Volare si Può, Sognare si Deve!

Scriviamo un libro

Ricordi….. di Dora Corveddu

     Ricordi……….

Qualche giorno fa, invitata da delle amiche per un pomeriggio di chiacchiere e per  un buon tè, si è parlato della vita,  delle nostre esperienze, dei nostri problemi, delle nostre gioie e , come spesso accade, delle nostre mamme.

Con nostalgia e con dolce rimpianto non ho potuto fare a meno di ricordare la vita vissuta con il mio babbo e con la mia mamma che da quasi tre anni non è più con noi; ho ripercorso le fasi della mia vita: la mia infanzia,  l’adolescenza,  gli anni degli studi, l’università, l’età adulta e tanto altro ancora.

Ma  prima di parlare della mia esperienza di vita , ho sentito il desiderio  di riportare uno dei testi che mia mamma ha scritto per raccontare episodi che hanno caratterizzato la sua giovinezza, ma soprattutto per mettere nero su bianco quanto amava raccontare ai figli ed ai nipoti, che adoravano stare seduti intorno alla loro nonna ad ascoltare con meraviglia e curiosità i racconti della vita da lei  vissuta.  Nel racconto – memoria  che vi proporrò  narra del periodo della guerra, quando fratelli amici e parenti si trovavano lontani per combattere quelli che venivano considerati nemici, ma che poi col tempo sono, nella sua mente, diventati giovani che condividevano un’esperienza simile ma su fronti bellici diversi.  A questo punto mi piace inserire lo  scritto   della mia mamma per ricordarla  e per farla , per così dire, conoscere agli amici che avranno voglia di leggere questa testimonianza,  tesoro per noi figli incomparabile, che lei ha voluto lasciarci e che rappresenta quasi  una finestra su quel mondo forse  piccolo, ma ricco di esperienze, persone e  valori umani straordinari che caratterizzavano il nostro paese di origine,  Pattada, così come  tanti paesi della Sardegna. Mia mamma ha scritto queste , che noi consideriamo memorie di famiglia,  nel 2008 quando aveva ormai 86 anni.

1940    Pattada

Sono passati ormai 68 anni, ma anche se tanto vaghi i ricordi di allora tornano alla mente e ogni tanto ne parliamo insieme  e riviviamo un po’ di quei tempi un po’ difficoltosi ma allo stesso tempo importanti per una serie di avvenimenti che hanno avuto il loro seguito. Era l’anno dell’inizio della seconda guerra mondiale. Io ero tanto giovane, ma ricordo ancora come il mio paese si spogliò di tanti giovani che dovettero andare in guerra perché richiamati tutti a fare il servizio militare e, oltre a vivere quel momento con tensione e  paura,  dovettero abbandonare famiglie e lavoro. Tra i tanti amici che conoscevo ce n’era uno in particolare perchè era amico di mio fratello. Questi ragazzi che erano lontani da casa sicuramente si sentivano un po’ soli, ma  ebbero l’idea che, attraverso la corrispondenza, potessero scegliere ognuno la propria madrina di guerra per ricevere notizie del paese  e sentirsi un po’ in compagnia di coloro che avevano lasciato.   Da questo mio amico ricevetti questa proposta che mi fece tanto piacere e divenni quindi la sua madrina di guerra.  In una delle tante lettere c’era scritta una bellissima poesia nel dialetto tipico della mia Pattada.  Iniziò allora una sincera e amichevole corrispondenza.

POESIA

Pro madrina e gherra ti domando

Si nde tenes tue piaghere,

daghi a Pattada già bi ando

tando già ti domando pro muzere.

Como eo so inoghe cumbattende

E sa patria nostra servende

Ca este unu dovere sacrosantu

E de salvare sa patria mi anto.

1944   Dopo quattro anni di sofferenze e privazioni la guerra finì….   Tornarono allora in paese tanti giovani , anche se molti mancarono all’appello.  Tornarono tanti amici fra i quali il mio figlioccio di guerra.   Ci ritrovammo allora tra feste e scampagnate che nel 1945 si susseguirono per festeggiare la fine dell’incubo bellico.

Ebbe inizio  così la nostra storia che da una semplice amicizia si trasformò in un autentico sentimento profondo e che si consolidò dopo quattro anni. Ci sposammo e fu un matrimonio bellissimo da festeggiare con tanti amici e parenti fra i quali tutti i reduci di guerra.  Abbiamo avuto quattro splendidi figli e otto nipoti ai quali vogliamo un mondo di bene. Ora siamo vecchi ma loro ci aiutano a vivere sereni e ci fanno tanta compagnia in questa ultima fase della nostra vita.

POESIA

Sa nostra istoria bos amus contadu

Ca piaghiada a Andrea de l’ischire.

Como sun sos ammentos a rifiorire.

Dae tando tantu tempus c’ha passadu

Nos torran a sa mente cussos tempos

Chin unu pagu de difficultade

Como nois amus una zelta edade

Ma de custa già semus cuntentos.

Amus chin nois fizos e nebodes

Chi nos pienan su coro de allegria

Pro issos su Signore bi siada

Ca de su sou gialdinu sun fiores.

Issos vivan a chentu e pius annos

Chin amore, armonia e chena affannos.

Questi i primi  ricordi che mia mamma ha voluto mettere per iscritto su richiesta di mio figlio Andrea, che ascoltava sempre i nonni raccontare insieme la loro giovinezza, la loro storia d’amore. Voglio far notare che la prima poesia è stata scritta da mio babbo; questa viene considerata la sua quasi prima  dichiarazione per la sua futura moglie, e  che ancora, alla veneranda età di 96 anni, babbo ama recitare. La poesia finale, invece,  è stata composta da mia mamma ed  è diventata una sua abitudine concludere ogni suo scritto con una poesia, anche se lei continuava a  sottolineare  di non avere velleità poetiche. Da allora sollecitata da noi figli continuò a scrivere le sue memorie, pur professando sempre le  sue scarse capacità, in realtà sentendosi sempre un po’ lusingata. Ed allora comprava i fogli protocollo perché , diceva lei, le cose importanti si scrivono su fogli importanti. E allora iniziava a raccontare emozionandosi sempre per i ricordi dei tempi andati.  Mia mamma aveva una certa facilità nella scrittura anche perchè  ha sempre amato la lettura…….si vantava perfino di aver letto per quattro volte “ I Promessi Sposi” . Leggeva sempre, soprattutto nell’età avanzata, quando aveva ormai tanto tempo da dedicare ai suoi interessi. E lo scambio ,con figli e nipoti, di libri da leggere era ormai diventata un’abitudine. Ha letto tanto nella sua vita , nonostante la sua istruzione si sia fermata alla quinta elementare. Ha fin da giovane esercitato la sua professione di sarta, circondata dalle sue sartine che imparavano il loro futuro mestiere e l’aiutavano nel suo quotidiano lavoro. Questo è uno dei tanti aspetti della personalità di mia mamma che ha vissuto nel grande amore per suo marito,  per i suoi figli e nipoti che, diceva lei, le rendevano la vita  gioiosa e ricca di soddisfazioni.

26 febbraio 2016                                             Dora Corveddu

Recensione di: “Come invecchiare senza diventare vecchi di Rudi Westendorp, Ponte alle Grazie, 2015

“Come invecchiare senza diventare vecchi: la scienza della longevità felice”  Rudi Westendorp, Ponte alle Grazie, 2015

foto libro

Recensione di Nicoletta Onida

Il saggio del medico danese Westendorp prende le mosse da una considerazione molto semplice: poiché in Occidente, rispetto al passato, l’aspettativa di vita è notevolmente cresciuta, oggi tutti noi vorremmo vivere meglio la nostra vita da “vecchi” e godere più a lungo l’età pensionabile. Se un tempo, dopo aver cresciuto e indirizzato i figli ad una vita autonoma, si aveva la tendenza a mettersi in disparte, oggi la terza età appare sempre più come una nuova e – per certi versi – entusiasmante fase della vita. Una frontiera da esplorare e godere appieno e non un crepuscolo in cui ritirarsi spegnendosi lentamente. Perché questo avvenga, tuttavia, dovrebbero variare ancora molte cose nel modo di vivere e pensare della società. A cominciare dalle giovani generazioni. Quando si è molto giovani, infatti, carichi di curiosità ed inventiva, il desiderio più grande è entrare a far parte del mondo degli adulti pensando di poter compiere tutto ciò che fino ad allora ci è stato vietato. Si guarda, pieni di speranza, al futuro, che rappresenta più o meno ciò che ognuno si attende. Raramente a quell’età si pensa ai problemi legati alla vecchiaia, si spera anzi di invecchiare in buona salute e morire senza soffrire troppo, magari all’improvviso. E con questa spensieratezza si è portati a trascurare la propria salute, ad assumere uno stile di vita che non disdegna gli eccessi, confondendo il bisogno di divertimento “a tutti i costi” con abitudini dannose le cui conseguenze, purtroppo, arriveranno presto o tardi a farsi sentire.

Da adulti la vita cambia: si ha più libertà, ma anche maggiori responsabilità e preoccupazioni. Capita, così, che nei momenti di stanchezza e insoddisfazione, quando sembra che la vita voglia metterci alla prova, i nostri pensieri tornino indietro nel tempo. Risvegliando ricordi torniamo alla giovinezza e, con nostalgia, ripensiamo alla spensieratezza e all’allegria di allora. Malgrado le difficoltà lottiamo con coraggio e determinazione per portare avanti i nostri progetti, non ci arrendiamo, ma nei momenti di stanchezza e apprensione, istintivamente, pensiamo fiduciosi ad una vecchiaia tranquilla in cui potremo godere il meritato riposo. Già, chi non desidera invecchiare serenamente? Tutti noi lo vorremmo, ma senza diventare vecchi, bensì conservando inalterate la nostra mente e il nostro corpo, vivendo in autonomia e senza limitazioni, senza pesare sugli altri.

Purtroppo, ci dice Westendorp, non esiste una ricetta per invecchiare senza diventare vecchi; ogni cosa si logora: le piante, gli animali, gli oggetti… ed anche per noi arriva il momento in cui l’organismo arriva all’esaurimento e le minacce al nostro benessere diventano più concrete. Dato che non possiamo rimanere inermi in attesa che cali il sipario, ci adoperiamo per difendere la nostra salute. Finalmente guardiamo in faccia il presente e decidiamo di cambiare. È troppo tardi? Forse no, ci rassicura lo studioso: l’importante è saperlo fare nel modo giusto, dopo aver individuato le abitudini e i comportamenti dannosi che ci trasciniamo dietro da anni. Dopo aver fatto, insomma – da soli o con l’aiuto di medici e altre figure che possano affiancarci –, un bilancio accurato del nostro stile di vita.

È questo, secondo me, l’aspetto più interessante del saggio, una lettura che aiuta ad orientarsi meglio nella fase della vita che personalmente mi trovo ad attraversare. Ma una volta concluso il libro, mi è venuto spontaneo domandarmi: se tutto ciò lo avessimo fatto fin da giovani, se già allora avessimo assunto comportamenti salutari, saremmo arrivati a vecchiaia in condizioni migliori, evitando certe patologie?

Westendorp, pur non fornendo una risposta matematicamente certa, lascia pensare di sì. Ed è per questo che consiglierò caldamente la lettura di questo saggio non solo alle mie amiche e a quanti, come me, si trovano alle soglie della terza età, ma soprattutto ai figli e ai nipoti, che forse sono ancora in tempo a correggere le proprie abitudini per garantirsi una vecchiaia più sana. Come diceva quella vecchia réclame? “Prevenire è meglio che curare”.

La bussola del Sacro Cuore di S. Faedda

Fin da ragazzo ho sempre lavorato in una falegnameria artigianale e, fra i vari lavori eseguiti, ho avuto l’onere e l’onore di costruire la bussola (porta d’ingresso centinata) della chiesa del “Sacro Cuore”
Il progetto fu ideato da Mons. Antonio Piga ma la costruzione, in legno di noce “Daniela”, è da attribuire solo ed esclusivamente al sottoscritto. Era tanto grande la mia soddisfazione che per consolidarla scrissi, all’interno delle placche incollate, il mio nome e cognome quale unico artefice di quell’opera.


Una volta terminata la bussola, la portammo presso l’ingresso principale e grande fu la soddisfazione quando la presentammo nell’incavo con la parte superiore centinata; Mons. Piga, per la contentezza, non stava nella pelle. In concomitanza con i nostri lavori il noto pittore, Costantino Spada, stava pitturando l’interno della chiesa affiancato da un buon “boccione” di vino che il reverendo puntualmente gli procurava.
Quello stesso giorno consegnammo anche un mobile per la sacrestia e due porte d’ingresso, rigorosamente controfirmate dal sottoscritto nelle parti non visibili.
A lavoro concluso Mons. Piga invitò me e i miei colleghi a recarci al più vicino bar, da lui precedentemente avvertito, per ringraziarci e gratificarci di ciò che avevamo fatto con tanto impegno.
Avevamo appena preso posto attorno ad un tavolo quando una voce, poco gradevole ed a noi ben nota, ci incitò a lasciare immediatamente il locale per fare rientro nello stabilimento….dato che non eravamo pagati per oziare!!!
Ovviamente andammo via dal locale con tanta delusione e amarezza per la mancata colazione gratuita.
Ora, dopo aver lavorato per più di 50 anni nella stessa ditta e tanti anni di pensione, ricordo quell’episodio con tristezza per la mancanza di fiducia nei confronti di tutti noi.

Salvatore Faedda

Il portaombrelli di Salvatore Faedda

Il freddo di questi giorni mi ha ricordato quello del 1956 prima della grande nevicata. All’epoca lavoravo in un negozio di mobili con piano terra adibito ad esposizione e primo piano a deposito di mobili e cianfrusaglie. Tutte le mattine, alle ore 8,00, dovevo aprire il negozio mentre la commessa arrivava un’ora dopo.
Sarà stato colpa del freddo ma una mattina sento la necessità impellente di entrare in un bagno. Il locale, purtroppo, non era dotato di servizi igienici ed io mi sentivo intrappolato dai forti dolori al basso ventre.
Preso dalla disperazione corro al piano superiore, prendo il primo portaombrelli che mi capita per le mani e lì do sfogo ai miei bisogni corporei. Finalmente mi sento libero ma…con tanti sensi di colpa!!!
Per qualche giorno non ci penso più finché una mattina, dal momento che pioveva, la commessa mi chiede di portare giù il portaombrelli per collocarlo vicino all’ingresso principale.
Preso dal panico per il ricordo di ciò che avevo fatto e per la vergogna d’essere scoperto, salgo al piano superiore e con titubanza prendo il portaombrelli. Guardo all’interno e…..miracolo, il portaombrelli era vuoto. Annichilito ma contento per la mancata vergogna, eseguo l’ordine ricevuto. Dopo qualche giorno di ripensamenti ed assoluto stupore, mi rendo conto che chi mi aveva salvato dalla vergogna era stato un topolino che aveva consumato quel “lauto pasto”.

Salvatore Faedda

Lu rappresentante – Il rappresentante di Salvatore Faedda


Candu sthaziami in via Principessa Maria babbu trabagliaba in comune; eddu all’una vinia a magnà e subidu z’iscia pa cuntrullà l’operai chi trabagliabani sottu la so direzione.

Una dì veni a casa un rappresentante di libri pa zischa di vindì a mamma un’enciclopedia ma edda zi l’ha mandadu cun la schusa chi edda non pudia dizidi nudda acchi li dinà l’avia lu mariddu.

Dugna dì era la matessi sthoria e cussì, gandu babbu l’ha sabudu, ha dittu a mamma chi si era juntu candu vera eddu, zi l’avia lampadu da li scari.

Mancu a fallu appostha l’indumani, candu babbu s’era lavendi li denti pa andà a trabaglià, sonani lu campaneddu; sigumenti mamma sabia chi era lu rappresentante, candu ha aberthu la janna l’ha dittu: “si accomodi che mio marito viene subito”. Mamma non sabia mancu in di era e ha aggiuntu: “se mio marito la prende a voci non ci faccia caso…lui è sempre nervoso”.

Candu mamma è andada da babbu e l’ha dittu chi vera lu rappresentante, eddu ha subidu ischuminzadu a impricà: “abà l’acconzu eu, non ti preoccupà” e cumenti è isciddu da lu bagnu, noi chi erami trimurendi, intindimmu: “buongiorno signor Faedda” e babbu: “Oh…buongiorno geometra”, noi non v’abemmu cumpresu nudda. E babbu: “Ameliaaaaaaa pigliari tuttu chissu chi voi dabboi già m’arrangiu eu cu lu geometra” e z’è isciddu pa andà a trabaglià.

La sera, candu è giuntu da trabagliu z’ha dittu: “chissu è lu geometra chi lu manzanu trabaglia in comune e la sera vendi libri…cumpresu m’hai?” E mamma s’ha posthu l’animu in pazi.

Salvatore Faedda
Quando abitavamo in via Principessa Maria babbo lavorava presso il Comune di Sassari; all’una veniva a pranzare e subito dopo usciva di casa per controllare gli operai che lavoravano sotto la sua direzione.

Un giorno venne a casa un rappresentante di libri per cercare di vendere a mamma un’enciclopedia. Lei, però, lo mandò via con la scusa che non poteva decidere perché i soldi li gestiva il marito.

Tutti i giorni era la stessa storia e così, quando babbo ne venne a conoscenza, riferì a mamma che se quel rappresentante si fosse presentato quando lui era a casa, l’avrebbe fatto ruzzolare per le scale.

Manco a farlo apposta il giorno dopo, mentre babbo si lavava i denti prima d’andare al lavoro, suonarono il campanello. Siccome mamma sapeva bene che era il rappresentante, quando aprì la porta disse: “si accomodi che mio marito viene subito”. Mia madre era molto imbarazzata ed aggiunse:”se mio marito la prende a voci non ci faccia caso…lui è sempre nervoso”.

Quando mamma andò da babbo per riferirgli che c’era il rappresentante, lui iniziò subito ad imprecare: “ora lo aggiusto io, non ti preoccupare” e, come uscì dal bagno, noi figli che stavamo tremando per lo spavento sentimmo a gran voce: “buongiorno signor Faedda” e babbo “Oh…buongiorno geometra”…e così non capimmo più nulla. E ancora: “Ameliaaaaaa, compra tutto quello che vuoi, dopo mi aggiusto io con il geometra” e uscì di casa per rientrare al lavoro.

Quella stessa sera, quando rientrò dal lavoro, babbo ci comunicò che quel geometra di giorno lavorava con lui in comune e la sera vendeva libri.
E così mamma, finalmente, si mise l’animo in pace

Salvatore Faedda

 

Sognare si deve di Nicoletta Onida

Faceva un freddo pungente anche nelle giornate splendide quand’ero giovane; gli inverni erano diversi da quelli attuali e neppure le case erano riscaldate in modo adeguato come oggi. Al mattino, sentendo il vento soffiare o la pioggia battere sul tetto, era piacevole restare al calduccio sotto le coperte rinviando in qualche modo l’inizio della giornata. Io ero una gran dormigliona e, mentre fuori infuriava il temporale, nonostante il rumore dei tuoni, riprendevo a dormire senza difficoltà. Se non mi alzavo al suono della sveglia e mi trattenevo a letto qualche minuto in più, mia madre aprendo la finestra della camera che dividevo con mia sorella, cercava di scacciare il sonno ripetendo ogni giorno la medesima cantilena: “Su.. su..sveglia..l’ozio è il padre dei vizi !”A volte, fingevo di non sentire e, senza tener conto dell’ora e del profumo di caffè che giungeva dalla cucina, trascinavo cautamente le coperte sulla testa e mi crogiolavo nella pigrizia lasciando fuori preoccupazioni e difficoltà di ogni giorno. Così lei ritornava alla carica con tono fermo e deciso:“Chi ha da fare non dorme!”.Oppure:“Chi dorme non piglia pesci”.Già, mia madre, aveva la mania di citare i proverbi. Li conosceva tutti! Arrivai a pensare che durante la notte non dormisse per inventarne di nuovi. Di tanto in tanto, non capendo quei modi che mi sembravano troppo rigidi e assurdi provavo a ribellarmi:“Ma oggi è domenica! Che male c’è se dormiamo un’ora in più?”. Lei, pronta, rispondeva:“Dormire troppo fa male”.“Ma chi l’ha detto!”- pensavo. Poi mi arrendevo e, facendo appello a tutta la mia buona volontà, mi allontanavo a malincuore dal calduccio del letto e, ad occhi aperti, sognavo che da grande avrei potuto decidere ogni cosa della mia vita ad iniziare dalle ore di sonno. E’ proprio strana la vita: da giovani si guarda pieni di speranza verso il futuro, mentre, da adulti si ripensa con rimpianto al passato. Ora, infatti, la mia invincibile insonnia mi porta a ripensare con nostalgia a quegli anni, alla voce di mia madre che mi incalzava benevolmente, come se, l’inizio di un nuovo giorno mi trovasse impreparata ad affrontare la vita pratica. Ormai al mattino non c’è più bisogno di qualcuno che mi metta premura, che spalanchi la finestra per costringermi a svegliarmi: infatti, quando spuntano le prime luci, il sonno mi ha già abbandonato spontaneamente ed ogni tentativo di richiamarlo indietro è inutile. Se provo a tirarmi la coperta sulla testa come facevo da ragazzina, tenendo gli occhi chiusi nella speranza di riassopirmi, nessuno mi rimprovera o mi dà della pigrona: semplicemente, rimango sveglia. Per rilassarmi e riuscire a dormire ho provato ad allontanare le preoccupazioni, i pensieri negativi, ma con scarsi risultati. Nel silenzio della casa ripenso con affetto a mia madre e qualche volta, esercitando la mia fantasia, ho ricostruito la mia casa di allora ricollocando utensili, mobili ed oggetti al loro posto, ma la dolcezza dei ricordi non mi ha aiutato a riprendere sonno. Da qualche parte ho letto: < Chissà perché da giovani ci manca il tempo per dormire e da vecchi ci manca il sonno! > Già, proprio così, la mia insonnia mi porta, molte volte, a star sveglia fino all’alba col solo vantaggio di poter dedicare più tempo alla lettura. Purtroppo il giorno dopo mi sento fiacca, di cattivo umore e questo mi rende apatica, indifferente verso ogni progetto. Rannicchiata sul divano ripenso alla vivacità del mio carattere di una volta, alla vitalità , all’entusiasmo che ora non ho più e mi chiedo se tutto ciò possa essere attribuito, semplicemente, all’insonnia. Considerando, però, che l’ottimismo, il buonumore aiutano ad affrontare la vita più serenamente sono portata a credere che dormire, come avveniva quand’ero giovane, faccia proprio bene alla salute. Il sonno, infatti, aiuta a rilassarsi, abbassa il livello di irritabilità e tiene alto l’umore, per cui, voglio sperare che la Medicina trovi presto una cura risolutiva a questo problema che, come me, tormenta moltissime persone. Pensare al passato è inutile; è avanti che si deve guardare e se < la speranza è un sogno ad occhi aperti > mi pare proprio il caso di dire che sognare si deve!

Tre postulanti…con multa di Franco Simula

L’appuntamento era per le 10,30 in via Montegrappa per prendere Franco e Iole e continuare poi per la Scuola Elementare di San Donato, cuore del centro storico di Sassari, dove avevamo un appuntamento con la Dirigente Scolastica Patrizia Mercuri. L’incontro non voleva essere solo una visita di cortesia o di auguri per il nuovo anno ma soprattutto un riesame del caseggiato per la possibile individuazione di altri e più comodi locali- nella scuola elementare di S.Maria- da mettere a disposizione del gruppo raccolto intorno all’Associazione Parkinson di Sassari.
Arriviamo in macchina a ridosso del centro storico e ci si pone immediatamente il problema del posteggio in una zona in cui di stalli disponibili -anche a pagamento- non se ne trovano. Che fare? Alla fine del Corso Vitt. Emanuele la strada si apre a imbuto e sembra promettere qualche possibilità di parcheggio: ma c’è ben in vista un cartello che prevede addirittura un divieto di fermata.
-Iole, che facciamo? Rischiamo? Tanto rimarremo dalla Dirigente Scolastica solo pochi minuti quanto basta per verificare eventuali nuove possibilità di “ricovero” e poi…via.
-Va bene, accendiamo le quattro luci intermittenti che indicano breve sosta e rischiamo.
L’incontro con la dirigente appare subito cordiale e improntato alla massima disponibilità; probabilmente non durerà poco perché la fase preliminare della conversazione attinge ad ampie mani dai ricordi del passato più o meno vicino.
Iole, irresistibile e gradevole affabulatrice soprattutto nel raccontare simpatici episodi riguardanti personaggi che in tempi diversi erano transitati per quella scuola, aveva completamente dimenticato che eravamo in divieto di sosta e quindi sanzionabili.
La giornata, a tratti, è radiosa; un bel sole rende l’ufficio della Dirigente più luminoso e godibile.L’ufficio è abbastanza sobrio ed essenziale, tuttavia alcuni oggetti non possono non attirare l’attenzione anche dell’osservatore più distratto:un imponente apparecchio radio abbellisce una parete dello studio. La radio è inserita in un mobile d’epoca (1930-40) in radica di noce impreziosito da alcune eleganti colonnine verticali elaborate con gusto sobrio e ricercato allo stesso tempo che le conferiscono una particolare solennità. In un’altra parete un acquerello ricco di colori col bel campanile della chiesa di S. Donato richiama lo sguardo del visitatore. Lo studio della Dirigente, insomma, è organizzato per il lavoro: anche il telefono non rimane a lungo inutilizzato.
Si entra nel merito delle nostre richieste: la Dirigente, dopo aver sentito le sue collaboratrici del plesso scolastico di S.Maria, ci consentirà l’utilizzo di due ampi spazi: uno in un giorno della settimana e uno in un altro giorno giusto per poter conciliare le numerose richieste che pervengono a questa scuola: evidente mente le richieste sono in rapporto diretto con l’ampia disponibilità della Dirigente la quale ci informa che, dopo le 17 pomeridiane, sarebbe disponibile anche la palestra della Scuola di S. Donato. Qui si porrebbe naturalmente il problema dei posteggi che forse potrebbe risolversi con soluzioni non impossibili ( utilizzo dei pass per invalidi-ricerca posteggi nelle vicinanze)
Nessuno di noi pensa più alla macchina in divieto di sosta perché la conversazione su questo e altri ameni argomenti ci coinvolge più della paura della multa.
Franco Enna infatti approfitta dell’incontro per fare omaggio di alcune sue pubblicazioni alla dott.ssa Mercuri; fra le altre anche la tragedia di Romeo e Giulietta scritta per i ragazzi in stile “rap” e successivamente riadattata per anziani parkinsoniani alla ricerca di terapie alternative.
Arrivati al momento dei saluti sembrerebbe che l’incontro stia per terminare ma non è così perchè Iole, che in questa scuola ha espletato per anni la sua attività di collaboratrice pedagogica, trova in ogni angolo, in ogni parete un motivo di riflessione attraverso il ricupero dei tanti ricordi che riaffiorano con tanta vivacità da sembrare di poterli riutilizzare ancora .No, Iole, niente è più riutilizzabile allo stesso modo perché mancano i protagonisti e i contesti di allora .
E inoltre non ci possiamo più attardare perché, a quest’ora, ormai di multe ce ne avranno applicato almeno tre.
Gli ultimi saluti e via.
Di multe non ce ne sono tre ma almeno una troneggia sotto il tergicristallo anteriore della Toyota Blu.
La paghiamo metà per ciascuno -dice Iole
Ma va…spetta di diritto al proprietario della macchina! Piuttosto facciamo una cosa: dato che la multa è di 28,70 euro, mettiamo da parte per tutto il mese di febbraio 1 euro al giorno e dato che quest’anno è bisestile, in un mese ricuperiamo l’intero ammontare della somma risparmiando persino 30 centesimi perché l’ultimo giorno del mese, il 29 febbraio, accantoneremmo soltanto 70centesimi. Che ne dite? Vi sembra buona l’idea?
-Ma cosa ce ne facciamo di tutti questi soldi raccolti nell’arco di un mese? _
-E’ semplice -conclude Iole- li utilizzeremo per pagare le prossime multe che prima o poi, per qualche motivo, saremo costretti a prendere.
Forza ragazzi (di 70 anni…e oltre) e continuiamo con le nostre ricerche di locali,stavolta dobbiamo proprio farcela.

Pillole di tristi ricordi (quando è morto mio cugino Luigi) di S. Faedda

Ai miei nonni piaceva molto andare al mare ad Alghero; partivano  col primo treno insieme a zia Grazietta (che era la loro figlia minore nonché sorella di mamma) e col nipote Luigi che era il figlio di zia Salvatorica, anche lei, ovviamente, sorella di mamma. Questo cugino la notte andava a dormire a casa dei nonni per far loro compagnia e la mattina rientrava a casa sua in via Antonio Sisco.
Normalmente, quando andavo a comprare il latte, lo incontravo vicino alla chiesa di S. Apollinare. Lui era sempre allegro e mi chiedeva i giornalini. Purtroppo dovevo negarglieli perché a casa mia li leggeva mio padre e non voleva che venissero prestati.
Una mattina d’estate lo trovo come al solito davanti alla chiesa ma con la faccia seria. Subito lo riferisco a mia madre e lei mi risponde che sicuramente è offeso perché non gli ho dato i giornalini. Mi è bastata quella giustificazione per non pensarci più.
Quello stesso giorno Luigi va al mare con mia zia e i miei nonni e, una volta arrivati in spiaggia, lui si mette a giocava con la sabbia. I nonni e la zia, invece, preparano la baracca fatta con le lenzuola (all’epoca non esistevano ombrelloni). Una volta sistemato il rifugio provvisorio, si rendono conto che Luigi non è nelle vicinanze e iniziano a chiamarlo.
La giornata è calda e sembra uguale alle altre…ma non è così!!!
Durante l’ora di pranzo a casa di mia zia si presenta un poliziotto dicendo che Luigi si è perso in spiaggia e non riescono a trovato. Anche nonno e nonna, insieme a zia Grazietta, l’hanno cercato  tutto il giorno senza trovarlo.
Nel frattempo le voci iniziano a circolare e tutti i parenti  raggiungono la casa di zia per saperne di più.
Alle sei di sera ritornano i carabinieri e zia Salvatorica, la mamma di Luigi, chiede subito se suo figlio è stato ritrovato. Loro rispondono di si e chiedono di poter parlare col padre. Zio Filippo si è subito fatto avanti e loro gli fanno cenno per potergli parlare in disparte.
Nella camera vuota, insieme ai carabinieri, entrano zio Filippo e mio padre che era il padrino di Luigi. Involontariamente la porta della camera viene lasciata leggermente aperta ed io che mi trovo nei paraggi, vedo mio zio, alto e grosso, toccare il soffitto con la testa. Subito dopo ci viene comunicato che cosa era successo.
Ad Alghero, appena arrivati in spiaggia, Luigi dev’essere sicuramente entrato in acqua e siccome l’acqua era fredda l’ha subito fulminato. Era a pochi metri dalla riva ma la gente lo cercava sulla spiaggia da una parte all’altra.
Da quel giorno i miei nonni non sono serviti più e quando si andava in campagna a vendemmiare, zio Filippo come vedeva noi bambini correre e giocare, si girava da un’altra parte e si metteva a piangere. La notte, quando andavamo a letto, tutti noi cugini ci divertivamo un mondo giocando sopra una coperta rigida e dura…come la pelle dell’asino.
Io, che ero il cugino più grande, quando andavo in campagna, mi sembrava di vederlo in mezzo ai fondi d’uva che mi perseguitava.
Un giorno ne ho parlato con mamma e lei candidamente mi ha risposto che Luigi mi perseguitava perché non gli avevo dato i soliti giornalini.

Salvatore Faedda

Ancora – dal Ragazzo di Koblenz di Kai S. Paulus

Non è facile conciliare il lavoro (obbligati) e gli impegni di famiglia (volontari) con gli hobby. Come vi raccontai in estate, da circa un anno mi provo con l’armonica a bocca; vi descrissi tutta la storia della mia nuova passione, dagli inizii nella mia città natale Koblenz, fino alla riscoperta grazie a Salvatore. Mi si è aperto davanti un immenso mondo musicale composto da blues, country, pop e folclore, suonato su diatoniche, cromatiche, ottave, tremoli, suonate in prima, seconda o terza posizione utilizzando le varie tecniche di “soffiare” e “respirare”, “bending”, “lip pursing”, “tongue blocking”, eccetera, insomma, roba da far venire i capogiri. Vi avevo anche raccontato delle mie notevoli limitazioni di “lezioni di musica” visto che la mia “arte” non è compresa a casa mia e pertanto sono banditi gli strumenti a fiato. Rimangono pertanto poche occasioni per poter dar libero sfogo alla mia vena musicale. Ma in tutto questo anno non ho mollato e davanti a scuola aspettando i bimbi oppure nelle piazze di Sassari mi sono esercitato; la ricompensa era di poter accompagnare Salvatore dopo i nostri bellissimi incontri conviviali in qualche melodia; ogni volta dovevo constatare di essere troppo stonato e di non progredire abbastanza. Durante l’estate mi mettevo sugli scogli (lontano da orecchie familiari) nella quasi disperata impresa di voler migliorare la tecnica su questo piccolo, meraviglioso ed affascinante strumento. Insomma, passano i mesi, ma grossi progressi non se ne vedono.

Sabato, 12 dicembre, poi, ci siamo visti nella “Tana dei Golosi” a Li Punti e dopo un bel pranzo in ottima compagnia, Salvatore tira fuori la sua armonica e mi invita a fare ugualmente. Be’, francamente, pensavo, non è proprio il momento giusto, ero seduto di fronte a Prof. Serra, no no, meglio di no. Ed in ogni caso non mi ricordavo più i Beatles e Massimo Ranieri, come consigliato da Salvatore, perché nelle ultime settimane cercavo di produrre qualche suono comprensibile di vecchie canzoni natalizie; sembrano semplici, ma ogni volta mi fanno venire un nodo alla lingua. Comunque, infine mi faccio convincere ed intono con il mio ‘maestro’ “Obladi oblada” dei Beatles, senza però riuscire a tenere il ritmo. Allora vengo invitato a suonare qualcosa io. “Aiuto!” Che faccio? Che figuraccia davanti al professore e tutti gli altri. Inizio le prime note di “Astro del ciel” e mi accorgo che la nostra “The voice” Anna mi sta accompagnando cantando. Questo mi dà coraggio e vado avanti discretamente. Con Anna, anche qualcun altro si associa; un momento indescrivibile: io stento a suonare una delle canzoni natalizie più famose e sento alcune voci che mi accompagnano. Meraviglioso! E’ stato bellissimo.

Qualche giorno fa, mercoledì 23 dicembre, ci vediamo con alcuni amici della nostra Parkinson Sassari in un bar vicino alle Cliniche, per visionare il video della recente Giornata Parkinson prima di poterlo mettere nel nostro sito e per farci gli auguri. Ad un certo punto vengo omaggiato con una stupenda ‘Hohner Golden Melody-Comet’. Sono sorpreso ed imbarazzato (non fatelo più!) ma la meraviglia è grande ed in me torna il ragazzo di Koblenz quando allora, dalla nonna, teneva in mano quello straordinario oggetto emozionandosi ad ogni suono che emetteva.

Oggi, sabato 26 dicembre, il ragazzo di Koblenz è a casa! Pensate, sarà che è Natale, ma più verosimilmente perché è un regalo dei miei amici, sta di fatto che ho potuto suonare l’armonica in casa mia durante le feste con il benestare dei miei familiari!

il simbolo di Koblenz: Koblenzer Schangel Non è un gesto offensivo: allora i ragazzi facevano a gara di chi sputava più lontano per guadagnarsi qualche centesimo.

il simbolo di Koblenz: Koblenzer Schangel
Non è un gesto offensivo: allora i ragazzi facevano a gara di chi sputava più lontano per guadagnarsi qualche centesimo.

Auguro a tutti voi che nel nuovo anno possiate trovare tanti momenti in cui torna la ragazza ed il ragazzo che è in voi e divertirvi ed emozionarvi!

Kai S. Paulus

Postilla alla pillola nr. 4 di Kai S. Paulus

Postilla alla Pillola n.4
Nel 2016 un progetto scientifico sul Sonno

         Durante la recente IX Giornata Sassarese della Malattia di Parkinson il Prof. Pier Andrea Serra ci ha spiegato l’importanza del buon riposo notturno specialmente per il cervello affetto da Parkinson, e dei processi di riparazione e di rigenerazione che avvengono nel mentre ci troviamo tra le braccia di Morfeo. Ed il nostro amico docente ha anche sottolineato le difficoltà che ci sono nel Parkinson a trovare un sonno restauratore. Proprio per questo Serra ha lanciato l’idea di uno studio scientifico che studia il sonno nel Parkinson ed ha invitato tutti i soci della Parkinson Sassari a parteciparvi. L’idea è di iniziare con un sondaggio su come effettivamente ognuno dorme attualmente, quindi anche con l’aiuto di farmaci, e come dormiva prima di ammalarsi. Mano a mano che lo studio procede ci saranno immediati effetti pratici: i dati raccolti potranno servire a correggere la qualità del sonno dove è necessario.

         Ecco, il sonno, la nuova medicina contro la “brutta bestia”, da somministrare subito con l’inizio dell’anno. Siamo quindi tutti invitati a partecipare, anche chi dorme bene. L’indagine inizierà già all’inizio dell’anno nuovo in modo tale da poter presentare i primi dati dello studio in occasione della nostra prossima riunione ufficiale della Giornata Mondiale nel mese di aprile 2016. In effetti, questo nostro prossimo evento sarà caratterizzato dalla presentazione di studi nostri, quindi non ascolteremo ciò che si fa di buono in America oppure in Giappone, ma parleremo di noi, dei risultati del nostro studio sul sonno, ma anche di quelli sui familiari e sui virus, il tutto “made in Sassari”.

          In questo senso va il mio augurio che il 2016 porti nuove conoscenze ed efficaci rimedi che possano aiutare a combattere sempre meglio il nostro “nemigu”. La nostra Parkinson Sassari continuerà a volare sempre più in alto, aiutata, oltre che dai nostri instancabili ‘preparatori atletici’ e dal nostro formidabile regista teatrale, da un gruppo di ricercatori sassaresi eccellenti.

Buon Natale ed un Anno Nuovo sempre migliore!
Kai S. Paulus