La piazzetta affacciava su corso Trinità da via delle Muraglie ed il minuscolo
attico buono solo per squattrinati studenti se la godeva tutta, col sole, con le
stelle o con la pioggia, assieme al fabbro e alla contadina che vendeva uova
incartate con giornali vecchi e riciclati spaghi, seduta sempre allo stesso angolo.
Il primo palpito era l’amore, il secondo i tetti, il terzo l’attesa di salire quei vetusti gradini di antica lavagna.
Diciotto anni e i mille sogni di una vita da vivere, l’abbraccio in una piccola terrazza,
al vigile ed occhiuto cospetto delle fatiscenti case tutt’attorno.
Il primo palpito era l’amore, il secondo i tetti, il terzo le stelle nelle notti di primavera.
Le campane di S. Donato o S.Apollinare ci facevano volare sopra la distesa continua
ed altalenante di tegole rosse e sbrecciate. La casa è ancora lì, immutata e muta testimone.
E il primo palpito è sempre l’amore, il secondo i tetti, il terzo il sogno di tornare una sera di maggio su
quel piccolo terrazzo e, tenuti per mano, non più giovani e sognatori,
stretti in un tenero abbraccio che la vecchiaia non dimentica, aspettare le stelle.
E’ una dolcissima poesia: tenera e struggente. Di colpo mi fa venire in mente la poesia di Prèvert “I ragazzi che si amano”. Che “si baciano in piedi contro le porte della notte e i passanti che passano li segnano a dito stimolando la rabbia dei passanti, la loro rabbia, le risa,la loro invidia. Ma i ragazzi che si amano non ci sono per nessuno…” Voi non avevate testimoni indiscreti a disturbare i vostri affetti giovanili se non “le fatiscenti case tutte intorno” o lo squillo di campane delle due chiese che intonavano, magari all’unisono, un inno alla vostra gioia sensuale e pudica. E i lontani palpiti d’amore giovanili sono ancora incastonati lì, in quel piccolo attico appeso alle stelle, con immutati testimoni i tetti, a sognare un “tenero abbraccio”, mentre ricade complice e rasserenante quella indimenticabile polvere di stelle.
Sei troppo bravo, non trovo parole per esprimere quanto. Grazie
Sei sempre così gentile e buono ? Grazie GP , splendido commento
È giusto che ci sia il punto interrogativo; io credo di essere così, senza punto interrogativo, ma qualche volta potrei essere assillato da i miei problemi, quelli che più o meno abbiamo tutti ed in quel caso forse, a gli occhi degli altri potrei sembrare meno gentile, meno buono ed anche meno disponibile forse anche distaccato e poco tollerante, mi definirei una persona normale con qualche difetto di fabbrica e purtroppo…. la garanzia è scaduta da un bel po’
Sarà come tu dici ma sin che ci siamo noi combattiamo. Ogni giorno è vita. Buona notte. Egle
Racconto molto suggestivo.
Complimenti, Sig.ra Farris.
L’attico é sempre stato uno “Status Symbol”, un elemento che tende a mostrare esteriormente che il possessore appartiene a un determinato status sociale, ovvero che ha raggiunto un certo livello di gusto, di cultura, di ricchezza o di potere. In questo caso Egle stravolge tutti i canoni di valutazione; il suo livello di gusto, di cultura, di ricchezza o di potere non sono più riferiti ad un fattore esteriore ma bensì ad un fattore interiore ed il suo racconto evidenzia una forte emozione nella visione di tanti particolari che il suo piccolo attico le ha donato.
Con affetto Gian Paolo