Volare si Può, Sognare si Deve!

Archivio Tag: Associazione Parkinson Sassari

IL PARKINSON NON E’ TREMORE di Kai S. Paulus

(Questo è il mio intervento a “Notti Europee dei Ricercatori” del 26 novembre, nello spazio dedicato alla nostra Associazione, dove il nostro presidente Franco Simula è intervenuto prima di me con una emozionante relazione che troverete già pubblicata in questo sito; Prof. Pier Andrea Serra ha sottolineato l’importanza del nostro Ecosistema ed il suo impatto decisivo nel prossimo futuro sulla qualità di vita; e la neolaureata Sara Roselli ha presentato la sua tesi di laurea sul dolore, realizzata a tempi di record con interviste telefoniche a causa del  covid-19; impeccabile la moderazione di dott. Giuseppe Demuro)

La malattia di Parkinson non è tremore

La malattia di Parkinson non è rallentamento motorio

La malattia di Parkinson non è rigidità muscolare e non è instabilità posturale.

La malattia di Parkinson è Solitudine

La malattia di Parkinson è Disagio, Preoccupazione, Ansia, Depressione

La malattia di Parkinson è Dolore

La malattia di Parkinson è Insonnia

La malattia di Parkinson è non sentire gli odori, aver difficoltà nel parlare, nel deglutire e nel digerire

La malattia di Parkinson è difficoltà di convivenza in famiglia

La malattia di Parkinson è il Portatore sano

La malattia di Parkinson è Isolamento

La malattia di Parkinson è Sofferenza

La malattia di Parkinson è che per tutti questi sintomi e disagi non c’è cura farmacologica.

Allora, cosa fare?

Certo, per i sintomi motori (tremore, rigidità, ecc.) i farmaci possono aiutare ad attenuarli, ma i risultati spesso non sono soddisfacenti e molte cure comportano ulteriori complicanze.

No, il Parkinson non si cura con i farmaci!

 

 

La gestione globale della malattia, a mio avviso, necessita di quattro pilastri:



1) i Farmaci: per attenuare i sintomi e permettere il movimento

2) il Movimento: essendo il Parkinson un disturbo del movimento, proprio il movimento stesso, l’attività fisica, rappresenta una delle strategie principali per contrastarlo. Quindi, fisioterapia, riabilitazione ed una mirata educazione ad una condotta di vita attiva, sia fisicamente che mentalmente, vanno inseriti nella gestione globale sin dall’inizio.

3) il Sonno: Prof Pier Andrea Serra sottolinea già da molti anni l’importanza del sonno buono durante il quale il nostro cervello si resetta, si rigenera e si ripara il che è particolarmente importante nel Parkinson in cui la frequente insonnia, dovuta spesso alla difficoltà di girarsi nel letto e trovare la posizione giusta, ed i disturbi del sonno (agitarsi, parlare nel sonno, ecc.) non solo peggiorano la giornata con sonnolenza, fiacchezza, nervosismo, mal di testa, ecc., ma addirittura peggiorano lo stesso Parkinson.

4) le Emozioni: negli ultimi anni abbiamo posto l’accento particolarmente sulle emozioni positive, la gioia, il divertimento, abbiamo parlato recentemente della Biochimica delle Emozioni e negli anni 2014-16 abbiamo organizzato a Sassari un simposio internazionale triennale (“Brain and Music”) dove abbiamo discusso con esperti stranieri e nazionali l’importanza delle emozioni per il benessere del cervello e come, specialmente nel Parkinson, le emozioni stimolano processi di neuroplasticità (rigenerazione) ed aumentano la stessa dopamina e tutto il sistema dopaminergico, nigrostriatale e mesolimbico.



La nostra associazione si può vantare di aver già realizzato questi pilastri grazie al nostro Ecosistema del Parkinson a Sassari. Come ha ricordato il nostro presidente Franco Simula, esiste l’ambulatorio della ASSL Sassari dedicato ai Disordini del Movimento, ci sono le attività riabilitative motorie con Pinuccia Sanna e Annalisa Mambrina, canto e coro con Fabrizio Sanna, e solidarietà, amicizia, comunità e buon umore garantiti da tutti gli amici della nostra Parkinson Sassari.

Ed ora, grazie a Rita Lionetti e Dora Corveddu il nostro Ecosistema Parkinson Sassari diventerà anche virtuale, entrerà in rete, proponendo tutte le nostre attività e comunità a distanza, lontani da virus e solitudine.

Intervento del Presidente Franco Simula alla “Notte europea dei ricercatori”


NOTTE EUROPEA DEI RICERCATORI

Gentili ascoltatori, buona sera

L’incontro odierno è collegato alla Convenzione firmata con l’Università degli Studi di Sassari che ha creato e permesso l’interscambio tra pazienti e docenti specialisti di varie discipline, trasformandolo in tal modo in un rapporto proficuo per entrambi: i malati forniscono i dati e i contenuti clinici che gli specialisti utilizzano per i loro studi e le loro ricerche, che poi vengono divulgate e si rivelano di fondamentale utilità per i pazienti stessi. Così è avvenuto in incontri pregressi che hanno approfondito i problemi del sonno, la biochimica delle emozioni, l’efficacia terapeutica della musica.

Così è avvenuto in occasione della discussione delle due tesi di laurea sull’alimentazione e oggi sul dolore nel Park.

Tutto ciò rientra pienamente tra gli scopi dell’Associazione Parkinson Sassari, nata nel 2013 con i seguenti obiettivi:

1) Promuovere e informare sulle cure e i diritti dei malati di Parkinson;

2) Proporre attività di riabilitazione convenzionale e non convenzionale (teatro, danza, musica e canto).

3) Favorire momenti di aggregazione sociale con attività ricreative, incontri di studio, di approfondimento, di confronto sulla malattia di Parkinson e sulle problematiche connesse sia mediche che sociali.

Le attività che hanno caratterizzato la pur breve vita della nostra Associazione sono tantissime, per fornire un quadro complessivo di esse ci limiteremo a farne solo un elencazione sommaria:

è stato creato un ecosistema che ci ha consentito di usufruire del contributo professionale di una fisioterapista, di una logopedista, di una musico terapista, di esperti di canto, teatro, ballo, di uno psicologo anche per il sostegno alle famiglie. Gli incontri hanno avuto cadenza almeno trisettimanale, inframezzati da riunioni conviviali, visite a luoghi di interesse culturale, conferenze di esperti, esibizioni in pubblico del nostro coro con studenti delle scuole cittadine e in alcune RSA; insomma, siamo usciti dall’isolamento del dialogo solitario e deprimente di ciascuno con la propria malattia in un clima di solidarietà ed amicizia, sviluppato anche mediante contatti costruttivi con le altre associazioni Parkinson della Sardegna e numerose altre associazioni.

A ciò si aggiunge l’organizzazione, con una pluralità di esperti, di convegni annuali sul Parkinson a Sassari ed Alghero, dove per la prima volta si è declinato il Parkinson al femminile nell’ottica di una medicina di genere.

Abbiamo dovuto combattere una lunga e logorante battaglia per ottenere un ambulatorio Parkinson dedicato ai disturbi del movimento. A causa del mancato turn over dei medici nella clinica neurologica si era andata progressivamente chiudendo per i pazienti la possibilità della continuità assistenziale, obbligandoli o al ricovero o al ricorso al Pronto soccorso, con costi umani ed economici imponenti:

in virtù di una Convenzione tra ATS e AOU siamo riusciti ad ottenere l’ambulatorio Parkinson, grazie anche al sostegno della stampa e dei telegiornali locali.

Purtroppo da un anno a questa parte la disponibilità dell’ambulatorio è stata nuovamente ristretta, e ora che infierisce il Covid è ulteriormente ridotta. A ciò si aggiungono sia l’isolamento sociale imposto dal lockdown per un’utenza di pazienti anziani, portatori di patologie croniche e degenerative come noi Parkinsoniani, sia l’impossibilità di praticare le terapie complementari in presenza. Tutto ciò ha prodotto nella totalità dei malati danni fisici e psicologici devastanti.

Abbiamo quindi fatto ricorso alle moderne tecnologie di comunicazione a distanza attraverso videoconferenze e chat di gruppo, spesso supportati dall’Università.

Infine, dopo un colloquio con i massimi dirigenti dell’ ATS, abbiamo presentato una proposta di PDTA, cioè Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale sulle linee guida del Piano Nazionale delle Cronicità, che prevede la presa in carico a 360 gradi dei malati di Parkinson, senza nessun aggravio di spesa, perché gli specialisti sono già in carico al servizio sanitario nazionale, evitando la defatigante ricerca nel territorio dello specialista che di volta in volta è necessario Purtroppo, però, non abbiamo ottenuto risposte: siamo perfettamente consapevoli della gravità della situazione emergenziale venutasi a creare con il Covid, ma non vorremmo che tale congiuntura possa fungere da alibi per continuare a depotenziare il servizio sanitario territoriale già ridotto ai minimi termini.

Sembra che le altre, gravi patologie invalidanti e progressive come la nostra non abbiano diritto di cittadinanza. A questo non ci possiamo rassegnare, non ci stiamo e siamo decisi a combattere ancora per difendere i nostri diritti.

Grazie.

CONGELATI A TRADIMENTO: QUALCOSA SI MUOVE di Kai S. Paulus

Dopo i due precedenti articoli “Congelati a tradimento” e “Congelati a tradimento: non ci siamo (ancora)”, con questa “Qualcosa si muove” vorrei concludere questa attualissima tematica presentando alcuni dei videogiochi più conosciuti e presi in esame da ricercatori internazionali.

Pensate, negli ultimi due anni sono stati pubblicati 270 articoli che si riferiscono a ricerche scientifiche incentrati sull’utilizzo degli “exergames” (videogiochi per attività fisica) nel campo della riabilitazione, di cui 41 articoli scientifici si riferiscono al solo Parkinson. Numeri impressionanti tenendo presente che tutti gli autori concludono che l’integrazione di questi giochi nella riabilitazione è fattibile, sicura, efficace, e consente l’assistenza ed il monitoraggio a distanza.

L’esercizio fisico nel Parkinson è fondamentale, specialmente per migliorare l’equilibrio: ogni anno si verificano circa 30 milioni di cadute accidentali che necessitano di cure mediche. Le terapie farmacologiche riescono solo in piccola parte, come noto nel Parkinson, ad impedire o prevenire le cadute.

Specialmente in questi tempi della pandemia del covid-19, che a causa del distanziamento sociale non permette le attività fisiche necessarie a contrastare i disagi causati dal Parkinson, ed in particolare l’instabilità posturale ed il freezing, tali videogiochi offrono la possibilità di esercitarsi comunque, a casa, giocando e ballando e soprattutto divertendosi; e sappiamo che il divertimento e le emozioni positive sono fonte di dopamina.

Ora vediamo alcuni tra i più popolari videogiochi adatti alla ginnastica ed all’esercizio fisico; l’unico punto debole è il costo perché tutti i giochi necessitano di console, quali Nintendo Wii e Switch, Playstation o Xbox, che costano dai 300 ai 500 euro (che però si trovano in molte case grazie a figli e nipoti) ai quali si abbinano i giochi che vanno dai 40 agli 80 euro.

  • Dance Dance Revolution uno dei primi e più popolari giochi: a tempo di musica bisogna premere con i piedi i relativi pulsanti a forma di freccia nella pedana;

 

 

 

 

  • Eye Toy videocamera digitale posta sopra lo schermo permette di vedersi dentro il gioco e di muoversi a seconda delle indicazioni:
  • Microsoft Kinect accessorio sensibile al corpo umano che permette di interagire con il gioco sullo schermo senza la necessità di indossare o impugnare alcunché; dopo oltre 35 milioni di vendite la produzione è stata interrotta nel 2017:

  • Nintendo Wii Fit/Fit Plus/U contiene circa 40 esercizi divisi in quattro categorie: Yoga, esercizi muscolari, esercizi aerobici e giochi di equilibrio eseguiti su una pedana, la Wii Balance Board, adatta per giocatori dai 20 ai 99 anni con un peso massimo di 150 Kg:

 

 

  • Play Station 4 Move prevede due controller nelle mani durante gli esercizi; si presta molto bene a giochi tipo bowling, pugilato, tennis e tiro con l’arco:

 

 

  • Nintendo Switch Ring Fit anello flessibile e cinturino con cui si può entrare in giochi di ruolo avventurosi basati sul movimento, attività di fitness, ginnastica e giochi di ballo

 

 

 

 

Una delle idee della nostra Parkinson Sassari è quella di offrire un corso per spiegare i diversi giochi e per scegliere quelli più adatti alle proprie esigenze; inoltre, si potrebbero organizzare delle divertenti gare tra ‘atleti’ per favorire la socializzazione se pur a distanza.

Sognare si deve, ed un giorno Volare si può

Fonti bibliografiche:

Cikajlo I, Potisk KP. Advantages of using 3D virtual reality based training in persons with Parkinson’s disease: a parallel study. Journal of NeuroEngineering and Rehabilitation 2019;16:119.

Garcia-Agundez A, Folkerts AK, Konrad R, et al. Recent advances in rehabilitation for Parkinson’s Disease with Exergames: a systematic review. Systematic Reviews 2019;16:17.

Pacheco TBF, de Medeiros CSP, de Oliveira VHB, Veira ER, de Cavalcanti FC. Effectiveness of exergames for improving mobility and balance in older adults: a systematic review and meta-analysis. Systematic Reviews 2020;9:163.

Prosperini L, Tomassini V, Castelli L, Tacchino A, Brichetto G, Cattaneo D, Solaro CM. Exergames for balance dysfunction in neurological disability: a meta-analysis with meta-regression. Journal of Neurology, online 23 may 2020.

Wollesen B, Wildbredt A, van Schooten KS, Lim ML, Delbaere K. The effects of cognitive-motor training interventions on executive functions in older people: a systematic review and meta-analysis. European Review of Aging and Physical Activity 2020;17:9.

 

Tempo di castagne – testo di Egle Farris

Tempo di castagne - testo di Egle farris

Venivano al mio paese quando cominciavano i primi freddi. Un mulo macilento e affamato che implorava una sosta, e un carretto, che una volta doveva essere stato dipinto di giallo, pieno di sacchi di castagne. Lui, lunga barba, piccolo e secco con pantaloni rattoppati con decine di ritagli di stoffe diverse, che probabilmente ed inizialmente dovevano essere stati di fustagno, lei con un vecchissimo costume dalla caratteristica cuffietta, forse di Desulo, ancora più secca di lui. Andavano di paese in paese , vendendo quelle castagne raccolte con fatica ,mangiando poco e dormendo meno, perché le tettoie e le stalle dove si accampavano la notte dovevano essere gelide e respingenti . Oltre che vendere castagne, riparavano ombrelli e, piatti rotti , smerciavano umili oggetti di legno, mestoli, colini. Lui aveva un sacco con fili di ferro, ritagli di stoffe, aghi, ombrelli vecchissimi da cui ricuperare pezzi di ricambio. Testardo, rattoppava. cambiava stecche ossidate, manici mutilati o amputati del tutto in ombrelli neri o verdi, quelli enormi allora usati dai contadini. E ai poveracci che gli davano lavoro riparava anche piatti, zuppiere, vassoi di terracotta. Univa i vari cocci, dopo aver fatto due buchetti col ” girabacchino “, con un mastice bianchiccio e una graffa che presto sarebbe arrugginita, rendendo quelle stoviglie ancora più brutte e deturpate.
E tutti si affollavano attorno, poveri da una parte, miseri dall’altra e seguivano gesti lenti, precisi e caparbi, fatti con serietà ed impegno che avrebbero reso quegli umili utensili ancora utilizzabili, perché allora nulla veniva buttato, tutto riciclato sino ad una fine non più rimandabile.  Vita grama che si esauriva in ogni paese dove si fermavano dopo qualche giorno dall’arrivo, con un lavoro misero, spesso pagato solo con fieno per il mulo e una notte in una stalla o pane e formaggio che non rifiutavano mai e che veniva segnato da innumerevoli segni di croce. E se ne andavano, sfiniti e poveri come erano arrivati, umile vita itinerante per vie lontane e sparivano sino all’anno successivo, sparivano oltre quella curva della vecchia fontana, giù giù……. alla fine del paese……….

Una signora col rossetto                         Egle Farris


 

Ricordi – Testi di Giannella Cossi


Cara Egle, mi sono sempre piaciute le storie d’amore, e i tuoi ricordi sono permeati di una dolcezza talmente struggente che destano in me una tempesta di emozioni perché mi riportano tutte insieme le stagioni della mia vita. Forse dovrei dire della “ nostra” vita, credo che molti dei nostri amici più o meno coetanei abbiano vissuto gli anni del dopoguerra, qualcuno anche gli ultimi del periodo bellico.

Sapessi che piacere ho provato nel leggere le testimonianze della vecchia Sassari fatte da Tore Faedda, come nel racconto dei blocchi di ghiaccio scaricati dai ragazzini a Porta Macello e inviati ai negozi o alle case dei fortunati che avevano il mobiletto per tenere il ghiaccio, le descrizioni di una vita semplice ma dignitosa di un’infanzia trascorsa nel cuore del centro storico di Sassari. Anche Tonino Marogna è una fonte inesauribile di quella stagione, in un quartiere diverso di Sassari, l’ho sentito raccontare a voce le sue memorie che abbracciano diverse età della sua vita, dall’immediato dopoguerra allo sviluppo della Petrolchimica  e oltre.

I miei ricordi sono divisi a metà: da una parte la vita nel paese del mio cuore, Nulvi, dove sono nata nel ‘45, dall’altra il centro di Sassari, nella via del vecchio Ospedale di Piazza Fiume nel rione di San Giuseppe, dove i miei genitori si sono trasferiti dal paese quando io avevo tre anni e mio fratello Carlo era appena nato.

Per mia fortuna, tutte le estati della mia infanzia le trascorrevo in paese dai nonni, che si caricavano a turno di quattro nipoti, due per volta, aiutati dall’ultima sorella di mia madre, che faceva la sarta ed era rimasta “zitella”.

Ho conosciuto di persona quella che nei libri di storia viene definita “economia curtense”, cioè un’economia chiusa dove si dispone solo di ciò

che è autoctono, che si produce in loco.

Il cibo era semplice: pane e pasta fatti in casa, perchè tutti avevano la provvista di grano che all’occorrenza andavano a macinare al mulino,  dolci alle feste, latte e formaggi oggetto di baratto, frutta, verdura e ortaggi di stagione, legumi essiccati; a ciò si aggiungevano una gallina o qualche pulcinotto, che di giorno razzolavano nei vicoli e di notte si ritiravano in una stia a forma di una rozza scala all’ingresso delle case più povere  o nelle stalle dove si allevava il maiale con gli avanzi della famiglia.

L’uccisione del maiale era un momento di grande socializzazione perché amici e vicini partecipavano alla lavorazione e conservazione delle varie parti dell’animale, come il lardo sotto sale, la carne essiccata e le salsicce, mentre le parti molli e il sanguinaccio si consumavano in un gioioso banchetto.

Nel paese c’era una sola macelleria, e quando macellavano un bue o una mucca il banditore ne dava l’annuncio con la sua tromba per le strade.

C’era un solo spaccio dove si trovava un po’ di tutto, compreso lo zucchero e il caffè in grani da macinare; ogni tanto passava un uomo su un asino che gridava: “aiò assu sale e sa salippa” che ci portava il sale, e anche uno che vendeva “ bisaru, giarrette, saldina” . Ricordo un uomo che riparava le anfore, i vasi di coccio e le giare: praticava dei fori fra le due parti da congiungere e dopo averle assemblate col mastice le legava con dei punti metallici.

Infine, ogni tanto passava il venditore di stoffe e corredi per le ragazze da marito: fin da bambine si pensava a dotarle di biancheria da casa e da letto, che le ragazze ricamavano sedute sulla porta di casa. Gli uomini mettevano la casa e in qualche paese c’era l’uso di far sfilare le amiche della sposa col corredo.

Nel quotidiano, gli uomini erano vestiti di fustagno, i vecchi di orbace e portavano scarponi chiodati, le donne anziane il costume giornaliero, le più povere andavano scalze; le più giovani erano vestite “alla civile”con un cambio di scarpe e gli abiti belli per la domenica; tutti i bambini giocavano scalzi nelle strade.Una volta, un camion ha portato scarpe tutte uguali ma di misura diversa, con due occhielli e una fibbia , modello unico per tutti.

Ricordo che io arrivavo al paese come “cittadina” con le scarpe, ma alla fine dell’estate anche io correvo scalza sull’acciottolato che ricopriva tutti i vicoli che si dipartivano dallo “stradone”, cioè il tratto di  strada asfaltata che tagliava in due il paese, dove la domenica dopo la Messa si svolgeva la passeggiata e i giovani intrecciavano gli sguardi e nascevano le storie d’amore.                                            

Ognisanti – Testo di Egle Farris


Halloween non si festeggiava . Semplicemente, non esisteva. Chi, come me, ha oltrepassato le settanta primavere, aspettava Ognissanti che dovevano esserci proprio tutti, tutti, i santi, se c’erano due esse, e magari avrà dei ricordi simili ai miei . Ho ancora negli occhi e nella mente quell’attesa, l’attesa di quei dolci che, allora, non venivano preparati in tutti i periodi dell’anno ma solo ed esclusivamente per quella festa.
Cospiratori.

Come carbonari intriganti e cospiratori della notte ,con tutti i cugini, con indifferenza e dissimulata paura cominciavamo a salire quei gradini sbeccati che portavano nelle immense soffitte dei miei nonni (forse è solo il mio ricordo, immense, ma tant’è). La grossa chiave strideva nella serratura e, ssshhhh ssssssshhhhh, entravamo tutti. Toglievamo le scarpe, che non ci sentissero, per carità, ed i piedi diventavano ghiaccioli in un millisecondo.

E si cominciava a passare sotto le travi da cui pendevano ghirlande di pomodori rossi e succosi, grappoli di pere “antoni e ‘sale” dall’inebriante profumo che prometteva delizie , melograne che mostravano denti vermigli e si erano incoronate ed abbigliate da sole, grappoli di uve, torciglioni di bucce d’arancia che formavano colorati ricami e ghirigori profumati. E poi a terra, su uno strato di paglia, mandorle, noci, nocciole e sorbe e, in un cestino, fichi secchi con le foglie di alloro dall’aroma penetrante e prugne viola.

E profumi, profumi dappertutto.  Ma la meta era un uscio chiuso con una chiave appesa lì vicino, (ma perchè chiudevano ,se le chiavi erano lì?) che non portava da nessuna parte conosciuta, ma nella grotta di Alì Babà, proibita per noi, dove le corbule contenevano brillanti trasformati in lucenti “copulette” coi  diavolini d’argento, gli smeraldi erano i papassini coi colorati canditi e le “teriche” con la bianca pasta frastagliata e la nera sapa diventavano opali col castone d’agata. E il tesoro aveva ancora spille di amaretti e gateau di zucchero bruciato con le mandorle che sembravano ambre. E tutti , in profondo silenzio , congelati sino alle ossa ,sceglievamo un dolce, uno solo per non essere scoperti e lo gustavamo lì, al buio e al freddo, godendo del sapore di una chicca, senza sapere invece e senza immaginare che era quello di una vita che tanti, troppi anni dopo, non saremmo riusciti a dimenticare, cristallizzata dentro i confini di un’esistenza sempre troppo breve e di un tempo magico ed irripetibile.
Una signora col rossetto

Egle Farris


CONGELATI A TRADIMENTO: NON CI SIAMO (ANCORA) di Kai S. Paulus

Lo scorso marzo avevo scritto un breve articolo sul freezing, cioè gli improvvisi blocchi motori (vedi “Congelati a tradimento”, archivio marzo 2020). Il “congelamento della marcia” o come lo chiamano gli anglosassoni “freezing of gait, FOG” è un sintomo molto particolare del Parkinson, perché porta a grave disabilità ed a cadute traumatiche; e quello che è peggio: non ci sono farmaci che lo possono evitare o prevenire.

Quando avevo scritte quelle righe, eravamo a marzo, appena all’inizio di ciò che poi sarebbe diventata una rivoluzione epocale in termini sociali e comportamentali. Conosciamo tutti i cambiamenti e disagi della pandemia del covid-19 e non mi soffermo su di essi. Ma è sotto gli occhi di tutti che le persone con disabilità motoria sono particolarmente colpite, sia per il distanziamento sociale (fonte anche di solitudine, ansia, depressione, insonnia, di cui parleremo un’altra volta), ma anche per lo stravolgimento dell’approccio alla indispensabile riabilitazione.

Come fare?

Ci stiamo lavorando, ed il nostro presidente Franco Simula, insieme ai nostri insostituibili “riabilitatori” Pinuccia Sanna, Annalisa Mambrini e Fabrizio Sanna, ed alle ‘Fantastiche Quattro’ Dora Corveddu, Laura Piga, Rita Lionetti e Elenia Maniero, vi informeranno appena possibile.

E nel frattempo?

Curiosando in internet, sono “inciampato” questo fine settimana in due interessanti articoli che possono benissimo essere aggiunti all’articolo dello scorso marzo e che possono servire come stimolo per trovare qualche divertente passatempo che contemporaneamente serve anche a tener testa a quel “rapace infingardo” (cit. G.B.).

 

 

I due articoli, scritti da due gruppi di ricercatori completamente diversi, in realtà trattano la stessa tematica: come rimanere in forma e combattere il Parkinson a casa. Quindi, esattamente quello che ci serve in questo periodo. Nel mio articolo “Congelati a tradimento” avevo accennato al Nordic Walking (passeggiare con le stecche da sci, per intenderci) che ritengo uno degli strattagemmi migliori per superare il FOG e per migliorare postura e passo. Un altro efficacissimo metodo, se non la riabilitazione migliore in assoluto, è il ballo, ma quello in questo periodo purtroppo non è indicato. Infine, avevo proposto la Realtà virtuale, cioè esercizi fisici eseguiti con l’ausilio di ambienti virtuali creati da software dedicati; questi utilissimi aiuti sono però costosi e necessitano comunque di un istruttore.

 

 

Invece, nei due articoli si parla di semplici videogiochi, utili o “giochi seri” (serious games) come li definisce il gruppo di Dauvergne, ed “giochi esercizio” (exergames) quello di Garcia-Agundez. Tutti e due considerano solo video giochi in commercio, facilmente reperibili e da usare a casa, iniziando da un semplice gioco da ‘touch screen’ dove si deve premere lo schermo al tempo di un dato ritmo o musica raccogliendo punti per la costruzione di un edificio. Con questo gioco ritmico si affinano appunto la percezione del ritmo e con essa, del movimento. Altri esempi, invece, si avvalgono dell’utilizzo di aiuti esterni, come console, controller oppure cyclette, per favorire la fisicità degli esercizi. In comune a tutti questi videogiochi è comunque la caratteristica del gioco, del divertimento che stimola la motivazione e la costanza, la dopamina appunto.

Con il Covid-19 il mondo, il nostro modo di vivere, è cambiato e ci dobbiamo adattare. Questo adattamento ora è indispensabile e dobbiamo familiarizzare con le opportunità tecnologiche, e che ci saranno utili quando torneremo ad una nuova normalità, potendoci nuovamente incontrare ed allenare in palestra, perché allora saranno parte integrante dei programmi riabilitativi contro “su nemigu” (cit. Peppino Achene).

Per chi ha dimestichezza con il computer, oppure familiari che possono aiutare, un bel videogioco per il Natale potrebbe essere esattamente ciò che ci vuole in questo momento per affrontare i disagi; in fondo siamo sempre bambini.

Badde Lontana – In ricordo di Giuseppe Fiori – Testi di Franco Simula


In ricordo di Giuseppe Fiori – 04 ottobre 2020

L’incontro con Giuseppe era avvenuto circa un anno fa nell’androne della scuola elementare di Santa Maria dove i parkinsoniani si incontravano regolarmente e dove Giuseppe era approdato perché qualche medico gli aveva rilevato una forma di parkinsonismo. In realtà Giuseppe soffriva di una grave cardiopatia che è stata poi quella che ha spezzato la sua pur forte fibra.
L’incontro è stato di reciproca simpatia a prima vista. Da poco col maestro di canto Fabrizio Sanna avevamo cominciato a cantare “Badde Lontana” e dunque venne spontaneo e naturale sintonizzarci su un argomento comune ad entrambi. -Giusé, cantiamo Badde Lontana? Detto e fatto, Giuseppe aveva immediatamente intonato la canzone mentre io cercavo di accompagnarlo facendo la seconda voce. A questo duo estemporaneo si unirono gradualmente due tre dieci degli amici presenti finché non ci trovammo a cantare tutti insieme, commossi, Badde Lontana.
Giuseppe era anche questo: uno che si faceva entusiasmare dalle piccole cose come la condivisione della sua canzone con un coro di amici parkinsoniani sofferenti come lui.
Ci lasciammo con l’impegno di rivederci una volta la settimana ma Giuseppe non riuscì a mantenere la promessa perché le sue condizioni di salute andarono aggravandosi sempre di più sino al tracollo finale. In un successivo incontro, che poi fu l’ultimo, la moglie di Giuseppe, Mariuccia, sempre attenta a curare i particolari, si era preoccupata di donare all’Associazione due CD: uno, “Anima che sorride” contenente Badde Lontana e altre 15 canzoni degli anni ‘70 interpretate da Giuseppe; l’altro, invece, “Ammenti”, contiene 16 canzoni in dialetto sassarese sempre cantate da Giuseppe.
Grazie, Mariuccia.
Estroverso, buono, generoso sino a rimetterci del suo pur di rendere felice qualcuno. Rimane in noi la tristezza e il rimpianto di non aver potuto godere più a lungo di questa bella amicizia.
Lunedì 5 ottobre, nella chiesa di Santa Maria Bambina, stracolma di amici ed estimatori, è stata celebrata la cerimonia funebre. All’uscita del feretro, si è diffuso nell’aria un insolito suono di campane che, fondendosi con il canto di Badde Lontana intonato inaspettatamente dagli amici, ha creato una magica e suggestiva atmosfera di corale commozione.
Ciao Giuseppe, sarai sempre con noi tutte le volte che il nostro coro canterà Badde Lontana.

UNA VOLTA , L’INVERNO scritto da Egle Farris

Una volta l'inverno - testo di Egle Farris

Si consultavano solo loro.

I calli.

I calli venivano “ascoltati” come noi il meteo dall’immancabile colonnello dell’Aeronautica .  E, i calli, non promettevano niente di buono da diversi giorni.

Oggi, che non capisci più le stagioni, sempre più ripenso che prima le conoscevamo, accecanti estati, miti primavere, autunni che correvano verso inverni che incancrenivano le ossa.

La casa era enorme, un’isolato, tutti assieme vivevano i miei nonni coi vari figli sposati ed ognuno aveva le proprie stanze. Ma in inverno, quando la tempesta, nei pomeriggi innaturalmente  neri, si avvicinava, allora, si correva nella stanza dei nonni, le imposte semichiuse a spiare l’inizio della pioggia.  La fiamma delle candele proiettava ombre su ogni parete e gli armadi parevano mostri pronti ad aprire le mascelle, i letti altissimi e, sotto, nascondigli per bobbotti. E quelle facce tremolanti che ci guardavano …..tutte tutte le pareti erano zeppe di grossi quadri malevoli. Santa Tecla, un piatto sulla mano sinistra contenente i suoi seni tagliati, il cuore di Gesù fuori dal petto stillante spine e goccioloni di sangue e Santa Barbara,  colpita da fulmini e saette, alzava gli occhi al cielo. E si correva a mettere uno stagnale sotto un filo incessante che colava dall’autarchico tetto con le tegole che volavano al minimo soffio di vento, e una casseruola là in fondo e un tegame di qua, ed allora, al culmine, si levava dagli angoli l’invocazione  “Sant’Avara de sos campos, libera nos ” in una litania ripetuta infinite volte  e condita con le promesse di giaculatorie, novene e tredicine  ad ogni santo conosciuto, mentre anche le candele raggiungevano il loro ultimo respiro.

E noi piccoli, pallidi, sbirciavamo all’ esterno,  da un pertugio, tutto quel clamore e quell’acqua ruscellante e, volgendoci, vedevamo tutti quei vecchi, perché agli occhi dei bambini, tutti gli altri, vecchi sono, imploranti S.Avara ,mentre i tavolati cigolavano di suoni aggriccianti . E quando la furia si esauriva ,vedevi il colore tornare sulle guance di ciascuno e subito dopo ci si premiava con le frittelle scaldate sulla graticola e con un pane carasau inumidito, zuccherato e arrotolato. Di quegli anni, sotto l’onda dei ricordi, dietro le palpebre chiuse, risento ancora quei tuoni e quegli scrosci, sigillati nella memoria, paurosi e splendidi e irrimediabilmente perduti ed obsoleti .

Chi, infatti, ha più quei temporali, S. Barbara, ma soprattutto i calli e i tavolati scricchiolanti di una volta?

Una signora col rossetto                                                                  Egle Farris


BREVE CHIACCHIERATA CON FRANCO di Kai S. Paulus

Brve chiacchierata con franco

Oggi sono in giro per visite domiciliari. Per l’ultima visita in programma sono sorprendentemente in anticipo e così decido, prima della mia destinazione, di accostarmi con la macchina e chiamare il nostro Presidente Franco Simula.

Per raggiungere il posto, parecchio fuori Sassari, mi ci è voluto un bel po’, a momenti mi chiedevano il passaporto… Finalmente, giunto allo svincolo autostradale internazionale di Segasidda manna e Segasidda minor, posso parcheggiare e chiamare Franco per un breve saluto.

Per prima cosa Franco smorza subito la mia idea, di riprendere immediatamente con le nostre attività in via Venezia, facendomi ragionare sulle recenti restrizioni del nostro Sindaco nei luoghi pubblici. Quindi dovremo attendere ed eventualmente trovare delle alternative.

Subito dopo Franco mi informa sulle incessanti attività diplomatiche della vulcanica Laura Piga  (Franco trova sempre il giusto aggettivo per rendere l’idea) per ottenere un locale, ricerca rafforzata dal nostro presidente che ha ottenuto un imminente appuntamento con l’assessora. Tutti e due riteniamo che sarà opportuno riprendere le attività della nostra Parkinson Sassari al più presto possibile. L’altra irresistibile vulcanica, Rita Lionetti, ha elaborato durante l’estate un progetto di attività annuale che ora dovremo seriamente prendere in considerazione.

Come da accordi con Franco, e su suggerimento della presidente della commissione disabilità, Ermelinda Delogu, lo aggiorno dei miei progressi nello stilare una bozza di un progetto, simile ad un PDTA (percorso diagnostico terapeutico assistenziale) multidisciplinare, da proporre alla ATS in tempi brevissimi, per migliorare e velocizzare la presa in carico dell’utente per l’iter diagnostico ed il percorso terapeutico-riabilitativo. Per tale proposito ad entrambi viene in mente il protocollo d’intesa con l’Università con il quale potremo attivare dei corsi di aggiornamento e perfezionamento per fisioterapiste/i, logopediste/i e psicologi/che, che gradualmente potranno essere integrati nel PDTA/Ecosistema del Parkinson. Oggi stesso prenderò contatti con dott. Giuseppe Demuro, e speriamo che entro il mese si possa concretizzare qualcosa. E poi ci sarebbe ancora da organizzare l’incontro tra il nostro presidente ed il rettore dell’Ateneo per la firma ufficiale…

Notizia molto piacevole è, e Franco non nasconde una discreta soddisfazione, che il 5×1000 del 2018 è stato trasferito sul conto della nostra associazione e che quello del 2019 non si farà attendere.

Quindi, ci sarebbe da prendere in considerazione la nostra Giornata Sassarese che generalmente teniamo a fine novembre e che quest’anno sarà una vera sfida; ma vogliamo essere coraggiosi: non possiamo ridurre il nostro tradizionale appuntamento annuale di incontro, aggiornamento e scambio di idee ad una sterile video-conferenza. No, la vogliamo tenere dal vivo, con tutte le dovute precauzioni e distanziamenti, ma dal vivo. Pensiamoci già da adesso.

Infine, informo il nostro presidente che ho inoltrato domanda alla segreteria del CUP per rendere nuovamente possibili gli appuntamenti con l’ambulatorio dei Disordini del Movimento, che comunque, e me ne vanto, durante i mesi del lockdown non ha interrotto l’attività e, con il dovuto rispetto delle attuali norme vigenti, ha proseguito a fornire continuamente prestazioni ambulatoriali, telefoniche e per posta elettronica. Speriamo che il CUP farà prestissimo ripartire le prenotazioni ufficiali; ciò è importante non tanto per i nostri soci che già conoscono il numero ambulatoriale diretto 079 2062792, ma per le persone che non hanno riferimenti a Sassari e non sanno come ottenere un appuntamento per una visita neurologica per Parkinson, tremori, ed altri disordini del movimento.

A già, e poi ci sono ancora Soleandro e le genuità che ci fanno sorridere divertiti. Ma dobbiamo terminare la nostra solita breve chiacchierata, ne parleremo un’altra volta.

Tanti saluti a Giannella.

Allora, non mi ricordo più, Segasidda manna oppure minor?