Volare si Può, Sognare si Deve!

Scriviamo un libro

In MEMORIA di ETTORE GIULIANI di Franco Simula


Sorrise Ettorre nel vederlo e tacque.
Ma di gran pianto Andromaca bagnata…
Il richiamo al VI canto dell’Iliade, in cui Ettore incontra la moglie
Andromaca e il figlio Astianatte al quale rivolge un ultimo tenero
sorriso, è solo un illustre pretesto per ricordare Ettore Giuliani morto
tre giorni fa in un attimo o come suol dirsi: d’improvviso. Il triste,
inevitabile viaggio verso l’aldilà, per Ettore è stato preceduto da una
splendida giornata di sole di questo inizio di primavera trascorsa
serenamente con la moglie Annina nella piana di Saccargia.
Quando ci si incontrava a Sassari o ad Alghero lo salutavo con
“sorrise Ettorre…” oppure gli ricordavo “Achille gonfio di rabbia ti sta
cercando…” Mi rispondeva con un sorriso grande quanto Lui era alto
e con una battuta ironica del tipo:” Se incontri ancora quel signore
(Achille) digli che se mi capita a tiro oggi ci scontreremo alla pari”.
L’ironia era la punta di diamante dell’Ettore brillante di qualche anno
fa , poi col passar del tempo, il “rapace infingardo” -direttamente o
indirettamente- logora anche l’acciaio e anche il cuore di Ettore si è
dovuto arrendere…nel sonno però!
Era un attento e pignolo organizzatore di eventi. Da Presidente della
FAND non passava anno senza che organizzasse almeno una gita in
qualcuno dei siti più affascinanti della Sardegna.
Era sempre molto attento alla divulgazione tempestiva delle novità
che riguardavano il diabete di cui era anche un apprezzato
informatore scientifico. Le ricorrenze più significative relative al
diabete, le scoperte anche minime evidenziate dalla ricerca, venivano
immediatamente recepite e altrettanto tempestivamente fatte
conoscere -magari attraverso un convegno- al maggior numero
possibile di interessati. Memorabili le battaglie condotte ogni volta che
si constatava una decurtazione dei presìdi a suo tempo conquistati
dopo lunghe contese.
Il parroco, nell’omelia funebre, ha raccontato dell’impegno di Ettore
nella partecipazione operosa a tutte le attività promosse dalla
parrocchia. Ultimamente era approdato all’Associazione Parkinson
come simpatizzante e sostenitore di un gruppo Parkinson (Lui che non
aveva la malattia di Parkinson) col quale si trovava a suo agio,
scherzava volentieri mettendo spesso in libera uscita la sua carica di
ironia arguta e sagace. Ettore era un generoso. Tutte le volte che si

lanciava un’iniziativa, Lui, memore dei tempi felici della sua
presidenza FAND, era sempre pronto a incoraggiare le proposte
sostenendole con la sua collaudata esperienza di lucido organizzatore.
Sabato 30 marzo era pronto a partecipare alla gita che faremo a

Tramariglio sia per visitare la Mostra permanente del ceramista-
pittore-scultore Elio Pulli (fratello di Cenzina), sia per godere di una

bella giornata di sole che questo inizio di primavera non mancherà di
regalarci.
A Ettore avrebbe fatto dolce e fedele compagnia la moglie Annina che
da qualche tempo, era diventata, più che mai, metà della Sua anima.
In tutti i sensi. Con le parole sagge dette al momento giusto, col
sostegno materiale nelle difficoltà insomma con uno stile di vita che
era diventato una tenera ma discreta simbiosi d’amore.
Intanto continuano fra i due i colloqui confidenziali di una vita che
neanche la morte può interrompere: “Sai, Ettore, che ieri alla tua
cerimonia di commiato, nonostante una serataccia di pioggia e
vento,la Chiesa era piena di amici commossi venuti a salutarti. E
pensare… che tu non ti eri premurato di informare nessuno”. ” Cara
Annina, la notizia mi fa molto piacere anche perché non avrei mai
immaginato di avere così tanti e affezionati amici: ringraziali per
parte mia. Ciao, a domani”.

Franco Simula


 

“Radici” poesia di Paolo Marogna


MEMENTO

In ricordo di Antonio Cossu che non ho avuto l’onore
e il privilegio di frequentare e conoscere.
Paolo Marogna

RADICI
C’è un posto vuoto
oggi in sala,
che sarà difficile
o impossibile occupare.
Perché non sarà semplice trovare
un’anima di artista
capace di vedere
la bellezza e l’arte
che si nasconde
nelle radici degli alberi
e trovare in quelle radici
l’ispirazione della propria arte
e della propria esistenza.


 

In ricordo di Antonio Cossu Artigiano-Filosofo di Franco Simula

Antonio Cossu Artigiano-Filosofo

La casa di Antonio si affaccia sulla più bella e intima piazza del paese, era la vecchia piazza del pesce, della carne e del mercatino ambulante del martedì. Ora è delimitata da sedici robusti lecci ultra trentennali ormai che -soprattutto d’estate- conferiscono a quello spazio un’atmosfera di tranquillità e ristoro quando diventa il salotto di giovani e vecchi. E’ una piazza che suscita molti nostalgici ricordi: di giochi innocenti e spensierati della prima infanzia; di comizi in cui si fronteggiavano, dal 1948 in poi, incandescenti e contrapposte passioni politiche. Sempre su quella piazza si affacciava, ad intervalli cadenzati, Luigino, un artigiano del legno che riusciva ad incantare i bambini quando col tornio creava le trottole, tutte diverse fra loro, che andavano a ruba tra i piccoli amatori, o quando sagomava con grande abilità le gambe di un prezioso tavolino di ciliegio.

   Il vecchio laboratorio paterno, ormai obsoleto, è attiguo alla casa di Antonio che già dall’ingresso si presenta diversa da tutte le altre. La porta è di vetro robusto diviso in due ante di identiche dimensioni. Chi vuol cercare Antonio non deve suonare, basta appoggiare gli occhi al vetro e scrutare all’interno: Antonio è poco lontano dalla porta, sdraiato su una poltrona-letto a riposare se è stato sopraffatto dal sonno, oppure seduto su una sedia a leggere qualche giornale ma prevalentemente a lavorare sapientemente le sue opere d’arte che sono ricavate da vecchie radici di alberi o grossi arbusti dentro cui Lui riesce a”intravvedere” in anticipo l’immagine dell’opera finita e si mette al lavoro con buona lena e costanza sino a trasformare una radice informe, rustica e grezza in elaborato elegante e gradevole, in un’opera d’arte. Di quell’arte istintiva di cui Antonio, quasi con pudore e imbarazzo, sembra vergognarsi.  “Ma che arte! Se mi azzardo a parlare di arte la gente mi ride appresso o mi invade la casa”. Gli artisti raramente hanno successo alla presentazione delle prime opere; ma Antonio le prime opere le ha realizzate ormai da tanto e può considerarsi un artista maturo.

All’ingresso, il visitatore  è accolto da “S’ISTRUMPA”, una lotta a sole braccia fra due contendenti. S’istrumpa di Antonio Cossu è un intricato groviglio di rami che nella loro dinamicità sembrano trasmettere l’idea del movimento e della lotta in cui i lottatori non sembrano afferrarsi con due sole braccia ma con quattro,dieci braccia  per ciascuno. Più avanti due coccinelle sovrapposte che sembrano riproporre un’infinita estasi d’amore, e poi tanti bastoni lavorati secondo l’imput suggerito dalla struttura dell’arbusto.

E infine tante figure fantastiche che riconducono a un mondo fiabesco o di sogni infantili interrotti.

Le pareti interne della casa sono “finite” in stile rustico con pietre di tufo “ a vista” impreziosite da piccoli intarsi colorati rappresentati da pezzi di diaspro, basalto,granito, ardesia sapientemente cementati sul muro. Ti aspetteresti una casa impostata tutta su questo stile, invece no! Alcuni ambienti interni sembrano quasi avveniristici perchè separati da grossi vetri che talvolta fungono da porta e talvolta da parete fissa. I muri sono corredati con strumenti di lavoro artigianale o con attrezzi del mondo contadino intercalati da qualche pezzo d’arte del padrone di casa.Il cortile si presenta come spazio-scrigno che deve raccogliere cose preziose: infatti, sparsi qua e là, troneggiano alcuni enormi massi da cui -come da grandiosi geodi- promanano un’infinità di riflessi di quarzo soprattutto quando vengono “trafitti” dalla luce del sole.

Questo è il microcosmo in cui Antonio trascorre le sue giornate, talvolta tristi

-come quelle di tutti i poveri mortali- talvolta occupate da un lavoro alacre e intenso nella creazione delle sue fantasie artistiche. Vincenzo, suo amico e tutore, lo aiuta a contrastare la monotonia di qualche giornata noiosa provando a misurarsi anche lui con la scrittura e traducendo in parole i pensieri e i  sentimenti decisamente ingentiliti a contatto con la sofferenza e col dolore.

Ma da qualche tempo il mondo di Antonio si è ampliato nel momento in cui gli è stato consentito di proporsi a una platea più ampia (Assoc. Parkinsoniani) e da questa essere accolto con calore. Qui Antonio ha scoperto il teatro che riesce a coinvolgerlo perchè, nonostante la sua parte sia un po’ breve,ottempera al criterio per cui il teatro deve educare la memoria e la chiara recitazione. Anche l’attività fisioterapica in comune gli dà letteralmente la “carica”. All’arrivo di Antonio nella sala, una delle signore intona l’inno della Brigata Sassari e il ritmo di quell’inno fa il “miracolo”: Antonio comincia a camminare regolarmente senza trascinare più i passi.Capita anche ad altri, con miracolo plurimo e con applauso finale per tutti.

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Dopo 36 anni di servizio presso una Banca, anche per la mancanza di un’attività che quotidianamente lo chiami sul posto di lavoro e gli imponga ritmi precisi e cogenti, Antonio vive oggi in uno stato di profonda inquietudine interiore fatta di rimpianti per un tempo che non potrà più tornare. Un’inquietudine generata come da uno specchio che gli mostra continuamente e con perfidia l’immagine del proprio corpo aggredito e mortificato  da un male che lo costringe ad essere diverso dagli altri con cui -anche se lo accettano- non può condividere le scorribande, i divertimenti o, più semplicemente, gli incontri al bar per parlare di calcio o di donne.

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Il prossimo impegno comunitario con Antonio, oltre a un pranzo nelle campagne di Ittiri, potrebbe essere l’organizzazione di una mostra delle sue opere in legno col patrocinio del Comune di Ittiri

“Per gioco o per magia?” – poesia di Paolo Marogna


“Per gioco o per magia?”

E’ una storia incominciata
un po’ per gioco
o forse per magia
quando un giorno ti ho incontrato
con negli occhi una poesia.
Non volevo non credevi
non pensavo ma capivo
di doverti stare accanto
per sentirmi ancora vivo.
E così è continuata
con un po’ di fantasia
questa storia incominciata
un po’ per gioco
o forse per magia.
Principessa è una canzone
per poterti ringraziare
di non essere una fiaba
che mi devo raccontare.
E se guardo nei tuoi occhi
mentre tu mi dici “T’amo”
tutto ciò che ci circonda
si cancella piano piano.
E conserverò per sempre
con mia grande nostalgia
questa storia incominciata
un po’ per gioco
o forse per magia.


commento alla poesia di Paolo Marogna “Per gioco o per magia?”

Ecco che cosa succede quando, nello scorrere quotidiano del tempo, irrompe l’amore contro ogni prevedibilità e volontà: sembra un gioco o una magia, ma incontrare qualcuno con una poesia negli occhi costringe a sentirsi vivi, ad inoltrarci nella fantasia, a vivere nella realtà la fiaba dell’amore, mentre le parole “ti amo” cancellano ciò che ci circonda costruendo una storia forse giocosa o forse magica da conservare con nostalgia.
E’ una trasgressione rispetto al consueto -involontaria- ma estremamente suggestiva, che induce al canto di ringraziamento per non dover raccontare fiabe consolatorie a sé stessi, che resterà dolcissima nella memoria, delicata cantilena illuminante su una esperienza interiore vissuta intensamente.
(Giannella)


 

“Castigo de Dios”, poesia di Paolo Marogna


CASTIGO DE DIOS

Noi che abbiamo vinto la luna
Noi che abbiamo girato intorno a Marte,
noi
che viaggiamo più veloci del suono
e abbiamo vinto la morte di tante malattie,
noi
quando la terra trema, le montagne si muovono,
ed i mari si sollevano,
noi
siamo deboli ed impotenti
come uomini primitivi.
Che coperti di pelli,
quando il sole oscurato
si tingeva di sangue
per le nubi dei vulcani,
nelle loro grotte
si prostravano in ginocchio
e battevano la fronte per terra
offrendo sacrifici
e chiedendo al loro Dio
permaloso e crudele
perdono per peccati
terribili e inesistenti
che non avevano mai commesso.


Commento a “Castigo de Dios”

L’autore fa delle osservazioni semplici ma che vanno a scavare l’essenza dei problemi che provocano le sue riflessioni spesso amare.
Gli uomini del nostro tempo, che hanno toccato vertici impensabili di tecnologia – dalla conquista della luna all’esplorazione dello spazio alla definitiva sconfitta di tante malattie – non sono in realtà meno fragili degli uomini primitivi che interpretavano fenomeni naturali come terremoti, alluvioni, eclissi lunari e solari come punizione divina per peccati che non avevano commesso.
Oggi l’uomo sa che non può trattarsi di una punizione divina, ma di fenomeni naturali che non possono essere controllati neppure con la tecnologia, e comincia a rendersi conto che spesso lui stesso contribuisce colpevolmente ad alimentare tali catastrofi.
(F.S.)


 

Terremoto in Emilia – poesia di Paolo Marogna


TERREMOTO IN EMILIA – 10  OPERAI MORTI

Dove eri TU ?
Dove eri TU quando io
nel capannone
costruivo il domani mio e dei miei bambini
che a mani giunte, a tavola
Ti ringraziavamo per il pane quotidiano?
Dove eri TU quando la terra ha tremato
ed io ho alzato gli occhi al cielo
ed ho gridato forte il Tuo Nome
chiedendo il Tuo aiuto
perché la Tua mano venisse
a fermar la trave che cadeva
e che mi ha schiacciato?
Che ha schiacciato con me il mio domani
ed il domani dei miei bambini
che a mani giunte
non potranno più ringraziare nessuno
per il pane quotidiano che non avranno.
Dove eri TU
Dio di Misericordia?
Io sono morto
e son venuto a cercarTi
per sapere PERCHE’.


Il commento alla poesia “Terremoto in Emilia, dieci operai morti”

L’invettiva da brivido, stringente, di Paolo, rappresenta bene il lamento dolente di un padre schiacciato da una trave durante il terremoto in Emilia nel 2012. Di un padre che non potrà più essere il futuro dei figli, abituati a ringraziare il Padreterno per il pane quotidiano.
Il padre dei bimbi aveva supplicato Dio che impedisse la sua morte, ma non è stato esaudito e non è stato il solo a non essere ascoltato: con lui tanti altri padri.
L’Autore insiste: “la trave ha schiacciato con me il mio domani e quello dei miei figli che non potranno più ringraziare nessuno per il pane quotidiano che non avranno.”
E incalza: “io sono morto, e sono venuto a cercarti.”
Dio, non continuare a nasconderti! Guardami negli occhi. Dimmi perché. Non continuare a tacere! Rispondimi.
Anche un Papa colto e santo come Paolo VI talvolta si lamenta con Dio: “Signore, ti abbiamo supplicato per la liberazione dell’amico Aldo Moro e non ci hai ascoltato.” Perché?
E’ una domanda che circola nel mondo da quando l’uomo è apparso sulla Terra sapendo di essere destinato a morire senza riuscire a trovare una risposta a questo terribile e insondabile perché.

(F.S.)


 

Basta un pensiero – poesia di Paolo Marogna


BASTA UN PENSIERO

Basta un pensiero o un ricordo
per scrivere tante parole.
Basta uno sguardo e un sorriso
per fare una giornata di sole.
Bastano solo sette note
per scrivere mille canzoni.
Basta una frase sgarbata
per distruggere cento illusioni.
Ho fatto un sogno bellissimo
di cui non rimane più niente.
Avevo una cosa…
Tante cose …
Troppe cose importanti da dirti.
Ma il vento me le ha tolte di mente.


La poesia di cui oggi proponiamo la lettura si intitola “Basta un pensiero”.

Talvolta Paolo, nel suo vagabondare interiore, costruisce delle lievissime e belle impalcature di sogni che sembrano dipingere un mondo ideale, perfetto, poi “basta una frase sgarbata” per fare svanire in un attimo questi mondi da favola. E tutti i progetti aggrappati alle mille parole pensate e non dette si spengono per una folata di vento… sempre il vento.

F.S.


 

Pensieri – poesia di Paolo Marogna


PENSIERI

Di notte quando tira il Maestrale
le onde del mare si sollevano
e  gli occhi
rimangono spalancati nel buio.
Ed  i pensieri perdono il loro ordine.
Si accavallano insieme e si inseguono
come le onde del mare:
e ti poni mille domande
a cui non sai rispondere
o meglio di cui temi la risposta.
E nel soffio del  Maestrale
cerchi di udire la risposta
che    invece   vorresti sentire.


La composizione poetica di Paolo Marogna che oggi leggeremo si intitola “Pensieri” e sembra una ideale continuazione della poesia “Maestrale”: Paolo racconta del suo personale rapporto col vento di nord-ovest col quale ha dovuto spesso fare i conti soprattutto come pilota di aerei ultraleggeri per via dei rischi che si corrono per le raffiche impetuose ed improvvise.
Ma quando il maestrale finisce, subentrano le riflessioni ed i pensieri che prima ti ristorano, e poi sembra che ti sovrastino come macigni, e “si accavallano come le onde del mare”, incalzandoti con domande di cui temi le risposte. Quando la furia del vento infine si attenua, è in grado di suggerirti “le risposte che vorresti sentire”.

F.S.


 

      

 

COMPAGNI DI VIAGGIO poesia di Paolo Marogna

COMPAGNI DI VIAGGIO

Vorrei regalarti un sorriso,
Vorrei darti una mano da stringere,
serenamente, senza paura.
Siamo compagni di viaggio
che cercano la giusta strada,
anche se non sempre è la più facile.
Ma per trovarla bisogna anche tentare
e saper tornare indietro
quando ci si accorge
di aver preso quella sbagliata.
Serenamente e con coraggio,
anche se con sofferenza.
Un amico può servire anche a questo.
L’importante è sapere di non esser soli.

MAESTRALE poesia di Paolo Marogna

MAESTRALE

Dura tre giorni il Maestrale
e sembra non finire mai.
E’ il vento della sfida il Maestrale.
La sfida della natura.
Sopravvive solo il più forte
e il più debole viene sradicato.
E’ una sfida contro se stessi.
Se perdi perdi tutto,
se vinci non vinci niente,
dovrai solo prepararti ad esser più forte
per la prossima sfida.
Dura tre giorni il Maestrale
e sembra non finire mai
e ti riempie la testa di vento e di pensieri.
Poi, di colpo finisce.
Ed è come se non fosse mai esistito.
E ti senti il silenzio e il vuoto intorno,
e ti rimangono in testa solo i pensieri,
tanti pensieri:
di ciò che sei,
di ciò che vorresti essere,
di ciò che non sarai mai.
E vorresti che ritornasse, il Maestrale.
A portarti via.
Per non pensare più a niente.