Volare si Può, Sognare si Deve!

Scriviamo un libro

Ciao Rita


Ciao Rita,

anche se per poco tempo, per tutti noi è stato un grande piacere conoscerti ed apprezzarti, la tua forza è diventata anche la nostra,

la tua voglia di stare insieme, nonostante tutte le difficoltà, ci ha regalato attimi importanti.

Ti ricorderemo con grande affetto.

Gli amici dell’Associazione Parkinson Sassari sono vicini a Marcello e famiglia in questo momento di dolore.

Arresta il Sistema di Francesco Simula

L’altra sera, dopo alcune ore passate a scrivere, stanco morto, con gli occhi ormai molto stanchi, spengo meccanicamente il computer ma ancora sopra pensiero vengo attirato da una scritta che appare sullo schermo: arresta il sistema. Arresta il sistema? E che vuol dire? Io non ho mai arrestato nessuno,intendo una persona, immaginiamoci se sarei capace di arrestare un sistema. Sistema… sistema… sistema? Ma che cos’è un sistema? Ma è roba innocua o è roba che scoppia? Non sarà per caso una di quelle trappole che ogni tanto inviano alle persone in vista che quando aprono la busta gli scoppia tutto fra le mani e lo “bisestra” per la vita? Io per non sapere né leggere né scrivere vado in questura racconto tutto al Commissario e poi si vedrà.
arresta il sistemaChissà cosa penseranno di me; mi prenderanno per matto. Ma perché dovrebbero prendermi per matto? Un sistema è sempre un sistema: è sempre certamente una cosa complessa. Prova a pensare al sistema metrico decimale: non è solo un metro composto da dieci decimetri, può essere, per esempio, un complesso di misure i cui multipli e sottomultipli sono in rapporto decimale;o al sistema Tolemaico e a quello Copernicano: sembra che uno metta al centro dell’universo la terra e l’altro il sole: tutto da dimostrare , naturalmente, perché a guardare bene nel cielo si vede il sole che si muove e che la sera tramonta dietro l’orizzonte: comunque gli studiosi dicono che al centro dell’universo c’è il sole e che pianeti e satelliti girano intorno ad esso compiendo giri di rotazione e di rivoluzione. Pensa quanto è complicato capire il concetto di sistema dal momento che in questa storia la Rivoluzione Francese non c’entra niente. Quindi capire che cos’è un sistema è molto difficile e non mi interessa niente se in Commissariato mi prendono per matto : meglio matto che morto per uno scoppio. Ma quante fantasticherie! Io sto pensando che in Commissariato possano mettere in preallarme il TSO, ma può essere anche probabile che pure loro considerino il sistema un concetto complesso e di difficile “arresto”, comunque proverò ad andarci tanto è qui vicino, a due passi da casa.
Vado in Questura, cerco il commissario, ma l’attesa non è né breve né priva di sorprese perché mi capita di incrociare varie persone che, nervosamente aspettano anche loro qualcuno a cui denunciare le loro disavventure. Un signore per esempio non sa darsi pace perché gli hanno rubato la macchina che lui, ingenuamente ma imprudentemente, aveva lasciato fuori casa col motore acceso e quindi con le chiavi inserite, pronta per essere rubata: come e qualmente è poi realmente capitato. Si riempiva di improperi da solo pensando che col semplice accorgimento del togliere le chiavi avrebbe evitato questo gratta capo che forse gli costerà di dovere acquistare una nuova macchina dato che al ladro gli ha consegnato direttamente la sua macchina. Un altro malcapitato non sa tenersi in corpo ciò che gli è capitato -anche stavolta per eccesso di sbadataggine- e racconta anche in forma colorita che ha smarrito in qualche modo che non riesce a definire, il cartoncino del Bancomat col PIN attaccato in gran bella mostra. Chi ha trovato o rubato con destrezza, con la medesima destrezza ha dato sfogo alla sua fantasia spendendo e spandendo di tutto e di più: benzina per sé e per gli amici, generi alimentari per un intera stagione e poi I-phone, asciuga capelli, radioni, materiale scolastico dato che si era ai primi di settembre sino ad arrivare a prosciugare il conto del povero malcapitato-disperato anche perché si era ancora a metà mese e per un impiegato delle poste rimanevano pur sempre altri quindici giorni di quaresima da “metabolizzare”.
Dunque per me l’attesa del Commissario si annunciava alquanto lunga. L’attesa però non la sprecai sbadigliando ma arzigogolando sulla maniera migliore e più adatta per arrestare il sistema. Finalmente arrivò il mio turno di colloquio col Commissario il quale senza por tempo in mezzo mi affrontò di petto: “ Mi dica qual è il suo problema”. “Veramente……. Commissario io non ho problemi”. E allora il Commissario cominciando a perdere la pazienza: “ Ma se non ha problemi, che cosa è venuto a fare da me”? “ Cercavo di dirle che più che problemi ho dei dubbi, delle mie personali incomprensioni”. Il Commissario, cercando di assumere un atteggiamento più accomodante e comprensivo: “ Mi racconti, possibilmente in fretta, quelli che sono i suoi crucci , le sue angosce”. “Vede Commissario, l’altro giorno mentre mi accingevo a spegnere il computer compare sul monitor una scritta, a mio giudizio pericolosamente eversiva che diceva: “Arresta il sistema”. “Intanto io mi pongo una drammatica domanda chi o che cosa è un sistema e soprattutto come si fa ad arrestarlo senza conoscerne l’identità senza sapere quali possibili reati abbia commesso il sistema ; e poi che autorità ho io per arrestare un sistema dal momento che non so che procedure seguire io che non mai arrestato neanche un gatto?” “ Mi scusi, dice apparentemente remissivo il Commissario, probabilmente l’arresto era riferito allo spegnimento del computer”. ” Sarà pure come dice Lei, ma perché allora il computer ha usato il verbo “arrestare” e non il verbo spegnere che era la cosa più logica?” “Mi ascolti bene, signore, vedo che Lei con argomentazioni dialettiche anche convincenti riesce a darsi ragione, ma io non ho molto tempo da dedicarle perché ho altre cose molto più importanti da fare . Se Lei ha questo “problema” così grave e impellente col suo computer faccia quello che vuole: lo arresti, lo spenga, lo imprigioni, lo ammazzi, faccia quello che vuole ma mi lasci lavorare in pace su problemi ben più gravi”.
Un po’ imbarazzato mi alzo e vado via, pensando ancora che il mio problema era rimasto irrisolto. Poi…però…pensando con maggiore attenzione a tutte le scritte apparse sul computer ricordo di aver letto: “sto arrestando il sistema”. Un po’ sorpreso penso:” Me lo poteva dire subito che faceva tutto da solo: che accendeva, spegneva, arrestava….faceva; non avrei fatto perdere tempo al Commissario, non mi sarei, io, lambiccato il cervello cercando di fare una cosa…inesistente. Comunque provo un grande senso di liberazione sapendo che non devo arrestare più nessuno… neanche il computer e tantomeno il sistema….

Agli Amici della nostra Parkinson Sassari di Kai S. Paulus

Cari amici,

leggendo gli ultimi articoli e commenti in questo sito si potrebbe aver la sensazione che la nostra associazione stia attraversando un momento di fiacca: Salvatore Faedda confessa che non riesce a seguire tutti gli esercizi della ginnastica, G. B. e Franco Simula cercano conferme e nuove motivazioni da parte dell’associazione, si registrano in questo periodo diverse assenze nelle varie attività spesso dovute a riaccentuazioni dei sintomi parkinsoniani, e pare che il medico sia oramai latitante da tutte le attività. Sembra quasi una cartella clinica di un gruppo che fino a pochi mesi fa volava alto e sognava. Cosa sta succedendo? L’entusiasmo è diminuito? L’associazione non sta più funzionando?

Credetemi: niente di tutto ciò. La nostra Parkinson Sassari è più attiva che mai.

Certo, la Associazione Parkinson Sassari non è un circolo ricreativo, ma ci siamo trovati e riuniti per poter affrontare meglio una importante malattia, una patologia neurodegenerativa tra le più diffuse al mondo. Ci siamo associati per combattere in maniera più efficace il “nemigu”; le armi tradizionali le conoscete tutti, sono i farmaci con i loro vantaggi e svantaggi, aiutano ma non bastano. Durante le nostre attività sociali ci siamo resi conto che il Parkinson si combatte affrontandolo con un atteggiamento positivo, proseguendo la propria vita, rimanendo attivi, e divertendosi. Possiamo dire che questo è il Credo della nostra associazione che, in effetti, si basa sulle evidenze scientifiche presentate da molti ricercatori di fama internazionale.

Proprio in questo periodo la Parkinson Sassari sta operando a pieni ritmi per affrontare il “nemigu” con tutte le strategie possibili:

  • Stiamo seguendo la ricerca scientifica: alcuni di voi hanno partecipato a ricerche scientifiche condotte insieme ai colleghi del gruppo di Prof. Leonardo Sechi e le dottoresse Giannina Arru e Elisa Caggiu della Microbiologia dell’Università di Sassari, dove i primi risultati sono già stati pubblicati su due riviste scientifiche internazionali, ed una terza è in preparazione (risultati molti promettenti che i ricercatori ci illustreranno prossimamente); un nostro consistente gruppo sta partecipando ad una inchiesta promossa dalla Psicologia Clinica dell’AOU di Sassari con l’equipe di dott. Giovanni Carpentras sulle emozioni dei familiari; ancora, siamo appena stati arruolati per uno studio multicentrico nazionale (grande riconoscenza per la validità delle attività sassaresi!) sulla qualità di vita di ammalato e familiare che tra poco richiederà la vostra partecipazione; e, come sapete, con Prof. Pier Andrea Serra stiamo lavorando ad un progetto sullo studio del sonno sempre con la vostra collaborazione.
  • Siamo attivi: la dott.ssa Pinuccia Sanna vi segue con grande dedizione nella riabilitazione di gruppo, vi insegna strategie per superare meglio momenti e situazioni difficili, e vi sprona instancabilmente; non da meno la dott.ssa Annalisa Mambrini con la sua divertente Danza e Movimento Terapia; la nostra ‘marescialla’ Dora Corveddu si è affiancata a Francesco Enna e Iole Sotgiu per riprendere tutti insieme la commedia “Romeo e Giulietta, quarant’anni dopo” che l’anno scorso ci ha regalato grandissime soddisfazioni e che presto sarà portata in scena in diversi teatri, nonché la preparazione di una nuova commedia, sempre dalla penna di Francesco Enna.
  • Stiamo al passo con le altre associazioni: come da tempo stiamo organizzando a Sassari le Giornate Nazionali, Mondiali e Sassaresi della Malattia di Parkinson, prosegue il nostro impegno insieme alle altre realtà sarde e nazionali a celebrare in contemporanea momenti di informazione e di aggregazione, anche per sottolineare i nostri sforzi nel contesto di una volontà regionale, nazionale ed internazionale di migliorare le condizioni di ammalati e familiari. In questo senso partecipiamo alla prossima Giornata Mondiale della Malattia di Parkinson che sarà organizzata dagli amici della Associazione Parkinson Nuorese a Nuoro il giorno 11 aprile, ed iniziando già a pensare anche alla nuova Giornata Nazionale che organizzeremo a Sassari il 26 novembre.
  • Siamo connessi: grazie al nostro fantastico ‘webmaster’ Gian Paolo Frau ci possiamo vantare di questo bellissimo sito internet che ci informa e ci diverte, ci tiene in contatto tra di noi e che ci fa conoscere ad un pubblico molto ampio: pensate, dopo i primi nove mesi di vita il nostro sito a Natale 2015 poteva vantare già oltre 50.000 (!!!) visualizzazioni, con migliaia di visitatori, e con un seguito tramite facebook di oltre 400 amici.
  • Saremo rilegati: Un altro dei nostri progetti si sta concretizzando: insieme all’inossidabile volontà del nostro vicepresidente Peppino Achene ed al genio di Gian Paolo Frau stiamo portando avanti il progetto di “Scriviamo un libro” che sarà una raccolta dei contributi, articoli, poesie, commenti, disegni e foto pubblicate sul nostro sito durante i primi dodici mesi, e che cercheremo di pubblicare entro l’estate.
  • Restiamo assistiti: qui, permettetemi di esprimervi il mio personale impegno per l’associazione e per tutti coloro che hanno necessità che, nonostante la grave situazione in cui si trova la Sanità Sassarese con pesanti tagli e restrizioni ed una massiccia redistribuzione del personale sanitario, l’ambulatorio Parkinson della Clinica Neurologica, destinato praticamente alla chiusura, rimarrà invece aperto.

Ecco, questo siamo noi, questa è oggi la nostra Parkinson Sassari!

E’ incredibile e, fino a pochi anni fa impensabile, invece è diventato realtà, ci siamo riusciti, e penso che pochi altri possano vantare un tale elenco di attività per cui noi ne possiamo essere veramente fieri. Questa realtà l’abbiamo creata noi, tutti noi insieme, ognuno con quello che ha potuto dare. E se Salvatore ha qualche difficoltà nella coordinazione motoria, pazienza (musica, maestro!), importante è partecipare, come si suol dire, e quanto invece Salvatore è attivo sulle pagine di questo sito e quanto ha motivato tanti di noi con il suo esempio! E dico a G. B. e Franco Simula che dobbiamo tener presente che abbiamo a che fare con una malattia cronica soggetta a fluttuazioni continue e che per questo ci saranno sempre persone che necessitano di un periodo di pausa; ma l’idea che possono tornare in questo nostro gruppo splendido ed attivo rende loro la pausa meno dura e meno lunga. Volare si può, Sognare si deve!

Forza Pares! Forza Associazione Parkinson Sassari!

Kai S. Paulus

Uno sfogo di Tenerezza (lettera alla nostra insostituibile fisioterapista) di Salvatore Faedda

(Lettera alla nostra insostituibile fisioterapista)

FTA_0010Carissima Pinuccia,
perdona lo sfogo di queste due righe ma ciò che non riesco a fare verbalmente lo scrivo su questo foglio.
Sono perfettamente consapevole che tutto ciò che pretendi da noi lo fai esclusivamente per il nostro bene ma io ho dei problemi che il più delle volte mi impediscono di eseguirli.
Ho difficoltà a memorizzare i movimenti ed anche quando sto molto attento non riesco mai a coordinarli come fa la stragrande maggioranza dei miei associati.
Probabilmente dipende dal fatto che sono un mancino corretto e quando osservo i movimenti degli altri….i miei sono esattamente l’opposto.
Da persona sensibile quale io sono, non posso fare a meno di dirti che a volte i tuoi rimproveri mi mandano in tilt ma riconosco che tutto ciò che fai o dici serve a migliorare la nostra vita già travagliata dal parkinson.
Ti prego di non offenderti per questo rude sfogo sappi, però, che da quando hai preso in mano le redini dell’attività motoria della nostra associazione, tutti noi, nessuno escluso, ha avuto dei grandi benefici.
Grazie di cuore con un affettuoso abbraccio

Salvatore Faedda

Libere divagazioni sul ritorno degli aquilotti di G.B.


LIBERE DIVAGAZIONI SUL RITORNO DEGLI AQUILOTTI DI G.B.

Un trillo di campanelli ci ricorda che la “musa del Teatro”, dopo averci
fatto spuntare le ali in un fantastico debutto, reclama a pieno titolo
una sollecita replica, cheLibere una lunga attesa tenderebbe ad
impigrire.
Così come a oriente il sole in un baleno imporpora la giornata
nascente, allo stesso modo le giovani ali ancora implumi, ma ormai
saldamente innervate nel dorso, si dispiegano in un subitaneo fremito,
librandosi nel cielo terso del mattino per guadagnare altezze siderali,
liberati dal famelico predatore che ci vorrebbe relegati nel degrado di
in una promiscuità senza tempo.
Si riprende a volare…, là in alto si perpetua il gioco magico che
caratterizza l’unicità della recita, e noi teatranti ci ritroviamo ai nostri
posti, pronti a inaugurare una nuova avventura.
Il linguaggio del corpo fa intendere che la determinazione è rimasta
intatta e siamo decisi a ripeterci, rafforzati, nella convinzione che la
nuova riorganizzazione scenica, più snella in alcune parti, voluta da
Franco Enna e la ridistribuzione dei ruoli, più consona ai personaggi,
gestita magistralmente da Dora, dovrebbero consentire una migliore
versione interpretativa.
Le prove si susseguono con le scadenze prestabilite, purtroppo ….non
sappiamo perché, non si riesce a trovare il giusto ritmo , manca
qualche cosa di impercettibile, difficile da individuare in una “quadra”
ancora in divenire.
Sospesi in questa fuggevole dicotomia, io e l’amico Franco Simula,
all’uscita della “lezione”, ci intratteniamo nel piazzale antistante la
scuola a dissertare benevolmente sulle difficolta che incontriamo in
questa nuova recita;
E’ una serata gelida, spazzata da un vento di tramontana che addensa
nubi minacciose livide di pioggia, che vorrebbero virtualmente
scaricarsi su una recita mal riuscita, che Franco, con sottile ironia,
trova nella similitudine con l’odiato Parkinson, una coercitiva
intromissione che scardina i tempi di recita precipitandoli nel
disordine.
Forse le troppe assenze nei ruoli importanti…. forse la mancanza di
suggestiva novità ……. forse ….. non sappiamo cosa !!!
A questo punto, in questo gioco di verbali allegorie, Franco si richiama
a un detto proverbiale pieno di significato, e lo esprime nell’efficace
dialetto: “ A MOSSU ‘E CANE PILU ‘E CANE” , come dire…. mi
spiega, rispondi colpo su colpo con rabbia e non farti mai sopraffare
dalla cattiva sorte, combatti strenuamente ogni avversità.
Sorprendente, con due parole riassume l’essenza della nostra
condizione !!!
Questo rimane il proposito prima di salutarci, combattere sempre e
comunque, così anche le successive recite ritroveranno il loro corso
naturale; augurio esteso a tutti gli associati e a quanti condividono i
nostri progetti, con buona pace “dell’innominato”
GB


Gli amici della musica di Salvatore Faedda

madonna delle nevi

Tanti anni fa, con la mia famiglia ed un gruppo di amici, trascorrevamo le vacanze estive in quel di Folgarida, una ridente località di montagna vicino a Madonna di Campiglio.
Non avevamo problemi di prenotazione perché i proprietari dell’albergo, nostri amici, con una semplice telefonata ci garantivano l’ospitalità e noi stavamo bene con loro perché il vitto e l’alloggio erano di nostro gradimento.
Normalmente, una settimana prima di ferragosto e con le macchine colme di bagagli, puntavamo felici verso Portotorres per imbarcarci sulla nave che ci avrebbe portati a Genova.
Il giorno successivo, seguendo le indicazioni autostradali, come prima tappa raggiungevamo Verona per consumare un sobrio pasto e poi di nuovo in viaggio per raggiungere la meta preferita. Alla sera si arrivava a destinazione e così, finalmente, iniziava la nostra vera vacanza.
L’albergo “Madonna delle Nevi” era organizzato in maniera tale da consentire agli ospiti una adeguata informazione su tutti gli eventi che si sarebbero svolti, prima e dopo ferragosto, nei pressi di quella località.
Ovviamente, da amante della musica, mi soffermavo su quei dépliant che davano informazioni sui vari concerti a quota 2,500 metri.
Questi eventi avvenivano subito dopo pranzo e noi, che da 1,700 metri dovevamo raggiungere i 2,500, ci mettevamo in cammino di buona lena per non perdere nemmeno un accordo. Ognuno trovava posto su una comoda pietra (si fa per dire) e poi si aspettava l’inizio del concerto.
Se amate la musica e vi capiterà di ascoltarne almeno uno, vi assicuro che l’emozione sarà talmente grande come grande era il silenzio che regnava in quelle montagne, esaltato solo dalla musica che vibrava da quegli insoliti strumenti musicali.
Ho voluto proporvi questa breve esperienza col semplice intento di dimostrare che la musica è come il prezzemolo…sta bene dappertutto!!!

Salvatore Faedda

Mio zio calzolaio di Salvatore Faedda

Tra i vari ricordi della mia giovinezza ho un piccolo episodio da raccontare che ancora oggi mi stupisce. Avevo circa 18 anni e frequentavo uno zio un po’ più grande di me; da bambino era stato colpito dalla poliomielite (all’epoca non esisteva il vaccino) ed il suo lavoro, come tutti coloro che zoppicavano, consisteva nel riparare le scarpe…cioè il calzolaio. Eravamo vicini di casa e così ogni sera, quando rientravo dal lavoro, mi piaceva fargli compagnia.
Spesso andavamo al cinema o a teatro per qualche “rivista” ma quando era oberato di lavoro restavamo nel suo laboratorio e questo gli consentiva di raccontarmi fatti di guerra che lui ricordava bene.
Era una persona buona e sensibile e parte di ciò che guadagnava la metteva a disposizione per i nostri semplici svaghi.
Un giorno d’estate decidemmo di andare al mare e così col primo tram disponibile andammo a Platamona. Scendemmo alla rotonda e ci dirigemmo sulla parte destra della spiaggia allora piena di baracche in legno. Tra una cabina e l’altra lasciammo i nostri indumenti e poi, per quanto possibile data la disabilità del mio amico/zio, di corsa in acqua a rinfrescarci. Giunta l’ora del rientro a casa ci vestimmo e in quel frangente mio zio si rese conto di non avere più le monete per il viaggio del ritorno. Iniziammo a cercarle fra la sabbia senza alcun risultato e così decidemmo di rischiare e di salire sul bus senza biglietto. Il mezzo era stracolmo e questo ci convinse che difficilmente il bigliettaio ci avrebbe trovati in flagrante. Ahinoi!!! Poco prima d’arrivare alla stazione il bigliettaio che aveva già trovato qualcuno senza biglietto e che a causa del mezzo stracolmo non riusciva a controllare i restanti passeggeri, disse all’autista di recarsi direttamente in deposito senza aprire gli sportelli. In un attimo si accese una grande disputa tra passeggeri e controllore ma, appena il bus si fermò, tutti coloro che si trovavano in piedi, con una grande spinta aprirono le porte d’accesso e cominciarono a scappare. Con mio zio in quelle condizioni non potemmo far altro che aspettare e incappare nelle fauci del controllore. Ci portò presso gli uffici dell’azienda ma, vista la disabilità di mio zio ci lasciarono andar via senza pagare una lira.
La domenica successiva ci recammo nuovamente in spiaggia e occupammo lo stesso spazio della volta precedente. Prendemmo in affitto un “pattino” e così tra pedalate e bagni passammo una bella giornata. Quando fummo stanchi a sufficienza ci adagiammo sulla spiaggia e mentre mio zio, tra un racconto e l’altro distrattamente accarezzava la sabbia, ecco che ad una ad una riaffiorarono le monetine perse. Un vero colpo di fortuna che ci consentì di mangiare una pizza senza gravare sulle nostre tasche.

Salvatore Faedda

Pillola nr. 7: Vincere la “brutta bestia” di Kai S. Paulus

Brutta bestia’ la chiama Piero Faedda (in: “Il Parkinson: brutta bestia”, pubblicato sul nostro sito il 3 novembre 2015), ‘un rapace infingardo appollaiato sul trespolo della coscienza, il male oscuro, una muta di cani latranti pronta ad affondare i denti digrignanti’ si scaglia contro di esso il nostro G.B. in “Parkinson che sorpresa!” (26 novembre 2015), insomma, quel “su nemigu” come lo ha schedato più volte Peppino Achene. Ecco, lui è lì e non mi fa fare nulla, mi impedisce di vivere una vita degna di essere vissuta, è lì, presente in ogni istante, mi trasforma, mi tortura, mi procura immobilità, contratture, tremori, dolori, ansia, insonnia. Mi rende …
Stop, fermi, halt!
In questi ragionamenti manca qualcosa: dove è la vita, la famiglia, gli altri?
Per vincere la brutta bestia, per gestire il Parkinson quotidianamente non bastano le medicine e neanche la fisioterapia, ci vuole un altro elemento fondamentale: la disciplina. Forse il termine è un po’ forte, allora chiamatelo buon senso e rispetto verso se stessi e verso gli altri.
Se guardiamo la vicenda dal punto di vista del parkinsoniano potrebbe esserci la tendenza a pensare che tutta la mia esistenza si gira intorno al mio disagio, i miei problemi, la mia assistenza. Ma la vita non è certo questa! Uno degli errori principali che facilmente si possono commettere è quello di dare troppa importanza al ‘nemigu’, talmente tanta che la propria vita è completamente assorbita dal ‘rapace infingardo’. D’accordo, c’è il Parkinson, ma non per questo spariscono i propri cari, gli affetti, le emozioni di tutti i giorni.
Ovviamente non è facile affrontare la giornata quando la si deve iniziare già da subito al risveglio cercando di vincere la rigidità dopo una notte insonne; stordito dal mal di testa resto in attesa che le pastiglie facciano effetto, chiedo aiuto per essere alzato, lavato, vestito, voglio colazione, pranzo e cena pronti alla stessa ora, devo prendere le pillole alle ore 8, 9, 10, ecc., e che sempre ci sia qualcuno con me perché non si sa mai. In questo modo, però, il ‘portatore sano di Parkinson’ (come ama definirsi Tonino) sarà sempre meno sano e da partner, familiare, e persona amica, viene degradato ad infermiere, assistente personale, maggiordomo, donna delle pulizie, servo, ecc.
Come dice sempre dott. Giovanni Carpentras, non ci sono regole universali, ma penso che una persona che sfortunatamente si è ammalata di Parkinson va aiutata, non servita. Sto facendo questa riflessione perché vorrei che la persona malata non si arrenda e che non scivoli in una condizione di passività ed immobilità più per preoccupazione e tristezza che non per i reali limiti posti dalla malattia. E vorrei invece che la persona reagisca, non conceda spazio al ‘nemigu’ e che cerchi di conservare e di ampliare le proprie autonomie; in questo modo la ‘muta di cani latranti’ retrocede e fa passare la persona determinata e volenterosa. Quasi miracolosamente i sintomi diminuiscono e magari si potrà togliere qualche mezza pastiglia di qua e di là. Mi viene in mente lo spirito del padre di Adelaide Sanna in “Fra di noi è nata una bella amicizia” (15 ottobre 2015), e le parole di Nicoletta Onida “bisogna andare avanti senza paura” in “Così è la vita” (5 luglio 2015).
Dall’altro lato ci sono i ‘portatori sani’ che accudiscono il Parkinsoniano in maniera totale, perfetta, 24 ore su 24. Questo può succedere per tanti motivi: per la convinzione che “l’altro” è malato e ne abbia bisogno, per un possibile senso di colpa per non riuscire a fare di più, o magari semplicemente perché i servizi vengono pretesi dall’altra parte. Ma facendo così nascono tensioni che comportano fraintendimenti e malumori, nervosismo fino allo sfiancamento ed esaurimento, con il risultato che il clima in casa non è più buono e ci sarà una escalation tra richieste di continua assistenza e lamentele di affaticamento, in parole povere: litigi. Anche qui non esiste un vademecum universale che possa essere applicato ad ogni situazione, ma la disciplina, il buon senso, può aiutare a migliorare le condizioni generali: l’ammalato deve trovarsi degli impegni propri, siano essi degli hobby, attività lavorative, impegni in parrocchia oppure in una associazione (la nostra!) oppure lo sbrigare di commissioni, e comunque deve partecipare alle attività quotidiane domestiche, mentre il familiare si deve ritagliare degli spazi suoi per i propri svaghi, se non altro per ricaricare le pile; in questo modo si conserva l’armonia domestica e la serenità, e ci sarà spazio per vivere tutti insieme le emozioni importantissime per una vita degna di essere vissuta. Penso alla ‘quarta candela’ dedicata a tutti noi della Parkinson Sassari dalle Sorelle della colonia di San Pietro in “La tenerezza è la forza più umile” (15 ottobre 2015).
Non si deve dimenticare che la malattia di Parkinson è sì una patologia neurodegenerativa che inesorabilmente peggiora continuamente – quando non si fa nulla per impedirlo. Ma con il giusto atteggiamento, la disciplina, i farmaci e le attività sia intellettuali che fisiche si può notevolmente modulare la progressione della malattia, oserei dire rallentarla, bloccarla, ed anche ridurla, e quindi gestire il quadro clinico conservando molte autonomie funzionali fino a tarda età. Ricordatevi l’articolo pubblicato sul nostro sito: “Il divertimento come fonte di dopamina”, ma più di tutto tenete sempre in mente il motto della nostra Parkinson Sassari: Volare si può, sognare si deve! in cui ‘Volare si può’ sta per lo spirito di non mollare mai, e ‘Sognare si deve’ esprime l’imperativo di avere obiettivi e desideri, e di vivere le emozioni.

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Il logo della nostra Parkinson Sassari voluto dal presidente Franco Delli: le pietre apparentemente dure ma che invece contengono delle storie, la quercia forte che resiste alle intemperie, ed il gabbiano che nell’aria perde pesantezza e rigidità. Volare si può…

 

Avevo scritto questa Pillola n. 7 qualche settimana fa e stavo per consegnarla al nostro webmaster Gian Paolo Frau, quando l’intensa ed emozionante riunione dei familiari del 26 febbraio scorso mi ha fermato per una ulteriore riflessione. Non ho cambiato il senso dei miei appunti, ma la riunione, convocata da dott. Giovanni Carpentras insieme alle psicologhe dott.ssa Lidia Spanu e dott.ssa Angela Merella, questa volta nella prestigiosa biblioteca dell’Istituto di Scienze Radiologiche, mi ha portato a sottolineare alcuni aspetti quali il punto di visto dell’ammalato, quello del familiare e caregiver, e la consapevolezza della malattia per quello che è e non quello che noi temiamo possa essere. La riunione, sicuramente la più sentita ed utile di tutta la serie, è stata carica di forti emozioni, ma anche di cordiale divertimento. L’insieme di Dora, Nanna, Giannella, Anna, Graziella e Tonino si è rivelata una miscela scoppiettante che dopo importanti testimonianze ha suscitato risate e buon umore in tutti i presenti. Oltre all’ormai collaudato gruppo c’erano anche diverse ‘new entry’ che sin dall’inizio si sono trovati a loro agio. Questa riunione sarà sicuramente ricordata da tutti i partecipanti come quella più proficua in un clima amichevole e simpatico che ha fatto divertire anche gli psicologi del Servizio di Psicologia Clinica della Azienda Ospedaliera Universitaria di Sassari.

Il Ragazzo di Koblenz ha perso la Bussola di Kai S. Paulus

Stamattina rientro a casa da una guardia notturna in Clinica, e siccome non riesco a dormire, cerco di sbrigarmi delle commissioni. Tutto fila liscio ed in breve tempo riesco fare tutto e, visto che sono in giro, decido di andare a Baddimanna per visitare la Basilica del Sacro Cuore.Bussola 0 Qualche giorno fa il nostro amico Salvatore Faedda ha pubblicato sul nostro sito un articolo molto interessante, in cui racconta come lui da giovane, quando lavorava in una falegnameria, ha avuto “l’onore e l’onere” di collaborare ai lavori degli interni della Basilica Sassarese.
Penso che non vi sia sfuggita la mia ammirazione per Salvatore, persona umile e silenziosa che continua a sorprendermi con i suoi talenti e la sua storia. Prima mi ha stupito con le sue doti musicali che mi hanno portato ad iniziare a strimpellare l’armonica a bocca (lo so che il termine “strimpellare” si usa per strumenti a tasti oppure a corde, ma proprio ieri nostra figlia mi ha chiesto cosa significhi e quindi mi è rimasto in testa), poi continua ad affascinarmi con i suoi racconti di viaggi, della sua famiglia, in cui riportando la sua storia ci propone ogni volta un piccolo tassello della Sassari che fu (leggete proprio in questi giorni “La notti di Fribagiu di lu ‘56” pubblicato qualche tempo fa sul nostro sito: Sassari sessant’anni fa – fa un certo effetto); ma Salvatore tocca le corde di tutti noi quando parla della sua esperienza con il Parkinson, dove per me i suoi pezzi, quali “L’eredità”, e le poesie “Lu Parkinson” e “Lu muccaroru”, sono dei veri capolavori. Poi si distingue anche per i suoi divertenti reportage sulle nostre attività associative.
Quindi, questa è la mia stima nei confronti di quest’uomo. Ora potete immaginarvi quanto io sia rimasto di stucco leggendo il suo “La Bussola del Sacro Cuore”: conosco la Basilica, ci sono andato diverse volte, ma, confesso, non mi ricordo della Bussola. Avevo fatto delle ricerche in internet, dove si legge: “di notevole pregio sono anche le opere di falegnameria che arredano gli interni” (www.geoplan.it).
Ecco, visto che stamattina ho tempo, decido di andare alla ricerca della Bussola di Salvatore. Il suo racconto diventa intrigante quando menziona che nello stesso tempo ci lavorava anche Costantino Spada e che lui ottenne regolarmente del vino, mentre per Salvatore ed i suoi colleghi non era permesso neanche dell’acqua. Che ingiustizia! Ora vado a scoprire l’opera del nostro musicista!
C’è un acquazzone (finalmente l’inverno si è deciso a fermarsi anche sulla Sardegna) ed entro di corsa nella navata. Dopo essermi scrollato di dosso un bel po’ di acqua piovana faccio il giro tra i banchi, ammiro, come anche le volte precedenti, gli affreschi di Spada, l’organo, il bellissimo altare, sempre di falegnameria, dedicato a Mons. Pala, l’allora parroco e datore dei lavori; è una chiesa bellissima che ogni volta mi piace di visitare. E la bussola? Non la trovo. Faccio un secondo giro, scendo anche nella cripta dedicata alla Madonna di Lourdes, ma niente. Consulto il nostro sito e rileggo le righe di Salvatore per capire dove si possa trovare la sua opera, ma niente da fare (col senno di poi Salvatore dà indicazioni precise ma io non ho colto). Allora telefono a Piero Faedda, lui dovrebbe saperlo, ma anche lui in quel momento non ha idea. Allora, da vero amico che è, scomoda la gente che ha in casa in visita (quasi mi vergogno) e fa un sondaggio tra di loro, ma comunque non riesco ad avere indicazioni precise. Che faccio adesso? Mica me ne posso andare. Sono qui, oltre che come curioso anche come giornalista: voglio trovare la bussola e fotografarla per mettere le foto sul nostro sito. Chiedo a qualche turista (a febbraio a Sassari?) ma figurati. Inizio a diventare nervoso (e qui il libro di Westendorp presentato recentemente da Nicoletta Onida non c’entra niente!). Temo che devo arrendermi per il momento; forse posso tornare dopodomani con Peppino Achene visto che dobbiamo vederci con il nostro webmaster Gian Paolo Frau per parlare del libro sulla nostra associazione. Quasi sconfitto me ne sto andando quando intravedo entrare in chiesa un tipo non rasato, un po’ così; no, a quello non ha senso chiedere, e gli passo accanto. Ma proprio nel mentre, in una frazione di secondo il mio cervello cambia idea (altro che Westendorp!) e presento allo sconosciuto la mia disperazione. “Buongiorno a Lei” risponde gentilmente l’uomo, “sono il sacrestano, certo, la bussola, venga, gliela faccio vedere.” L’uomo non rasato è fantastico e mi salva la giornata.Bussola 1

Bussola 3Finalmente mi trovo davanti all’oggetto delle mie ricerche, cioè ‘davanti’ non è il termine esatto, ‘sotto’ è meglio visto che la bussola troneggia sopra l’ingresso centenato a oltre quattro metri. La bussola, spiega il sacrestano, riporta il simbolo papale essendo questa una basilica. La guardo con grande rispetto. Ho trovato finalmente l’opera del giovane falegname Salvatore. Sono molto contento; la ammiro e faccio delle foto. Il falegname non deve disperare perché ci rifacciamo alla prossima occasione con i “Petali di rose” di Peppino (alla faccia di Costantino).
Fuori piove ancora tanto e corro alla macchina. Mi riposo e contemplo gli scatti, forse non bellissimi perché non sono un bravo fotografo, ma anche per le condizioni di luce e la difficile angolatura. Per la gioia del successo della ricerca, il ragazzo di Koblenz tira fuori dalla tasca la sua armonica…