Volare si Può, Sognare si Deve!

Attività

18° CONVEGNO SASSARESE della MALATTIA di PARKINSON di Franco Simula

Sabato 3 Dicembre è stata una giornata allegra e gioiosa, in cui si percepiva che il “passaggio del deserto” della Pandemia è arrivato quasi alla fine. Persino Dora era diversa: particolarmente ispirata ed estroversa pareva non avere più alcun problema di salute, il tono della voce più autorevole di sempre, l’eloquio più fluente e disinvolto: insomma l’Associazione aveva “guarito” anche la Presidente.
In effetti la giornata di ieri ha segnato un passaggio di consegne tra presidente uscente e nuova presidenza, manifestando un entusiasmo tutto nuovo che ha fatto e fa bene a tutti.
Si realizzava così quello che per noi è stato finora uno dei nostri “sogni”: il primo realizzato, fin dalla nascita dell’associazione, era quello di avere un ambulatorio con uno specialista neurologo dedicato ai malati di Parkinson, perché la AOU, allora, non garantiva la continuità della diagnosi e cura dei pazienti, con attese interminabili e chiusura per i mesi estivi, costringendo i malati al ricovero in clinica o al Pronto Soccorso, con spese economiche e umane rilevanti. E’ stata la nostra prima battaglia: dall’Ufficio Relazioni col Pubblico alle manifestazioni con interviste e pubblicazione sulla stampa, alla presa di contatto con gli allora vertici della Sanità, D’Urso e Moirano, che, vedendo lontano, hanno ascoltato le nostre richieste. Finalmente nel 2018 ne scaturisce una Convenzione fra ATS e AOU, che verrà successivamente resa stabile con l’istituzione di un Ambulatorio dedicato ai malati di Parkinson e la presenza di un neurologo di riferimento stabilizzato a tempo indeterminato, il dottor Paulus, da vent’anni specialista nei disordini del movimento.
Oggi, dunque, si realizza il secondo sogno: la sede dove poterci garantire le “terapie complementari” o artiterapie, fondamentali in una malattia progressiva e degenerativa.
La presenza del sindaco e dell’assessora Arru ha rappresentato il coronamento della giornata: un segno concreto del dialogo con le istituzioni che hanno mantenuto fede all’impegno preso dando alla nostra Associazione una sede, in via Ardara, già in fase di ristrutturazione, dove poter praticare quelle terapie che nel Parkinson affiancano e potenziano le terapie farmacologiche.
Nel corso della giornata si sono susseguite delle interessanti relazioni sotto l’attenta guida del dottor Tanca: brillanti la dottoressa Frau, la dottoressa Cugusi e il dottor Milia, oltre alla nostra Elenia; molto gradita la presenza dei Presidenti delle associazioni Parkinson di Nuoro ed Alghero, e l’amichevole presenza della Presidente della Commissione disabilità, Ermelinda Delogu.
Coinvolgente e commovente la testimonianza del nostro prezioso amico Antonello Soro.
Tutto questo è stato reso possibile dal forte senso di amicizia e solidarietà che unisce CasaPark, dove è fondamentale il contributo di tutti indistintamente, ciascuno secondo le proprie capacità e competenze, nell’obiettivo del consolidamento dei risultati ottenuti e di ulteriori mete da raggiungere.

Volare si può, sognare si deve.

Clausura – Testo di Franco Simula

Quando io ero bambino, cioè 80 anni fa, la scuola materna che frequentano tutti i bambini si chiamava asilo infantile ed era ospitato in un bel palazzo (oggi maltenuto) che si trova a Ittiri in Via S. Francesco (allora si chiamava Via Regina Margherita).
Che quel bel palazzo fosse un asilo è “gridato” a lettere cubitali da una scritta che si legge ancora sul frontone: ASILO INFANTILE DIVINA PROVVIDENZA.
Appariva chiaramente, dunque, che in quel locale c’era un asilo gestito dalle Suore Vincenziane riconosciute dappertutto per l’originale copricapo che indossavano rappresentato ai lati da due bande bianche inamidate a forma di ali che le facevano assomigliare a grandiosi gabbiani con le ali distese in volo.
Il locale era strutturato in vari settori che venivano utilizzati in maniera differenziata.
Nel lato posteriore era stato realizzato un seminterrato che veniva utilizzato come cucina comune per suore orfane e bambini e come refettorio per noi bambini; il piano terreno che sporgeva sulla facciata principale conteneva invece un grande salone riservato alle attività dei bambini con due terrazzi a livelli differenti che venivano utilizzati per momenti di giochi all’aperto. Nel salone principale, corredato di banchi a due posti, si svolgevano le attività di didattica applicata all’infanzia e come strumenti di lavoro per gli scolaretti c’erano in bella mostra una serie di giocattoli contenuti in un armadio a vetri che non abbiamo mai usato. I banchi con i piani d’appoggio ribaltabili venivano utilizzati nei dopo pranzo per fare il riposino. Da un angolo dello stanzone partiva una scala che a metà consentiva l’accesso a un bel terrazzo a alla sommità confluiva sulla porta di accesso al dormitorio delle suore: sullo stipite superiore della porta, ben visibile, una scritta: CLAUSURA.
Su quella scala, per punizione, io venni inviato tante volte perché evidentemente ero monello, e puntualmente ogni volta che finivo sulle scale venivo assalito dal desiderio impellente, compulsivo, di entrare in quella stanza contravvenendo quindi al divieto assoluto che ci era stato imposto dalle suore.
Conclusi il periodo di frequenza dell’asilo senza riuscire a soddisfare il desiderio di entrare in quella stanza e vedere la clausura con i miei occhi, vedere in che cosa consisteva, curiosità che rimase insoddisfatta.

Venticinque anni dopo fui invitato a far parte del Consiglio di Amministrazione dell’Asilo Infantile. Accettai l’invito anche perché ero curioso di sapere come funzionavano queste piccole amministrazioni. Il consiglio era composto da cinque componenti io ero il più giovane e quindi il più inesperto, ma quando le situazioni lo richiedevano ero anche molto combattivo. Nelle riunioni di Consiglio si adottavano decisioni riguardanti le normali esigenze di un gruppetto di ragazze orfane e le necessità essenziali delle suore. Un giorno la superiora delle suore e una sua coadiuvante che si occupava delle condizioni generali della casa chiesero di partecipare a un Consiglio perché dovevano segnalare una crepa che si era creata nel soffitto del dormitorio e che si stava estendendo a vista d’occhio.

Subito dopo la descrizione del danno fatta dalla superiora io intervenni con evidente tono ironico:-E come facciamo ad entrare nel dormitorio delle suore?
E la superiora: – Apriamo la porta ed entriamo.
Ed io : – La fa facile lei, non sta tenendo conto che c’è un divieto assoluto rappresentato dalla CLAUSURA e quindi non si può entrare.
E la superiora: – Ma in casi eccezionali si deroga da queste norme.
Io ancora fingevo di credere che fossero valide le severe minacce fatte dalle suore quando io, da bambino monello, venivo relegato nelle scale con la severa minaccia di non infrangere la clausura perché era peccato. Dopo qualche minuto di discussione che io avevo avviato per scherzo, conclusi la diatriba : – Certo che possiamo entrare nel dormitorio tutti sappiamo benissimo che dietro la CLAUSURA c’è una stanza come tutte le altre e che la minaccia di peccato per chi entrava in quella stanza era una minaccia fasulla usata per spaventare bambini monelli ma innocenti.
Mi ero comunque divertito a dissacrare un tabù che solo le suore potevano credere di usare come argomento di dissuasione.

Franco Simula 18-09-2022

“Beach Park”- testo di Franco Simula

Oggi 14-09-2022, nonostante le previsioni del tempo non fossero le più propizie, un manipolo di temerari ha deciso di approdare al mare di Platamona che appariva, infatti, abbastanza mosso da un maestrale alquanto teso: anche i vecchi lupi di mare e gli esperti regatanti erano diffidati dall’avventurarsi oltre il bagnasciuga. Qualche giorno fa un incauto nuotatore si era tuffato nel mare un po’ mosso e per un attimo era rimasto sbattacchiato dalle onde che, offese, lo avevano rimproverato:”Caro nuotatore, anche se sei stato un famoso regatante e un vecchio lupo di mare, devi ricordare che quando il mare è agitato non guarda in faccia a nessuno”.

La delusione comunque è stata solo parziale dal momento che la mancata immersione nelle limpide acque di Platamona, rimandata a un altro giorno, è stata compensata dalla graditissima sorpresa della visita di quattro amici dell’Associazione Italiana Giovani Parkinsoniani di Torino. Gli amici torinesi son voluti venire a trovarci al mare, a Platamona, dove da qualche tempo alcuni parkinsoniani dell’Associazione Parkinson Sassari, frequentano lo spazio attrezzato per disabili predisposto dal Comune di Sassari.  L’incontro coi torinesi era stato preceduto da una lettera inviataci da Michele Lombardi nella quale ci manifestava tutto il suo apprezzamento e il suo entusiasmo uniti a quelli della loro Associazione per l’iniziativa adottata dall’Associazione Parkinson Sassari che i torinesi, gentilmente, hanno voluto lanciare con un titolo emblematico :”E’ nato il primo BEACH PARK” e lo hanno voluto indicare come caso esemplare da imitare dappertutto in Italia.

L’incontro odierno al mare di Platamona, “battezzato” dal gruppo torinese BEACH PARK, può considerarsi unico e irripetibile perché inaspettato e gradito ospite è arrivato dott. Kai Paulus, neurologo dell’Associazione, ideatore, dieci anni fa, e costante ispiratore e animatore entusiasta della nostra Associazione.

Poiché l’ora si faceva tarda non si poteva concludere il singolare incontro se non cantando almeno due canti in lingua sarda.

La prima canzone è stata: Savitri- Cantico d’amore e la seconda  No potho reposare.

                                       Franco Simula

Il PARKINSON, IL MARE E PLATAMONA – Testo di Franco Simula


Credo che sia definitivamente tramontata l’opinione dei sassaresi secondo la quale il mare bello, azzurro, pulito lo si poteva trovare solo ad Alghero o a Stintino. Platamona, il mare a pochi chilometri da casa veniva trascurato, snobbato. Forse oggi i sassaresi stanno riscoprendo la lunga, pulita spiaggia di Platamona che partendo dalle propaggini di Porto Torres si sviluppa per alcuni Km sino alla marina di Sorso offrendo uno spettacolo di acque sempre tiepide e cristalline ed una spiaggia pulita e ricca di tonnellate di minuscoli cristalli di quarzo che al tramonto brillano nella battigia riflettendo una luce surreale. In questo splendido tratto di costa il Comune di Sassari ha attrezzato un pezzo di spiaggia da riservare a persone con gradi diversi di invalidità che possono trascorrere al mare giornate serene .

Anche l’Associazione Parkinson Sassari Onlus ha voluto godere di questa opportunità.

Eravamo in molti stavolta. Un gruppo trasportato con la Mercedes dell’Associazione guidata da Antonello e un gruppo di “accudiddi” arrivati alla spicciolata. Dopo i veloci preparativi si procede al rito più importante e solenne della giornata: l’ingresso e il bagno in mare. Perché importante e solenne? Perché qualcuno entra in acqua trasportato in una sedia con ruote e qualche altro disteso su una lettiga galleggiante che consente bagno e divertimento assieme a tutti gli altri che accovacciati in comodi ciambelloni si lasciano dondolare fra le onde. Quest’operazione non proprio semplice, è resa possibile dagli assistenti comunali(che ringraziamo) e dal solito Antonello che non sa stare con le mani in mano. Accade anche che non tutti si sia dell’umore giusto per fare il bagno. Ieri Elisa sembrava un po’ triste e poco propensa a misurarsi con le onde, ma una chiacchierata con la presidente ha sortito un effetto rasserenante e riconciliante con se stessa e col mare.

Durante il bagno intravvediamo di lontano la sagoma indefinita di una persona bianco vestita che saluta agitando le braccia: sembra essere la Venere Greca che spunta dalle acque schiumose del mare. Non è proprio Venere ma ci siamo andati vicino. Quando il profilo diventa più nitido si percepisce chiaramente che è arrivata Adelaide dalle vacanze stintinesi. Arriva anche Franco U. che senza esitazione si tuffa nelle acque di Platamona, contribuendo anche lui a comporre il gruppo-guazzabuglio riportato nella foto ricordo.

Giornata serena, dunque, trascorsa tra un guizzo (che bei ricordi!) in acqua e una spettegolata sotto l’ombrellone. Peppino ha utilizzato meglio il tempo sotto l’ombrellone giocando a carte (senza posta! Anche perché il caffè era già stato offerto). Prima di andar via non possiamo non soddisfare il desiderio di Egle che ci chiede “la prossima bracciata” Cara Egle anche noi non siamo nel meglio delle forze per dedicarti bracciate di nuoto, ma un raggio di sole e una folata di dolce Zeffiro non te li può negare nessuno.

Prima di salire in macchina mi attraversa la strada Elisa; io azzardo: -Fammi un sorriso- e lei “Ma deve essere spontaneo” Ed io “E allora fammelo spontaneo” Finalmente Elisa e Tiziana che l’accompagna mi regalano un immenso sorriso. Stavolta spontaneo.

Buon pranzo a tutti.

Durante la mattinata alla nostra Presidente era arrivato un messaggio inviato da Michele Lombardi dell’Associazione Italiana Parkinson Giovanile che noi abbiamo conosciuto qualche settimana fa a Sassari e che alleghiamo.

https://www.parkinsongiovani.com/blog/fisioterapia-e-benessere/e-nato-il-primo-beach-park


Ancora quasi…TUTTI al MARE – Testi di Franco Simula


La sera di Ferragosto le previsioni del tempo non prevedevano una giornata decisamente bella con cielo azzurro terso, magari calda da asfissiare, ma limpida, anzi era prevista pioggia durante la notte e la previsione fu puntualmente mantenuta.
Per una decina di minuti una pioggia alquanto sostenuta riuscì a dare ristoro alle piante del giardino che da qualche giorno soffrivano del caldo eccessivo di un Ferragosto di…fuoco, anche per la coincidente Faradda dei Candelieri. Giannella sembrava non farsi intrigare da tali previsioni meteorologiche per decidere di andare al mare, io rimandai a oggi 16 la decisione che fu positiva anche se qualche nuvola or bianca ora color cobalto si intrecciava nel cielo: si va al mare. E la decisione fu ripagata da una gradevole discesa al mare di Platamona. Manco a dirlo, appena arrivati, dopo aver piantato sedie e ombrelloni, la meta da raggiungere fu il mare.
Che per noi, che non siamo campioni olimpici e neppure paraolimpici, rimane sempre un obiettivo di difficile approdo A questo punto entra in funzione Antonello che si fa in quattro per aiutare or l’uno or l’altro per entrare in mare. L’operazione è sempre complessa per parkinsoniani che – diremo con un eufemismo -hanno un equilibrio instabile. L’acqua era più fresca della volta precedente ma sempre rigeneratrice.
Stavolta abbiamo rilevato che i gommoni usati come salvagente non erano molto pratici: la circonferenza interna dei gommoni era troppo larga per cui la spinta dell’acqua spingeva il gommone verso l’alto e noi rimanevamo schiacciati verso il basso ma non con i piedi poggiati sulla sabbia del mare. Insomma un disagio riparabile utilizzando un salvagente di dimensioni ridotte.
Stavolta al mare eravamo un po’ meno della volta precedente ma ci siamo divertiti ugualmente e guarda caso incontri casuali fatti al mare hanno costituito un salotto diverso dal solito. Dora infatti ha avuto modo di incontrare un’amica che non vedeva da molti anni: i ricordi infatti si sono spinti nel tempo sino a rimembrare i balli organizzati nelle case in occasione dei festeggiamenti per il conseguimento delle maturità scolastiche. Intanto Iside effettuava il suo ingresso solenne in acqua sempre adagiata nella lettiga con le ruote riservata ai bagnanti con maggiori difficoltà.

Francesca era aiutata da Gavino, Franco da Giannella e Giuseppe da Dora che ha svolto anche il compito di fotografa del gruppo. Antonello continuava a fare il fac-totum non disdegnando ogni tanto di partecipare alle chiacchiere dei vari ombrelloni come quando a un certo punto qualcuno dice: – Speriamo che stasera piova- Antonello lancia un fulminante non-sense: “E così potrò finalmente innaffiare le piante”. Qualcuno degli astanti interloquisce: “ Che ortaggi coltivi nel tuo orto”? Il senso della risposta-domanda sottendeva una curiosità che rilanciava inconsapevolmente un altro non-sense che però trovò soluzione nel silenzio che spontaneamente si era creato. Un nuovo argomento di discussione invece, molto concreto, lo ha creato Sergio Carmelita:” Appena sarà possibile vi preparerò una zuppa di cozze”. E Antonello, attento, prendendolo subito in parola e pregustando il sapore:” Mi raccomando Sergio, molte cozze e poco prezzemolo”. Si capiva
chiaramente che era ormai arrivata l’ora del pranzo e del rientro a casa.
Franco Simula


TUTTI al MARE testi di Franco Simula


Una vecchia canzone diceva: ” Tutti al mare a veder le acque chiare” e qualcuno volgarizzando il verso correggeva “a veder le chiappe chiare”. Ieri 26 luglio 2022 un gruppo di parkinsoniani, rompendo gli indugi, le paure, le preoccupazioni, a bordo della nuova Mercedes che anonimi donatori hanno voluto generosamente regalarci, hanno deciso di andare al mare. All’arrivo, da subito, il colpo d’occhio iniziale dello spazio di spiaggia predisposto dal Comune a persone disabili ha offerto una panoramica gradevole: spazi ampi a disposizione, traversine in legno collegate fra loro formavano dei comodi collegamenti fra la sabbia e la battigia ma ne traeva beneficio anche l’estetica dal momento che si intuiva una visione d’insieme progettata con gusto e non abborracciata all’ultimo momento. Lo spazio è integrato da una cabina con servizio chimico e da due docce e una fontanina come servizi minimi dopo l’immersione nell’acqua salata. Eravamo in tredici tutti contenti di aver vissuto, in gruppo, una nuova avventura che finisce col rinsaldare nuovi vincoli di amicizia e solidarietà. La giornata al mare è consistita in una immersione all’interno di un gommone che ha fatto da nido protezione a delle persone che, con un eufemismo, diremo che non sono al massimo delle loro capacità di equilibrio. Francesca già alla seconda esperienza, sembrava trovarsi a suo agio in un ambiente, il mare, nel quale aveva vissuto da anni.
Timido e riservato, quasi commovente, l’ingresso in mare di Iside. Il nome evocava immediatamente lontani ricordi storici di regine egizie coeve di Piramidi immortali. E anche Lei è stata spontaneamente all’altezza del nome. Distesa con dignità su una lettiga, messa a disposizione dall’amministrazione comunale, è stata affidata alle carezze delle onde quasi a compiere un rito solenne di altri tempi. Adelaide è entrata in mare con l’eleganza di sempre. Per disfare il caschetto di raffinata fattura è stata necessaria una folata di vento impetuosa, una mini tromba d’aria, che per un attimo ha interrotto l’armonia che regnava sulla spiaggia di Platamona. Elisa si è divertita tanto fra le tiepide acque del bel mare turritano seguita a stretto contatto dalla fisioterapista Tiziana che a sua volta ha fatto le acrobazie per non essere ripresa; ma tant’è dal gruppo non poteva scansarsi. E poi perché? con quel fisico… Giannella teneva a bada il marito (cioè Franco) per evitare che andasse alla deriva mentre si prendeva beatamente il sole.
Tonino e Sergio si son ritagliati il compito discreto di vigilare sulle rispettive mogli anche perché a un certo punto si era messa un po’ di maretta. Giuseppe si è avventurato senza Dora ma di sostegni ne ha trovato in abbondanza. E Antonello dove era andato a finire? Per Antonello il lavoro non manca mai.
Ha fatto il sovrintendente di tutte le attività della mattinata. Ha piantato e spostato ombrelloni, ha scattato fotografie a tutti, ha fatto da stampella a chi ne ha avuto bisogno. Insomma ha interpretato alla perfezione il ruolo che si è ritagliato e che tutti gli riconosciamo.
Franco Simula

La gita a Nuoro – Testi di Franca Ghezzi

Seppure in pochi come “gruppo di Alghero”, abbiamo aderito all’invito di visitare la mostra fotografica realizzata al Museo di Nuoro da persone malate di Parkinson, che hanno voluto narrare il loro disagio, coinvolgendo  il visitatore in prima persona. È stato un momento unico, dove il raccontarsi attraverso la fotografia ha fatto scaturire sensazioni e emozioni che spesso tendiamo a nascondere dietro una maschera, per paura di essere feriti, davanti al pietismo altrui.

Purtroppo non c’è stato il tempo per una lettura più approfondita, perché il viaggio in pullman ci ha riservato sorprese inaspettate.

Durante la prima parte del tragitto mi ha colpito piacevolmente sentire il canto di “quel mazzolin dei fiori” accanto a quelli in logudorese, quasi a voler unificare le distanze e annullare i confini.

Il pullman però all’improvviso si è ritrovato in una posizione trasversale e non riusciva più a muoversi perché la strada era stretta. L’autista, ingannato da indicazioni scorrette, aveva sbagliato strada e nel tentativo di uscire da quello ”stallo“ è finito contro due muretti, un balcone e diversi vasi.

Spavento, paura, richieste di scendere, anche qualche momento di ironia per la buffa situazione. Finalmente dopo diverse manovre l’autista è riuscito ad uscire dal “sentiero” e a riprendere piano piano il cammino.

Dal finestrino abbiamo visto emergere le bocche di un cratere  dove in tempi remoti la lava, risalita dalle zone profonde, aveva reso fertile il terreno.

Dopo aver consumato un pranzo con prodotti tipici, ed essere stati allietati da altri canti, all’uscita del ristorante ci aspettava un’altra sorpresa: nel giro di pochi attimi una tempesta di grandine e scrosci d’acqua si sono abbattuti su di noi e , ritrovati bagnati e fradici,  ci siamo dovuti difendere come potevamo con maglioni, cappelli e magliette. Fortunatamente d’improvviso il paesaggio è cambiato e il verde della macchia mediterranea ci ha accompagnato per lunghi tratti.

Dopo l’accaduto nel gruppo permeava la certezza che non ci sarebbero più stati ostacoli per il rientro, mera illusione, perché di colpo con un forte fragore si è aperta la porta laterale del pullman e ci siamo trovati all’improvviso davanti ad una situazione a dir poco imprevedibile. Per poter porre rimedio a quanto era appena successo, e poter così  riprendere il viaggio, la porta è stata bloccata con un pezzo di spago. Esausti e stupiti siamo arrivati nella piazza di San Giovanni, dove ci siamo salutati, sfiniti e senza la forza di commentare ciò che avevamo vissuto.

Nei giorni successivi ho immaginato questa nostra avventura come il viaggio di una nave che fende  i flutti con coraggio e determinazione,  una nave sulla quale abbiamo affrontato gli ostacoli che quotidianamente la vita ci presenta e che tutti insieme, come gruppo, siamo riusciti ad affrontare, dimostrando a noi stessi che il nostro spirito è più forte delle avversità. Noi siamo più della nostra malattia.

Saluti                  Franca Ghezzi

Il coro Volare si Può si esibisce a Sassari al Teatro Astra

Maria Luisa Congiu scrive:

“Volare si Può” in scena ieri sera al Teatro Astra Sassari. Porto a casa tante belle emozioni e, soprattutto, un’importante lezione di vita
Il Coro “volare si può”, formato da persone affette dal morbo di Parkinson e diretto da Fabrizio Sanna, davvero ammirabile per l’iniziativa, è un esempio di come l’amore per la vita dia la forza di lottare contro un male che non ha cura ma lo si può combattere e affrontare con iniziative che tengono alto l’umore concentrando gli sforzi verso un fine collettivo: fare musica insieme, condividendo dolori e gioie. Altra emozione sono stati i bambini del coro “Piccole Note di Tissi” diretti da Laura Santucciu, una ventata di vita ed entusiasmo per tutti. Grazie a tutti, pubblico meraviglioso compreso, per questa bellissima esperienza. A medas annos

🍀❤️🍀


L’EMOZIONE NON HA VOCE

 

IL PESCATORE

Fisioterapia sotto gli olivi a cura di Elenia Maniero

Mercoledì 18 maggio

I mestieri scomparsi: il ciabattino – Testo di Egle Farris

Il ricordo sfilacciato e smagliato è un incrocio tra il Quasimodo di Notre-Dame e il più vecchio degli gnomi  delle leggende scandinave di un tempo lontano . Anche sciancato era , come se i cromosomi si fossero radunati tutti li , per l’occasione e senza alcuna possibilità di  plasmare almeno un modesto fisico . Solo il nome era quello di un grande  e famoso  e lui invece  , dalla nascita ,sempre piccolo era stato  .  Michelangelo era stato chiamato, e mai nome, in qualsivoglia persona  , fu così fuori luogo .  Ad ogni ora lo cercavi e trovavi in quel sottano in cima alla salita ,eternamente buio,una lampadina da 15 candele pendente da un nudo filo sul desco , sempre avvolto da un odore affumicato ed incancellabile di dozzinali sigarette .  Perchè Michelangelo , per avere un tozzo di pane  e sbarcare il lunario ,quando ancora non esistevano stracci di pensione ,faceva il ciabattino .  Sul davanti , un grembiule di pelle unto e bisunto ,dall’età misteriosa  e ragguardevole , Michelangelo sedeva su una bassa seggiola impagliata  ,gambe disposte in  parallelo , per accogliere il pesante piede di ferro che usava per risuolare e rattoppare scarpe dozzinali, immerso inesorabilmente in un miscuglio di odori di colla ,pece greca e cera turca . Il deschetto era diviso in scomparti , che accoglievano nell’ordine lesina ,forbici, martello ,trincetti di qua, “semenze”  d’acciaio di misure diverse di là ,tutti simboli del mestiere .    Era così misera la bottega che non aveva “dischentes”, apprendisti senza alcuna ricompensa che dovevano imparare in  un triennio  il mestiere ,rubandolo più con gli occhi che con le mani . Scarpe nuove  ne faceva raramente,un paio allora passava di padre in figlio , riparato sino all’estremo limite e “ferrato”.  (Ed ecco perchè al mio paese non si mettevano le scarpe al caro estinto ! )  Infatti sulla suola venivano inchiodate al tacco “sas bullittas” e alla punta “su puntale”, aggeggi di ferro dalla superficie arrotondata che frenavano l’usura della suola e scivolavano e schioccavano  “in s’ impedradu” , promettendo pericolosi  scivoloni ed impedendo a qualunque passo di restare anonimo e silenzioso .     Passò anni ,decine di primavere e gelidi  inverni   grami ,  ad inchiodare, rattoppare e pensare ,perchè cosa poteva fare se non pensare ,sempre solo con con le sue vecchie ,fruste scarpe ,sin quando se ne andò,  Michelangelo ,liberato infine da un corpo sgraziato che doveva aver odiato tutta la vita e da un immeritato ergastolo ,a cui lo aveva condannato  , lui innocente, una sorte , ria e perversa  , in un luogo buio ed umido  che era stato sempre la sua sola ,unica, tristissima immagine di casa.

Una signora col rossetto               

Egle Farris