Volare si Può, Sognare si Deve!

1943 Gli sfollati (continuazione) testo di Franco Simula

Durante la seconda guerra mondiale, il 1943 fu un anno cruciale: i fatti bellici avevano assunto una svolta diversa, più aggressiva e cruenta tendente a una soluzione finale.    Dopo la sconfitta dei tedeschi nella battaglia del deserto a  El Alamen, dopo l’umiliante  ritirata patita nella Campagna di Russia da Italiani e tedeschi, gli alleati anglo-americani  diedero inizio  a  una campagna di bombardamenti così intensi che  gli abitanti delle città cominciarono a preoccuparsi seriamente per la propria incolumità. Cagliari,Porto Torres Alghero Sassari furono bombardate.

   A Sassari fra il 13 e 14 maggio venne colpita la stazione ferroviaria con una bomba  che fece crollare un ponte che franò addosso a un gruppo di ferrovieri in cerca di rifugio: uno di essi rimase schiacciato .si trattava del ferroviere Giovanni Toccu, padre di Franco Toccu , suocero di Rosalba Mura. Aveva 43 anni, era padre di 5 figli.

   La famiglia Mura, come tante altre a Sassari, cercò di superare la paura sperimentando come soluzione alternativa  lo sfollamento fuori città  nelle campagne di Baddimanna dove  furono  adattate ad abitazioni provvisorie  alcune grotticelle  opportunamente ristrutturate da sfollati che di professione facevano i muratori o i carpentieri.  Si poteva, in tal modo, affrontare alla meno peggio, qualche settimana di “campeggio di guerra” con amici anche se con un po’ di angoscia nel cuore.

Nelle stesse giornate del bombardamento a Sassari il Comando Militare, tempestivamente informato, aveva provveduto a dislocare,  qua e là, in punti strategici del circondario,  alcuni manipoli  militari di specialisti mitraglieri col compito   di creare azione di disturbo agli aerei che volavano a bassa quota carichi di bombe.   Una di queste postazioni era stata dislocata  a Ittiri su una collinetta, chiamata “Runaghedu” (piccolo nuraghe) poco lontano dalla periferia del paese e dalla strada che da Ittiri porta a Sassari.  Un giorno di metà maggio, nella tarda mattinata, le sirene avevano squillato più a lungo del solito e  anche noi bambini avevamo notato questa circostanza eccezionale: ci sentivamo particolarmente eccitati.

Io e mio fratello maggiore Peppino (che allora aveva 10 anni e io 7) ci trovammo, insieme, per strada , verso la periferia del paese, in un punto inusuale rispetto agli spazi normalmente frequentati. Per strada trovammo altri ragazzi, anch’essi eccitati, che istintivamente, camminando e saltellando, si indirizzavano verso la parte alta del paese.  In pochi minuti ci ritrovammo alle falde della collinetta incoscientemente a contatto con la guerra vera. L’eccitazione aumentava anche perché qualcuno dei militari che aveva individuato questa torma di ragazzini ci aveva severamente ammonito a non avvicinarci a quella che era una zona di guerra .  Intanto, apprendemmo più tardi, che i nostri  genitori in preda a un’angoscia mortale, ci cercavano presso tutti i parenti e nelle più probabili vicinanze. Qualcuno di noi cercò  inutilmente di guadagnare la vetta della collinetta, perché. i tentativi  furono bruscamente interrotti dai militari che ci respinsero a qualche decina di metri.  Rimanemmo lì una mezz’ora e  ogni tanto sentivamo un crepitar di mitraglie ma nessuno di noi potè soddisfare la curiosità di assistere alla guerra dal vivo.  Superato il momento di eccitazione cominciammo a sentire lo stimolo della fame dato che non ci eravamo accorti che era stata abbondantemente superata l’ora del pranzo.

  Naturalmente il rientro a casa non fu dei più tranquilli e Peppino che era il fratello maggiore dovette sorbirsi la sgridata più severa.

Ho voluto far conoscere questo  episodio “minimo” di guerra oggi 18 dicembre che coincide con la data di nascita di mio fratello Peppino che avrebbe compiuto 88 anni

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