Volare si Può, Sognare si Deve!

Scriviamo un libro

IL CAPITANO

Il Capitano

Circa 25 anni fa ho conosciuto il nostro amico Giuseppe, capitano della famigerata squadra di calcio “Igiene”.

Allora lavoravo alla mia tesi di laurea nel laboratorio di Elettromiografia della Clinica Neurologica di Sassari; il tema del lavoro era “Standardizzazione di una Metodica per la Registrazione dei Potenziali Cognitivi Uditivi e Visivi”, in poche parole, il mio compito consisteva nel tarare un macchinario molto sofisticato per poter misurare la capacità della memoria a breve termine. Negli anni a seguire avrei approfondito tale metodica, con il benestare di Prof. Isidoro Aiello, e l’aiuto della biologa dott.ssa Immacolata Magnano, con lo studio delle funzioni cognitive del lobo frontale e del cervelletto durante la scuola di specializzazione, fino a creare una metodica per la diagnosi pre-clinica della malattia di Parkinson durante il dottorato di neuroscienze.

 

(Il libretto di ricordi di Giuseppe appena pubblicato)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quando Giuseppe entrò nella piccola stanza, dove lavoravamo sette giorni su sette per un anno intero al Neuroscan, il computer che permetteva di trasformare l’attività cerebrale in informazione leggibile, era come se lo conoscessi da sempre: con il suo modo di fare, gentile, disponibile, molto affabile e simpatico, Giuseppe, che si era prestato a fare da cavia, mi metteva subito a mio agio e scherzavamo appunto come vecchi amici.

Le nostre “cavie” dovevano sottoporsi ad un elettroencefalogramma (EEG) durante il quale avevano il compito di eseguire dei semplici compiti mnesici dei quali la macchina misurava la precisa localizzazione dell’area cerebrale attivata ed i tempi impiegati. Per la registrazione dell’EEG utilizzavamo un rudimentale casco a 38 canali, che in realtà non era un casco ma un insieme di stringhe di gomma sotto le quali erano applicati gli elettrodi. Forse il lavoro più faticoso e lungo era di ridurre le impedenze tra elettrodo e cuoio capelluto, per cui raschiavamo con un ago smusso la superficie seborroica dello scalpo, il che non era molto piacevole.

Sicuramente tale operazione faceva male, ma per Giuseppe nessun problema, lui ci stava e ci divertivamo un sacco in quel pomeriggio chiusi nella stanzetta buia della Neurologia. Generalmente le registrazioni erano faticose e noiose, ma con Giuseppe era diverso: lui era interessato a ciò che succedeva, parlavamo e ridevamo tanto.

La tesi di laurea alla fine era un successo e poneva le basi per tante presentazioni a convegni nazionali ed internazionali, pubblicazioni su riviste scientifiche, e per le mie tesi di specializzazione e di dottorato. Per me erano anni di duro lavoro, ma soprattutto di tante soddisfazioni, di entusiasmi e di sogni; e così, il chimico industriale Lorenzo Giuseppe Cossu mi ha aiutato a costruirne le basi.

Mille grazie Giuseppe.

(sotto i pini di via Venezia Giuseppe mi omaggia orgogliosamente del suo libretto, ed Anna cerca la penna che le avevamo rubato per la dedica. La bella foto è di Dora, la capitana)

Kai S. Paulus

 

LA CASA APPESA ALLE STELLE. Testo di Egle Farris

La casa appesa alle stelle

“La casa appesa alle stelle”

La piazzetta affacciava su corso Trinità da via delle Muraglie ed il minuscolo

attico buono solo per squattrinati studenti se la godeva tutta, col sole, con le

stelle o con la pioggia, assieme al fabbro e alla contadina che vendeva uova

incartate con giornali vecchi e riciclati spaghi, seduta sempre allo stesso angolo. 

Il primo palpito era l’amore, il secondo i tetti, il terzo l’attesa di salire quei vetusti gradini di antica lavagna.              

Diciotto anni e i mille sogni di una vita da vivere, l’abbraccio in una piccola terrazza,

al vigile  ed occhiuto cospetto delle fatiscenti case tutt’attorno.

Il primo palpito era l’amore, il secondo i tetti, il terzo le stelle nelle notti di  primavera.

Le campane di S. Donato o S.Apollinare ci facevano volare sopra la distesa continua

ed altalenante di tegole rosse e sbrecciate. La casa è ancora lì, immutata e muta testimone.

E il primo palpito è sempre l’amore, il secondo i tetti, il terzo il sogno di tornare una sera di maggio su

quel piccolo terrazzo e, tenuti per mano, non più giovani e sognatori,

stretti in un tenero abbraccio che la vecchiaia non dimentica, aspettare le stelle.


Mr. Parky ed io. Testi di Egle Farris


Mr. Parky ed io.                                                                                                                                   

Non sono una scrittrice, né mi importa di esserlo.

Ho solo infinite  nostalgie, che si tramutano in indimenticabili ricordi. E più passa il tempo  e più mi innamoro di essI, d’altronde sono  gli unici che non mi lasceranno mai sola. Fanno parte di me, li sento scorrere persi in un lontano passato, ombre  che non mi riservano più sorprese, ma solo la certezza di averli veramente vissuti. Gli oggetti, le foto, le lontane visioni mi portano ricordi e nonostante essi siano sbiaditi, posso nasconderli, ma non posso dimenticarli.  Vorrei non perdermi in questo ininterrotto flusso di onde di mare, ma mi ci immergo sino al punto di sentirne i sapori e  le fragranze.

Fanno parte di me e mi saranno utili quando mi sembrerà che il cielo perda  i suoi colori ,solo un poco , ed il vento la voglia di trasportare profumi e sensazionI.  Perché, i ricordi, nessuno  può portarmeli via. Queste piccole storie sono i momenti di una bambina che ha vissuto in anni dipanatisi dal 1945 in poi. Vita ingenua di un tempo, vita anche per me lontana, che ho voluto  raccontare ai miei nipoti, perché sappiano che c’è stato un altro modo di vivere, semplice e modesto, senza auto, iPhone,  pc  e lontani viaggi.

Periodi che scandivano  feste attese, persone amate o soltanto conosciute e vecchi oggetti carissimi, piccole testimonianze di un passato scomparso per sempre.  Non so se, letti adesso, questi piccoli frammenti  daranno  sensazioni ed emozioni, ma li  prego di conservarli e rileggerli fra tanti, tantissimi anni, quando la nostalgia  prenderà, perché li prenderà, siatene   certi.   Tanti momenti  che sembrerebbero slegati fra loro ed invece sono un tutt’uno nei ricordi chiusi della mia memoria, unico filo conduttore.  Talvolta il ricordo era così sbiadito che ho dovuto ricorrere alla fantasia, ma non ho alterato nulla di veramente reale e allora, quando la mia memoria e la mia mente saranno stanche e vuote, qualcuno forse mi leggerà qualche pagina ed io potrò  fantasticare, persa nel tempo che se n’è  andato.

Perchè ho fatto tutto questo?

Mi sono accorta un giorno di circa sei anni fa che non ero più sola. Conoscendone i sintomi, in quanto mia madre ne aveva sofferto per circa quindici anni, ho capito che l’egregio Mr Parky, come l’ho sempre chiamato, voleva far compagnia anche a me.

Come se io avessi bisogno o necessità di compagnia! Sto bene Mr Parky, non si scomodi per favore. E poi tra famigerati attacchi di panico e mille esami estenuanti, lei si è accodato silente, perché il tumore ha voluto avere la precedenza. E’ stato più veloce di lei ed ho combattuto in un estate cocente, riportando una vittoria che non credevo possibile.

Vittoria che non ho colta da sola, perché i miei nipoti con baci, carezze, viaggi e furtive scorpacciate di cioccolato con le mandorle, nascosti dietro le tende del salotto, hanno contribuito a colmarmi di attenzioni e sostegno.

E adesso che Mr Parky ha di nuovo deciso di  ricomparire nella mia famiglia, so che non vincerò. Le perderò tutte le battaglie, forse qualcuna no, ma la guerra la vincerà lui,  che ha legato il suo nome a questa orribile malattia.

E allora Mister Parky, mi consolo già da ora ricordando, ricordando tutto della mia vita, ed è per questo che ho scritto tanto, per leggere quando non ricorderò, perché lei, i miei ricordi non me li porterà via. Nessuno potrà mai portarmeli via, li  avrò racchiusi dentro il mio cuore prima che nella mia mente, iniziando da una storia d’amore che dura da cinquantacinque anni …..

Se vi piacciono le storie d’amore, leggete, se non le amate potreste perdervi qualcosa…

Una signora col rossetto .                                                                                    

Egle Farris


(segue)

La fine del Lockdown da Corona virus – Franco Simula

la fine del lockdown

Ieri 18 Giugno è stata una splendida giornata di sole. Una di quelle giornate che ti costringono a uscire, comunque, di casa. Soprattutto dopo tre mesi di ritiro coatto osservato a causa della pandemia.Già da qualche giorno le belle giornate di questa particolare primavera ormai agli sgoccioli avevano messo in moto la mente vulcanica di Laura Piga che non sapeva rassegnarsi all’idea di vedere la mamma Cenzina Pulli (pensando anche a tutti gli altri amici ammalati di Parkinson) prigioniera fra le quattro mura domestiche. Inizia a questo punto una fitta ragnatela di telefonate con presidente, medico, assessori comunali, vigili urbani, per verificare se un gruppo di persone, non al meglio delle condizioni fisiche, possa incontrarsi in qualche spazio libero della città. I pareri degli esperti consultati sono decisamente positivi e conseguentemente si opta per lo spazio verde di Via Venezia. In questo lavorio ininterrotto di ricerca, Laura è sostenuta e incoraggiata da Rita Lionetti che messe insieme sono un crogiolo di idee, una forza della natura. E infatti, ieri, il primo giorno per noi del “liberi tutti”, abbiamo provato a sconfiggere l’isolamento incontrandoci numerosi nell’accogliente parco alberato di Via Venezia.

Parco di Via Venezia, intitolato a Maria Carta

Il passa-parola e i messaggini avevano centrato l’obiettivo. Doveva essere un incontro informale per vederci, per guardarci negli occhi, per “annusarci”. Ma poiché era presente, graditissima ospite, anche Teresa Soro, regista e guida esperta del nostro laboratorio teatrale, ne abbiamo approfittato per cominciare a prender confidenza col testo teatrale “L’Arca di Noè”, scritto dall’amico autore di testi teatrali Franco Enna. L’esperimento anche se estemporaneo, ha fornito una prova convincente della disponibilità ad affrontare anche questa forma di terapia attraverso il teatro. All’incontro di ieri, eravamo presenti quasi tutti: mancava solo chi era fisicamente impedito. Chi ha risposto all’appello lanciato così, quasi avventurosamente, all’ultimo momento? Non poteva mancare la decana del gruppo Josè Mosca che pur non dovendo affrontare l’attività a lei più congeniale, il canto, ha potuto condividere con visi amici una serata diversa dalle solite. Liliana Cossu, dopo un primo momento di apparente affaticamento, messa in mezzo dalle amiche, ha recuperato il buon umore e la sua rituale parlantina oltre ad aver respirato l’aria salubre sotto i pini all’ora del tramonto. Cenzina desiderava solo e ardentemente godere il momento dell’incontro perché tutto il complesso del “copione” lei lo conosceva già: ci aveva già pensato Laura mettendola al corrente dei suoi progetti pirotecnici a caricarla nella giusta misura: era raggiante. Ina Rubattu non ha mancato di trasferire in via Venezia il suo solito buonumore ricordando, stavolta, di presentarsi anche più snella.Che fatica! Erano presenti alcune new entries, Egle per prima che era entrata in sintonia con l’associazione già da qualche tempo, infatti chattava mediante la nostra WhatsApp come una vecchia iscritta: benvenuta Egle! Altra nuova presenza Chantal Arena che per ora accompagna la madre Gianna Pellegrino, in seguito… si vedrà. Hanno risposto all’appello Pierina con Sauro, fedele guardia del corpo, Adelaide con Tonino, immancabile care giver il quale, sempre attento a curare i minimi particolari, non ha dimenticato di portare ed esporre il banner dell’Associazione. Paolo Marogna non è voluto mancare a questo originale appuntamento, anche perché doveva cominciare a prender confidenza con la lettura del nuovo testo teatrale. Geminiano e Giuseppina hanno deciso di godersi l’aria benefica della pineta mentre il sole rosseggiante tramontava dietro i pini, l’atmosfera di relax è piaciuta anche a Rosalba che invece che leggere teatro ha preferito riposare. E infine un capannello di signore, Dora, Giannella e altre che intessevano trame diplomatiche con la supervisione delle effervescenti Laura e Rita dei cui contributi intelligenti e tempestivi speriamo di poterci avvalere in futuro non in maniera saltuaria. Insomma la serata è stata bellissima . Organizzata all’ultimo momento, quasi per caso, è risultata essere una di quelle giornate da ricordare con simpatia.

UNA CHIACCHIERATA CON DORA

La vice presidente della Associazione Parkinson Sassari Dora Corveddu parla in una videoconferenza di malattia di Parkinson

Dopo le nostre riuscitissime videoconferenze con la dott. Ermelinda Delogu, con il Prof. Pier Andrea Serra, ed il dott. Francesco Burrai, e gli immancabili appuntamenti del nostro coro virtuale con il maestro Fabrizio Sanna, la nostra vice-presidente Dora Corveddu aveva espresso il desiderio di organizzare una semplice chiacchierata tra gli amici della Parkinson Sassari, che ieri, con la complicità Laura Piga si è realizzato: circa 90 minuti ci siamo intrattenuti sulla piattaforma della rete Zoom dando la possibilità a tutti di intervenire.

Dora indica subito il tema della serata chiedendo ai partecipanti di come avevano vissuto ed affrontato il “lockdown” durante l’emergenza del Covid-19, sciogliendo il ghiaccio lei stessa raccontando come si era messa a fare a maglia per la nipotina e cucinando per il marito; ma Dora ricorda anche di aver vissuto il dramma da molto vicino nei giorni in cui si è trovata ricoverata in reparto, seppur per altra problematica.

Interviene allora il nostro presidente Franco Simula citando il “paradosso di Metella” (“per fortuna ho il Parkinson”) ricordando l’ultima assemblea dei soci del 28 febbraio, già in piena emergenza, con oltre 30 partecipanti stipati nei piccoli locali della segreteria di Casa Park, verosimilmente ancora inconsci del potenziale rischio di un assembramento (leggete “Un bersaglio mancato” di Franco Simula pubblicato in questo sito il 23/04/20).

Prende la parola Ninnetta che invece sottolinea la sensazione di tristezza e di solitudine, chiusa in casa e preoccupata per i figli lontani in continente. In effetti, la solitudine e la separazione tra familiari è stato uno dei grossi lati negativi di questo periodo di isolamento forzato e di cui si parlerà sicuramente ancora a lungo.

Tutto al contrario, invece, si esprime Immacolata Maria per la quale non è cambiato nulla, verosimilmente perché ha un marito meraviglioso che non le ha fatto mancare niente.

Mariantonietta si collega dalla macchina trovandosi in viaggio nei pressi di Macomer e la sua testimonianza supera quella di Immacolata, perché per Mariantonietta è stato un periodo bello avendo avuto sua madre in casa (fortunate, figlia e madre!).

 

Peppino riferisce dal fronte di Tissi che è tutto tranquillo: “qui il virus non c’è!”, e racconta che, come sua abitudine, si è dato da fare in campagna per seguire il procedere primaverile.

 

In particolare, il fruttivendolo e l’edicolante sono mancati a Giuseppe, le brevi chiacchierate giornaliere; ed allora ha riscoperto la cucina, come non faceva da tantissimi anni.

Salvatore, giocoforza, ha passato buona parte del tempo guardando la TV, vedendo sicuramente moli bei film e documentari, ma anche i notiziari pieni di allarmanti aggiornamenti sul coronavirus.

E che dire di Cenzina, che si è occupata di giardinaggio e facendo dolci, apprezzando molto la presenza di sua figlia Laura.

Un’altra fortunata è Giannella che per caso si è trovata in casa in questi mesi entrambi i figli che si sono presi cura dei genitori coccolandoli e proteggendo in particolare il padre Franco reputandolo appartenente alla popolazione a rischio (il nostro Presidente? Ma che!)

A differenza di molti altri, Adelaide confessa di aver perso peso e di aver affrontato gli ultimi mesi piuttosto bene, e Tonino aggiunge che questi periodi eccezionali si possono superare rispettando le regole e seguendo correttamente le indicazioni delle autorità, riscoprendo antichi valori creduti dimenticati.

Annalisa ha trovato il tempo di rivedere i filmati di quasi cinque anni  di attività di movimento e danza terapia insieme a noi facendosi ispirare per un progetto musicale virtuale che partirà a giorni.

Per tornare alle regine dei fornelli, anche Giuseppina si è divertita cucinando e sentendosi fortunata rispetto a persone che vivono nelle zone rosse.

 

Umberto e Rosa hanno difficoltà di segnale, Gavina assiste divertita, insieme al consorte, alla nostra chiacchierata, Graziella si è persa su Facebook.

Insomma, questa “Chiacchierata con Dora” è stata molto apprezzata e le nostre amiche e nostri amici hanno affrontato con orgoglio e concretezza questo inedito periodo di restrizione sociale.

Però, qualcosa non mi convince: molti si vantano delle loro arti culinarie, creando prelibati dolci, soffici biscotti e meravigliose torte. Non saprei, in via Tempio non si è visto niente…

Kai S. Paulus

 

 

PARKINSON E COVID-19 di Kai S. Paulus

Parkinson covid

Negli ultimi mesi la pandemia del coronavirus SARS cov-2 si è abbattuta come uno tsunami su tutti noi mettendo i sistemi sanitari mondiali a dura prova causando milioni di infezioni e purtroppo anche tante vittime.

Si è subito evidenziato che le persone più a rischio sono quelle più anziane e con comorbidità. La Covid-19 inizia notoriamente con sintomi simil-influenzali ma può evolvere, prevalentemente in persone anziane e con malattie preesistenti in una sindrome respiratoria acuta e coinvolgimento multi-sistemico che spesso necessita di cure intensive e respirazione assistita. In alcune persone contagiate si sono osservate complicazioni neurologiche che vanno da una transitoria perdita del senso del gusto e dell’olfatto fino ad encefalopatie e meningoencefaliti. Ricordiamo, che cent’anni fa, l’influenza spagnola, causata dal virus H1N1, lasciò molte persone sopravvissute con conseguenze neurologiche anche gravi, quali l’encefalite letargica ed il parkinsonismo postencefalitico. La prudenza è quindi d’obbligo.

In queste ultime settimane sono state pubblicate molte ricerche attualissime sul tema della malattia di Parkinson ed il Covid-19 che ci possono aiutare a rispondere ad alcune domande:

  • La persona con Parkinson è a maggior rischio?

La persona affetta da Parkinson generalmente risponde all’identikit della popolazione maggiormente colpita dal SARS-cov-2: anziani e con comorbidità, quindi persone particolarmente fragili, e pertanto non è il Parkinson di per sé che rappresenta un fattore di rischio.

  • Il SARS Cov-2 rappresenta un fattore di rischio per ammalarsi di Parkinson?

Diversamente è il discorso inverso, cioè se il coronavirus può causare il Parkinson, e la discussione è in pieno corso e vengono ipotizzati diversi scenari. Colpisce l’anosmia, la perdita dell’olfatto, che nella Covid-19 è transitoria e che nel Parkinson invece fa parte del quadro clinico e che può anche precedere la malattia di molti anni. Allo stato attuale non ci sono elementi per rispondere alla domanda perché ci vorranno anni per capire se il sistema olfattivo effettivamente sarà danneggiato dal coronavirus e, se sì, se ciò sarà sufficiente a sviluppare un Parkinson. Già precedentemente sono stati riscontrati anticorpi contro il coronavirus SARS cov-1 nel liquor cefalorachidiano (la “linfa” che circonda, protegge e nutre il sistema nervoso centrale) e abbiamo già accennato che anche il SARS cov-2 può raggiungere il cervello. Per capirci di più dobbiamo aspettare le ricerche in corso.

  • La Covid-19 peggiora il Parkinson?

Basandomi su ciò che ho osservato in questi mesi a Sassari sono propenso a rispondere di sì. Come sappiamo, il Parkinson è una malattia che colpisce fondamentalmente il movimento e che quindi l’attività fisica è la terapia principale; sappiamo inoltre, che un altro approccio essenziale per contrastare il rapace infingardo è rappresentato dalla socializzazione, lo star insieme, divertirsi, provare emozioni positive. Ecco, a causa dell’inevitabile periodo di distanziamento sociale ed il confinamento dentro le proprie abitazioni, vengono meno questi due pilastri della gestione del Parkinson; la sostanziale immobilità causa una maggiore rigidità, ma ciò che è peggio è che l’emergenza causa preoccupazioni che si sommano al disagio fisico ed alla solitudine, che provocano ansia, emozioni negative, quindi accentuazione del quadro clinico complessivo del Parkinson.

Si aggiungono problemi organizzativi, perché il sistema sanitario non era preparato, i pochi posti letti dedicati negli ospedali si sono esauriti subito, le attività ambulatoriali sono state sospese e sostituite da rudimentali sistemi di telemedicina (telefono, posta elettronica) che solo in piccola parte possono rispondere alla massiccia richiesta di assistenza. Infine, la paura collettiva, alimentata anche dai mass media, dissuadeva di andare dal medico o dai pochi servizi sanitari operativi.

Tornando ai lavori scientifici, da un lato la Covid-19 può aggravare il Parkinson perché compromette la salute già precaria e può portare ad un sovraccarico di malattia. È noto che i parkinsoniani tendono a scompensare in situazioni di stress acuto come anche con la febbre, entrambi sintomi chiavi di Covid-19. In queste condizioni i parkinsoniani sono a rischio di sviluppare una grave acinesia generalizzata o crisi acinetiche. D’altro canto, la terapia anti-Parkinson è essenziale proprio per proteggere da acinesia, il blocco motorio, e da rigidità.

In conclusione, la pandemia della Covid-19 rappresenta una emergenza mondiale, in particolare per individui fragili, con poli-patologia, anziani, ed immunocompromessi. Diventa pertanto essenziale seguire correttamente le indicazioni di protezione individuale. È altresì necessario che la nostra sanità si rinnovi per rispondere pienamente alle esigenze attuali di tutti gli assistiti e che sia preparata ad affrontare adeguatamente future sfide. La scienza internazionale sta monitorando l’andamento della pandemia e l’impatto del SARS cov-2 sulla nostra salute, quindi anche sul Parkinson, e costantemente le nostre conoscenze vengono aggiornate.

Recentemente la presidente della Commissione Disabilità del Comune di Sassari, dott.ssa Ermelinda Delogu, ha lodato la nostra Associazione Parkinson Sassari come è riuscita ad adattarsi velocemente alla nuova situazione rispondendo in particolare all’isolamento ed alla solitudine con iniziative telematiche tramite giornalieri contatti Whatsapp, scambi di opinioni ed invio di letture e poesie, nonché video tutorial per esercizi ginnici, con il proseguimento del canto corale tramite Facebook e gruppi video, e videoconferenze in collaborazione con l’Università di Sassari e l’ATS Sardegna per aggiornamenti scientifici e dibattiti sulla disabilità. Inoltre, con queste attività “a distanza” siamo riusciti a raggiungere amici di Alghero, Porto Torres, Castelsardo, Macomer e Telti, che normalmente non partecipano alle nostre iniziative perché o troppo lontani oppure impossibilitati a spostarsi. La gratitudine va alle tante persone che sinora con grande disponibilità ed entusiasmo ci hanno aiutato a mantenere in piedi l’Ecosistema del Parkinson Sassari: dott.ssa Ermelinda Delogu, Prof. Pier Andrea Serra, dott. Francesco Burrai, dott. Giuseppe Demuro, oltre ai nostri Pinuccia Sanna, Dora Corveddu, Annalisa Mambrini, Laura Piga, Fabrizio Sanna capitanati dal nostro instancabile condottiero Franco Simula (leggete la sua “Cronaca leggera di una pesante pestilenza” pubblicata in questo sito il 3/4/2020).

Fonti bibliografiche:

Antonini A, Leta V, Teo J, Chaudhuri KR. Outcome of Parkinson’s disease patients affected by Covid-19. Movement Disorders 2020: accepted in 5/2020:in press

Bhidayasiri R, Virameteekul S, Kim JM et al. Covid-19: An early review of its global impact and considerations for Parkinson’s disease. J Mov Disord 2020; accepted in 4/2020: in press

Boika AV. A Post-Covid-19 Parkinsonism in the future? Mov Disord 2020: accepted in 5/2020:in press

Fasano A, Antonini A, Katzenschlager R ed el. Management of Advanced Therapies in Parkinson’s disease patients in time of humanitarian crisis: the covid-19 experience. Movt Disord Clinical Practice 2020;7(4): 361_372.

Lippi A, Domingues R,  Setz C, et el. SARS-CoV-2: At the Crossroad between Aging and Neurodegeneration. Movement Disorders 2020;35(5):716-720.

Papa SM, Brundin P, Fung VSC et al. Impact of the COVID-19 Pandemic on Parkinson’s disease and Movement Disorders. MovDisord Clinical Practice 2020;7(4):357-360

Prasad S, Holla VV, Neeraja K et al. Parkinson’s Disease and Covid-19: Perceptions and Implications in patients and caregivers. Movement Disorders 2020;35(5):Letters:1-2

Stoessl AJ, Bhatia KP, Merello M. Movement Disorders in the World of Covid-19. Movement Disorders 2020;35(5):709-710.

Tipton PW, Wszolek ZK. What can Parkinson’s disease teach us about Covid-19? Pol J Neurol Neurosurg 2010;54(2):204-206.

 

IL MIO PARKINSON (tra realtà e ironia) Maggio 2020 – testo di Franco Simula

Quando ha avuto inizio il mio Parkinson? Boh! Con esattezza proprio non lo so.

E penso che non lo sappia nessuno quando ha avuto inizio la propria malattia di Parkinson. Dalla abbondante letteratura creata intorno a questo “morbo”- peraltro ancora avvolto da una atmosfera di mistero – si sa che quando lo si percepisce come malattia e trova conferma mediante visite cliniche e analisi strumentali, esso sta operando la sua azione di insediamento malefico già da qualche anno. E’ una malattia subdola: apparentemente una non malattia.

Non è un infarto, un ictus che quando colpiscono un individuo gli creano dolore, sofferenza, malessere e occorre intervenire subito. Il Parkinson non impone interventi immediati, non si annuncia con dolori lancinanti, no, no, esso non ha fretta, ha molto tempo davanti a sé per produrre negli anni tutti i danni che vorrà e anche in quest’opera di demolizione sistematica, progressiva e degenerativa, saprà essere saggio e “infingardo” contemporaneamente. Talvolta si presenta carezzevole, alleato, tutto sembra filare liscio, l’indomani lo scenario è tutto rovesciato: i crampi non ti danno requie, il tremore sembra t’abbia messo addosso un martello pneumatico e alla fine della giornata, esausto, ti metti a letto per trovare un po’ di riposo. Illusione, perché anche a letto la giostra continua. L’enfatizzazione del concetto è evidente: ma dà l’idea. Ritorniamo al mio Parkinson che per non creare molti dubbi sulla sua insorgenza, era stato preceduto e annunziato da due “illustri” tristi eventi: mio padre, da vivo, aveva avuto il morbo di Parkinson, mio fratello (ancora vivo) ha il morbo di Parkinson; questo è solo uno dei beni immateriali lasciatici in eredità dall’incolpevole genitore.

Durante l’estate ero solito frequentare un tratto di scogliera all’inizio della bellissima e tormentata strada Alghero-Bosa. Tutti naturalmente usavamo delle ciabatte per camminare sulla roccia ma anche per riparare i piedi dalla forte calura e anche io le usavo ma talvolta, dismettendo le ciabatte, notavo una notevole capacità di resistenza alla calura. Feci notare la particolarità a un amico medico che frequentava lo scoglio e lui mi fece rilevare che tale anomalia non andava sottovalutata ma esaminata più attentamente sotto il profilo neurologico. Questo avveniva circa 20 anni fa: l’amico direttore di Microbiologia all’Università Cattolica di Roma, di profonda competenza medica ma anche di grande esperienza, aveva visto lontano. Qualche anno dopo (2010-2012) in una dolcissima notte stellata d’agosto, ad Alghero, poco distante dalla torre di S.Giacomo, incontro due amici che non vedevo da tempo. La conversazione che si ipotizzava di veloci convenevoli diventa invece interessante e quindi si allunga, sempre restando in piedi come corazzieri; e mentre i due amici, impassibili, tengono conversazione io comincio a provare un’insofferenza che non riesco a definire, una sorta di capogiro che sembra farmi perdere l’equilibrio. A questo punto saluto gli amici e vado via. E’ il secondo indizio che ex post mi induce a ritenere l’episodio come un fatto neurologico. Questi i prodromi remoti del mio Parkinson. Altri piccoli segnali si succederanno nel tempo: piccole scosse elettriche, quasi impercettibili, colpivano il pollice della mano destra mentre impugnavo il volante durante la guida.

E ancora durante la guida, al momento della frenata, percepivo sempre minor sensibilità alla pianta del piede destro. La frenata andava gradualmente diventando sempre più un gesto meccanico e non anche una partecipazione sensoriale. Da ricordare, purtroppo, al momento del rinnovo della patente di guida.

Quando, sul finire del 2013, feci una serie di analisi sia cliniche che strumentali risultò senza più alcun dubbio – in particolare da uno SPECT Cerebrale – “un deficit del trasportatore presinaptico della dopamina di grado medio severo” . La ricerca poteva considerarsi conclusa almeno per quanto riguardava il convincimento personale. Che, peraltro, aveva gradualmente trovato conferma nel tempo mettendo insieme tutti i sintomi o presunti tali che fin qui ho riferito. Che effetto mi ha fatto la certezza di avere veramente la malattia di Parkinson? Nessuno in particolare perché c’ero già dentro da qualche anno: diciamo che ero ormai vaccinato all’idea di avere la malattia di Parkinson.

A che punto è il mio Parkinson? Come si presenta? Dallo SPECT Cerebrale risulta che il deficit del trasportatore presinaptico della dopamina è di grado medio severo.

Oggi , dopo 7 anni, il quadro generale è complessivamente deteriorato ma non è del tutto compromesso e dunque irrecuperabile.

Al mattino quando esco di casa, provo ormai da un po’ di tempo la solita sensazione: mi sembra di entrare in una “bolla” che al di là dell’immagine poetica non significa niente se non una condizione di disagio generale, mi sembra di entrare in una dimensione parzialmente distorta della realtà. E cioè: una generica confusione mentale, un leggero inizio di ubriacatura da alcool al punto che durante la camminata mi sembra che i passi non “cadano” dove li guida la testa: manca la guida automatica, occorre una guida “voluta”. Come reazione inconscia insorge la paura di poter cadere da un momento all’altro. Finora non sono mai caduto.

A questa descrizione rappresentata globalmente in forma fantasmagorica, quasi fiabesca, fanno superba corona i classici sintomi della malattia di Parkinson: dai crampi ai tremori, dalla scarsa lucidità mentale (temporanea) alla scialorrea (che mi impedisce di suonare l’armonica agevolmente). Talvolta capita di sentirmi particolarmente debole: gambe molli, difficoltà di concentrazione, che sarà questa condizione del tutto nuova? In effetti è abbastanza vecchia ma riposta distrattamente nel dimenticatoio e accantonata in un angolo della coscienza, si tratta di un “vecchio” diabete che fedelmente mi accompagna da oltre trent’anni e che ogni tanto, a sorpresa, mi confeziona qualche ipoglicemia così soffocante da spezzare le gambe a un toro da corrida. Solo allora realizzo concretamente che il Parkinson non “lavora” da solo ma è coadiuvato da altri infaticabili collaboratori che – oltre al diabete- sono: una epatite da poco eradicata, una polineuropatia sensitivo motoria, un’artrosi cervicale grave.

E come corollario di contorno non manca un po’ di stipsi (tenuta a bada da una manciata quotidiana di pastiglie alle erbe), qualche bruciore di stomaco da combattere anch’esso con pastiglie: insomma si finisce con l’identificarsi talmente con la/e malattia/e da vivere con essa in una sorta di simbiosi totale per cui la giornata risulta scandita dall’assunzione di tante pastiglie da richiedere un prontuario da aggiornare in continuazione: per tenere la contabilità occorrerebbe assumere un ragioniere esperto col compito aggiunto di badante.

Per completare il quadro generale non posso trascurare di evidenziare alcuni atteggiamenti spontanei, tipici dell’ammalato di Parkinson e che a me capita di interpretare, talvolta, nella rappresentazione del mio personale teatro parkinsoniano. Almeno tre di questi meritano di essere menzionati: il “visus” parkonsoniano caratterizzato da fissità e inespressività dello sguardo; il rilassamento delle braccia appoggiate sul basso addome come se cercassero un sito su cui riposare e infine – stando in piedi – il capo ricurvo in avanti, le ginocchia leggermente ripiegate su se stesse quasi a voler estendere l’area d’appoggio e ampliare la possibilità di equilibrio. Questo il mio ParKinson. Simile a quello di tanti altri e diverso da quello di tutti gli altri. Certamente sempre uguale a se stesso, certamente sempre “rapace infingardo appollaiato sul trespolo della coscienza,pronto a ghermire proditoriamente non appena hai abbassato la guardia” (Geminiano) Al mio paese sogliono definire gli anziani pieni di acciacchi e di dolori che riescono a camminare a fatica:” Passu ‘e puddha non servis a nuddha” ( Passo di gallina non servi più a niente). Sembrerebbe un’insolenza carica di perfidia, a me sembra la constatazione verbale di una condizione che prima o poi capiterà a tutti di sperimentare.

Franco Simula

Moloch 19 :: di G.B.


Lungo tempo è passato,

ma la sua insaziabile ingordigia

non si è spenta.

L’immondo Moloch continua a vivere,

seminando distruzione e angosce .

Le sue fauci , lorde di sangue innocente,

reclamano ancora  vittime sacrificali

per saziare la sua infame voracità….

La sua nefasta opera distruttrice

non prevede distinzioni,

il suo essere non contempla il sentimento

e in lui non alberga la carità.

Perpetra  il suo perverso sterminio,

perché questo è il  suo credo ,

il fine ultimo per il quale è stato “creato”.

Infido…. grondante di fetidi umori

si annida negli anfratti più reconditi

per non esserne esiliato ,

pronto a rinascere nella perversa  metamorfosi

che è capace di mettere in atto

prima di essere  “processato” e morire.

Per quanto tempo ancora dovremo subire questa ferocia ?!

Forse  fino quando le nostre forze si esauriranno …. ?!

E chi sarà alla  fine  il vincitore della famigerata  disputa ?!

Quasi certamente  gli uomini  !!!

Forse …. gli stessi che lo hanno  colpevolmente  “generato” !!!

g.b.


 

CRONACA LEGGERA DI UNA PESANTE PESTILENZA testo di Franco Simula


Domenica 15 Marzo 2020 ore 13,30. Al telegiornale la notizia dominante è quella relativa ai colpiti dalla pandemia di Coronavirus: sono 24700 le persone colpite dall’insidioso invisibile nemico, i deceduti invece sono 1800 La macchina che ti investe la vedi, devi stare attento a non farti investire e puoi anche farcela a evitare la macchina e la morte. Ma quello là, infingardo com’è, non lo vedi, non lo senti, non lo tocchi, ma lui ti ha già colpito. Infatti anche a Sassari,oggi, il primo decesso. Intanto ti affacci alla finestra e lo spettacolo è spettrale. Via Pascoli normalmente trafficatissima, oggi è silenziosa, invasa soltanto da un bellissimo sole che rende lo scenario più gradevole. Domenica 22 marzo 2020, contagiati 46600, deceduti 5400. il numero dei contagiati è quasi raddoppiato, mentre il numero dei morti è triplicato. Lo scenario ormai non era più solo preoccupante, la paura diventava di giorno in giorno uno stato d’animo sempre più concreto e vicino; non era più una tragedia che colpiva solo gli altri, no, si sentiva che era entrata ormai in tutte le case, nella pasticceria accanto, nella banca distante qualche decina di metri, e anche a casa tua. Ormai non si parlava più di qualche decina di morti scomparsi per preesistenti patologie aggravatesi per la solita influenza stagionale no, no, ormai stavano sempre più cadendo tutti gli infingimenti e si parlava con trasparenza e con sempre maggior paura di coronavirus. Cioè di quella pandemia che ormai non colpiva soltanto Bergamo e Cremona ma che era venuta a fare le ferie “primaverili” anche in Sardegna. I morti non erano solo in Lombardia ma anche a Sassari dove al danno si era aggiunta la beffa della deflagrazione epidemica all’interno del reparto di cardiologia in cui dei circa 50 contagiati la prevalenza era rappresentata da medici e personale sanitario di vario grado. La paura, appunto. Nessuno ammette platealmente di aver paura del tipo “timore e tremore”; la paura emerge nel momento in cui si osservano pacatamente le statistiche, il numero dei contagiati, il numero dei morti, è allora che l’angoscia inespressa si manifesta sotto la forma compulsiva di approfondire, cercare dati sempre più recenti e documentati. E dato che siamo tutti tappati in casa a fare gli “esercizi anticoronavirus”, dopo che ne parli con i familiari il discorso è concluso. Ma non sei completamente soddisfatto. Allora cambi registro, vai a telefonare agli amici alla ricerca di argomentazioni più convincenti .Ma per che cosa? Forse per trovare una soluzione al problema? Ma neanche a parlarne. Soluzione farmacologica, come il vaccino, non ne esiste per ora, parlarne serve solo ad esorcizzare la paura proveniente dal fatto che questa “peste moderna” non la si “vede” nel senso che né gli scienziati, né i medici son riusciti ancora a trovare il bandolo della matassa: la patologia rimane ancora indefinita. Gli infarti cardiaci,che tutti gli anni falciano centinaia di migliaia di vite umane, sono degli eventi patologici ben conosciuti dalla scienza medica, e pertanto non si fa più caso al numero di vittime disseminate nel mondo, anche perché sono distribuite a macchia di leopardo; col coronavirus invece l’attacco è massivo, asfissiante, mortale. Non colpisce un po’ qua un po’ là, no! Sceglie un punto e lo rade al suolo: soltanto qualcuno riesce a scappare e a gloriarsi immediatamente di aver sconfitto “la peste” mentre invece son proprio queste fughe incoscienti la vittoria del “corona virus” perché saranno proprio questi incauti untori a propagare la mortale pestilenza negli angoli che ancora ne erano rimasti immuni. Domenica 29 marzo 2020. Riportiamo innanzitutto il bollettino di guerra: totale contagiati sino a oggi: 70.065- deceduti a oggi 10.023. Dalle due alle tre della notte ormai passata è avvenuto il cambio dall’ora solare all’ora legale. Potremo beneficiare di qualche ora di luce in più. Stamattina, appena sveglio, ho sentito in lontananza il gracchiare stonato di alcuni gabbiani in trasferta verso l’entroterra alla ricerca di cibo. Chissà se i gabbiani si sono svegliati all’ora solare o a quella legale!….. Ma perché celiare; i gabbiani e tutti gli altri animali agiscono sulla spinta di bioritmi installati ab eterno su di loro; solo noi, umani, talvolta sentiamo il bisogno di adattare fenomeni naturali alle nostre presunte esigenze, quasi sempre otteniamo buoni risultati. L’andamento della pandemia sta lentamente mostrando segni di flessione: il graduale raggiungimento del tanto atteso picco, il sempre maggior rispetto delle norme di salvaguardia, il moltiplicato impegno degli scienziati ricercatori, stanno costituendo il pacchetto di misure che riusciranno a sconfiggere il mostro. Che deve essere sconfitto, questo è l’imperativo categorico. Questa è la nostra speranza! Riposta, come dicevo, nella incessante perseveranza degli scienziati-ricercatori determinati a battere il Coronavirus. Questa speranza è diversa da quella che tutti i giorni papa Francesco va impetrando nella sua incrollabile Fede in Dio, ma stavolta credo che il Papa sia d’accordo anche con la speranza riposta nella frenetica attività degli scienziati-ricercatori impegnati in una incessante lotta contro il tempo per individuare un antidoto capace di sconfiggere definitivamente la peste del 2000 che finora ha seminato il panico in tutto il mondo.


Il mistero della vita – poesia di G.B.


Il vecchio Thimor è sgomento !!

non ha memoria dell’inizio
sa soltanto che è iniziato …
ne avverte la potenza devastante
che corre veloce  più del vento,
seminando tra gli uomini
tragedie, privazioni e tormenti.
Sente che avanza, inesorabile,
come il mistero che lo perpetua.
lo cerca,  scavando l’ignoto,
chiedendosi …..
è  questo è il destino del mondo?!
Sprofondato nel flagello che
incombe come presagio divino,
sente  una stanchezza incolore
e il silenzio che  pervade.
Rigato è  il volto nel travaglio….
il progetto divino è altra cosa ?!
insondabile mistero…..
noi,  non siamo più gli stessi !!
Questa amara verità
trasformerà gli animi ?!  Forse.
In questa  esistenza
di discordie, l’umana genia
saprà dare
un nuovo senso  alla vita ?!!

g.b.