Est Nadale. Tra basos, cori cori e duru duru, los giogat in coa bisende pro sos fizos vida noa in brajeri cun fogu mori mori. “Occannu sa Befana ismemoriada s'appentu che lu 'attit de abberu?” preguntana a su babbu in disiperu ch'est da-e tempus chene zoronada. Lis fattesit, pro donu de Nadale, su carrareddu, cun boes de cau de triguindia, in corros de giau bellos e allorados a giuale. Pariat beru. Atteros appentos non tenian; a muccu fala-fala e manizende cucciare pro pala lu garrigan de sonnios, cuntentos. Anghelos in bestire istrazzuladu sos copiolos giogan in carrela: unu mossu peromine de mela, unu mossu de pane intostigadu. Unu riccu fedale chi fit usu d'haer tottu, inganadu, s'imbarat: -Sa dondoletta elettrica -lis narat- bos do pro cussu carru e, in piusu, sa perra manna d'unu panettone!- Non resessit a los imboligare su segnorinu. Sighende a giogare e mossighende su tostu cogone: -No mai! -li riponden, carignende cuddu poveru appentu cun amore- Nde devimus carrare su laore chi babbu a sos padronos est zappende!- Giuliano Biglianu Branca | Il carrettino dei gemelli E' Natale. Tra baci, carezze e duru-duru, li trastulla in grembo sognando per i figli nuova vita sul braciere col fuoco quasi spento. “Quest'anno la Befana smemorata ce lo porterà davvero un giocattolo?” chiedono al padre intristito perché da molto è disoccupato. A loro costruì, per dono di Natale, un carro a buoi con pannocchie di granturco, con due chiodi per corna belli e aggiogati con funi. Sembravano veri. Non avevano altri giochi, col moccio che colava, maneggiando un cucchiaio come pala contenti, lo carican di sogni. I gemelli giocano in strada, come angeli col vestito stracciato, un morso di mela per ciascuno, e poi un morso di pane indurito. Un coetaneo, ricco, abituato ad aver tutto, incuriosito, si ferma: -Una dondoletta elettrica- gli dice - Vi dò, in cambio del carretto, e in più,- - metà di un panettone!- Ma non riesce a convincerli il signorino. Continuando a giocare e sempre morsicando pane duro: -No, mai!- gli rispondon carezzando il povero giocattol con amore. -Dobbiamo trasportare i frutti che babbo sta zappando pei padroni!- Traduzione di Franco Simula |
Natale 2021
Dato che siamo ormai in piena atmosfera natalizia ho voluto proporre la lettura di questa intensa e commovente poesia in lingua sardo-logudorese di Giuliano Branca (Biglianu) poeta sennorese nato nel 1919 e scomparso nel 2002. Era nato tetraplegico, visse la vita in carrozzella e da questa cattedra di sofferenza e solitudine ha saputo impartire, con umiltà, lezioni di umanità, di amore e di cultura diventando un gigante della poesia sarda degli anni80/90. Ha vinto numerosi premi di poesia sarda. La sua opera più significativa s’intitola “Caminende cun sa rughe”
Caro Franco ,grazie per avere letteralmente riportato alla mia memoria episodi sepolti nel più profondo di me . Non conoscevo sino ad ora questo delicato poeta che ho letto prima in lingua originale e poi in un italiano che ne ha rispettato il primitivo significato .Non solo . Io ho veramente vissuto quell’epoca e ricordo con una vena appassionata quei carri .Infatti anche noi bambinelle giocavamo con quelle piccole cose che tutti potevano permettersi .Solo che i carri per i maschi erano tali quali quelli descritti in queste dolcissime righe ,quelli delle bambine erano di ferula .Comunque le cose fossero ,era la grande povertà che aguzzava le menti per dare una gioia ai bambini che poco o nulla avevano e i genitori si industriavano ,senza perdere la dignità, a regalare un gioco ed un sorriso ai loro piccoli . Un abbraccio caro Egle
Mille grazie, Franco, per averci presentato Giuliano Branca con questo incredibile dipinto natalizio. In questa breve poesia c’è tanta roba: l’umile povertà, la ricca avidità, i ricordi natalizi, il natale di una volta, la serenità dei ragazzi poveri ma grati che giocano rispettosamente con il dono del padre, la famiglia, la semplicità.
Questa poesia ha ancora validità oggi, la leggerò ai miei ragazzi (nella traduzione di Franco ovviamente).