Volare si Può, Sognare si Deve!

Scriviamo un libro

Pillola nr° 6: il dolore – di Kai S. Paulus

 Sapete bene che a me piace prende spunti dai vostri contributi, racconti e poesie per questa serie di ‘Pillole’ e devo dire che il nostro sito ne è molto ricco. A maggior ragione mi sorprende che sinora non avete fatto cenno ad uno dei più invalidanti, fastidiosi e farmaco-resistenti sintomi del Parkinson, il dolore. Cercherò comunque di orientarmi, anche se non scritto in queste pagine, con quello che mi viene raccontato in ambulatorio.

Il dolore nella malattia di Parkinson è un capitolo molto importante, innanzitutto perché non c’è un dolore, ma vengono riferiti diversi tipi di dolore. Frequentemente si trova pertanto un dolore di origine muscolo-tendineo a causa delle contratture muscolari prolungate (particolarmente frequenti i dolori lombari ed alle gambe) che comportano infiammazione e quindi dolore dei tessuti; poi il dolore articolare (periartrite delle spalle, cervicale, rachide lombare, anche, ginocchia) per le eccessive sollecitazioni da tremori e contratture, ed il dolore centrale, cioè quel dolore dovuto alla persistenza della malattia cronica. Come se non bastasse, la terapia stessa, in particolare la levodopa (Madopar, Simenet, Stalevo, Sirio, Duodopa), può provocare una neuropatia periferica dolorosa. Nella stessa persona questi differenti tipi di dolore possono manifestarsi separatamente ma anche in diverse combinazioni. Il dolore può presentarsi in maniera persistente oppure parossistico, episodico, e varia spesso in intensità e qualità: il dolore può essere lancinante, trafittivo, sordo, ad esordio acuto oppure presentarsi ad ondate. Per non farci mancare niente, il dolore è spesso modulato dalla stessa terapia dopaminergica, e che si osserva soprattutto durante il fenomeno del “fine-dose”, cioè, quando la dose di dopamina tende ad esaurirsi, si accentuano i dolori che invece si possono attenuare con la successiva somministrazione. Infine, un dolore preesistente, per esempio una lombosciatalgia da ernia del disco, oppure una periartrite della spalla, può essere accentuato dalle contratture e dal tremore.

Fin qui non vi ho raccontato niente di nuovo perché quasi tutte le persone affette da Parkinson devono fare i conti con uno o più dolori. Allora cosa si può fare, cosa si deve fare? Prima regola: il dolore va sempre trattato, non tollerato. Ed allora: come trattarlo? La maggior parte del dolore nella malattia di Parkinson è ovviamente dovuta direttamente alla malattia stessa, per cui per prima cosa il medico dovrà cercare di ottimizzare la terapia farmacologica anti-parkinsoniana per ridurre al minimo la comparsa di dolore. Comunque, nonostante la miglior correzione farmacologica, molte persone continueranno a lamentare dolori misti cronici. Allora ci vuole il fisiatra per un programma riabilitativo mirato (voi non ne avete bisogno perché siete coccolati dalla nostra insostituibile Pinuccia Sanna), e magari anche l’ortopedico per correggere alterazioni articolari e della colonna. Infine, e solo infine, si deve ricorrere ai farmaci antidolorifici, per iniziare da quelli non-steroidei semplici noti a tutti per arrivare fino agli oppiacei. Affrontare i dolori nella malattia di Parkinson non è affatto facile, ma non ci si deve arrendere, ne va della qualità di vita estremamente importante nel caso del nostro “nemigu”, citando il nostro Peppino Achene, per poterlo combattere a testa alta quotidianamente.

Brutta bestia il Parkinson, scrive il nostro Piero Faedda, ed allora a maggior ragione dobbiamo domarla!

Il capitolo dei dolori nella malattia di Parkinson è molto vasto e la terapia correlata spesso complicata. Per rimanere nello spazio delle ‘Pillole’ ovviamente non potevo essere esaustivo e forse neanche sufficientemente chiaro. Vi invito pertanto ad approfittare della possibilità dello spazio dedicato ai commenti in fondo alla pagina per domande e commenti, risponderò a tutti.

 

Kai S. Paulus

Cronaca di un viaggio – di S. Faedda

(Sassari/Parigi – Settembre 1998)
(senza paura di attentati)

Partecipanti: Luigi (amico di Salvatore)
Sua moglie Laura (amica di Anna)
Io Salvatore
Mia moglie Anna
Io e Luigi siamo due amici sfigati perché siamo incappati in due ragazze entrambe figlie di ferrovieri. Il padre di Anna aggiustava anche gli orologi e la sera, quando si rientrava a casa, non si poteva sgarrare di un minuto. Al contrario di Anna, Laura aveva un duro ostacolo in sua madre perché ogni volta che usciva le dava in custodia due o tre fratellini col solo intento di tenerla impegnata e farsi poi riferire il comportamento dai ragazzini.
Una sera, mentre eravamo in pizzeria, ci siamo ripromessi che una volta sposati avremo fatto un viaggio insieme a Lourdes e a Parigi. Sembrava un utopia invece la promessa si è avverata in occasione del nostro trentesimo anniversario di matrimonio.
Nei giorni precedenti la partenza, con Laura e Luigi, progettiamo diverse soluzioni ma poi alla fine prevale quella del viaggio auto/nave/auto con la nostra Brava blu appena acquistata.
Giunto il giorno fatidico, carichiamo la macchina di valigie e provviste varie (pasta, pelati, caffè etc.) dato che a Parigi abbiamo preso in affitto due mini appartamenti, con tanto di cucine, in un residence nei pressi del “Moulin Rouge”.
La traversata in nave è fantastica…finalmente cominciamo ad assaporare quella libertà che ci era stata negata da giovani.
Una volta sbarcati a Genova e dopo aver fatto colazione al bar, raggiungiamo e oltrepassiamo la frontiera, ci fermiamo a Tolosa per un pasto veloce e poi, tra risate, canti e qualche sbadiglio di sonno proseguiamo il nostro viaggio. Dopo qualche ora decidiamo di fare sosta a “Castillon de Saint Martory”, un piccolo villaggio a circa 100 chilometri da Lourdes, per trascorrervi la notte imminente.
Al primo distributore chiediamo dove poter prenotare a basso costo. Subito ci accompagnano sul retro e ci mostrano una piccola costruzione adibita ad accogliere i viaggiatori di passaggio.
L’impatto è favorevole; immersa nel verde…con tanti fiori di mille colori. Prenotiamo subito due camere e chiediamo se è possibile cenare nel locale. Sistemati i bagagli scendiamo nella sala ristorante per occupare il tavolo prenotato. Poco distante da noi una coppia di una certa età sta pasteggiando silenziosamente; praticamente gli unici clienti siamo noi e la coppia seduta nell’altro tavolo.
Ci portano il menù, rigorosamente in francese, e noi cominciamo a girarlo e rigirarlo senza capire ciò che stiamo per ordinare. Il fragore delle nostre risate suscita la curiosità del commensale seduto nell’altro tavolo che, capito il nostro disagio, si avvicina e ci chiede se abbiamo bisogno di aiuto. Si presenta e ci dice che anche lui è italiano, che le sue origini sono del Trentino ma che ha trascorso gran parte della sua vita in Francia dove ha conosciuto sua moglie. Con più sicurezza facciamo le nostre ordinazioni e poi con tanta curiosità iniziamo a dialogare col signore italiano ma dal marcato accento francese.
Anche lui incuriosito ci chiede la nostra provenienza e quando diciamo d’essere sardi sua moglie, che stava ancora seduta nell’altro tavolo, si alza di scatto e vuol sapere l’esatta località. Sassari, rispondiamo in coro; incredibile…lei si commuove e ci racconta che quando aveva 19 anni era stata a Sassari per seguire gli studi che poi l’hanno portata all’insegnamento della lingua italiana in Francia.
La casualità di quell’incontro, peraltro piacevolissimo, si deve al fatto che in quel paese, esattamente sotto la loro abitazione, si svolgeva una rumorosa festa musicale che li ha indotti a prenotare in albergo per poter dormire nel silenzio più assoluto.
Il giorno successivo, subito dopo colazione, i nuovi amici ci portano a casa loro per farci conoscere il loro modo di vivere. Visitiamo la casa con un po’ di timore (buia, mobili scuri ma di grande fascino) finché in un angolo della sala io (Salvatore) noto un meraviglioso pianoforte a coda. Che dire…le mie mani cominciano a strimpellare con grande approvazione dei proprietari.
Dopo aver lasciato loro una bottiglia di mirto sardo, riprendiamo la strada per Lourdes, felici e contenti per la bella esperienza appena vissuta.
Finalmente raggiungiamo la meta tanto ambita, cerchiamo un albergo nelle vicinanze del percorso religioso e poi subito di corsa a visitare la grotta delle apparizioni. Che spettacolo….e quanta gente!!! Nei due giorni dedicati a Lourdes, abbiamo la percezione tangibile che qualcosa di sovrannaturale aleggia in quel luogo sacro.
Il terzo giorno, di buon mattino, riprendiamo il nostro viaggio stavolta in direzione di Parigi. Inevitabilmente sbagliamo strada…!!! Circa 40 km di percorso per renderci conto che non c’è sbocco. Riprendiamo la situazione in mano e dopo diversi chilometri ci fermiamo per cercare un posto dove poter dormire. Dopo lungo girare riusciamo a trovare un B.&B. con una sola camera ma con un letto matrimoniale ed un lettino. Presi dalla disperazione accettiamo l’offerta e, senza pensarci troppo, lasciamo il letto matrimoniale agli amici Laura e Luigi ed io e mia moglie ci distendiamo stretti stretti (si fa per dire) nell’altro lettino. La macchina è parcheggiata proprio sotto la nostra camera, perciò vado a letto tranquillo perché facilmente controllabile.
Alle tre del mattino un botto improvviso mi sveglia di soprassalto, scendo di corsa le scale ma, per mia fortuna, nell’altro angolo della strada due macchine sono incastrate una dentro l’altra….la mia è salva!!!
Altre tre ore di sonno e poi, di buon mattino, scendiamo per la colazione che il proprietario del B&B ha preparato alla grande.
Riponiamo i bagagli in macchina, occupiamo i nostri posti e, col solito entusiasmo…ripartiamo!!!
Durante il tragitto ci fermiamo per visitare uno dei tanti Castelli della Loira, esattamente quello di“Chambord”; spettacolare, di grande interesse culturale, strutturale e storico.
A tarda sera raggiungiamo Parigi e, a gran fatica, riusciamo a trovare il residence che avevamo prenotato da Sassari (all’epoca il navigatore non esisteva). I mini appartamenti sono moderni con tutte le comodità, ma la cosa che più ci fa piacere è che si trova al di sopra del rinomato cimitero di “Montmartre”. Di comune accordo ci dividiamo i ruoli: la colazione da Laura e Luigi e la cena da noi, il pranzo…cammin facendo!!!
Con una cartina recuperata nel residence, iniziamo la nostra avventura parigina.
Chi è stato a Parigi conosce bene l’emozione che si prova quando per la prima volta vede la “Torre Eiffel”. Rigorosamente in ferro battuto è una delle attrazioni e dei simboli più importanti della città. Si innalza sulla spianata degli “Champs de Mars” offrendo ai visitatori una vista panoramica mozzafiato.
Ovviamente non trascuriamo di visitare “Le Sacre Coeur de Montmartre”, il “Moulin Rouge”, il “Louvre” “L’arco di Trionfo” (che si trova all’inizio del famoso viale dei “Champs Elysées”).
I pomeriggi, invece, li dedichiamo a visitare grandi e lussuosi negozi come i magazzini “Lafayette” (con i soffitti di cristallo colorato).
Un tardo pomeriggio, dopo aver visitato i negozi sotterranei de “La Defénse” prendiamo il primo metrò che troviamo a disposizione senza valutarne la destinazione. Dopo diverse fermate, sentiamo una voce che dice qualcosa di incomprensibile per noi. Vediamo gli altri passeggeri alzarsi mentre noi, incuranti di ciò, restiamo rigorosamente incollati ai sedili. Solo dopo qualche secondo ci rendiamo conto che siamo al capolinea e che quella è l’ultima corsa. Che imbranati…!!! Mogi mogi, stanchi e pieni di sonno, afferriamo al volo il primo taxi che passa, e rientriamo nel residence per trascorrervi l’ultima notte prima del grande rientro.

Salvatore Faedda

Ricordi di gioventù – di Salvatore Faedda

Oggi (24 novembre 2013) ho fatto settant’anni, il tempo è passato e non me ne sono accorto. A casa mi hanno fatto la festa e, quando mia nipote, fratelli, amici e parenti mi hanno fatto gli auguri, le lacrime sono scese copiose. La notte ho dormito pochissimo pensando a come il tempo è passato velocemente. Ricordo che mamma prima di morire diceva: “da poco eravate ragazzini e adesso siete grandi, sposati e con figli”. Sante parole…che ora condivido pienamente. A tale proposito vi voglio raccontare alcuni episodi della mia gioventù.
Nel millenovecentoquarantasette, dopo la fine della guerra, siamo andati ad abitare in via S. Apollinare di fronte ad Annetta Pidocciu e Tubu Tubu. Lì ho coltivato le mie prime amicizie e, sempre in quel quartiere, ho frequentato le elementari. Finita la quinta elementari, a soli 11 anni, sono andato a lavorare da “Perez” in fondo al Corso Vittorio Emanuele per fare “lu pizzinnu d’andera”.
Per me che ero piccolo, quel lavoro era piuttosto faticoso soprattutto se si considera che ogni giorno, alle sei del mattino, dovevo andare al negozio per togliere le inferriate dalle vetrine e far si che gli abitanti di sorso che arrivavano col primo treno, potessero vedere tutti gli articoli messi in bella mostra.
Solitamente la domenica il principale mi mandavano in giro per il mercato a consegnare volantini pubblicitari. Io, che tanto stupido non ero, andavo sì al mercato, gettavo qualche volantino per terra e, quelli che rimanevano, li portavo a casa per utilizzarli come carta igienica dal momento che all’epoca non esisteva affatto.
In quel posto di lavoro non sono rimasto a lungo. Pensate che una domenica mattina il sig. Perez mi manda a chiamare e mi dice: “vai da Liggieri compra sei frittelle e portale a casa”. Voi cosa avreste capito? Io tutto contento ho comprato le frittelle, le ho portate a casa e le abbiamo mangiate con avidità. Avevamo finito da poco di mangiarle ed ecco che arriva il “principale” tutto agitato e, rivolto a me, mi chiede che fine avevano fatto le frittelle. “Mangiate ce le abbiamo” gli ha detto mio padre “ma scusi lei non ha detto a mio figlio di portarle a casa?” “Si” ha risposto lui “ma a casa mia”. Da quel momento mi ha licenziato senza pagarmi il breve periodo lavorato.
Dopo qualche giorno sono andato a lavorare nel bar di “Cicitu Muntò poi da Usai per imparare il mestiere di sarto ed infine da Ponzeveroni il farmacista per fare le commissioni. Tutti mi hanno usato ma nessuno mi ha pagato.
In quel periodo furono inaugurati i grandi magazzini Upim; quando mamma mi mandava a comprare qualcosa da Mongili o al mercato, passavo gran parte del tempo a curiosare nei vari reparti di quel centro commerciale dimenticandomi di comprare ciò che mi era stato richiesto.
Vicino alla Upim si piazzavano tante bancarelle con i prodotti più disparati!!! Uno in particolare vendeva caramelle nere e le reclamizzava così: “Ameluk Africaorientale plodotti…rinfrescano il c… e rinfrescano la gola”. C’era poi quello che toglieva i calli e quello che faceva la lotteria, insomma…quel mondo per me era un paradiso.
Anche mio fratello, però, non era da meno; un giorno mamma l’ha mandato dal macellaio a comprare un pezzo di lingua per fare lo spezzatino, sapete che cosa ha comprato??? “un vasino da notte” e per giustificarsi ha detto che di lingua non ce n’era e, per non rientrare a mani vuote, aveva comprato quell’oggetto.
Nel frattempo sono entrato a lavorare nella falegnameria Pirino coinvolgendo mio cugino Antonio e mio fratello Giovanni. Una mattina ho mandato mio fratello a comprare due panini imbottiti; due panini imbottiti??? Troppo banale, lui invece è rientrato in stabilimento con un pezzo di gesso di bologna. Arrabbiato gli ho chiesto: “adesso che cosa mangiamo!!!” e lui calmo calmo “perché il gesso non serve?” me lo sarei mangiato vivo.
Vogliamo parlare dei regali di Natale? Ad Antonello, che era il più piccolo dei miei fratelli, insieme a mamma gli mettevamo un cavallo con delle rotelle e veniva trainato per mezzo di un cordoncino. Siccome le ruote si staccavano facilmente dalla base, io le mettevo subito in bocca e con esse potevo fischiare alla grande. A Piero veniva regalata una pistola a cento colpi che quando sparava non scappava nemmeno una mosca. A mia sorella Annalisa una bambola. Quando questa si rompeva mi appropriavo dello strumento che diceva “mamma”, lo mettevo in tasca e, nella sala cinematografica, durante la proiezione di un film, la facevo suonare per far arrabbiare la maschera di turno. A mio fratello Giovanni, che era apprendista meccanico, gli venivano regalate le costruzioni. Io, che sono il più grande dei fratelli, il regalo di natale me lo facevo da me. Puntualmente compravo un’armonica a bocca. Non c’era niente da fare…la musica mi è sempre piaciuta!
A fine anno andavamo di casa in casa per cantare “a li tre re”. La gente ci dava un pugno di fichi secchi e noi andavamo via felici e contenti.
Dopo aver conseguito la licenza media lavoravo tutto il giorno, compreso il sabato, così in tasca avevo sempre qualche spicciolo per me.
All’epoca in via Torre Tonda avevano aperto una pizzeria dove facevano delle ottime pizze. Il proprietario che si chiamava Mimino aveva fatto venire un pizzaiolo napoletano. E così, quasi ogni sera, eravamo di pizzata.
Prima di annoiarvi ancora voglio raccontarvi una cosa che a me piace tanto: tutte le domeniche, dopo aver mangiato, prendevo dodici bicchieri di vetro, ci mettevo del vino e con una forchetta suonavo le canzoni in voga…ma il mio sogno era la fisarmonica.
Quando mio padre entrò a lavorare al comune e mamma non aveva più bisogno dei miei soldi, pur pagandola a rate, me la sono comprata con mia grande soddisfazione.
Poi nel 1960 ho comprato anche un registratore (all’epoca nessuno lo conosceva), e poi la cinepresa e il proiettore.
Certo che i tempi sono cambiati, ma io sono felice di ricordare quelli passati.
Di sicuro vi ho annoiato, ma ho ancora tante cose da raccontare, perciò ora cambio foglio così se vi ho annoiato…voi non leggete più.

Salvatore Faedda

Personaggio dell’anno Gian Paolo Frau

Condividendo i sentimenti di saluto e apprezzamento manifestati a Gian Paolo Frau in occasione della IX Giornata Nazionale del Parkinson il gruppo degli

amici intende rivolgere a Gian Paolo,  designato PERSONAGGIO DELL’ANNO, un caloroso indirizzo di stima e di ringraziamento

     A  Gianpaolo FRAU, grafico generoso e disponibile che con silenziosa riservatezza e pazienza – sperimentate anche sul piano personale – é stato capace di dare ascolto a un popolo di impazienti,  il nostro più sincero e vivo ringraziamento.

    Attraverso la creazione di un sito per l’Associazione Parkinson, Gian Paolo ci ha messo in contatto col mondo e ha contribuito concretamente a farci uscire dall’isolamento e dalla solitudine;ha reso possibile un contatto costante fra i membri dell’Associazione, ha facilitato la circolazione di idee, ha consentito a chi lo ha voluto  di esprimere le proprie opinioni e i propri sentimenti, ha spinto i titubanti a provare, i più attivi a riproporsi con nuovi stimoli. E’ stato un animatore culturale che ha aperto a tutti nuove opportunità e conoscenze.

             Con affetto e riconoscenza

SASSARI 28 NOVEMBRE 2015

Ringraziamenti

Come sapete tutti, la nostra recente IX Giornata Sassarese della malattia di Parkinson è stata dedicata alla memoria di Fiorentino Ena, per lungo tempo presidente della Associazione Parkinsoniani di Nuoro, recentemente scomparso. Pubblichiamo volentieri i ringraziamenti della moglie, Sig.ra Maria Grazia Mortara:

Gent.mi Dr. Paulus e Associazione Parkinson Sassari,

Vi ringrazio tanto, per il pensiero e la sensibilità che avete dimostrato nei confronti di mio marito, nella giornata nazionale della malattia di Parkinson, è un modo molto gentile per sentirsi tutti uniti, come una vera e grande famiglia nei momenti di gioia e di dolore.

Vi porgo i miei cordiali saluti,
Maria Grazia Mortara

 

 

Resoconto IX Giornata Sassarese della Malattia di Parkinson

28 novembre 2015
IX Giornata Sassarese della Malattia di Parkinson
Dedicata alla memoria di Fiorentino Ena

In occasione della Giornata Nazionale della Malattia di Parkinson siamo tornati sul luogo dove nel 2009 tutto ebbe inizio. Allora, proprio qui, in una Camera di Commercio gremita fino all’ultimo posto, vi raccontammo che esistevano trattamenti non convenzionali per affrontare la malattia, per rafforzare quelle tradizionali e per ridurre eventuali effetti collaterali. Giornata 0Quest’anno il Centro dei Disordini del Movimento della Neurologia della AOU di Sassari e l’Associazione Parkinson Sassari hanno pertanto invitato alla Camera di Commercio per raccontare orgogliosamente che tutto ciò che allora fu presentato, quasi come non fosse fattibile a Sassari, invece è stato realizzato. Ma andiamo per ordine …
Il presidente della Parkinson Sassari, Franco Delli, ha deciso di non voler intervenire questa volta e si accomoda inizialmente più in fondo alla sala, evidentemente vuole godersi lo spettacolo che sei anni fa lo ha visto assoluto protagonista. La mattinata è moderata, come tutte le precedenti edizioni, dal neurologo Kai Paulus che apre i lavori ricordando il Sig. Fiorentino Ena, recentemente scomparso, per molti anni presidente della Associazione Parkinsoniani di Nuoro, seguito da un solenne e lungo applauso dei oltre 200 presenti in sala. La dott.ssa Antonella Virdis, direttore sanitario della AOU di Sassari si complimenta con gli organizzatori per gli sforzi compiuti in questi anni con l’obiettivo di creare una rete di sostegno e di assistenza per ammalati e familiari; in particolare, sottolinea la Virdis, colpisce l’entusiasmo con cui la Parkinson Sassari svolge le sue attività. Anche il commissario straordinario della ASL n.1 di Sassari, dott. Agostino Sussarello, conferma le parole della dirigente della AOU e precisa che ciò che Neurologia e Parkinson Sassari hanno sviluppato a Sassari sarebbe da modello per la sanità del futuro. Il presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Sassari, dott. Francesco Pio Scanu, si scusa tramite un comunicato che per precedenti impegni istituzionali presi non poteva partecipare alla mattinata auspicando il successo dell’iniziativa ed inviando cordiali saluti a tutti.Giornata 1

Prof. Gian Pietro Sechi, responsabile della UOC Neurologia della AOU di Sassari inizia la parte scientifica della mattinata con una breve introduzione alla malattia di Parkinson ricordando l’importanza della scoperta della dopamina come farmaco ed anticipando alcune notizie sui progetti sul Parkinson che si stanno realizzando a Sassari. Torna a grande richiesta Prof. Pier Andrea Serra, farmacologo del Dipartimento di Medicina Sperimentale dell’Università di Sassari, oramai amico della nostra comunità, per approfondire diversi aspetti del sonno e l’importanza del sonno nel ammalato di Parkinson. Il sonno appare quasi come una medicina, che spazza via nel cervello alcune molecole responsabili della malattia. Alla fine della sua interessantissima relazione Prof. Serra lancia un appello ed invita i presenta a partecipare ad uno studio innovativo sul sonno parkinsoniano che dovrà iniziare a breve. Segue una lunga ed animata discussione in sala con tante domande rivolte dal pubblico ai due docenti universitari e si percepisce la speranza che tutti pongono nei due accademici che da anni sono in prima linea nella lotta scientifica contro il Parkinson.

Per introdurre il prossimo blocco nel programma, il moderatore ricorda gli oramai consueti, periodici incontri organizzati dal team della Psicologia Clinica della AOU di Sassari separatamente, o con i pazienti o con i familiari. Dott. Giovanni CaGiornata 2rpentras, responsabile della Psicologia Clinica, con cui la Parkinson Sassari collabora ad uno studio sulla qualità di vita del familiare, introduce con una relazione sull’intelligenza emotiva che in seguito la psicologa dott.ssa Lidia Spanedda approfondisce mettendo l’accento sull’importanza del familiare nella gestione globale della malattia e chiama sul palco due rappresentanti della categoria, Giornata 3Dora Corveddu e Antonio Marogna, che con le loro toccanti storie e testimonianze commuovono tutta la sala. Si cambia pagina e si tocca un altro aspetto fondamentale, la riabilitazione. Vengono ricordati Francesco Enna che con il teatro, nello specifico con la sua esilarante commedia “Romeo e Giulietta, 40 anni dopo” è riuscito a trascinare molti amici sul palcoscenico ed a recitare senza deambulatori o stampelle. In questo ha notevole merito la dott.ssa Pinuccia Sanna che in palestra con la ginnastica di gruppo è molto attenta a postura e marcia.Giornata 4 A questo proposito, si introduce un nuovo personaggio, la dott.ssa Annalisa Mambrini, che da poco ha iniziato a coinvolgere ammalati e familiari nella sua DanzaMovimentoTerapia; nel suo intervento l’esperta spiega le basi della sua terapia e fa vedere alcuni video che illustrano il lavoro svolto in palestra a suon di danze e marce. Il pubblico ammira gli impensabili danzatrici e ballerini, Maria Luisa, Franco, Oscar ed Antonio che sorprendono per le loro acrobazie senza perdere l’equilibrio.
La nostra psicologa, dott.ssa Iole Sotgiu, responsabile dello sportello d’ascolto, prende spunto da questi video per sottolineare i notevoli progressi di persone quali Oscar ed Antonio.
Un momento festoso è ovviamente la premiazione del personaggio dell’anno. E’ stato ricordato quanto la scelta del personaggio dello scorso anno fosse azzeccata nella persona della dott.ssa Pinuccia Sanna e che continua in palestra con il suo preziosissimo lavoro nel far “volare” tutti. E così anche quest’anno la scelta poteva cadere solo su un’unica persona: il nostro webmaster Gian Paolo Frau che con la creazione e la gestione del sito www.associazioneparkinsonsassari.com e la correlata pagina di facebook ha regalato alla Parkinson Sassari uno strumento con il quale tutti i soci possono rimanere Giornata 5aggiornati con le attività sociali e con le informazioni scientifiche, ma che permette loro soprattutto di interagire tra di loro; grande pregio del sito è che molti soci ed amici lontano da Sassari, non potendo frequentare le regolari attività settimanali, sono ora in grado di seguire comunque le faccende sassaresi. Il sito di Gian Paolo Frau è seguito anche fuori dalla Sardegna il che ha aiutato la nostra associazione a farsi maggiormente conoscere. La premiazione quest’anno è stata particolarmente sentita e si è trasformato in una gioiosa collaborazione tra soci: l’idea della grafica consegnata come premio è stata di Rosanna che nel rinomato artista sassarese Peppino Anfossi ha individuato la persona più adatta; quindi, Graziella e Piero hanno confezionato la grafica con cornice e pacco regalo (abbinato a due bottiglie di buon vino) e scritto la motivazione. Prima della premiazione il nostro vicepresidente Peppino (Achene) ha scelto Adelaide e Maria Luisa per la consegna e la lettura del premio. La scelta si è rivelata azzeccata: le due damigelle sono tornate nei loro ruoli teatrali, Nutrice una e Giulietta l’altra, trasformando la premiazione in una breve, spassosa commedia che ha fatto ridere l’intera sala.  Alla fine anche Dora interviene per leggere una parte della motivazione.
Si è conclusa così questa intensa mattinata tra scienza, speranza e divertimento e tutti brindano con i “petali di rose” di Peppino al rinfresco allestito nella sala attigua alla buona riuscita del convegno, all’associazione ed all’amicizia. Pian piano ci si saluta, ma alcuni si ritrovano in serata all’aeroporto di Fertilia per assistere all’inaugurazione dellaGiornata 6 rassegna musicale “Classica in Aeroporto” organizzata dalla Alghero Airport Sogeaal e dalla Associazione Musicale Culturale Ellipsis e gemellata con la Giornata Parkinson: l’orchestra Ellipsis, diretta dal maestro Robert Gutter con l’oboe solista Alberto Cesaraccio, propone l’Overture da l’Isola disabitata ed il Concerto per oboe ed orchestra in Do maggiore di F.J. Haydn, e la Sinfonia n. 36 “Linz” di Wolfgang Amadeus Mozart. Con queste note, e con l’assaggio di un prelibato vino in compagnia di Nanna, Adelaide, Maria Luisa, Peppino, Antonio, Francesco (Simula), ed il neo-premiato Gian Paolo, la IX Giornata Sassarese della Malattia di Parkinson trova una sua degna conclusione.
Volare si può, sognare si deve!

Parkinson che sorpresa!!! di G. B.


PARKINSON CHE SORPRESA!!!

Prima che potessi farne la conoscenza diretta….. il morbo di Parkinson per me era solo un termine nozionistico, remoto, non mi apparteneva, sapevo che si trattava di un disturbo neurologico a carico dei muscoli che per mancanza del giusto apporto di dopamina ne riduceva la normale funzione biologica, che si traduceva in un involontario tremore e irrigidimento degli arti, ma con una adeguata terapia , le funzioni tornavano normali e la vita riprendeva a scorrere sul binario naturale.

Ritenevo che ammalarsi di Parkinson non fosse un problema, rientrava nel “gioco “delle probabilità, e in caso…. tutto si poteva risolvere con un atteggiamento positivo e dinamico; ma la realtà purtroppo è ben diversa e va tenuta nella dovuta considerazione.

I primi sintomi, subdoli e perfettamente inconsci, si sono manifestati alcuni anni prima della diagnosi, il mio viso perdeva progressivamente la mimica facciale, riducendo la mia espressione a una fissità involontaria, tanto che non sorridevo quasi più (per quanto mia moglie mi esortasse a farlo); il mio viso assumeva nel tempo un aspetto impenetrabile come un giocatore di poker, scambiato dai più , mio malgrado, come protervia supponenza. Successivamente si sono aggiunti l’irrigidimento della colonna e una postura anomala del braccio sinistro che non aveva più il movimento simmetrico e ciondolante che accompagna nel camminare la gamba controlaterale .

L’ortopedico di turno non ritenne le disfunzioni elencate sintomo di particolari patologie, mi prescrisse degli antinfiammatori e delle sedute di fisioterapia riabilitativa , purtroppo senza nessun esito migliorativo; infatti a distanza di alcuni mesi mi ritrovai con gli stessi problemi aggravati da una progressiva perdita di sensibilità della mano sinistra che diventava “pigra” e non rispondeva alle più elementari funzioni quotidiane (vestirmi, lavarmi il viso , ravviarmi i capelli) tutto mi era difficile e macchinoso e mi rendeva irritato e privo di alternative.

Decisi di consultare un neurologo, che dopo alcune visite e esami diagnostici mi prese in disparte e mi comunicò la “sentenza”…… MORBO DI PARKINSON GIOVANILE.

Tale condizione, che mi collocava inesorabilmente nel novero dei parkinsoniani, per quanto possa sembrare strano , nel mio caso non ebbe al momento nessun effetto deprimente; nel periodo di attesa del consulto rivelatore, si era prodotto in me , a livello mentale, una sorta di salvacondotto, più semplicemente, dal mio subconscio si era affacciato un timido ma pervicace processo di sfida a qual si voglia verdetto.

Dopo tutto, mi dicevo …..una “pastiglietta” al giorno non era una tragedia, ma soprattutto confidavo nella grande capacità del nostro cervello di autoproteggersi, ripristinando quelle cellule che per inspiegabile mutazione avevano deciso di non fare più il proprio dovere seminando guai; pensavo che la forza cerebrale , indiscussa, avesse la meglio sul vigliacco Parkinson, un po’ come accade alle lucertoline che hanno perso traumaticamente la loro coda e nel giro di qualche settimana se la ritrovano perfettamente rigenerata, nuova, più bella della precedente.

Questa solida convinzione mi accompagnava nelle mie giornate e la convivenza quotidiana con Mr. Parkinson era solo formale, avevo il pieno controllo della situazione, il mio lavoro procedeva come prima e i problemi iniziali del mal funzionamento della “macchina” erano stati ridotti alla ragione, non offendevano, si erano come placati.

Ma la costanza di Mr. Parkinson è inesorabile, un rapace infingardo appollaiato sul trespolo della coscienza, pronto a ghermirmi proditoriamente non appena avessi abbassato la guardia.

Le prime avvisaglie che questo artiglio luciferino si era rimesso in moto, si manifestarono in un leggero processo di rallentamento mnemonico con una irritabilità accentuata che mi rendeva poco propenso al dialogo con gli altri e una spossatezza che limitava la mia operatività quotidiana condizionando i rapporti interpersonali e minando le mie prime convinzioni.

Il MALE OSCURO ricominciava la sua opera demolitrice insinuandosi nelle remote pieghe dei miei pensieri, stravolgendone il flusso naturale e ordinato; era come sentire una muta di cani latranti pronta ad affondare i denti digrignanti e lacerare le ultime residue forze che mi rimanevano.

Dovevo assolutamente trovare un rimedio e, dovevo trovarlo necessariamente fuori dal mio isolamento, un aiuto esterno, pensai, avrebbe dovuto giovarmi e riportarmi una serenità che cominciava a vacillare.

Così, forzando la mia abituale riservatezza, dietro il consiglio del medico curante, mi sono iscritto all’Associazione Parkinson Sassari e questo punto e cominciata la mia frequentazione con gli altri associati che nel tempo si è rivelata salutare e rigeneratrice.

Per dovere di verità, devo dire che il primo approccio non e stato proprio ciò che mi aspettavo, infatti il primo giorno mi sono ritrovato in una palestra (fredda) assieme ad altre persone perfettamente anonime, di loro non conoscevo nemmeno il nome , perfetti sconosciuti che sapevo essere dei parkinsoniani come me, che riflettevano come uno specchio il mio stesso disagio motorio , in certi casi amplificato nei diversi stadi del morbo.

Però come ho avuto modo di dire in precedenza il tempo ha dato ragione alle mie aspettative, fornendomi quell’aiuto che contribuisce a rafforzare i rapporti e consolidare le rispettive conoscenze.

Nel tempo mi sono lasciato andare alle benefiche sollecitazioni di una bravissima fisioterapista che nella sua specificità ha migliorato il mio tono muscolare e pungolato benevolmente la reattività necessaria a contrastare il disturbo.

A questa attività riabilitativa si è aggiunta la recita teatrale, oggi fiore all’occhiello dell’associazione, per l’imprevedibile risultato conquistato.

IL TEATRO: il progetto, nato dalla suggestiva convinzione dell’amico Franco Enna che noi tutti potevamo recitare senza timori riverenziali la sua commedia “Giulietta e Romeo” ci stupiva e intrigava al contempo…. così, abbiamo cominciato.

La commedia….. libero rifacimento giocoso dell’opera del grande BARDO, scritta da Franco con spiccata versatilità e taglio ironico ambientata in un contesto futuristico, dove i personaggi sono invecchiati di 30/40 anni e dediti alla battuta salace e “cionfraiola”, in piena verve dialettale, ci divertiva e ci invogliava a impersonare le parti.

Le prime prove sono state esilaranti, erano più motivo per stare assieme e ridere dei nostri strafalcioni attoriali che non una vera e propria recita, in seguito gli incontri per le prove si sono intensificati e con l’assegnazione dei vari ruoli, ognuno di noi veniva investito di responsabilità recitativa, alla quale doveva impegno e applicazione.

A me venne dato, un po’ a “tradimento” dalla esuberante amica Adelaide (nutrice), che sapeva della mia ritrosia a recitare, il ruolo di padre Lorenzo, ritenuto perfetto per il mio temperamento pacato.

Eravamo “partiti”, ora il nostro obbiettivo era una rappresentazione sul palcoscenico davanti al pubblico; una cosa impensabile solo qualche settimana prima.

Ma, non so se per nostra volontà o per i rimbrotti bonari del nostro regista Franco con Jole e l’inossidabile determinazione dell’aiuto regista Dora, simo riusciti a impersonare verosimilmente le parti, incarnando il nostro motto “volare si può – sognare si deve”.

Ormai ci sentivamo degli attori provetti e l’unico “inconveniente” ora restava esibirsi davanti al pubblico. Questo un po’ ci impensieriva e decidemmo di aumentare le prove per assimilare meglio le parti e fugare la paura delle amnesie: passavamo da uno stato di esaltazione per una prova ben riuscita a quello deprimente per una successiva non proprio ortodossa, uno stato d’animo che ci ha accompagnato fino al giorno della recita ….ma ormai non si poteva più tornare indietro e, come spesso succede, le cose andarono a posto quasi per magia poche ore prima della recita.

Quando sono stati distribuiti i costumi di scena, con nostro stupore ognuno di noi era diventato un Montecchi , un Capuleti Romeo, Giulietta, Mercuzio , Tebaldo, Benvoglio, tutti in fibrillazione nell’attesa dell’inizio.

L’apertura del sipario ci ha regalato un colpo d’occhio mozzafiato e il fragoroso applauso d’incoraggiamento che il folto pubblico ci ha tributato e stato un’iniezione di adrenalina che difficilmente si dimentica; per dirla con la voce del nostro speaker ufficiale (Giuseppe) “ buonasera …. dal teatro…. gremito in ogni ordine di posti” la rappresentazione ha inizio …. buon divertimento !!

Eravamo in uno stato di grazia , sospesi in una esaltazione emotiva, libera di esprimere una recitazione sciolta , quasi improvvisata, dal con un finale col botto…… un vero successo !!! Come in un famoso film anche a noi il Teatro aveva “fatto spuntare le ali”. Giulietta (Luisa) con la sua fantastica interpretazione era tutti noi, in quel momento ci sentivamo lontani anni luce dall’odiato Parkinson già pronti per una replica e, sulle note della marcia “DIMONIOS” della Brigata Sassari, accompagnata dalla voce cristallina di Anna con la melodiosa armonica di Salvatore, si è chiuso il sipario.

Ora, in attesa di questo prossimo impegno teatrale, abbiamo inagurato la sezione di ballo terapia , importante e aggregativa; ma di questo ne parlerò più avanti, quando anche questa attività si sarà consolidata nei programmi associativi. A tutto questo, il tempo galantuomo, lavora a favore della continua integrazione degli associati e oggi a distanza di un anno posso dire di aver trovato un gruppo semplicemente speciale, pieno di iniziative e di franca amicizia, con il quale si è spontaneamente creato un “sodalizio” difficilmente dissolvibile.

Per questo, il mio augurio sincero va all’associazione, perchè possa continuare a crescere con le stesse nostre finalità e motivazioni, in modo da consentire ai nuovi iscritti di godere del salutare beneficio che deriva dallo stare assieme.

AD MAIORA A TUTTI

G.B.


In giro con Franco Delli di Francesco Simula

La cronaca  riportata dal Dott. Kai Paulus  ha certamente voluto ricordare ai distratti che tutto è pronto per la IX Giornata Sassarese della Malattia di Parkinson che si celebrerà Sabato 28 novembre presso la Camera di Commercio di Sassari, ma soprattutto ha voluto raccontare in maniera spiritosa e brillante le peripezie, reali o immaginarie, da Lui vissute, assieme al presidente dell’Associazione Franco Delli, alla ricerca di conferme di locali o da parte di autorità che avevano garantito la loro partecipazione.

   Il racconto, improvvisamente, diventa gustosamente fantastico quando il Dott. Paulus immagina che le vistose difficoltà del Presidente nel camminare siano casualmente notate da una volante della polizia che attratta dal saltabeccare caprino rivolge a Franco alcune frettolose domande; le sue risposte farfugliate non convincono i poliziotti che per effettuare più compiuti approfondimenti arrestano Franco e il suo medico (due tipi proprio stralunati) e li rinchiude nel carcere di Bancali dove le fedelissime Dora e Adelaide garantiranno giornalmente un’adeguata porzione di arance generosamente fornite dai giardini di  Peppino Achene.

   Un’analoga storia di attraversamento della città con Franco, in veste istituzionale di Presidente, è capitata pure a me.

   Ore 9: appuntamento in Via Pascoli verso la confluenza per il Latte Dolce.

Dovevamo presentare al Protocollo del Comune una lettera contenente una richiesta di locali adeguati allo svolgimento delle attività dell’Associazione; inoltre dovevamo contattare un’Assessora per avere la conferma della disponibilità di una sala capiente per lo svolgimento di un’Assemblea dei soci. Dunque giro della città: da Palazzo Ducale alle sedi assessoriali più decentrate.

“Franco, ci muoviamo a piedi o prendiamo la mia macchina? “

“A piedi? Neppure per sogno! E neanche con la tua macchina. Prendiamo il tram  che ci porta facilmente per uffici o assassorati in qualsiasi punto della città “D’accordo, però devi aspettarmi il tempo necessario per andare al tabacchino ad acquistare alcuni biglietti per l’autobus”.

“Biglietti? Ma non se ne parla neppure! Io possiedo un tesserino per disabili e ho il diritto di farmi accompagnare da un’altra persona.

   Va sottolineato a questo punto che Franco-Presidente,  per motivi istituzionali o personali, conosce tutti gli uscieri degli uffici e i segretari degli esponenti politici più rappresentativi così come conosce i movimenti degli autobus cittadini meglio di tutti i conducenti della città. Gli orari di partenza e arrivo, i tempi di percorrenza e i possibili tempi di ritardo, le fermate obbligatorie e quelle facoltative, i numeri delle varie linee e i rispettivi percorsi: insomma è un’enciclopedia tramviaria in servizio gratuito costante. Ciononostante anche a Franco, qualche volta anche se non sempre, capita di perdere l’autobus.

   Franco, dentro l’autobus, nonostante quel che ne dice dott Paulus, è un raro esemplare di stabilità ed equilibrio: non so dove si aggrappi, non so come si cinga o si appoggi, fatto sta che compie interi tratti stradali cittadini, che assomigliano molto spesso a tratturi campestri -fatti di sobbalzi, frenate improvvise e pericolose – come la più agile delle scimmie che è capace istintivamente di attaccarsi dappertutto.

   Io, che dovevo fare l’accompagnatore, ma che ero poco abituato alle dinamiche imprevedibili degli autobus, ho finito per fare “l’accompagnato” perché ad ogni partenza, frenata o fermata provavo così forti strattoni talvolta verso l’alto talvolta verso il basso, che più di un passeggero, compreso il mio “assistito” Franco Delli, spinti dalla compassione, a più riprese, hanno sentito il dovere di porgermi una mano d’aiuto.

Il viaggio in autobus per la città è finito senza danni; ma giuro che il prossimo giro in autobus per la città lo farò con “l’accompagnamento” del Presidente Franco Delli.

                                                                    Franco Simula

La nascita di un figlio nel 1950 di Salvatore Faedda

Quando avevo sette anni, senza che nessuno mi spiegasse il mistero della vita, avevo già capito che i bambini non li portava la cicogna ma nascevano in casa. Questo perché mamma, qualche mese prima di partorire, comprava le essenze e l’alcool per fare il rosolio che andava poi servito il giorno del battesimo. E poi ancora, qualche tempo prima della nascita, mi mandavano a chiamare la levatrice per controllare la posizione del bambino.
Quando mamma lamentava i primi dolori, poiché eravamo privi di telefono, ero sempre io a chiamare l’ostetrica e, subito dopo, io e i miei fratelli venivamo mandati a casa dei parenti senza che ci venisse specificato il vero motivo.
Dopo il parto gli zii ci riportavano a casa per vedere il pupo…che aveva portato la cicogna. I miei fratelli, che erano più piccoli di me, credevano alla cicogna ed io non dicevo nulla per non deluderli.
Mia madre restava a letto per una settimana ma tutti i giorni veniva l’ostetrica per controllare la situazione; dopo di che tutto rientrava nella normalità. Solo io ero al di fuori della normalità perché, pur essendo maschio, dovevo lavare i pannolini del nuovo arrivato che sembrava ci prendesse gusto a sporcarli con frequenza. I pannolini bagnati, invece, venivano adagiati sul’”asciutta-robi” situato sopra il braciere e… vi lascio immaginare l’odore acre di pipì che si espandeva per tutta la stanza.
In quell’occasione mamma e babbo avevano diviso i loro ruoli per farci mangiare; mamma preparava il pranzo e babbo la cena e il menù, il più delle volte, consisteva in pasta, aglio e olio e una puntina d’estratto….una vera porcheria (a mio modesto parere)!!!
Il giorno del battesimo, essendo io il figlio più grande, venivo coinvolto nel trasporto della caffettiera con l’acqua calda che, una volta benedetta, veniva utilizza per battezzare il bambino.
Normalmente la scelta del padrino e della madrina per ciascun figlio veniva effettuata da mio padre; purtroppo, col senno del poi, debbo confermare che tali scelte non sono mai state azzeccate perché nessuno di noi, una volta cresciuti, li ha più rivisti.
La festa del battesimo si svolgeva in casa e in quella occasione venivano offerti i liquori che mamma aveva preparato prima del parto, accompagnati con biscotti tipo savoiardi.
Un giradischi a tromba, rigorosamente preso in prestito, veniva fatto suonare per rallegrare la festa e, di tanto in tanto, un incaricato (probabilmente il proprietario di quello strumento) dava la corda per evitare che il giradischi smettesse di suonare.
In quel giorno, anche se a distanza di tanto tempo, ricordo che qualcuno mi aveva fatto bere un po’ di liquore col risultato che il resto della festa l’ho trascorsa rigorosamente a letto.

Salvatore Faedda

 

Postilla “Pillola n.5: Safinamide, una nuova arma contro il Parkinson”

Con grande piacere pubblichiamo la mail inviata al sito della nostra Associazione del dott. Carlo Cattaneo della Zambon Italia, azienda che ha sviluppato la italianissima safinamide, alla quale lui stesso ha collaborato; inoltre, per sottolineare la paternità italiana, il padre del nuovo farmaco è il professor Ruggero Fariello, neurofarmacologo della Biotech Newron da lui stesso fondata.

Scrive dott. Carlo Cattaneo il 07.11.2016:
Vi ringrazio di cuore per aver citato nella vostra ‘Pillola n.5’ l’articolo pubblicato recentemente su “Journal of Parkinson’s Disease” con altri amici, e per le belle parole su safinamide che sono sicuro che non tradirà le aspettative (io tra l’altro ne ho curato lo sviluppo fin dal 2001). Spero di incontrarvi in uno dei prossimi congressi, magari nella vostra bellissima isola.
Buona domenica, Carlo (Cattaneo)”

Carissimi soci ed amici della nostra Sassari Parkinson, mi sorprende moltissimo che il nostro sito venga seguito addirittura dalla farmaco industria. Ma questo fatto è un indizio dell’ottimo lavoro svolto da parte di tutti noi.
Mi viene un’idea: cosa ne pensate se invitassimo il dott. Cattaneo da noi a Sassari in occasione della prossima Giornata Mondiale del Parkinson in aprile 2016 per parlarci del nuovo farmaco, ma anche per illustrarci i vari passaggi della invenzione, creazione e sviluppo di un farmaco?
Kai S. Paulus