientro a casa non fu dei più tranquilli e Peppino che era il fratello maggiore dovette sorbirsi la sgridata più severa.

Ho voluto far conoscere questo  episodio “minimo” di guerra oggi 18 dicembre che coincide con la data di nascita di mio fratello Peppino che avrebbe compiuto 88 anni

Su carrareddu de sos copiolos traduzione di Franco Simula



Est Nadale. Tra basos, cori cori
e duru duru, los giogat in coa
bisende pro sos fizos vida noa
in brajeri cun fogu mori mori.

“Occannu sa Befana ismemoriada
s'appentu che lu 'attit de abberu?”
preguntana a su babbu in disiperu
ch'est da-e tempus chene zoronada.

Lis fattesit, pro donu de Nadale,
su carrareddu, cun boes de cau
de triguindia, in corros de giau
bellos e allorados a giuale.

Pariat beru. Atteros appentos
non tenian; a muccu fala-fala
e manizende cucciare pro pala
lu garrigan de sonnios, cuntentos.

Anghelos in bestire istrazzuladu
sos copiolos giogan in carrela:
unu mossu peromine de mela,
unu mossu de pane intostigadu.

Unu riccu fedale chi fit usu
d'haer tottu, inganadu, s'imbarat:
-Sa dondoletta elettrica -lis narat-
bos do pro cussu carru e, in piusu,

sa perra manna d'unu panettone!-
Non resessit a los imboligare
su segnorinu. Sighende a giogare
e mossighende su tostu cogone:

-No mai! -li riponden, carignende
cuddu poveru appentu cun amore-
Nde devimus carrare su laore
chi babbu a sos padronos est zappende!-

Giuliano Biglianu Branca
Il carrettino dei gemelli

E' Natale. Tra baci, carezze
e duru-duru, li trastulla in grembo
sognando per i figli nuova vita
sul braciere col fuoco quasi spento.

“Quest'anno la Befana smemorata
ce lo porterà davvero un giocattolo?”
chiedono al padre intristito
perché da molto è disoccupato.

A loro costruì, per dono di Natale,
un carro a buoi con pannocchie
di granturco, con due chiodi per corna
belli e aggiogati con funi.

Sembravano veri. Non avevano
altri giochi, col moccio che colava,
maneggiando un cucchiaio come pala
contenti, lo carican di sogni.

I gemelli giocano in strada,
come angeli col vestito stracciato,
un morso di mela per ciascuno,
e poi un morso di pane indurito.

Un coetaneo, ricco, abituato
ad aver tutto, incuriosito, si ferma:
-Una dondoletta elettrica- gli dice
- Vi dò, in cambio del carretto, e in più,-

- metà di un panettone!-
Ma non riesce a convincerli
il signorino. Continuando a giocare
e sempre morsicando pane duro:

-No, mai!- gli rispondon carezzando
il povero giocattol con amore.
-Dobbiamo trasportare i frutti
che babbo sta zappando pei padroni!-

Traduzione di Franco Simula

Natale 2021

Dato che siamo ormai in piena atmosfera natalizia  ho voluto proporre la lettura di questa intensa e commovente poesia in lingua sardo-logudorese di Giuliano Branca (Biglianu) poeta sennorese nato nel 1919 e scomparso nel 2002.    Era nato tetraplegico, visse la vita in carrozzella  e da questa cattedra di sofferenza e solitudine ha saputo impartire, con umiltà, lezioni di umanità, di amore e di cultura diventando un gigante della poesia sarda degli anni80/90. Ha vinto numerosi premi di poesia sarda. La sua opera più significativa s’intitola “Caminende cun sa rughe”

1943 Gli Sfollati di Franco Simula


Il 2 settembre 1939 Hitler invade la Polonia.

Il 9 settembre Francia e Inghilterra dichiarano guerra alla Germania: è l’inizio della seconda guerra mondiale L’Italia, al momento, dichiara lo stato di non belligeranza. Nel mese di maggio del 1940, Hitler occupa la Danimarca e la Norvegia e poco dopo, nell’ordine, l’Olanda il Belgio e il Lussemburgo. Mussolini constatando l’azione travolgente di Hitler ma soprattutto temendo di non poter sedere al tavolo dei vincitori, dichiara guerra alla Francia e all’Inghilterra mentre le truppe tedesche entrano a Parigi.

Il 27 settembre 1940 viene stipulato un patto di alleanza fra Germania, Italia e Giappone. Nel novembre del 1940 fallisce il tentativo della Germania di invadere l’Inghilterra. Poco dopo Hitler decide lo sterminio totale degli ebrei residenti in territori tedeschi. Mediante un piano definito “soluzione finale” inizia l’uccisione sistematica di milioni di ebrei rinchiusi nei campi di sterminio nazisti.

Il 22 giugno 1941 la Germania aggredisce l’unione Sovietica; a questa operazione partecipano anche l’Italia, la Romania, l’Ungheria, La Slovacchia e la Finlandia: l’esercito sovietico oppone una eroica resistenza e impedisce l’occupazione di Mosca, Stalingrado e Leningrado.

12 Luglio 1941: stipula dell’alleanza russo-inglese.

12 Agosto 1941.Roosevelt e Churchill firmano la “Carta Atlantica” di alleanza.

7 Dicembre 1941: senza dichiarazione di guerra l’aviazione giapponese bombarda la Flotta americana e la distrugge quasi completamente. Il giorno seguente gli Stati Uniti dichiarano guerra al Giappone.

1 Gennaio 1942. I rappresentanti di 26 nazioni sottoscrivono a Washington la Dichiarazione delle Nazioni Unite con cui si impegnano a portar guerra a Italia, Germania e Giappone.

Nel novembre del 1942 si risolve la campagna d’Africa con la vittoria degli inglesi sui tedeschi a el-Alamein.

1943: il 2 febbraio l’armata tedesca si arrende a Stalingrado:

1943 : il 10 Luglio le truppe Alleate (americane, inglesi, canadesi sbarcano in Sicilia. Inizia per l’Italia uno dei momenti più tragici della sua storia civile e militare. Le truppe alleate cominciano a bombardare a tappeto l’Italia che l’8 settembre è costretta a firmare un armistizio.

1943: dopo la riunione del Gran Consiglio il 25 Luglio Mussolini viene arrestato e in Italia si forma il governo Badoglio.

L’8 settembre 1943 Badoglio annuncia l’armistizio dell’Italia con gli Alleati. Il Re Vitt. Em III e il Governo fuggono a Brindisi nell’Italia Meridionale liberata dagli Alleati.

Il 10 settembre i tedeschi occupano Roma e l’Italia Settentrionale.

Gli Alleati, sbarcati in Sicilia, iniziano la “Campagna d’Italia” avviando una serie di bombardamenti a tappeto; non viene risparmiata neanche la Sardegna: Cagliari, Sassari Alghero subiscono gravi perdite di persone e abitazioni. Le popolazioni sentono concretamente minacciate le loro esistenze e cominciano a pensare a delle condizioni di vita alternative, meno esposte. Dalle città si pensa a rifugiarsi nei paesi più piccoli, dai piccoli centri si pensa a un rifugio più sicuro nelle campagne.

Anche a casa mia la paura si impadronisce degli animi e si comincia a pensare a un possibile trasferimento in campagna. Era una possibile realistica soluzione dal momento che nonno possedeva una campagna bella e anche grande ( circa 15 ettari ), come grande era la casa che avrebbe dovuto ospitare anche la nostra numerosa famiglia.

Era il mese di maggio la stagione era quindi propizia per andare a rifugiarsi in campagna nella speranza che la vegetazione rigogliosa della primavera aiutasse meglio a mimetizzarsi sotto le fronde degli alberi e inoltre era ormai arrivato il periodo delle ciliegie. Si decise di fare una riunione familiare presieduta da nonno Fadda che, per la sua famiglia composta di persone adulte, aveva rinunciato a un trasferimento in campagna.. La casa di campagna era composta da un piano seminterrato che ospitava due mucche che fornivano il latte per la famiglia, e di due ambienti a piano terra. La stanza che comunicava con l’esterno era la più ampia e accogliente ed era quella in cui sarebbero state ordinate alcune balle di foraggio in modo da ottenere un grande letto che potesse ospitare tutta la famiglia.

La famiglia in quel momento storico era composta da padre madre e sei figli. Per completezza di notizia è corretto ricordare che nei primi dieci anni di matrimonio mamma aveva avuto sette figli l’unica che mancava all’appello era una sorellina che era morta di gastroenterite acuta a poco più di un anno di età. Sempre nella riunione familiare nonno Fadda che conosceva a menadito la campagna si preoccupò di ricordarci che a cento metri dalla casa campestre c’era una fontana, anzi la fontana, l’unica fontana che riusciva a soddisfare le arsure dell’estate e le più elementari esigenze dei tanti campagnoli che avevano le campagne confinanti con “Chereno”. Assieme ai miei genitori formarono un elenco delle cose indispensabili da portare per affrontare il periodo che avremmo trascorso al riparo dalle bombe. Un bel giorno di maggio effettuammo il trasferimento a Chereno: l’operazione non fu né semplice né priva di pericoli dal momento che ci si doveva spostare in otto più nonno che, a cavallo , doveva guidare la brigata babbo, mamma e sei figli il più piccolo dei quali era Mario che da qualche giorno aveva compiuto appena sette mesi e quindi doveva essere portato in braccio da qualcuno, anche Tonino di un anno più grande aveva necessità di essere badato da qualcuno; il compito di badare ai figli più grandicelli fu affidato naturalmente a babbo. Il viaggio doveva esser fatto a piedi e anche se la distanza non era eccessiva la strada, a tratti, non era molto agevole. Meno male che si poteva fare affidamento sulla cavalla di nonno che avrebbe trasportato mamma con Mario. La cavalla era la stessa che due anni prima, mentre Vanna e Maria giocherellavano con la sua lunga coda, aveva sferrato una zoccolata sulla testa di Maria che cominciò a perdere così tanto sangue che Vanna ed io, piccolini (avremo avuto rispettivamente tre e quattro anni) e spaventati per lo spettacolo impressionante, disperati e piangendo andammo alla ricerca di qualcuno che facesse intervenire un medico. In brevissimo tempo Maria fu affidata alle cure del dott. Francesco Nieddu (cugino di Peppe) che, dopo varie cuciture sul cuoio capelluto alquanto lacerato, ci restituì Maria con la testa tutta fasciata: solo gli occhi erano rimasti liberi.

Ancora oggi, dopo circa 80 anni, Maria può mostrare, ben conservato sotto i capelli, il marchio nitido della zoccolata del cavallo. Che nel trasferimento in campagna sarà ancora protagonista; infatti nel trasferimento nonno guidava il cavallo e mamma era seduta sulla groppa con Mario aggrappato a Lei. Sembrava una di quei dipinti natalizi del rinascimento che rappresentano San Giuseppe con la Madonna e il Bambino. Babbo si occupava di badare agli altri cinque figli che erano già un gran daffare.

Arrivati finalmente in campagna occorreva sistemare le provviste essenziali, preparare il letto con delle lenzuola adeguate che impedissero le punture del fieno e l’invasione di fastidiosi insetti.

Da considerare innanzitutto che i nostri genitori si erano portati al seguito sei figli da gestire il più grande dei quali, Peppino, aveva appena dieci anni; gli altri, a scalare, erano tutti più piccoli, sino a Mario che doveva compiere otto mesi. Per quanto tempo sarebbe durato questo sfollamento in condizioni di così profondo disagio rappresentato dalla mancanza di tutto ciò che offre una casa anche modestamente attrezzata? I genitori che erano stati i primi ad abbracciare l’idea del trasferimento in campagna come alternativa alle bombe furono anche i primi a rendersi conto che la vita in campagna era comunque difficile.

La notte caratterizzata da una serie di novità passò come un divertimento rappresentato dal letto originale, dalla stanchezza del viaggio e dal divertimento del pomeriggio trascorso ad esplorare un mondo completamente diverso dal solito, dal pensiero anch’esso suggestivo che al mattino seguente avremmo fatto colazione col latte munto alle due mucche “Peppita” e “Corredda” che si trovavano sotto di noi nella stalla seminterrata. E infatti l’indomani per la colazione trovammo il latte delle mucche che il pastore, all’alba, si era preoccupato di mungere. Tutte queste novità di vita, inserite tutte insieme dalla sera alla mattina, erano per noi piccoli motivo di divertimento imprevedibile e di scoperte eccitanti.

Dello stesso parere non erano i nostri genitori che dopo due/tre giorni di vita in campagna realizzarono che i sacrifici e i disagi che la nuova vita comportava erano sproporzionati rispetto ai vantaggi presunti che garantiva. La decisione opposta a quella adottata qualche giorno prima non tardò ad arrivare e riunite le poche cose che ci eravamo portati appresso riprendemmo la via del ritorno. In effetti accudire a tanti figli, alcuni dei quali molto piccoli, creava delle difficoltà insuperabili.

A questo punto, soprattutto da parte di mia madre, venne messa in atto quella pratica di fede che trovava conferma nella formula ripetuta nei momenti di difficoltà:”Ci penserà la Provvidenza”.

“Se la sirena annuncerà nuovi passaggi di aerei andremo a rifugiarci in cantina sperando nella buona sorte”.

Franco Simula 3-12-2021