Volare si Può, Sognare si Deve!

Autore archivio: Kai Paulus

IL SECCHIO BUCATO di Kai Paulus

Avete presente un secchio bucato che perde continuamente anche se cerco di riempirlo? E’ così che spesso spiego la malattia di Parkinson e la difficoltà di curarla. Il secchio rappresenta il sistema nigro-striatale che a causa del processo patologico diminuisce il suo contenuto di dopamina, essenziale per il corretto funzionamento di muscoli e movimento. Il secchio bucato perde quindi dopamina che va costantemente riempito; ciò si fa con il precursore della dopamina, la levodopa (Sirio, Sinemet, Madopar, Stalevo); ma più levodopa verso nel secchio e più levodopa ne esce. Una partita persa in partenza. A tale scopo vengono abbinati alla terapia dopaminergica altri farmaci, i cosiddetti inibitori enzimatici che possiamo immaginarci come dei piattini che sotto il nostro secchio bucato raccolgono la dopamina persa e la riversano nel secchio diminuendo in questo modo la quantità di dopamina perduta, o in altri termini, aiutando a prolungare l’effetto della singola dose di levodopa.

Di questi piattini, di questi inibitori enzimatici, che effettivamente inibiscono la degradazione della dopamina rendendola nuovamente disponibile, ce ne sono di due tipi: uno che inibisce l’enzima MAO-B (monoaminoossidasi B), e l’altro che inibisce l’enzima COMT (carbossimetiltransferasi), entrambi essenziali appunto nell’inibire la rapida perdita di dopamina. Questi inibitori li conosciamo tutti: gli inibitori della MAO-B sono selegilina (Jumex) e rasagilina (Aidex, Rasabon, Roldap e Azilect, oppure Xadago), mentre agli inibitori della COMT appartengono entacapone (Comtan, entacapone contenuta in Stalevo) e tolcapone (Tasmar).

Tra qualche mese arriva nelle farmacie italiane ONGENTYS, ovvero opicapone, un nuovo inibitore della COMT.

Il nuovo farmaco è simile a entacapone e tolcapone, ma è caratterizzato da due fondamenti proprietà: rispetto ai prodotti attuali possiede una più lunga azione consentendo un‘unica somministrazione giornaliera, e non è epato-tossico e quindi non necessità dei periodici controlli ematici della funzionalità del fegato. Altro vantaggio è che non lascia tracce colorate nelle urine e quindi non macchia.

In conclusione, avremo un piattino più grande da poter raccogliere meglio la dopamina che si perde dai buchi del secchio: meno prese di farmaco giornaliero e più lunga efficacia della singola dose di levodopa.

Ora mi chiederete, ma non sarebbe più semplice chiudere, tappare i buchi? Avete ragione. Ma questa è un’altra storia, che ha a che fare con neuro-plasticità, neuro-protezione, e neuro-restaurazione di cui si sta occupando intensivamente la scienza internazionale, e che da anni stiamo seguendo da vicino, basti pensare ai nostri sforzi a riguardo di Emozioni e Musica oppure il Buon Riposo Notturno, e di cui parleremo ancora molto prossimamente.

SIGNORA O SIGNOR PARKINSON? di Kai Paulus

La malattia di Parkinson, lo sappiamo fin troppo bene, è una malattia, o meglio una sindrome, con tantissimi aspetti sia motori (tremore, rigidità, instabilità posturale, ecc.) che non motori (anosmia, costipazione, disturbi del sonno, dolori, ansia, ecc.) di difficile gestione farmacologica e riabilitativa. Oltre alle problematiche personali si aggiungono i disagi sociali e soprattutto familiari (devo sempre pensare al nostro Tonino Marogna che si definisce “Portatore sano di Parkinson”). Le difficoltà dei trattamenti farmacologici sono dovute a tanti fattori, in primis alle ancora poche conoscenze della scienza sulle cause e progressione della malattia e conseguentemente l’impossibilità a sviluppare terapie mirate ed efficaci.

Ma la lista delle difficoltà non finisce qui: la persona affetta da Parkinson in media ha più di 60 anni e per la maggior parte sarà affetta anche di qualche altra malattia per cui dovrà assumere delle medicine; ciò implica possibili interazioni ed interferenze tra farmaci, basti pensare agli effetti ipotensivi di farmaci anti-ipertensivi, sedativi oppure prostatici che possono sommarsi allo stesso effetto dei farmaci anti-parkinson; se poi ci si mette anche il caldo, allora fiacchezza, capogiri e mancamenti saranno all’ordine del giorno.

Già i farmaci per la prostata: allora le donne sono salve?

Ecco centrato il problema: ma le cure per donne e uomini sono uguali, hanno la stessa efficacia? I farmaci tipicamente maschili (per es., per la prostata) e femminili (per es., contro osteoporosi) possono alterare la terapia anti-parkinson? l’organismo femminile e quello maschile rispondono diversamente ai farmaci? Insomma, il Parkinson è diverso tra donna e uomo?

Domande che a mio avviso sono molto importanti ed attuali. Da qualche anno si sta facendo largo la cosiddetta “Medicina di Genere” oppure “Medicina genere-specifica” che studia le differenze tra donne e uomini a riguardo di malattie e conseguentemente della distribuzione ed azione dei farmaci. Si parla innanzitutto di diversità del metabolismo tra corpo femminile e maschile con possibili velocità diverse delle malattie e differenti velocità di assorbimento ed eliminazione dei farmaci, ma anche della massa corporea e della sua costituzione con differenze nella distribuzione dei farmaci, il che si traduce in possibili differenze di biodisponibilità e di efficacia. Inoltre, durante la vita il nostro corpo passa diverse fasi, l’infanzia, adolescenza, maturità, maternità, menopausa, vecchiaia, ognuna caratterizzata da una costituzione ed un metabolismo differenti.

Roba da far venire il mal di testa: sapevamo che il Parkinson è una malattia complicata con grosse difficoltà delle cure, ed ora vengono fuori pure differenze di genere, forse da dover parlare di un Parkinson femminile ed uno maschile, giusto per complicarci ancora di più la vita.

Niente di tutto ciò. Secondo me la Medicina genere-specifica sarà un arma in più contro Su nemigu e contro il Rapace infingardo, una grande opportunità di miglioramento, ed una sfida possibile per noi medici. Da sempre stiamo cercando di tagliare la terapia su misura per ognuno; ora si aggiunge una importantissima variabile, il sesso appunto, la cui considerazione potrà ulteriormente migliorare l’efficacia delle cure.

E da quando sarà possibile applicare queste nuove conoscenze?

Da subito!

P.S.: queste righe sono solo alcuni pensieri su un nuovo indirizzo della Medicina, di cui si parlerà molto nel prossimo futuro e di cui anche noi avremo modo di approfondire le ricadute sulla gestione del Parkinson.

A PROPOSITO DI TANGO di Kai Paulus

 

Il nostro “Ecosistema” già nel 2009 aveva iniziato ad occuparsi di musico- e danza-terapia, per poi iniziare nel 2010 una collaborazione con i colleghi della Fisiologia della Università di Sassari, guidati dalla Prof.ssa Franca Deriu, insieme anche alla fisiatra della AOU Sassari, dott.ssa Elena Aiello, studiando i possibili benefici del Tango su un gruppo di persone affette da Parkinson.

I risultati erano clamorosi perché non solo si è potuto dimostrare che il tango fa bene, ma che gli effetti positivi su postura ed equilibrio statico-dinamico persistevano anche molte settimane dopo il corso di ballo, coordinato dall’eccezionale maestro di ballo Bruno Pitzolu.

Questi importanti risultati sono stati presentati negli anni in convegni regionali e nazionali, per poi essere pubblicati l’anno scorso sulla rivista scientifica internazionale “NeuroRehabilitation“.

Nel 2014 il Tango entra nelle linee guida italiane della terapia del Parkinson, ma noi della Parkinson Sassari lo sapevamo già.

Si sogna, si vola, SI CANTA! di Kai Paulus

 

Stasera ho assistito alle prove del nostro coro.

Che entusiasmo, che partecipazione!

 

Sotto la guida di maestro Fabrizio Sanna le nostre ugole danno il meglio di sé ed intonano canzoni italiane (bellissime le “Vecchio frack”, oppure “Scende la pioggia” – giusto per rimanere in tema) e sarde, quali “Non poto riposar” o “Dimonios”. Cantano proprio tutti, bellissimo.

 

Qui, qualche foto di questo bel pomeriggio, che pare sia diventato un appuntamento settimanale fisso, per trasmettervi qualche impressione.

 

Il nostro personaggio dell’anno Pier Gavino ha ripreso tutte le prove che verranno presto postate sul nostro sito, quale testimonianza delle bellissime voci della nostra Associazione.

 

Va be’, non voglio esagerare, ma il video senz’altro sarà l’ennesima dimostrazione del buon umore e del divertimento della nostra Parkinson Sassari.

Forza Paris!

 

QUALCHE NOVITA’ PER LA NOSTRA LEVODOPA di Kai Paulus

Al recente 70. Congresso della Società Neurologica Americana (AAN), tenutosi nello scorso mese a Los Angeles, sono stati discussi delle vie di somministrazione alternative per la levodopa, con l’obiettivo di ottenere una migliore e costante efficacia del farmaco ed una riduzione delle fluttuazioni e dei blocchi motori, comunemente di difficile gestione con la terapia farmacologica orale. Con le vie di somministrazione attuali, orali ed intestinali, riscontriamo quotidianamente difficoltà nell’assorbimento del farmaco a causa di tante variabili date dal tratto gastrointestinale: l’acidità gastrica, la velocità di transito gastrointestinale e lo svuotamento gastrico, l’ambiente microbiota dell’intestino, e così via,  e comunque troppe per garantire un costante livello di farmaco nel sangue.

In particolare, si è discussa una somministrazione sottocutanea per la levodopa tipo quella conosciuta per l’apomorfina con la pompa d’infusione continua, con due importanti vantaggi: uno, che la levodopa non passa per il tratto gastro-intestinale e pertanto diventando quasi indipendente dall’assunzione dei pasti; l’altro vantaggio è rappresentato sicuramente dalla somministrazione continua che garantisce un livello costante di farmaco in circolo con ovvi benefici, che la dose orale non può ottenere. Questa metodica ha già superato la sperimentazione clinica in fase II e potrebbe presto essere messo in commercio.

L’altra novità è rappresentata da uno spray nasale della levodopa. Anche qui si è dimostrato un miglioramento delle condizioni fisiche con cinque somministrazioni giornaliere. I vantaggi anche in questo caso sono legate al fatto che viene evitato il tratto gastrointestinale con veloce assorbimento e quindi rapido effetto della levodopa. Fantascienza? Mica tanto, perché lo spray dovrebbe essere registrato presto presso l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) con il nome di Inbrija.

Fonte:

Friederike Klein “AAN Jahrestagung 2018: Parkinsontherapie, durch die Haut und durch die Nase”. Springer Verlag 05/2018

 

 

E COSI’ TUTTI OGGI VINCONO di Federica M.

Dietro eventi meravigliosi non possono che esserci dei grandi protagonisti.

Una storia che la dice lunga sulla grande determinazione di una Associazione attenta, tenace, compatta, e dei suoi “combattenti”.

Sì, proprio loro: pazienti, familiari, presidente, neurologo di riferimento, componenti a vario titolo.

Una storia che la dice lunga sul come, quando si crede in qualcosa fortemente, come nel diritto alla salute ed alle cure, si possano ottenere risultati presumibilmente irraggiungibili.

Ricordo come fosse ieri, quando conobbi dott. Paulus; mi trovai nel suo ambulatorio per motivi di lavoro. Aveva qualcosa di diverso da molti medici che avevo incontrato. Il modo in cui accoglieva i pazienti nel suo ambulatorio, il tono di voce con cui rispondeva a coloro che lo contattavano telefonicamente tra una visita e l’altra. Quel modo di rasserenare il paziente probabilmente spaventato e preoccupato all’altro capo del telefono o un suo familiare. Parole di speranza, di forza, di supporto, di cura, oltre che di scienza, di professionalità, competenza ed amore per il proprio lavoro. Pensai che mi sarei sentita felice ad avere un medico così.

Ci incontrammo per lavoro svariate volte nel tempo che seguì. Un medico instancabile, sempre  presente per i suoi pazienti. Scoprii approfondendo alcuni aspetti della sua specializzazione che quel dottore aveva un grande sogno. Quello di creare un’Associazione per i malati di Parkinson tutta Sassarese. Inizialmente sembrava tutto così complicato. Trovare i fondi, una sede, fondare l’Associazione. Ma non per lui. Non si risparmiò. Ogni volta che accennava a quel progetto il suo viso si illuminava. Ogni volta che tornavo a trovarlo per lavoro aveva aggiunto un tassello al puzzle. Circondato da persone meravigliose, i guerrieri, il progetto diventò realtà ed il puzzle si completò. La non sede diventò sede, il progetto diventò Associazione Parkinson Sassari. La visione divenne un logo, il simbolo di una “casa” che ospitasse tutti quei guerrieri e attraverso la quale si potessero intraprendere tutte le strade possibili per un futuro migliore.

Eventi, giornate dedicate, convegni. Quante attività per includere, portare lontano e avvicinare chi non ne era a conoscenza della realtà del Parkinson a Sassari. Il suo motto “Volare si può, sognare si deve, insieme” ha portato lontano quel medico e tutti gli altri Guerrieri.

Ma non senza sacrifici. Al posto loro, molti avrebbero abbandonato. Ma loro no, non si sono mai dati per vinti. E così tutti insieme oggi vincono. Vincono per loro stessi, per i pazienti del futuro e per ognuno di Noi.

Vincono anche le amministrazioni della Sanità nella persona di quei nuovi dirigenti che hanno fatto la differenza, mettendo finalmente il paziente davanti alla burocrazia, davanti ai conti da far quadrare, davanti ai fondi che mancano.

Grazie ai “GUERRIERI” della Associazione Parkinson Sassari Onlus dal Presidente a tutti gli Associati e familiari, i terapisti, per il loro instancabile impegno e la lotta quotidiani, per il grande insegnamento a tutte le persone oltre che per tutti coloro che non meritano di essere invisibili agli occhi della Sanità.

Grazie dott. Paulus per l’amore e la professionalità che ha per il suo lavoro. Per non aver mai smesso di vedere lontano, per aver dato vita al suo progetto, al suo sogno, diventato una importantissima realtà

Grazie a quei dirigenti che hanno ascoltato anziché ignorare, che hanno decisio di mettere in campo azioni invece di promesse lasciate al vento.

Oggi il futuro è migliore grazie a queste persone.

ADELE E SOFIA di Kai Paulus


A volte capita.

Negli ultimi dodici mesi la nostra Associazione era impegnata a salvare l’ambulatorio dei Disordini del Movimento della Clinica Neurologica di Sassari; ciò ha richiesto tante energie e sembrava che la nostra Parkinson Sassari insieme al suo Ecosistema non riuscisse più a dedicarsi a quello per cui esiste: l’insieme delle persone, l’assistenza, l’informazione, il divertimento. Per fortuna, i preziosi appuntamenti settimanali della palestra con Pinuccia Sanna e della musicoterapia di Annalisa Mambrini, due importanti pilastri della riabilitazione sassarese, sono proseguite senza interruzione, ma poi c’erano pochi altri accenti. L’associazione era assorbita nei due sogni del nostro presidente Franco Simula: avere un ambulatorio specialistico dedicato ed a tempo pieno, ed una sede. E pare proprio che gli sforzi di tutti siano stati premiati, visto che l’ambulatorio dei Disordini del Movimento, dopo il trasloco alla ATS di via Tempio, dall’inizio di questo mese lavora a pieni ritmi potendo offrire a tutti appuntamenti senza attesa (sembra essere tornati indietro di dieci anni!), ed anche la sede è prossima all’apertura in via Muroni. Questi due importanti risultati evidentemente, ma era scontato che accadesse, hanno messo le ali alla Parkinson Sassari e come d’incanto è risuscitato anche il suo Ecosistema con due preziosi appuntamenti in via dei Gremi, nella scuola primaria dove di consueto si svolgono le fondamentali attività riabilitative di Sanna e Mambrini.

Da tempo richiesto da molti, una settimana fa finalmente si è tenuto un seminario sulla deglutizione e sull’espressione verbale con la logopedista dott.ssa Sofia Pinna della UOC Otorinolaringoiatrica della AOU di Sassari, specializzata nelle problematiche che possono scaturire dal Parkinson e che già da un po’ di tempo sta seguendo molti dei nostri soci. Ed è qui che capita, che si rivede lo spirito della nostra associazione: con la dott.ssa Pinna non si tiene mica un comune seminario, no, tutt’altro: l’incontro si trasforma quasi in una chiacchierata tra amici; tutti seduti in un grande cerchio insieme alla logopedista che dà la possibilità a tutti di intervenire, di dire la propria e di fare domande. Un successo! Ecco cosa serve, lo scambio diretto con gli specialisti, lo spirito che per anni ha animato e contraddistinto l’Ecosistema del Parkinson Sassari, come suol chiamare Prof. Pier Andrea Serra la nostra associazione. Sofia Pinna si mostra disponibile, risponde alle domande, spiega i sintomi quali disfagia e disartria che spesso accompagnano il Parkinson, e dà consigli pratici per come gestirli. Un incontro assolutamente riuscito ed applaudito da tutti; certamente la bravissima dott.ssa Sofia Pinna sarà coinvolta presto per un nuovo evento.

E ieri, poi. Devo confessarvi che sono rimasto molto impressionato da ciò a cui ho assistito. Tutti sanno che una persona affetta da Parkinson incontra maggiori difficoltà nel pomeriggio, quando a causa della digestione i farmaci hanno meno effetto. Ma ieri, alle ore 17, erano tutti in piedi a marciare, a suonare uno strumento, a dirigere a turno gli altri, ed a ballare. Ripeto: tutti! Incredibile! Il tutto grazie ad Adele Diana, musicoterapista, già nota a noi per la sua divertente partecipazione alla “Giornata Catalana” dello scorso anno ad Alghero. Adele spiega il ritmo, e lo fa usare; distribuisce a tutti degli strumenti di percussione ed il divertimento è assicurato.

Ecco, il divertimento, produttore di dopamina!

Adele Diana lo sa bene e per lei è un gioco da ragazzi coinvolgere anche i più bloccati. Ieri si è assistiti alla dimostrazione pratica dell’equazione fondamentale: divertimento uguale emozioni positive uguale dopamina uguale miglioramento. Il nostro Credo. Peppino che balla con Adele, Piero che dirige l’inno della Brigata Sassari, Antonio che cammina senza sostegno, Geminiano in versione John Lennon. Sono felice di averci potuto assistere.

Prima di salutarci, Vincenzina, Salvatore, Franco ed il ragazzo di Koblenz hanno intonato alcune strofe de La Montanara.

Volare si può…

 

 

LA RIABILITAZIONE NELLA MALATTIA DI PARKINSON di Kai Paulus

 (Sabato, 2 dicembre 2017, sono stato invitato a Cagliari per tenere una relazione sulla riabilitazione nel Parkinson al Congresso regionale della Associazione Italiana dei Neurologi Territoriali, AINAT. Nel preparare il mio discorso ho pensato a tutti voi, ed in particolare all’eccezionale lavoro svolto dalle nostre buone fate, Pinuccia Sanna e Annalisa Mambrini; questa relazione l’ho voluta dedicare a loro)

La malattia di Parkinson (MP) è una patologia neurodegenerativa che progressivamente porta ad una sempre maggiore disabilità e ciò comporta un sempre maggiore peso per l’ammalato/a e la famiglia, e sempre maggiori costi per la comunità. Per questo motivo è importante intervenire al più presto possibile, appena posta la diagnosi. Ma come sappiamo, al momento della diagnosi la maggior parte dei neuroni del sistema nigro-striatale sono già compromessi ed il punto del non ritorno è superato. La scienza sta studiando delle possibilità di poter fare diagnosi preclinica ed è alla ricerca di sintomi prodromici e biomarker (iposmia, alterazioni del transito intestinale, disturbi del sonno, depressione, ecc.), ma essi, pur indicativi, non sono specifici e pertanto non si può intervenire preventivamente, e non ci sono ancora disponibili delle strategie terapeutiche che possono modificare il decorso della patologia, le cosiddette terapie “disease-modifying”. La terapia farmacologica è sintomatica, però con la durata della malattia essa diventa sempre meno efficace e pertanto saranno necessari approcci sempre più costosi. Nella gestione globale della MP il trattamento farmacologico va affiancato con quello riabilitativo per preservare il più a lungo possibile le autonomie della persona e, a differenza dei farmaci, la riabilitazione aumenta in efficacia con la durata della malattia senza far lievitare il carico socio-sanitario ed economico.

La MP è una malattia che compromette il movimento e di conseguenza la sua terapia naturale è il movimento, ed essendo una patologia ipocinetica, cioè che tende ad un progressivo rallentamento motorio ed induce l’ammalato/a a muoversi sempre di meno portandolo ad una vita inattiva e sedentaria, il primo obiettivo delle strategie riabilitative deve essere quello di prevenire l’inattività. E questo obiettivo si insegue sin dall’inizio della malattia, quando la persona è ancora autonoma: informando paziente e familiari si favoriscono frequenti passeggiate, attività quotidiane in generale ed eventualmente attività sportive ed il ballo. Questo intervento riabilitativo si rivela particolarmente utile nelle prime fasi di malattia, ma sarà il filo conduttore della neuro-riabilitazione durante tutta la durata della MP. Nelle fasi intermedie della MP si presentano disabilità fisiche che possono essere affrontate con diverse strategie per preservare le autonomie residue e per migliorare l’equilibrio statico-dinamico con l’obiettivo di mantenere e migliorare le autonomie globali (miglioramento di cambi posturali, alzarsi da letto e sedia, la postura, la camminata, abbottonarsi, ecc.); ciò è importante sia per la persona ammalata sia per i familiari che non sono costretti ad assisterla continuamente, e così si prevengono anche tensioni interpersonali ed intra-familiari. I vari esercizi possono essere eseguiti all’aperto, in palestra, a domicilio, ed anche in piscina, e si possono avvalere di diversi aiuti, cues, visivi, uditivi, tattili, in base alla disabilità da migliorare. Per esempio, cues permanenti o ritmici possono essere lo scandire del ritmo di una marcia militare oppure il superamento di linee sul pavimento che favoriscono il miglioramento della deambulazione e l’allungamento del passo. Oppure, una facilitazione, un cue unico, può essere il dare il via (“uno, due, tre, via”) in caso di acinesia, cioè in caso di difficoltà nell’iniziare il movimento; ed ancora, per vincere il freezing, il blocco motorio, che si può osservare in spazi stretti, come nell’attraversare una porta, un cue, in questo caso un trucco (strategia cognitiva), può essere, non concentrarsi sulla soglia da superare, ma di tenere in mente la meta da raggiungere dopo la soglia, per esempio la poltrona. Come aiuti possono essere impiegati anche altre strategie molto utili, quali il nordic walking e la realtà virtuale, con i quali si possono esercitare anche il “multi-tasking”, cioè la capacità di fare diverse attività contemporaneamente, come camminare e parlare allo stesso tempo; la MP compromette gli automatismi e rende pertanto difficile l’esecuzione di attività contemporanee.

Dopo anni, inevitabilmente si arriva alla fase avanzata, caratterizzata da marcata instabilità posturale, rigidità diffusa ai quattro arti e tronco, disfonia, disartria, disfagia, insonnia, depressione, e compromissione dei movimenti fini e della manualità; si necessitano ausili, come il deambulatore e la carrozzina, ed in casi gravi si rende necessario l’allettamento. Ecco, l’obiettivo principale della riabilitazione e della terapia farmacologica è rappresentato dal ritardare il più possibile questa fase avanzata che significa per l’ammalato/a enormi disagi e per il familiare e/o caregiver un importante carico assistenziale 24 ore su 24.

In una persona molto disabilitata, confinata in carrozzina oppure a letto, l’approccio riabilitativo si rende estremamente importante. Si tenga presente la situazione di una persona con MP in stadio avanzato: costretto alla quasi totale inattività, e quello che è peggio, annoiato, sicuramente depresso. Ecco che l’arrivo del terapista diventa un evento che rompe la monotonia e riempie il vuoto, e spesso già la sola attesa può essere momento di sollevamento del tono dell’umore. Ma, non è la mobilizzazione passiva l’obiettivo del trattamento, che comunque serve per mantenere una buona condizione cardio-circolatorio. Il SSN non prevede un trattamento riabilitativo permanente, specialmente se non ci sono obiettivi e se non si apprezzano miglioramenti. Pertanto la riabilitazione deve mirare a degli obiettivi anche nella fase avanzata. Come? Innanzitutto, ci vuole la collaborazione della persona, che a volte non è facile da ottenere, e comprensibile per la situazione di disagio e di sofferenza in cui si può trovare. Allora, l’ammalato/a va motivato, gli vanno prospettato dei traguardi, e soprattutto la persona va coinvolta attivamente nella pianificazione del programma riabilitativo. Poi, a parte le sedute insieme al terapista, che come sappiamo sono spesso preziose e brevi, nel corso della giornata vanno inseriti dei momenti di esercizio, di allenamento, che l’ammalato/a può eseguire da solo, autonomamente, a mo’ di “compiti per casa”, durante i quali potrà perfezionare gli esercizi appresi dal terapista. Oltre al miglioramento, con questo programma si struttura la giornata, la si riempie, la persona ha un obiettivo, ed anche una responsabilità (mica può deludere il terapista, e non vuole che il SSN gli tolga questa opportunità), per non parlare della possibilità di poter parlare con familiari ed amici di cose costruttive e di non doversi lamentare dei suoi malanni. In questa ottica cambia tutta la prospettiva: migliorano i rapporti interpersonali e migliora la qualità di vita, spesso creduta perduta.

Ma tutto ciò non basta.

Ci vuole il divertimento. Ed a questo proposito ci aiutano le cosiddette arti-terapie, quali la musica, il ballo, il teatro, ed altro, che da alcuni anni sono state aggiunte nelle linee di guida italiane ed internazionali del trattamento della MP.

Pensando alla musica, viene in mente subito il ritmo, che come la levodopa per la terapia farmacologica, rappresenta il “gold-standard” della riabilitazione nella MP. Il suono mette in oscillazione il sistema uditivo, e conseguentemente, il ritmo causa una oscillazione ritmica che viene trasmessa direttamente, tramite una via reticolo-spinale, al sistema motorio, piramidale, quindi by-passando la malattia, il sistema extrapiramidale. Ecco, perché il ritmo funziona e la persona bloccata riesce a camminare sulle note della marcia “Dimonios”, l’inno della Brigata Sassari, perché si toccano “corde” che non sono ammalate. Quindi, con il ritmo mettiamo in moto ogni parkinsoniano, ma non lo curiamo, perché l’effetto benefico del ritmo è temporaneo, proprio perché non agisce sul sistema extrapiramidale.

E la musica?

Ecco, la musica aggiunge un elemento essenziale: l’emozione! E quale musica? Non importa, ognuno ha la sua musica che gli è più congeniale, che gli provoca ricordi ed eventualmente la pelle d’oca. Con questa musica suscitiamo l’emozione che a livello del sistema sia meso-limbico sia dei nuclei della base stimola l’aumento del tono dopaminergico favorendo un miglioramento dei segni extrapiramidali. A differenza del ritmo, la musica, l’emozione, stimola processi di neuro-plasticità, un processo che viene elicitato con ogni nostra attività, sia fisica che cognitiva. La neuro-plasticità è caratterizzata da un aumento delle connessioni sinaptiche, un aumento del tessuto neuronale, ma anche dei capillari e della glia; e la neuro-plasticità diminuisce la apoptosi, la morte cellulare. Ed ecco che la musica migliora la MP a lungo termine: si creano processi di riparazione di compensazione. E ciò vale anche per altre attività, come il teatro ed il ballo. Importante è il divertimento.

In conclusione, la neuroriabilitazione nella MP è una presa in carico globale che include l’informazione di ammalato/a e caregiver, la prevenzione, la motivazione e la collaborazione, prevede attività fisica e cognitiva, programmi riabilitativi che comprendono parti passive ma prevalentemente esercizi attivi ed allenamento quotidiano. Ma il trattamento riabilitativo, per poter ottenere risultati apprezzabili e per poter consolidare i benefici temporanei e quindi per contrastare la progressione della malattia diventando effettivamente una terapia “disease-modifying”, necessita di un atteggiamento positivo, di carica, di forza di volontà e di tante emozioni, gioia, piacere, divertimento.

Giocando si impara.

SAN MARTINO ED IL RAGAZZO DI KOBLENZ

Tra non molto è l’undici novembre ed io devo contattare il pasticciere tedesco vicino Coblenza per ordinare i “Weckmaenner” che tradizionalmente durante la nostra infanzia si trovavano sul tavolo per la festa di San Martino. Che ricordi…

San Martino era un soldato romano che visse nel quarto secolo d.C. e la sua storia la conoscete tutti: durante una ronda a cavallo in una rigida notte d’inverno egli vide un mendicante mezzo nudo seduto nella neve. Per dargli una mano e per proteggerlo dal freddo, egli tagliò il suo mantello in due metà e ne cedette una al povero. In un sogno Gesù ringraziò Martino per il suo gesto, e da quel momento il soldato si convertì al cristianesimo fino a diventare vescovo.

Mi ricordo che da bambino partecipavamo insieme ai miei fratelli alla processione della sera dell’11 novembre (giorno in cui si ricorda appunto S. Martino); il ricordo è saldamente ancorato nella mia memoria perché molto particolare. In testa alla processione c’era San Martino in sella ad un bellissimo cavallo e dietro a lui camminavamo noi bambini con le nostre lanterne, costruite appositamente per l’occasione nei giorni precedenti. Mi ricordo ancora l’atmosfera delle serate fredde e le canzoni che cantavamo. Non so, se allora suonavo l’armonica di mia nonna, ma oggi, e specialmente nel mese di novembre suono volentieri le canzoni di San Martino dell’infanzia.

A casa poi, dopo la processione, ci aspettava un pupazzo in pasta frolla con una pipa in terra cotta tra le mani. La pipa, che vuole simboleggiare la spada, è una pipa vera, cioè con il foro, non so se mi spiego, insomma, noi ragazzacci la provavamo con vari gradi di nausea, ma con immensa inquietudini nel desiderio di voler diventare grandi.

Con la festa di San Martino per noi bimbi iniziava il periodo più bello, quello natalizio, con tanti altri appuntamenti che facevano salire la febbre in trepida attesa fino al Natale.

L’anno scorso ho scoperto un pasticciere vicino Coblenza che inforna questi figurini esattamente come quelli dei miei ricordi. Non potevo che ordinarli per farli assaggiare ai miei figli. E’ stato un successo.

Quindi, adesso ordinerò i Weckmaenner di Coblenza e mi metterò a ripassare le canzoni di San Martino sulla mia Hohner, e poi li farò ascoltare alla prossima occasione a Salvatore e Franco…

Kai Paulus