Volare si Può, Sognare si Deve!

Autore archivio: Kai Paulus

VECCHIO FARMACO ANTI-PARKINSON EFFICACE CONTRO LA SLA? di Kai S. Paulus

(Pillola n. 41)

Vecchio farmaco anti-Parkinson efficace contro la Sclerosi Laterale Amiotrofica?” si chiede Thomas Mueller nel suo recente commento su SpringerMedizin.de riferendosi alla attualissima pubblicazione dei primi risultati dello studio giapponese ROPALS condotto dal gruppo di ricercatori intorno a Sartoru Morimoto.

Gli scienziati giapponesi hanno presentato circa quattro anni fa la loro idea di studiare il farmaco Ropinirolo nella Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), una malattia rapidamente neurodegenerativa ancora orfana di farmaci che possono significativamente modificare il decorso della malattia che in pochi anni porta inevitabilmente alla morte. Ora sono stati pubblicati i primi, incoraggianti risultati.

Lo studio, nello spirito del “riposizionamento” di farmaco disponibili sul mercato (vedi “ IL RIPOSIZIONAMENTO“), si avvale di una innovativa metodica: la creazione di cellule nervose motori, quelli che si ammalano nella SLA, da cellule staminali provenienti direttamente dalle persone ammalate, iPSC, ovvero cellule staminali pluripotenti indotti. Alla fine dello studio tutti i partecipanti mostravano maggiori attività fisiche e le cellule una mortalità quasi dimezzata.

Insomma, appena un anno fa avevamo parlato di una prima terapia con anticorpi contro una variante della SLA (vedi “ SLA: FINALMENTE UN NUOVO FARMACO “) ed ora arriva questa promettente notizia, che fa molto sperare, e che è spettacolare per tre motivi: 1) l’innovativa metodica con le cellule staminali derivate direttamente dalla persona con SLA, 2) il disegno dello studio, ovvero, non si tratta di una scoperta casuale ma di un risultato ricercato e pianificato anni fa, e che non si è ancora concluso.

Ed, infine 3), quando ho letto gli articoli di Morimoto e Mueller, mi immaginavo che il mondo Parkinson viene in soccorso ad una gravissima malattia come la SLA, un’immagine quasi di fratellanza, e che dà molta fiducia. Non vedo l’ora di conoscere i risultati definitivi, le conferme da parte di altri scienziati, e soprattutto il via libera per l’utilizzo del Ropinirolo nella SLA, perché il farmaco  è già lì, sul banco delle nostre farmacie.

 

 

Fonti bibliografiche:

Morimoto S, Takahashi S, Ito D, Datè Y, Okada K, Kato C, Nakamura S, Ozawa F, Chyi CM, Nishiyama A, …, Okano H. Phase 1/2° clinical trial in ALS with ropinirole, a drug candidate identified by iPSC discovery. Cell Stem Cell, 2023; 30: 766-780.

Morimoto S, Takahashi S, Fukushima K, Saya H, Suzuki N, Aoki M, Okano H, Nakahara J. Ropinirole hydrochloride remedy for amyotrophic lateral sclerosis – protocol for a randomized, double-blind, placebo-controlled, single-center, and open-label continuation phase I/IIa clinical trial (ROPALS trial). Regenerative Therapy 2019; 11: 143-166.

Mueller T. Altes Parkinsonmittel Gegen ALS? Amyotrophe Lateralsklerose, Nachrichten, Springer Medizin 02.06.2023.

L’ANSIA di Kai S. Paulus

(Pillola n. 40)

Torniamo ad occuparci del sistema nervoso autonomo (vedi le puntate precedenti “ ATTACCO O FUGA ” e “ DISFUNZIONI AUTONOMICHE NEL PARKINSON ”) con un problema molto diffuso: l’ansia.

Tutti conosciamo l’ansia, che è una delle nostre emozioni fondamentali. Generalmente l’ansia ci mette a disagio e ci rende fragili e vulnerabili, ma in realtà essa è importante per la nostra sopravvivenza perché funge da campanello d’allarme e ci protegge da rischi e pericoli. L’ansia è una fisiologica condizione d’emergenza che mette il nostro corpo in grado di reagire, pronto a fronteggiare una situazione che richiede una risposta: siamo in grado di “attaccare”, di prendere “di petto” il problema, oppure possiamo “scappare”, evitare il confronto. Ovviamente, nella vita quotidiana le scelte non sono così drastiche e spesso manco ci accorgiamo delle nostre scelte comportamentali che compiamo frequentemente anche involontariamente, guidati dal nostro carattere.

Nello specifico, nel tentativo di conservare o ripristinare lo stato basale di equilibrio del nostro organismo, l’omeostasi, uno stimolo stressante induce nel corpo umano una risposta attraverso l’attivazione di diversi sistemi biologici, il cervello prefrontale e meso-limbico (emotivo), il sistema nervoso autonomo e l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, tre strumenti formidabili che preparano il nostro corpo all’azione e lo mettono in grado di rispondere immediatamente.

Per motivi di sintesi non vorrei addentrarmi nella complicata spiegazione dei complessi circuiti nervosi ed ormonali che stanno alla base dell’ansia e che includono fitte reti e circuiti neuronali con l’importante coinvolgimento della dopamina (circuiti meso-limbici), della noradrenalina (sistema autonomo) e del cortisolo (asse ipotalamo-ipofisi-surrene). Ma ci tenevo a ricordarvi questa meravigliosa macchina che è il nostro corpo, perfetta, capacissima, ma allo stesso tempo anche molto delicata.

In caso di stress prolungato, quando l’ansia diventa troppo frequente e compromette le nostre attività quotidiane e la nostra qualità di vita, allora l’ansia diventa una malattia e come tale va trattata. L’ansia patologica comprende i disturbi di panico, il disturbo d’ansia generalizzato, e le fobie sociali e specifiche.

 

Il disturbo di panico è caratterizzato da attacchi improvvisi e ripetuti di ansia intensa, tachicardia, vertigini e/o malessere generale: spesso, il panico è rafforzato dalla paura di avere un nuovo attacco (avere paura dalla paura).

Nel disturbo d’ansia generalizzato prevalgono eccessive preoccupazioni che vengono vissute come non controllabili, accompagnate da contratture, dolori e nervosismo; generalmente le preoccupazioni non differiscono da quelle della popolazione generale ma occupano la maggior parte della giornata (e nottata).

L’ansia sociale consiste principalmente nella paura di essere giudicati e di rendersi ridicoli e penosi pubblicamente.

L’ansia specifica è diretta verso un oggetto o situazione particolare (ragni, sangue, siringhe, ecc.) che possono essere evitate e pertanto raramente arrivano all’attenzione medica.

 

Conoscendo i sintomi dell’ansia che possono manifestarsi con malessere generale, tachicardia, sensazione di un nodo alla gola o un peso allo stomaco, dolore gastrico ed addominale, sudorazione fredda, agitazione, insonnia, sarà più facile riconoscerla e gestirla.

Infine, vanno considerate anche le cause genetiche che predispongono alcune persone più di altre ad un atteggiamento ansiogeno. Come appena pubblicato da Maija-Kreetta Koskinen e Iiris Hovatta dell’Università di Helsinki (Finlandia), la neurobiologia e la genetica dell’ansia sono attualmente oggetto di intense ricerche internazionali che ci aiuteranno a comprendere ancora meglio i meccanismi ansiogeni ed a trovare soluzioni sempre più mirate.

(segue prossimamente “ANSIA E PARKINSON”)

Fonti bibliografiche:

Koskinen MK, Hovatta I. Genetic insights into the neurobiology of anxiety. Trends in Neurosciences, 2023; 46(4): 318-331.

LA DEMENZA SI PUO’ PREVENIRE di Kai S. Paulus

(Pillola n. 39)

Sappiamo che per la prevenzione delle malattie neurodegenerative (Parkinson, Alzheimer, ecc.) ci vuole un corretto stile di vita con buone attività quotidiane e movimento, ed abbiamo già discusso l’importanza delle emozioni sulla salute cerebrale (vedi PREVENIRE LE MALATTIE NEURODEGENERATIVE?). Ma, anche la salute dell’apparato cardiocircolatorio e del metabolismo del nostro organismo sono elementi di prevenzione fondamentali.

Quindi vivere bene? Ma, per cambiare le proprie abitudini, qualora dovesse prevalere una vita sedentaria, non bisogna aspettare, la prevenzione inizia ora.

Questo dicono i ricercatori intorno a dott. Xin Xia dell’Istituto Karolinska di Stoccolma (Svezia) nel loro studio appena pubblicato nella rivista scientifica “Journal of Internal Medicine”. Da tempo si sa che movimento ed uno stile di vita corretto fa bene al cuore ed ai vasi sanguigni specialmente nelle persone di mezza età; e, meno fattori di rischio cardiovascolari ci sono, meno è il rischio di demenza. Però, non è ben chiara l’utilità di una buona salute cardiovascolare nell’età avanzata.

Titolo della ricerca svedese pubblicata il 30 maggio 2023.

Chi è arrivato agli 80 anni nonostante uno stile di vita non sano, perde negli anni successivi la sua lucidità mentale quanto una persona che ha vissuto sempre in modo sano; qua c’entra la fortuna e la predisposizione genetica. Ma, chi vive sano supera la soglia degli 80 anni con minori problemi mentali rispetto alla popolazione generale.

Ma che cos’è uno stile di vita sano?

Dott. Xia ed i suoi colleghi (come potete notare tra gli autori, in parte italiani) hanno sviluppato un Indice di Vita Semplice (score life simple 7) derivante dalla valutazione di diversi aspetti, quali attività fisica, indice corpo-massa (BMI), alimentazione, fumo, glicemia, colesterolo, pressione sanguigna, osservando 2746 persone per 15 anni, globalmente, e divise in due gruppi, sotto e sopra i 78 anni.

Il risultato è che vivendo uno stile di vita sano (buone attività fisiche, senza eccessi, valori metabolici sotto controllo) a partire dai 60 anni, garantisce, sia per le donne che per gli uomini, una riduzione del rischio di demenza.

Ma questo noi della Parkinson Sassari lo sappiamo già da molto tempo, vedi “ SIAMO QUELLO CHE FACCIAMO” e “ SIAMO QUELLO CHE MANGIAMO”.

 

In conclusione, possiamo dire che la prevenzione per la demenza, così come per il Parkinson inizia presto, molto presto, anzi, come dice Franco Simula per sottolineare l’urgenza: la prevenzione inizia ieri.

 

Fonte bibliografica:

Xia X, Qiu C, Rizzuto D, Grande G, Laukka EJ, Fratiglioni L, Guo J, Vetrano DL. The age-dependent association of Life’s Simple / with transitions across cognitive states after age 60. Journal of Internal Medicine 2023; 0: 1-12.

PREVENIRE LE MALATTIE NEURODEGENERATIVE? di Kai S. Paulus

(Pillola n. 38)

Stamattina ho partecipato ad un interessante convegno organizzato dalla FNP CISL Pensionati Sardegna, introdotto da Alberto Farina, Segretario Generale FNP CISL Sardegna, e moderato da Vannalisa Manca, Segretaria Generale FNP CISL Sassari, e da Paolo Cuscusa, Segretario Generale FNP Sardegna, e di Pietrino Fois, Amministratore Straordinario della Provincia di Sassari.

Nell’evento sono state sviscerate le varie problematiche neurologiche psichiatriche, sociali e sanitarie delle malattie neurodegenerative. Personalmente ho trovato molto interessanti gli interventi di Pina Ballore, presidente AMAS Associazione Malattia Alzheimer Sardegna, e del mio amico e collega psichiatra Paolo Milia, ASL Sassari, ed in particolare quello di Anna Maria Foresi, Segretaria Nazionale FNP CISL, difendendo la sanità pubblica, oltre alle toccanti testimonianze sulla sanità del territorio di Sassari e della Gallura. E’ stato un convegno molto cordiale con grande interesse del pubblico in una strapiena sala Angioy; peccato che non c’erano dirigenti della Sanità Pubblica.

La mia relazione riguardava l’individuazione di possibili approcci che possano ritardare, rallentare o addirittura prevenire le malattie neurodegenerative come Parkinson ed Alzheimer. Le conclusioni del mio intervento, incentrato sulla mia filosofia delle attività ricreative e della riabilitazione complementare, e durante il quale facevo vedere le tantissime attività della nostra Parkinson Sassari, erano queste che qui di seguito vi riporto:

 

“Si possono prevenire le malattie neurodegenerative?”

La risposta è sì! Lo si fa con le attività fisiche, il movimento, e le attività mentali, letture, ascolto, discussioni, la creatività. ed il divertimento. E questo dico da molto anni e questa era la ragione della fondazione della nostra associazione. Ma …

La domanda è: ma perché essere attivi mentalmente e fisicamente, dormire bene, avere degli obiettivi, e divertirsi, è così importante ed addirittura fondamentale per la gestione e prevenzione delle malattie neurodegenerative?

La risposta è: perché le attività psicofisiche, gli obiettivi, il divertimento, sono fonti di emozioni positive (buonumore, serenità, allegria, gioia, ecc.) che vengono create nel sistema mesolimbico, cioè dei circuiti neuronali situati nel centro del cervello, il mesencefalo, e nelle strutture frontali e prefrontali cerebrali.

E poi, le strategie preventive sovra esposte sono gratuite, senza lista d’attesa, semplici, sono applicabili da tutti, ovunque e comunque, ognuno/a in base alle proprie capacità ed attitudini.

Con l’elicitazione delle emozioni positive viene stimolata, e maggiormente prodotta, la dopamina (e sì, alla fine è sempre lei!). La dopamina mesolimbica è indispensabile 1) per la motivazione (che serve per progettare un obiettivo), 2) per l’azione, intellettuale o fisica, necessaria per il raggiungimento dell’obiettivo, 3) per l’apprendimento (raccolta di esperienze acquisite precedentemente e/o di nuove conoscenze), ed infine 4) per la gratificazione, cioè la consapevolezza che la volontà e l’impegno mi porteranno alla meta.

Per fare un esempio:

un bambino di 8-10 mesi vede un giocattolino appoggiato su un tavolo e per raggiungerlo deve alzarsi, ma non ce la fa. La volontà di prendere l’oggetto desiderato è talmente tanta che nel suo cervellino aumenta la dopamina che spinge il bambino a provare ad alzarsi; però il bambino cade, ma subito ci riprova di nuovo perché è motivato ad agire. Dopo innumerevoli tentativi il bambino finalmente sta in piedi e memorizza questa novità appena imparata, e che per il resto della sua vita farà automaticamente senza pensarci (finché non arriverà il Parkinson…); preso il giocatolo il bambino è contento e gratificato.

Questo esempio vale per tutte le nostre azioni, sia quelle mentali che quelle fisiche, imprese eroiche come piccoli gesti quotidiani: il meccanismo è sempre lo stesso.

L’ultima mia proiezione in sala è stato questo schema che sintetizza il concetto appena esposto:

Tutto questo viene provocato dalle emozioni positive, che però mettono in moto anche un altro meccanismo:

Le emozioni positive stimolano la neuroplasticità, ovvero la capacità del cervello di crescere, di creare nuovi circuiti, di adattarsi, di riparare (!) e di rigenerare (!), e, pensate, la plasticità del cervello porta alla riduzione della morte cellulare (apoptosi) dei neuroni (!!). Quindi le attività ludiche e ricreative riducono la morte cellulare, cioè riducono la neurodegenerazione.

Parafrasando il motto della nostra Parkinson Sassari mi viene da dire:

Prevenire si può, Vivere si deve!

 

“UNA PAGAIATA AL GIORNO…” di Kai S. Paulus

“… leva il medico…”.

No, non proseguite a dirlo, per favore!

Però, in effetti, ciò che ho visito stamattina a Porto Torres mi ha lasciato letteralmente senza parole: tutte le mie pastiglie, compresse, gocce e pompe, non riescono ad ottenere tale risultato. Alla meta de Lo Scoglio ho incontrato una allegra compagnia dopo un impegnativo percorso a Balai e ritorno: tutti in piena forma, dopo il secondo giorno in acqua, e, non dimentichiamolo, dopo due settimane di faticoso trekking.

Queste ragazze e questi ragazzi non necessitano delle mie medicine!

Un grande plauso va al gruppo di istruttori intorno a Pierpaolo Peddio con Mauro, Martina ed Alessandra, e gli studenti della Prof. Lucia Cugusi: tutti collaboranti con grande professionalità, simpatia e amichevole complicità. Si è amalgamato un fantastico gruppo tra professionisti ed i nostri “escursionisti”. Dopamina pura!!!

Tutti presenti; all’appello mancavano soltanto Sig.ra e Sig. Parkinson, di loro due neanche la ben minima traccia.

Che dire? Sono felice di aver potuto assistere stamattina a Porto Torres, al duro colpo inflitto al rapace infingardo.

Anche il tempo è stato clemente: i minacciosi nuvoloni ci hanno raggiunto soltanto all’arrivo bagnandoci giusto in tempo, per il terzo tempo…

Dopo il Trekking delle scorse settimane, queste mattinate in kajak rappresentano la seconda tappa del progetto “Progetto Sardegna – Palestra a cielo aperto” (vedi la presentazione PROGETTO SARDEGNA; PALESTRA A CIELO APERTO) ideato e diretto dalla Prof. Lucia Cugusi, docente del CdS “Scienze Motorie, Sportive e Benessere dell’Uomo” dell’Università di Sassari, e che proseguirà nelle prossime settimane con il corso di vela e per finire con le avventure sulla tavola di surf.

Mi sono commosso a vedervi tutte e tutti così allegri e sportivi. Promossi tutti!

Allora è vero: Volare si può…

 

DISFUNZIONI AUTONOMICHE NEL PARKINSON di Kai S. Paulus

(Pillola n.37)

Avete presente, quando ci si alza velocemente da una sedia e ci vengono dei leggeri e passeggeri capogiri? Ecco, questa è una disfunzione autonomica, cioè, in questo caso, una difficoltà di adattamento della pressione sanguigna al cambiamento della postura; cambia la forza con cui il cuore deve pompare il sangue per contrastare la gravità e per una frazione di secondo arriva meno sangue al cervello.

Quando invece questa situazione persiste, parliamo di “ipotensione ortostatica”, cioè di una pressione sanguigna troppo bassa quando si sta in piedi, persistono i capogiri, ci si può sentire mancare, la “lipotimia”, fino a svenire, la “sincope”, con cadute improvvise e spesso traumatiche.

Le alterazioni delle funzioni autonome accompagnano l’invecchiamento e sono presenti in tante malattie, quali il diabete mellito, le neuropatie periferiche e la malattia di Parkinson. L’ipotensione ortostatica è una delle più frequenti disautonomie neurovegetative del Parkinson e che fa parte di quelle che interessano il sistema cardiocircolatorio (ipotensione ortostatica, ipertensione supina, tachicardia, ecc.), ma ce ne sono tante altre, ugualmente importanti, che possono aggravare considerevolmente il quadro neurologico già disabilitante del Parkinson e notevolmente peggiorare la qualità di vita.

Il sistema nervoso neurovegetativo o autonomo, distinto in simpatico e parasimpatico. Copyright © 2023 Merck & Co., Inc. Rahway, NJ, USA e affiliate

Altre disfunzioni del sistema nervoso autonomo che abbiamo recentemente presentato in “ ATTACCO O FUGA“ (per rileggerlo cliccate sul titolo celeste) riguardano il tratto gastrointestinale (scialorrea, disfagia, costipazione, diarrea, ecc.), il sistema urogenitale (incontinenza e ritenzione urinaria, disfunzioni sessuali, ecc.) ed il sistema della termoregolazione (non sentire caldo e/o freddo, sudorazione eccessiva, ecc.).

Quindi, nelle prossime settimane ci occuperemo delle varie disfunzioni del sistema nervoso autonomo nel Parkinson.

“Ma perché?” vi chiederete.

E vi rispondo, perché queste problematiche sono estremamente importanti, e per i quali …

… esistono delle cure (era ora!)

 

Fonti bibliografiche:

Chen Z, Li G, Liu J. Autonomic dysfunction in Parkinson’s disease: Implications for pathophysiology, diagnosis, and treatment. Neurobiology of Disease, 2020; 134: 1-18.

Doolittle JD. Could treatment of autonomic dysfunction in early and prodromal Parkinson’s disease slow disease progression. Journal of Neurophysiology, 2023; 129(6): 1279-1281.

Stewart CB, Ledingham D, Foster VK, Anderson KN, Sathyanarayana S, Galley D, Pavese N, Pasquini J. The longitudinal progression of autonomic dysfunction in Parkinson’s disease: A 7-year study. Frontiers of Neurology, 2023; doi 10.3389/fneur.2023.1155669

ATTACCO O FUGA di Kai S. Paulus

(Pillola n. 36)

Il nostro sistema nervoso ci fa pensare e muovere ed è molto complesso, comprendendo il cervello, il midollo spinale ed i nervi periferici. Ma accanto a questo sistema “normale” ne esiste uno “parallelo”, il cosiddetto sistema nervoso autonomo, che si occupa della regolazione ed il controllo dei visceri, del sistema cardiocircolatorio e delle emozioni.

Il sistema nervoso autonomo, detto anche involontario oppure vegetativo, agisce fuori dal controllo della volontà ed è responsabile per la corretta attività del cuore, dei vasi sanguigni e dei visceri, ed influenza l’attività della maggior parte degli organi del nostro corpo. Questo sistema, situato ai lati del midollo spinale lungo delle catene di gangli, stazioni nervose periferiche, regola la pressione del sangue, l’attività gastrointestinale, la vescica, la vista, la termoregolazione e sudorazione, fame e sete, e tante altre attività.

Copyright 2010 Ed. Ermes Milano (modificato)

Il sistema nervoso autonomo viene suddiviso in due sottosistemi, il sistema simpatico che mette in allerta l’organismo per l’attacco o la fuga (aumento della pressione, della frequenza cardiaca, dilatazione delle pupille, sudorazione, ecc.), ed il sistema parasimpatico che invece è responsabile delle funzioni corporee di base (tutto quello che succede dentro il nostro corpo mentre, per esempio, dormiamo oppure siamo seduti a leggere un libro), e quelle digestive.

La funzione di questo sistema nervosoparallelo” si base principalmente su riflessi condizionati da informazioni sensoriali provenienti dalla periferia del corpo.

Le principali funzioni del sistema nervoso simpatico e parasimapatico

Per esempio, lungo i principali vasi sono disposti dei recettori che captano la pressione con cui scorre il sangue al loro interno. Se la pressione sanguigna diminuisce, questi recettori segnalano il cambiamento alle strutture cerebrali situati nell’ipotalamo e nel tronco encefalico, che in risposta determinano l’aumento della frequenza cardiaca e la vasocostrizione periferica per riportare la pressione sanguigna a valori normali; diversamente, in caso di pressione alta, si verifica un rallentamento del ritmo cardiaco ed una vasodilatazione periferica per abbassare la pressione.

Il sistema nervoso autonomo sta sotto il controllo della corteccia cerebrale e del sistema limbico e pertanto è strettamente collegato alle emozioni. Troppo complicato?

Faccio un esempio che conosciamo tutti: quando siamo imbarazzati arrossiamo in faccia, vero?

L’imbarazzo origina nelle aree frontali e limbiche che lo segnalano all’ipotalamo che quindi procede alla vasodilatazione dei capillari del viso, segnalando che siamo pronti all’azione, reazione emotiva ancestrale sopravvissuta durante l’evoluzione dell’essere umano. Quindi, l’arrossamento del nostro viso significa un segnale di pericolo per gli altri; oggi ci vergogniamo perché il nostro corpo segnala delle emozioni che non vorremmo far conoscere.

Ora che abbiamo compreso la complessità e l’importanza del sistema nervoso autonomo, possiamo immaginare a che deficit, disagi e problemi possiamo andare incontro quando questo sistema non funziona correttamente.

Come, per esempio, nella malattia di Parkinson. Ma di questo vi riferirò un’altra volta.

La complessa rete dell’innervazione degli organi da parte del sistema nervoso autonomo. Copyright 1983 Ciba Geigy Cooperation

WOODY GUTHRIE E BOB DYLAN di Kai S. Paulus

Vorrei raccontarvi brevemente questa storia nella quale mi sono imbattuto in questi giorni studiando la corea di Huntington che è un raro disordine del movimento, di cui vi parlerò prossimamente, che in sintesi possiamo definire quasi come il contrario del Parkinson, che è una sindrome ipocinetica, cioè rallentata e rigida, mentre l’Huntington è una sindrome ipercinetica, cioè accelerata, le coree appunto, e caratterizzata anche da problemi cognitivi e psichiatrici.

Quindi, alla ricerca di materiale sulle coree mi è capitata una canzone del cantautore statunitense Bob DylanSong to Woody” (trad. ‘Canzone a Woody’) del 1962. Dylan dedica questa canzone al suo idolo e musicista statunitense Woody Guthrie (1912-1967), caposcuola della canzone impegnata e fonte di ispirazione per Bob Dylan e tanti altri cantautori. Guthrie si era distinto per il suo attivismo antifascista con simpatie comuniste e per i testi delle sue canzoni impegnate socialmente. Il suo marchio di fabbrica era “This machine kills fascists”, (trad. ‘ Questa macchina ammazza i fascisti’) targhetta applicata sulla sua chitarra.

La famosa chitarra di Woody Guthrie. Immagine da radiosonar.net 2017

Nel 1956 a Woody Guthrie viene diagnosticata la malattia di Huntington e, dopo tre matrimoni e otto figli, viene ricoverato in una struttura sanitaria, dove il suo ammiratore Bob Dylan va spesso a trovarlo.

Impressionato dalla malattia dell’amico, Dylan scrive un testo su una melodia composta tempo prima dallo stesso Guthrie, che poi viene incisa come canzone di Dylan nel 1962. Il ritornello fa così:

 

Hey, hey Woody Guthrie, ti ho scritto una canzone

A proposito di un vecchio mondo che sta arrivando

Sembra malato ed è affamato, è stanco ed è lacerato

Sembra che stia morendo invece è appena nato.

 

Woody Guthrie stesso scrisse di sé:

 

Se non ricordi come sono morto, ricordati come sono vissuto

E se trovi nel tuo cuore il modo di perdonarlo

Sappi che la regione del cervello lesionata

Mai ha compromesso il mio amore per te

Suonerò questa canzone finché loro troveranno la cura.

da sinistra: Bob Dylan e Woody Guthrie. Immagine da tutorbright.com 2025

Woody Guthrie morì di malattia di Huntington nel 1967 all’età di 55 anni lasciando un enorme patrimonio culturale che ha segnato la musica statunitense e le generazioni successive di cantautori.

 

Assemblea cittadina dell’Associazione Parkinson Onlus Alghero

Sabato 6 maggio il Direttivo dell’Associazione Parkinson Onlus Alghero ha riunito l’assemblea cittadina dei soci, presso la sede locale del Polisoccorso. Nel corso della riunione si è portato a conoscenza dell’Assemblea di alcune iniziative a cui l’Associazione ha attivamente partecipato negli ultimi mesi. In primo luogo, l’incontro che il 7 marzo si tenuto a Cagliari, insieme alle altre quattro associazioni presenti in Sardegna – l’Associazione Parkinson Onlus di Sassari, l’Associazione Parkinsoniani di Nuoro, l’Associazione Parkinson Sulcis-Iglesiente e l’Associazione Parkinson Sardinia di Cagliari – con l’Assessore alla Sanità Carlo Doria. L’obiettivo dell’incontro era quello di portare a conoscenza della massima autorità sanitaria regionale, le condizioni di disagio che devono affrontare quotidianamente gli oltre 4000 parkinsoniani sardi, a causa delle lunghe fila d’attesa nelle prenotazioni CUP, della mancanza, in alcune aree, persino di un neurologo di riferimento – a volte addirittura del medico di base -, di spostamenti anche di cento e passa chilometri per recarsi a visita presso neurologi disponibili.

Una situazione di degrado e di spreco economico che, senz’altro, è conseguenza del ritardo nell’approvazione da parte della Regione Sarda del PNC, Piano Nazionale Cronicità, al cui interno sono previsti i cosiddetti PDTA (Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali). Nelle intenzioni della legge i PDTA sono uno strumento indifferibile di gestione clinica con il quale accompagnare tutto il percorso di cura del paziente. E’ risaputo che i pazienti cronici, avendo un quadro clinico tendenzialmente stabilizzato, sono caratterizzati da una condizione di notevole fragilità e complessità, e che, quindi, necessitano, in modo particolare proprio i parkinsoniani, di un monitoraggio e di un’assistenza sanitaria, sociale, psicologica, multidisciplinare e continuativa. L’assessore Doria si è mostrato consapevole della situazione, e ha dato la sua immediata disponibilità operativa per attivare un tavolo di lavoro, composto da neurologi, psicologi, fisiatri, fisioterapisti e rappresentanti delle associazioni sarde, al fine di compensare l’assenza dei PDTA. Rimaniamo in attesa della convocazione del tavolo, perché riteniamo questa una importante occasione da non perdere.

La seconda importante iniziativa è la partecipazione dell’Associazione al Progetto Serena APS, presieduto dal cinofilo di fama nazionale Roberto Zampieri, e che vede l’imprescindibile presenza come referente scientifico del medico algherese Francesca Soggiu. Lo scopo è quello di mettere a disposizione un amico a 4 zampe in supporto dei pazienti di diabete (Diabeti Alert Dog), ma anche di altre patologie croniche, come il morbo di Batten, compreso il Parkinson. In particolare, per quanto ci riguarda, il progetto è già partito, da qualche tempo, proprio nella città di Sassari, con una stretta collaborazione fra un cane messo a disposizione da Progetto Serena e un paziente affetto da freezing, ovvero quella particolare forma di Parkinson concernente il blocco della camminata. I risultati, sebbene siamo allo stato iniziale, e debbano essere costantemente monitorati dal Dott. Kai Paulus e dalla dottoressa Francesca Soggiu,  sono molto incoraggianti.

Una terza interessante iniziativa in corso che vede presente l’Associazione è il “Progetto Sardegna- Palestra a cielo aperto”,  presentato, lo scorso 3 febbraio, dalla prof.ssa Lucia Cugusi, docente del CDS Scienze Motorie, Sportive e Benessere dell’Uomo dell’Università di Sassari, presso la Facoltà di Medicina del capoluogo. Seguiti da uno staff di eccellenti professionisti, e solo dopo attento controllo medico, i pazienti Parkinson che aderiranno al progetto potranno svolgere attività all’aria aperta in diverse discipline, dal surf alla barca a vela, dal Trekking all’Azen Kayak, oppure attività in acqua, con un maestro che spiegherà tutti i segreti dell’acquaticità di base. Alcuni nostri associati hanno già iniziato percorsi di trekking, con grande beneficio fisico e psicologico.

Di grande rilievo, perché di carattere internazionale, è il progetto chiamato “Freezing of gait”, che ha a che fare, anche questo, con una delle più gravi forme di Parkinson. La nostra Associazione partecipa al progetto grazie al dott. Kai Paulus, infaticabile ricercatore e punto di riferimento per centinaia di nostri pazienti, che ha voluto coinvolgerci in prima persona, con la firma di una importante “Lettera di intenti”. Si tratta di un progetto ideato dal bioingegnere italiano Fulvio Stradjiot, residente in Svizzera,  che consiste in una app da applicare sul cellulare o nelle smartband, atta a facilitare i pazienti colpiti da difficoltà motorie. Un importante progetto europeo, quindi, al quale partecipano l’Università di Torino, un’azienda di biotecnologia svizzera, la facoltà di neurologia dell’Università di Colonia, l’Associazione Parkinson Giovani Italiani, l’Asl di Sassari, e le Associazioni Parkinson di Sassari e Alghero. Va da sé la soddisfazione della nostra piccola Associazione per essere inseriti in un consesso così prestigioso.

Alla riunione ha partecipato anche la dott.ssa Annalisa Masala, pedagogista, rappresentante dell’Associazione di Promozione Sociale “Anemone”, con la quale la nostra associazione intende iniziare una proficua collaborazione, in particolare nella diffusione del cosiddetto Metodo Munari, progetto di educazione creativa utile non solo nel periodo infantile, ma anche nell’età adulta, attraverso percorsi di “ginnastica mentale”.

Il Presidente dell’associazione Parkinson Onlus Alghero

Marco Balbina

 

 

IL RIPOSIZIONAMENTO di Kai S. Paulus

(Pillola n. 35)

Cosa c’entra il termine “riposizionamento”, parola alquanto obsoleta e consumata, con le nostre Pillole sul Parkinson?

L’ovvio significato della parola non necessita di ulteriori spiegazioni ed anche il Treccani è molto sintetico e lapidario: “il porre di nuovo una cosa nel luogo da cui si era tolta o spostata”.

Però, il “riposizionamento” in campo farmacologico è una procedura emergente e molto attuale. Si tratta di riproporre un noto farmaco, per esempio una sostanza ipoglicemizzante per la terapia del diabete, per il trattamento di una malattia diversa, per esempio il Parkinson.

Da alcuni anni, il settore dello sviluppo di nuovi farmaci è in enormi difficoltà a causa dei costi proibitivi dello sviluppo, della sperimentazione e della commercializzazione di nuove sostanze, ed anche per le difficoltà di reperire le materie prime per principi attivi, eccipienti, ma anche per blister e confezioni.

“Riposizionamento di farmaci: una breve panoramica”

 

La ricerca di nuovi usi per farmaci già in commercio comporta grossi vantaggi, oltre che economici per l’azzeramento dei costi di sviluppo e sperimentazione, specialmente di sicurezza e tolleranza conoscendo già approfonditamente le caratteristiche del medicinale, i suoi pregi e difetti (effetti collaterali ed avversi) confermati grazie al suo lungo utilizzo nel campo per cui era stato concepito.

Il primo e più famoso caso di “riposizionamento” di un farmaco riguarda l’acido acetilsalicilico (Aspirina) che nasce originariamente (nel 1899!) come analgesico, ma nel 1980 trova una sua seconda indicazione come farmaco antiaggregante e per la prevenzione di malattie cardiovascolari, per cui il biochimico e farmacologo inglese, John Robert Vane ottenne il Premio Nobel nel 1982. Addirittura, l’acido acetilsalicilico ha ottenuto recentemente una terza indicazione in campo oncologico.

Spesso, queste nuove indicazioni vengono scoperte per puro caso, come per esempio, il pramipexolo (Mirapexin) che originariamente venne sviluppato come antidepressivo, ma trovò subito il suo principale utilizzo nella cura del Parkinson, oppure l’antivirale amantadina (Mantadan) che oggi è conosciuto come strumento contro le discinesie causate dal Parkinson.

Interessante lavoro di un gruppo scientifico milanese, appena pubblicato, sull’utilizzo di farmaci cardiologici e dismetabolici per il trattamento della scialorrea e della disfagia.

 

La lista di esempi è molto lunga, ma l’attualità è molto affascinante per noi, in quanto stanno per arrivare in soccorso alle truppe in battaglia contro su nemigu farmaci antidiabetici, anti-asmatici, ACE inibitori e betabloccanti, a basso impatto socio-economico ed alta efficacia.

Caro rapace infingardo, per te sarà sempre più dura!

 

Fonti bibliografiche:

Battini V, Rocca S, Guarnieri G, Bombelli A, Gringeri M, Mosini G, Pozzi M, Nobile M, Radice S, Clementi E, Schindler A, Carnovale C, Pizzorni N. On the potential of drug repurposing in disphagia treatment: New insights from a reral-world pharmacovigilance study and a systemic review. Frontiers in Pharmacology 2023, doi: 10.3389/fphar.2023.1057301.

Jourdan JP, Bureau R, Rochais C, Dallemagne P. Drug repositioning: a brief overview. Journal of Pharmacy and Pharmacology 2020; 72: 1145-1151.