Volare si Può, Sognare si Deve!

Scriviamo un libro

La rappresentazione teatrale di Francesco Simula

La nostra rappresentazione teatrale ha avuto inizio due giorni prima della rappresentazione vera e propria. Ha avuto inizio con una constatazione -questa si-  drammatica, e una quasi decisione di sospendere tutto e rimandare la rappresentazione a settembre, proprio come nella scuola. Dora, la nostra vice-regista, molto depressa e avvilita dopo l’ultima prova, constatava che non si era assolutamente in grado di andare in scena. “Non conosciamo le parti a memoria;manca un minimo di coordinamento degli attori fra loro e i rispettivi momenti di intervento e di ingresso in scena; non conosciamo le musiche di accompagnamento per il ballo e di raccordo fra le singole scene; non è stata ancora individuata una figura che governi  le luci   adeguandole alle esigenze sceniche; non siamo riusciti a ricuperare costumi adeguati se non per le figure femminili; insomma non siamo in grado di proporre uno spettacolo decente”.Questo il verdetto disarmante di Dora. Che faceva presagire un rinvio sine die con rivisitazione e ricupero di quel che si era già fatto.

Anche Franco Enna -autore e regista del lavoro- concorda con Dora.

“Abbiamo trascorso il tempo della preparazione ripetendo stancamente il testo – talvolta senza impegnarsi adeguatamente a capire i collegamenti e i significati intrinseci delle parole- e senza, peraltro, riuscire a fissarlo in maniera passabile,mentre abbiamo trascurato altri aspetti non secondari ( scene – musica – luci – costumi) che ci impediscono di offrire una rappresentazione accettabile.

E’ vero gli attori sono dei Parkinsoniani e quindi con dei limiti obbiettivi di memoria e di corretta dizione, però la qualità complessiva della proposta teatrale non è sufficiente. Rimandiamo tutto a settembre utilizzando positivamente l’esperienza maturata sino a questo momento.L’autocritica sembrava evidente e anche la morte dello spettacolo decretata.

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Passa solo un giorno e tanto improvvisamente quanto inspiegabilmente -dopo aver masticato  pessimismo e depressione- scoppia il sereno.

Che cosa è capitato? Uno dei tanti “miracoli” che si avverano dentro l’Associazione: per incanto compaiono dal nulla costumi fatti a mano da Piero e Graziella, luci per la cui conduzione era stato trovato un operatore con un minimo di esperienza, mentre per le musiche era stato trovato un onorevole compromesso tra musiche medievali e musiche più recenti; erano stati inventati persino il suggeritore e il buttafuori.

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Finalmente, fra mille emozioni confessate e altrettante sottaciute, inizia la rappresentazione di Romeo e Giulietta, una delle tragedie più note e affascinanti di tutti i tempi.

Lo spettacolo inizia in maniera semplice e piana, manifestando chiaramente le emozioni degli improvvisati attori che -non va dimenticato- sono portatori più o meno gravi di una patologia importante come la malattia di Parkinson che crea disordini nel movimento,problemi nell’equilibrio e spesso difficoltà importanti nell’espressione verbale: proprio quegli aspetti patologici che vogliamo contribuire a curare anche attraverso il teatro e la socializzazione ad esso connessa.L’esordio sembra dei più promettenti sino a quando la presentatrice della storia-sempre diligente,tutto il testo a memoria dai primi giorni di prove- incappa nella più banale delle amnesie: insopportabile.Ma tant’è: aliquando dormitat Omerus. E allora viene in mente il testo di un “coro” del nostro copione:

“Blocca il tempo, prendi il tempo,ruba il tempo! Respira-espira-ancora-respira!Tirala fuori la tua rabbia nera”. E così dopo un profondo respiro, Giuseppina riprende la sua accurata e puntuale recitazione come aveva sempre fatto e come continuerà ad ogni suo intervento sulla scena. L’ingresso di Giulietta in scena è sorprendente: avvolta in un abito celeste, una corona di fiori sul capo,col sorriso smagliante che sempre la caratterizza appare spontanea e impalpabile come un’adolescente e riesce a suscitare una spontanea ovazione dei presenti in sala.  Di colpo, superato il primo impatto col palcoscenico, Giulietta diventa la padrona della scena: e da quel momento  riuscirà a trascinare il pubblico che manifesterà con ripetuti applausi a scena aperta il legame di simpatia che con esso è riuscita ad instaurare. Il tutto associato a un suo personale modo di “recitar ballando”  lieve e leggiadro come una libellula in volo da fiore in fiore. Anche lei -tuttavia-  ha qualche defaillance ma ostentando una insospettabile e sorprendente “faccia di bronzo” riuscirà a trasformare le rare carenze in momenti di coinvolgente ilarità.

“O Romeo, Romeo! Perchè tu sei Romeo”? E soprattutto: perché non riesci a dire, come tu stesso brameresti, tutto il tuo ardente e contrastato amore per Giulietta?

Caro Oscar, solo tu potevi fare Romeo! Tu che, per amore, cadi nell’oblio più profondo dimenticando le parole , la spada, tutto fuorchè l’amore travolgente per la bella Capuleti.

Il tuo amico Mercuzio dopo la sua uccisione , porgendoti la spada (che tu avevi dimenticato) avrebbe voluto dirti: ”Vendica la mia uccisione”! Ma non è detto che non capiti in una futura rappresentazione.

Madonna Capuleti si è riproposta puntuale col suo austero contegno di prima donna di un grande casato di Verona. Anche nelle sofferenze che accompagnano la contrastata storia fra Romeo e Giulietta che sceglierà il proprio corpo come fodero del pugnale che dovrà sopprimerne la vita ancora piena di speranze.

La Nutrice, conscia anche lei di essere una figura influente nella gerarchia familiare di un grande casato, è stata lodevolmente all’altezza del ruolo. Anche perché era costretta dalle particolari circostanze ad inseguire e adeguarsi a una scatenata Giulietta che talvolta era necessario tenere a bada con i richiami che le buone maniere suggerivano e attenta a regolarne le entrate e le uscite nella scena

Tebaldo  con la sua prestanza fisica e la forza del tono vocale imponente, cerca di far capire al padre di Giulietta,-suo zio- che Romeo in casa Capuleti è solo una presenza provocatoria e che deve essere cacciato via .Padron Capuleti non è d’accordo e lo caccia, mentre Tebaldo medita future vendette.

Benvolio era fisicamente sul palco ma con la mente aveva troppe altre cose a cui pensare per far procedere la macchina teatrale nel migliore dei modi: il regista tecnico è stato Lui. Coadiuvato già da tempo da quel generoso “testardo” di Gianuario che si è sobbarcato l’onere di pensare, progettare e realizzare  la scenografia che ha dominato tutta la rappresentazione.Bravo e concreto.

I canti che accompagnavano i vari momenti scenici sono stati interpretati dalla voce dolce e melodiosa di Anna: the Voice.

La voglia di Peppino di calcare le scene nel ruolo del Principe era palpabile, frenata però da una sorta di riserbo naturale proprio della persona ma soprattutto da una forma parossistica di tremore alla mano destra che l’emozione gli scaricava addosso tutte le volte che saliva sul palco . La voce robusta e tonante non era sufficiente a coprire quella che lui chiama l’interferenza del Prof. Parkinson: occorreva trovare uno stratagemma  efficace per velare il problema. A questo punto gli insegnamenti della Fisioterapista ci sono tornati utilissimi: occorrerà trovare per la mano “in fuga” un sostegno stabile. Sulla scena l’unico appoggio possibile è rappresentato dal parapetto del balcone di Giulietta: su quel podio, scelto intenzionalmente, il Principe poggia la sua mano destra come simbolo di autorità e dominio e, tenendo con la sinistra la Pergamena predisposta dall’Alta Corte, pronuncia solennemente contro Romeo la sentenza di condanna all’esilio.

Dov’è Frate Lorenzo gran frate furbone,astrologo, erborista e un poco maneggione? Sta là umilmente seduto in un angolo in attesa di compiere un atto che la sua missione gli impone:celebrare segretamente fra due giovani innamorati un matrimonio decisamente contrastato. Intanto, dall’alto del suo rigore morale rimprovera Romeo che ha già dimenticato Rosalina per fare spazio all’amore prorompente per Giulietta; ma subito suggerisce agli innamorati uno stratagemma che si concluderà con una fine tragica. Geminiano,tuttavia,riesce ad interpretare la figura di frate Lorenzo con la pacatezza e la serenità di un frate vero: forse l’abito stavolta ha fatto il monaco. Persino il tono di voce sussurrato e suadente è quello adatto a guidare anime in pena che hanno bisogno del giusto consiglio quando devono affrontare dilemmi tormentosi come quelli di Giulietta e Romeo.

Che dire -infine- di tutte le altre comparse che hanno fatto da ricca corona allo spettacolo? Sono stati semplicemente eccezionali e commoventi: sono stati sostenitori, suggeritori, buttafuori, estimatori degli amici che calcavano la  scena. Alla fine hanno gioito con loro per la divertente corale serata di allegria nata da una semplice intuizione che nel tempo si è rivelata una grande scuola di amicizia, solidarietà e reciproco sostegno.

Anche Antonio ha percepito tutto il calore solidale degli altri amici di sventura meno gravi di lui;anche Antonio si è sentito accolto e circondato da tanto affetto pure  nei gesti semplici come quello rappresentato, quotidianamente, dall’accoglienza di Anna che, intonando con la sua voce melodiosa l’inno della Brigata Sassari, scandiva con la marcia il tempo di ingresso nella scena: e Antonio marciava.

Come erano, cosa pensavano Dora e Franco Enna dopo le perplessità e le incertezze dilanianti raccontate all’inizio? Erano raggianti di gioia e constatavano con soddifazione che il lavoro di tanti mesi non era caduto nel nulla ma ,al contrario, aveva prodotto un insperato “miracolo” e che contro le obbiettive constatazioni logiche i talenti sconosciuti di tante singole persone  uniti dalla voglia di divertire e di divertirsi, avevano saputo creare una serata indimenticabile.

*Su gigante ‘onu – *Il gigante buono di Peppino Achene


A Sig. Kai Duttore Paulus Luminare

Deo de Parkinson mi so ammalaidadu
In sas difficultades mias
Unu gigante 'onu apo agatadu
E bona impressione m'hat lassadu.
Una die chi fia in sala de attesa
Su turnu meu aisettende
Intendo una oghe giamende
“Signor Achene”. Deo comente podia ischattende
Incontru l'andaia tambulende.
In su momentu chi mi fia avvicinende
Issu mi fidi cun delicadesa inquadrende.
Cando vicinu li so istadu
Pro mi saludare sa manu mi hat allongadu
Sas intenziones suas no mi hat cuadu
In sa protetzione sua m'aiat leadu.
In s'istudiu sou mi c'hat intradu
E da-i pes a cuccuru cun sos ojos suos m'hat fotografadu
Poi hat chefidu ischire de me su presente e-i su passadu.
Cando fia raccontende
Issu in sa mente sua fit registhrende.
Cando apo finidu 'e raccontare
Cun boghe amorevole e naturale
M'hat nadu.” Signor Achene non disperare
Deo penso chi contìnuede a bene istare”.
Unu pagu 'e tempus ch'est passadu
Da-i cando nos semus incontrados
Su rispettu meu pro issu est sempre aumentadu.
Caschi ostha timo de essere invadente
E pro m'iscujare bi lu fatto presente.
“ Non si ponzat problemas” mi rispondet cortesemente.
“Deo so inoghe pro fagher'istare 'ene chie est sufferente”
Da-i cando lu connoscho bosthas meda l'apo disthubadu
Mai unu signu de intollerantzia hat manifesthadu,
Antzis m'hat sempre incoraggiadu.
Su numeru 'e su telefono sou m'hat dadu
Nendemi” Giamami cando ti paret

Non ti ponzas problemas de disthubare”.
Sa disponibilidade sua non b'hat misura pro la misurare,
E-i sa professionalidade sua deo non bi la fatto a osannare.
De una cosa so zesthu , non mi poto isbagliare:
custhu est omine chi s'istoria hat a ammentare.
A chent'annos e piusu l'auguro in su mundu a bistare
Gai s'umanidade nde podet beneficiare
E-i sos malaidos a fagher bene istare.
Custhas pagas rigas sunt iscrittas cun manu tremulosa
Pro unu chircadore avviadu in-d-una carriera luminosa.
Cun ammiratzione
Pro sa tua immensa vocazione
Cun rispettu ti prego ogni bene.

Peppinu Achene
Al sig. Kai Dottor Paulus Lumiare
Io mi sono ammalato di Parkinson.
Nelle mie difficoltà
ho trovato un giganta buono
che mi ha lasciato una buona impressione.
Un giorno che ero in sala d'attesa
aspettando il mio turno
sento una voce che mi chiama
“Signor Achene”. Io scattando come potevo
gli andai incontro vacillando.
Mentre mi avvicinavo
Lui mi stava già inquadrando con discrezione.
Quando gli sono stato vicino
per salutarmi mi ha teso la mano
senza peraltro nascondermi le sue intenzioni:
mi aveva preso sotto la sua protezione.
Mi ha fatto entrare nel suo studio
e mi ha fotografato da capo a piedi con i suoi occhi
poi ha voluto conoscere di me il presente e il passato.
Mentre io raccontavo
Lui registrava nella sua mente.
Quando ho finito di raccontare
con voce amorevole e naturale
mi ha detto:”Signor Achene non si disperi
io penso che continuerà a star bene”.
Ormai è passato un po' di tempo
da quando ci siamo incontrati
il mio rispetto verso di Lui è sempre aumentato.
Talvolta temo di essere invadente
e per scusarmi gli e lo faccio presente.
“Non si metta problemi” mi risponde cortesemente.
“Io sono qui per fare star bene chi è sofferente”.
Da quando lo conosco l'ho disturbato molte volte
mai mi ha manifestato un segno di intolleranza,
anzi mi ha sempre incoraggiato.
Mi ha dato il suo numero di telefono
dicendomi:”Chiamami quando ti pare
non metterti problemi di disturbare”.
Non c'è misura che possa misurare la sua disponibilità
e io non cesso di osannare la sua professionalità.
Di una cosa sono certo,non mi sbaglierò:
questo è un uomo che la storia ricorderà.
Gli auguro di vivere cent'anni e più
in modo che l'umanità ne possa beneficiare
e possa far star bene i malati.
Queste poche righe sono scritte con mano tremante
per un ricercatore avviato a una carriera luminosa.
Con ammirazione
per la tua immensa vocazione
con rispetto ti auguro ogni bene.

Peppino Achene

*Non per prestanza fisica ma per le immense virtù professionali

 

Il Divertimento come fonte di Dopamina

Introduzione

 IL DIVERTIMENTO COME FONTE DI DOPAMINA

Dicembre 2014 - pranzo sociale

Dicembre 2014 – pranzo sociale

Strategie di riabilitazione non convenzionale nella malattia di Parkinson

di Kai S. Paulus

  Sì, avete ragione, tutto già detto e scritto.

Torniamo al 2009, quando, alla Camera di Commercio avevamo proposto le terapie alternative, quali il ballo, il teatro e la musica (leggete anche “Il teatro” nel nostro sito). Allora, la riabilitazione nel campo del Parkinson era ancora molto tradizionale e basata fondamentalmente su arcaici dogmi accademici che però stavano iniziando a vacillare sotto il peso delle nuove evidenze della ricerca scientifica ma che a Sassari trovava ancora una roccaforte apparentemente inespugnabile. Diciamoci la verità, nessuno avrebbe scommesso mezza lira sui sognatori Delli e Paulus. Eppure…

L’articolo che sto per presentarvi, e che si basa su un recente ciclo di relazioni tenute da me a Sassari e Cagliari e che sarà pubblicato nel numero di luglio della rivista ‘SassariMedica’ dell’Ordine dei Medici e Chirurghi della Provincia di Sassari e Olbia-Tempio, rappresenta attualmente il fulcro in fatto di fisioterapia e riabilitazione della nostra Parkinson Sassari. Il sogno è diventato idea, progetto, e quindi realtà. Pochi giorni fa, il 18 giugno, abbiamo assistito alla prima dello spettacolo teatrale “Romeo e Giulietta: 40 anni dopo” del nostro amico Francesco Enna e messo in scena in modo fantastico dagli amici del gruppo teatrale della nostra Parkinson Sassari. Per Franco e me è stato un momento indimenticabile, un sogno diventato realtà, con la consapevolezza che quello che è stato presentato e raccontato nel 2009 era appunto fattibile e raggiungibile. Tutti quelli che giovedì scorso erano nella sala gremita di Latte Dolce sono stati testimoni del enorme potenziale del lavoro del nostro gruppo; loro hanno assistito all’interpretazione irresistibile di ‘Giulietta’ Maria Luisa, quelle della tenera ‘Donna Capuleti’ Grazia e della coraggiosa ‘Nutrice’ Adelaide, ‘Romeo’ Oscar senza deambulatore, ‘Tebaldo’ Gianni prestato da Star Wars, il ‘Principe’ Peppino che già ci ha abituato ad imprese eroiche, ed Antonio il Capuleto di Ittiri che non rinuncia, e di tutti gli altri grandiosi Capuleti e Montecchi sassaresi.

E noi continuiamo a sognare…

In quest’ultimo anno la nostra “Parkinson Sassari” è cresciuta notevolmente ed ha potuto offrire varie attività e laboratori, quali la ginnastica di gruppo, il teatro, e la musicoterapia, apparentemente molto diverse tra di loro, ma comunque legati con l’intento di unire, integrare, intrattenere, aiutare, e possibilmente migliorare le condizioni di salute. Tali attività sono state rese possibili con l’eccezionale collaborazione del nostro personaggio dell’anno, la dott.ssa Pinuccia Sanna che rende la ginnastica per tutti più divertente ed efficace, della dott. Annalisa Manbrini che recentemente ha fatto conoscere a noi le molteplici applicazioni della musicoterapia, e del nostro scrittore e sceneggiatore Francesco Enna che ha vinto l’apparente impossibile sfida essendo riuscito a creare dal nostro gruppo numerosi attrici ed attori. Vengono spontanee due domande: che cosa hanno in comune tutte queste attività, e poi, cosa c’entrano con la malattia di Parkinson? Vi anticipo subito che queste due domande hanno, in un certo senso, la stessa risposta.

Nell’articolo che segue cercherò di illustrarvi la scienza sulla quale si basano queste attività che appartengono alla riabilitazione non convenzionale, complementare e creativa, nell’ambito delle molteplici strategie riabilitative in campo neurologico. Parlerò della serietà di queste occupazioni e di come avevamo ragionato con Franco Delli, Peppino Achene, Piero Faedda e Graziella Manchia su cosa poteva essere interessante ed utile per i soci e possibilmente integrativo alle varie terapie mediche. Il direttivo della nostra ‘Parkinson Sassari’ non le ha scelte per puro divertimento ma per motivi ben precisi.

Ops, mi è scappata la parola chiave: il divertimento.

Ma andiamo per ordine. Dopo una breve premessa sulla malattia di Parkinson e le difficoltà in cui si possono trovare sia le persone affette da questa malattia ma anche i loro familiari ed i caregiver, seguirà l’articolo che, per comodità di lettura, ho diviso in tre parti.

segue Il Divertimento come fonte di Dopamina parte II

Romeo e Giulietta (la recita) di Salvatore Faedda

Questa volta ci siamo superati…parola mia!!!

Ed è per questo che ho deciso di ricordare ciò che è successo il 18 giugno del 2015.

Tempo fa, durante un incontro in associazione, il nostro amico e socio Franco Enna, ci ha proposto di recitare la storia di “Romeo e Giulietta” da lui rielaborata e rinominata in tono ironico “Romeo e Giulietta 40 anni dopo”.

Una volta ricevuto il copione, assegnare le parti a ciascuno di noi che non avevamo alcuna esperienza di teatro, vi assicuro non è stato facile. Per la scelta degli “attori” ha influito molto il fisico, il portamento, la grazia e la bravura nel memorizzare le parti….!!! E qui comincia la nostra battaglia. Battaglia???…ma quale battaglia, le ore trascorse nelle prove sono davvero indimenticabili.

E’ vero, ci sono stati dei momenti in cui volevamo lasciare ma poi bastava guardarci in faccia per ripartire con più entusiasmo. Gli errori che al momento sembravano drammatici, alla fine sono diventati delle vere e proprie battute da sfruttare. Finalmente, dopo lunghe peripezie, viene stabilito il giorno e l’ora della rappresentazione e, il 18/06/2015 in un misto di paure e ansie, alle ore 16 del pomeriggio, iniziamo le ultime prove prima della messa in scena della commedia. Una sala immensa, colma di parenti e amici, rende l’attesa ancora più frenetica e esilarante ma poi, finalmente, si apre il sipario.

La nostra amica Dora, che ha preso in mano la situazione o meglio “il toro per le corna” dà il via presentando sul palco il regista della commedia “Franco Enna”. Inizia così la nostra avventura: il palcoscenico si apre davanti ad uno scenario che il nostro amico Gianuario ha realizzato con tanto impegno e gli “attori”, nonostante le difficoltà dettate dalla patologia, cominciano a  recitare e a muoversi tra luci soffuse e musiche incerte.

Che dire di Giulietta??? Bella e leggiadra…e Romeo??? Impacciato e romantico. E poi Donna Capuletti, la nutrice, Mercuzio, Benvolio, Tebaldo, padre Lorenzo e tutti gli altri….bravissimi, il loro impegno è stato premiato dagli applausi del pubblico presente in sala. In questo contesto voglio ringraziare tutti coloro che con la loro presenza assidua, si sono impegnati per la buona riuscita della commedia.

Giusy_Calia©(ph: Giusy Calia)

Fra i tanti voglio citare Antonio di Ittiri che non è mai mancato agli appuntamenti.

Un grazie anche a Piero e Graziella che, per il loro tramite, siamo riusciti ad utilizzare un palco vero. E come non citare e ringraziare il nostro Dott. Paulus…nonostante il suo poco tempo, ci ha seguiti da lontano. Un solo rammarico…mi sarebbe piaciuto accompagnare i canti durante la rappresentazione…peccato perché così volevo dare il mio contributo. Ma,  come si dice a Sassari…”siami sani” e, a Dio piacendo, ci vediamo il 27.

Salvatore Faedda

Lettera ad una amica di Salvatore ed Anna Faedda

Cara amica,
forse non ci crederai ma, mai e poi mai, avevamo pensato che un giorno noi saremo stati vicini di casa, così pure di Marco mio cognato, di Davide mio nipote, della sorella di mia cognata….che bello…ancora ci sembra un sogno!!!
Ci sentiamo fortunati perché avere delle persone speciali come voi e su cui contare in caso di bisogno, non è concesso a tutti.
Purtroppo, cara amica, nel momento in cui assaporavi le gioie della vita per aver risolto alcuni problemi personali, una normale visita di routine ti ha fatto precipitare nel baratro. Ti è stata diagnosticata una patologia piuttosto importante che ti ha costretto ad affrontare quelle cure che nessuno vorrebbe mai affrontare.
Ma tu, anziché nasconderti, come verrebbe spontaneo fare, stai affrontando la realtà con il supporto amichevole e affettuoso delle persone che ti circondano e che ti vogliono bene. Non possiamo non citare le tue care colleghe Lucia e Silvia, Anna, Maria, Piera e tante altre che non conosciamo.
Nel periodo cruciale della terapia, ci siamo resi conto che per te era difficile il contatto con le persone e noi, nel rispetto della tua dignità, abbiamo sempre assecondato i tuoi desideri.
Al di là di tutto questo, amica cara, sappi che noi abbiamo eretto una grande muraglia per difenderti e, insieme, sconfiggere il grande nemico.
Già all’inizio della malattia, alcuni amici che hanno avuto gli stessi problemi (Piera, Anna sorella della moglie di mio cognato, Giuseppe di Oleggio) ti sono stati utili nella scelta del tuo comportamento su come affrontare la quotidianità.
Questo, secondo noi è positivo come sono positive le belle camminate che facciamo sul lungomare di Portotorres e le passeggiate in città….per un buon caffè.
Salvatore e Anna

Lu muccaroru  (il fazzoletto) di Salvatore Faedda


Oggi no lu soggu cos'aggiu

dugna cosa chi abbaiddu e fozzu

soggu sempri cu lu muccaroru in manu.

Tandu mi digu: sarà la primavera

chi fazzi chisthi buffunaduri

oppuru so li pasthigli chì ni pigliu assai

Stha di fattu chi l'emozione è sempri prisenti

e si mi pongu a sunà lu sunettu

di muccarori vi ni boni una duzzina

Me muglieri si n'è subidu abbizzada

e m'ha dumandadu cosa m'era suzzidendi

e acchì abia lu muccaroru in manu.

Candu m'intendu di gussì l'aggiu dittu

non soggu nè carri e nè pesciu

e aisettu soru chi passia la zurradda.

Si puru soggu abituadu a chisthu andazzu

isperu chi l'indumani sia un'altra dì

senza muccaroru in manu e senza pignì

Salvatore Faedda
Oggi non lo so che cos'ho

ogni cosa che guardo o faccio

sono sempre col fazzoletto in mano.

Allora mi dico: sarà la primavera

che fa di questi scherzi

oppure sono le pastiglie che prendo...e che son tante.

Sta di fatto che l'emozione è sempre presente

e se mi vien voglia di suonare

di fazzoletti ce ne vogliono almeno una dozzina.

Mia moglie se n'è subito accorta

e mi ha chiesto cosa mi stava succedendo

e perché avevo il fazzoletto in mano.

Quando mi sento così...le ho risposto,

non sono né carne e né pesce

e aspetto solo che passi la giornata.

Anche se sono abituato a tutto questo,

spero che il giorno dopo sia un altro giorno

senza fazzoletti in mano e senza pianti

Salvatore Faedda

 

La giornata del Parkinson (29 11 2014) di Salvatore Faedda

Sabato 29 Novembre 2014, in occasione della giornata nazionale del Parkinson, il nostro Dott. Paulus con la collaborazione di Franco, Piero, Graziella e tutti gli altri dell’associazione, ha organizzato, un convegno interessantissimo di scienza all’interno del Teatro Civico di Sassari

Grazie alle persone coinvolte in questo settore, in primis il Prof. Giampiero Sechi (che ha introdotto il dibattito e che da oltre 30 anni ne studia l’evoluzione), tutti noi, ammalati e non, ci siamo sentiti gratificati per l’attenzione che il mondo della ricerca ha per questa patologia.

Molto interessanti gli interventi del Prof. Serra, del Dott. Clemente e della Dottoressa Bellu ma, quando è stato il momento della nostra fisioterapista Pinuccia Sanna, il fragore degli applausi…meritati (dico io) ha riempito la sala. Questa donna straordinaria, nel giro di poco tempo, ha rimesso in piedi persone che non riuscivano nemmeno a trascinare le gambe….il tutto senza intascare un euro….e questo le fa onore!!!

Anche il nostro amico Franco Enna ha potuto dimostrare che coinvolgere i pazienti in attività di gruppo, questo serve ad esorcizzare la solitudine e l’apatia che solitamente colpisce gli ammalati di parkinson. Ed è per questo che egli ha costituito una schiera di attori e attrici (si fa per dire) per portare in teatro la tragedia di “Giulietta e Romeo” di Shakespeare, da lui rielaborata in tono ironico.

Le prove attualmente si svolgo presso il teatro dei “Salesiani” nel quartiere del “Latte Dolce”; i nostri amici Piero e Graziella si sono impegnati personalmente per ottenere questo privilegio.

Naturalmente ci vorrà del tempo per organizzare il tutto perché, fra le varie difficoltà del morbo, c’è anche quello della memorizzazione….ma noi ce la mettiamo tutta per non fare brutta figura.

E che dire della palestra di via Monte Grappa, dove ogni mercoledì ci ritroviamo???? E’ tutto molto bello e noi la frequentiamo con tanto entusiasmo.

I relatori sono stati molto chiari; ciascuno di loro ha ribadito che la migliore terapia per tutti noi è quella di vivere serenamente e dormire bene perché solo così si potrà eliminare qualche pastiglia….intanto la ricerca va avanti!!!!

Per ritornare alla giornata del Parkinson, molto interessanti le domande che alcuni partecipanti hanno posto ai medici: alcune hanno avuto risposte soddisfacenti altre, invece, sono state un po’ evasive data la difficoltà della patologia. 

Dopo un esauriente dibattito e l’intervento piuttosto interessante della nostra psicologa Jole Sotgiu, si fa spazio per un piccolo spuntino che gli amici dell’associazione hanno organizzato con grande entusiasmo.
Bisognava esserci per apprezzare la bellezza e la sostanza con le quali erano state allestite le grandi sale del Civico. C’era di tutto, panini, pizzette, pasticcini, insalate di riso, fatti fritti, torte di ogni forma e colore, patatine fritte e tanto altro ancora. E le bevande? Beh….oltre alle solite bibite il vino del nostro amico Peppino ha colpito nel segno. Durante il rinfresco sono state raccolte tante adesioni e questo ci permette di continuare il nostro percorso.

Come negli anni passati, anche quest’anno abbiamo visto i soliti assaggiatori di passaggio che, anche stavolta, hanno mangiato a sbaffo.
E dopo questa bella giornata di sodalizio, sento il dovere di ringraziare tutti, nessuno escluso, con l’obbligo di un particolare ringraziamento alla pizzeria “Da Bruno” che, per l’occasione, ha messo a disposizione 50 sedie e 10 tavoli….il tutto senza alcun tornaconto. Mi sembra doveroso ipotizzare che una sera, tutti noi, vi andremo a mangiare una pizza.

Salvatore Faedda

Una lezione di vita di Nicoletta Onida

– Non tutti i casi sono uguali – disse il neurologo, cercando di tranquillizzarmi, nel vedermi scoraggiata. Nella sala d’aspetto mi era, più volte, capitato d’ incontrare pazienti con difficoltà ma, quella mattina, mi ero trovata accanto una giovane donna con problemi così pesanti da rimanere turbata. Nonostante fossi consapevole che il mio stato di salute non sarebbe cambiato e quella difficile condizione mi avrebbe accompagnata per sempre, uscii dallo studio medico un po’ rinfrancata. Il neurologo che mi aveva in cura oltre ad essere un professionista serio e preparato, era sempre cordiale e disponibile, ascoltava tutti dimostrando amicizia, infondendo coraggio e fiducia nelle terapie. Quel suo modo di fare così affabile, così umano riusciva a far assumere ai pazienti un atteggiamento positivo, a far nascere la speranza che le cose sarebbero cambiate. La medicina mi diceva, senza perdere l’atteggiamento fiducioso che lo caratterizzava, avrebbe scoperto sicuramente il modo per debellare o, quantomeno, bloccare la malattia. Forse era questa la ragione che mi portava ad evitare di parlare con gli altri dei miei problemi, a cercare, in qualche modo, di nasconderli pur avendo la consapevolezza che, col tempo, erano diventati sempre più evidenti. Così, tra difficoltà di ogni genere, cercavo di vivere le mie giornate uguali a prima che la malattia mi aggredisse. Mi occupavo della casa, mi recavo in banca, alle poste, facevo con calma le mille cose che una volta, quando insegnavo, avevo i figli da seguire e genitori anziani da aiutare facevo sempre di corsa. Sembrava, allora, che il tempo non bastasse a fare tutto ciò che dovevo, necessariamente, fare. A fine giornata ero stanchissima e, talvolta, mi dicevo < questo è .. il logorio della vita moderna..> cercando il conforto nelle parole di un famoso spot televisivo. Già, proprio così, il logorio, lo stress. Dopo la comparsa della malattia, più volte, mi sono chiesta se la causa dei miei problemi si potesse attribuire allo stress, alla fatica fisica e mentale che per anni non avevo potuto tenere a freno. Ora, invece, a frenarmi era la lentezza e, sebbene mi imponessi di non lasciarmi andare curando il mio aspetto e cercando di essere sempre in ordine, mi rendevo conto d’impiegare, in queste operazioni, più tempo del necessario. Nonostante i propositi di essere più veloce, facevo tutto con grande lentezza. Per questo motivo, per esempio, arrivavo al supermercato all’ora di punta. Nella confusione generale, mi dirigevo subito alla ricerca del primo carrello a portata di mano. Quel trabiccolo era la mia ancora di salvezza, il sostegno più valido per la mia insicurezza. Era indispensabile per muovermi tra i banchi con tranquillità, infatti, richiamata dai cartelli colorati che proponevano, anche, l’acquisto del superfluo,mi trattenevo nel grande magazzino più del necessario.
– Ciao, anche tu qui?- Qualche vecchia conoscenza, un lontano parente, un ex collega richiamava, spesso, la mia attenzione. A volte qualcuno si fermava per scambiare quattro chiacchiere o, solamente, per chiedere l’opinione su un prodotto da acquistare. Spesso, però, capitava di sentirmi osservata e, pur senza ricevere alcuna domanda sulla mia salute, provavo un certo disagio sentendomi commiserata, a quel punto, facendo finta di aver fretta mi allontanavo dopo aver salutato cordialmente Quel disagio era causato da una mia sensazione oppure da un’indiscrezione reale, tanto evidente da crearmi imbarazzo? Per questo motivo, forse, presi l’abitudine di trattenere lo sguardo sulla merce esposta evitando, in quel modo, occhi indiscreti. Seguendo la voce di un altoparlante mi incanalavo nelle corsie e, come tutti, mi lasciavo facilmente convincere all’acquisto di alimenti sani come i prodotti freschi della nostra terra.

-Che profumo questi limoni!-

D’istinto mi voltai, poco più in là, due bellissimi occhi azzurri incrociarono il mio sguardo

– Buongiorno professoressa- una giovane donna rivolgendosi a me timidamente mi sorrideva e dopo un attimo :

– Si ricorda di me?-

-..Letizia… sei Letizia?-domandai titubante

– Che bello rivederla e, soprattutto, sentire che ricorda ancora il mio nome!-

– Mi hanno aiutato i tuoi occhi, anche se, allora eri una ragazzina e oggi sei una donna, certo mi ricordo di te –

Mi strinse la mano calorosamente e subito mi raccontò di sé, dei suoi genitori ormai anziani preoccupati per lei che, a trent’anni, non aveva ancora iniziato un percorso autonomo di vita per la mancanza di un lavoro sicuro. Per non pesare sul bilancio familiare si prendeva cura della nonna vecchia e malata che, ogni fine settimana, le dava una piccola ricompensa. Parlò poi dei vecchi compagni di scuola con i quali era ancora in contatto; alcuni erano stati più fortunati di lei.

– Com’ero ingenua allora , credevo che superate le difficoltà scolastiche tutto sarebbe stato più semplice, invece, la vita mi ha presentato problemi più difficili, preoccupazioni più serie!-

Subito dopo ritrovando, insieme alla fiducia il sorriso iniziale, aggiunse:

 – Voglio essere ottimista, non bisogna arrendersi mai – e, dopo avermi abbracciata con particolare affettuosità, si allontanò confondendosi fra la gente. Commossa la seguii con lo sguardo finché non scomparve. Dopo aver inutilmente tentato di sentirne il profumo, con la mano traballante, infilai nella busta alcuni limoni.

Quella giovane donna, inconsapevolmente, mi aveva dato una lezione di vita.

 “ Non bisogna arrendersi mai “ .

Tornai casa pensando a quell’incontro, alla gioia di vivere di Letizia e la mia mente corse indietro nel tempo, alla mia giovinezza spensierata, ai miei compagni di scuola, ai sogni fantastici che speravo di riuscire a realizzare. Ripensai ai giorni felici delle vacanze nel piccolo paese dov’ero nata, alla vita semplice e dignitosa della nonna dalla quale ritornavo ogni estate. Rividi in un baleno la sua esile figura e, d’un tratto, nelle sue mani tremanti, nei suoi movimenti insicuri, nei suoi gesti ripetuti vidi me stessa.

                                                                                 Nicoletta Onida

CONVEGNO PARKINSON (La settimana dopo) dì Salvatore Faedda

Il nostro amico Peppino, grande produttore di vini di tutti i colori e sapori, ci ha proposto una mangiata di quelle che non si dimenticano, ad un prezzo accessibile a tutti.

Il luogo scelto si chiama “Troppu Ilde” alla periferia di Sassari in località Caniga, una ridente collina alberata e ben soleggiata che Peppino ci mostra con orgoglio nonostante l’ora…..(lo stomaco reclama sigh…sigh).
Prendiamo posto nella sala da pranzo e, con impazienza, aspettiamo l’arrivo del Dott. Paulus; naturalmente l’attesa viene smorzata dagli assaggini fatti di nascosto per non offendere la sensibilità del nostro amico/medico curante.
Ecco che subito inizia la corsa agli antipasti, ottimi e abbondanti, con diverse specialità dal gusto eccezionale.
Tra gli antipasti e i primi piatti l’amica Dora legge con grande maestria il riassunto che ho scritto, per la “Giornata del Parkinson”, con la collaborazione di Anna che l’ha riportato sul computer. A detta degli amici parkinsoniani il resoconto è stato apprezzato e questo mi riempie di gioia.
Dopo i primi piatti ci diamo da fare con i secondi e, tra una portata e l’altra con la mia fisarmonica e con la collaborazione di tutti, cantiamo a gran voce le solite canzoni sassaresi che, come si sa, danno un certo tono a tutta la compagnia.

Salvatore Faedda alla fisarmonica

Salvatore Faedda alla fisarmonica

Ci sembra doveroso onorare il nostro medico ed è per questo che, con voce pacata e decisa, intoniamo “Lilly Marlene”. Lui, con un certo imbarazzo, tenta di seguire la nostra esecuzione con un organetto a bocca. Come tanti parkinsoniani mi commuovo nel vedere e sentire (stonature incluse) tutta quella partecipazione, soprattutto quando mi rendo conto che il dott. Paulus utilizza lo strumento che io gli ho consigliato. Ancora una volta mi convinco che il nostro amico medico è una persona buona e sensibilissima perché, secondo il mio punto di vista, chi suona uno strumento musicale, anche se principiante, ha l’animo sensibile e poi….la musica aiuta a star bene!!!
Grazie Peppino e grazie Nanna per la vostra disponibilità e amicizia e grazie ancora a tutti quelli che hanno contribuito alla buona riuscita di questa festa anche se…..mi è costata qualche lacrima d’emozione.
Salvatore Faedda