Volare si Può, Sognare si Deve!

Autore archivio: Kai Paulus

PARKINSON E FESTINAZIONE di Kai S. Paulus

(Pillola n. 21)

La festinazione è uno dei sintomi più frequenti negli stadi medio-avanzati della malattia di Parkinson, già menzionata nella prima descrizione clinica di James Parkinson nella sua “The shaking palsy” (1817), ma curiosamente non considerata dalla letteratura internazionale come invece altri segni tipici, quali tremore, rigidità, rallentamento motorio, scialorrea e disturbi del sonno.

La festinazione appartiene al capitolo dell’instabilità posturale insieme al freezing e la camptocormia, e, insieme ad essi, principale causa di cadute.

Quando ero studente, ci spiegavano la festinazione come il tentativo di rincorrere il proprio baricentro proiettato in avanti, un’immagine azzeccata che non ho mai dimenticato; è come quando si sta per cadere in avanti e, per evitare la caduta, si fanno dei passi correttivi in avanti; ma nella festinazione questi passi risultano troppo corti, per cui necessitano velocemente di un passo compensatorio, che però risulta più breve, ed il prossimo passo sarà ancora più veloce ed ancora più corto: si crea così una corsa a passi sempre più piccoli, ed alla fine non si riesce più a correggere la proiezione del tronco in avanti, e quindi si cade.

Ed arriviamo al punto: cosa possiamo fare per ridurre la festinazione, prevenire le cadute o magari evitarla proprio?

Come già accennato, la festinazione è scarsamente responsiva ai farmaci dopaminergici ed alle procedure invasive, come la stimolazione cerebrale profonda oppure il trattamento con gli ultrasuoni focalizzati; ma è comunque importante l’ottimizzazione della terapia in atto. Dopodiché, la riabilitazione mirata al miglioramento dell’equilibrio statico-dinamico, della postura e della marcia, e le strategie di nordic walking sono sicuramente da annoverare tra le metodiche più utili, accanto alle cure dei disturbi non motori, quali insonnia, stitichezza, dolori, depressione, ansia.

Fonti bibliografiche:

Nonnekes J, Giladi N, Guha A, Fietzek UM, Bloem BR, Ruzicka E. Gait festination in parkinsonism: introduction of two phenotypes. Journal of Neurology, 2019; 266: 426-430.

CAREGIVER? di Kai S. Paulus

tesi caregiver

Conosciamo bene che cosa è un caregiver, un prestatore di cura: il nostro “portatore sanoTonino Marogna e tanti altri ce lo dimostrano da molti anni. E conosciamo bene anche le difficoltà che un familiare incontra nel voler assistere una persona non autosufficiente, la fatica, gli ostacoli burocratici, lo stress, ansia, l’insonnia, la depressione, e la solitudine; ne abbiamo parlato diverse volte nel nostro sito:

(Tra parentesi mese e anno dove si può consultare l’articolo nel archivio di questo sito)

ed il sito è colmo di testimonianze e commenti dei nostri ‘caregiver’, il vero pilastro della nostra Parkinson Sassari. Mi viene in mente anche il nostro primo convegno, con cui tutto iniziò: “La Famiglia e la malattia di Parkinson” nel maggio 2009 in una strapiena Camera di Commercio.

Ora si aggiunge un nuovo tassello:

Recentemente Glauco Di Martino, l’autore del fortunato romanzo-testimonianza “Il miracolo di Mari” ha invitato politici locali e regionali, operatori sanitari ed i caregiver, per un incontro nelle Tenute Li Lioni, per discutere sulle criticità dell’assistenza domiciliare delle persone non autosufficienti, ed in particolare le persone affetta da Alzheimer e Parkinson. In sala era presente anche la neolaureata in Servizio Sociale Elisa Palmas la cui tesi di laurea “Caregiver familiare e anziani non autosufficienti in Italia: come prendersi cura di chi si prende cura” dà tanti spunti di riflessione.

Quando arriva la diagnosi, inizia il faticoso percorso ad ostacoli della famiglia. L’inizio della ‘carriera’ del prestatore di cure è segnato quasi sempre da un senso di inadeguatezza e di smarrimento; e la lamentela comune è il difficilissimo accesso ai servizi pubblici dedicati all’assistenza, l’assenza di un punto di accesso per ottenere le informazioni necessarie, con conseguente acquisizione di conoscenze frammentarie e fumose tramite un ‘passa parole’ tra conoscenti ed amici con informazioni spesso aneddotiche.

Allora, cosa fare?

Elisa Palmas ci ricorda che in Italia si è iniziato il percorso di tutela giuridica della figura del caregiver a partire dal 2017 (Legge 27 dicembre 2017 n. 205) e che lo stato interviene a sostegno della famiglia con diversi interventi socioeconomici, quali l’indennità di accompagnamento che garantisce al portatore di invalidità totale un sussidio mensile di 522,10 €. Purtroppo, l’accompagnamento è egualitario e non tiene conto del grado di invalidità e delle reali necessità. Questa indennità, che rappresenta un enorme costo per la comunità, circa 0,8% del PIL nazionale, viene distribuito a pioggia, raggiungendo destinazioni dove spesso non serve e molte altre dove non è sufficiente. L’accompagnamento è unicamente un assegno con cui il destinatario deve arrangiarsi, senza includere servizi sociosanitari tanto meno accesso ad informazioni.

Poi ci sono altri aiuti nazionali e regionali, quali i permessi lavorativi (legge 104) ed il sostegno economico del ritorno a casa (RAC); inoltre esistono i servizi domiciliari, CDI (ex-ADI), con cui la sanità pubblica invia a domicilio diversi operatori sanitari (infermieri, terapisti, psicologi, assistenti sociali, medici specialisti) per ammalati gravi ed allettati. Ma l’accesso a questi servizi è minato da barriere burocratici incredibili.

Infine, la famiglia spesso rimane sola, con le preoccupazioni per il proprio caro, con la disperazione davanti agli ostacoli e mura di gomma burocratici, e con le difficoltà familiari e professionali che si complicano continuamente.

Tutti i presenti all’incontro sono convenuti sulla insostenibilità della situazione attuale e la necessità di aiutare concretamente chi rischia di perdersi nella giungla burocratico-sanitaria e di soccombere sotto il peso di un compito troppo grande. A questo proposito, il sogno di Glauco Di Martino potrebbe presto realizzarsi con il supporto del Comune di Porto Torres: un centro diurno per assistere i familiari di persone non autosufficienti a Porto Torres.

mari

Sabato, 11 giugno, si replica nel Palazzo di Provincia a Sassari. Penso che questo nuovo appuntamento possa essere un’occasione per affrontare le criticità dell’assistenza a Sassari e per sondare possibili soluzioni.

Una mia idea per migliorare i servizi sociosanitari in supporto alle famiglie è il tentativo di rendere il lavoro del caregiver attrattivo, socialmente rispettabile, ed appetibile all’industria biomedica. Una possibilità sarebbe la formazione professionale con titolo giuridico di caregiver, regolarmente stipendiato, persona informata che si occupa di tutto; un’opportunità per giovani con possibilità di arricchire il curriculum per future scelte professionali. Certo, la formazione e lo stipendio hanno un notevole costo, che però potrebbe essere controbilanciato dalla creazione di posti di lavoro e di reddito con contributi e tasse, non perdita di lavoro e reddito da parte del familiare, e incentivo all’industria biomedica italiana per lo sviluppo di apparecchiature mediche, tecnologia riabilitativa, soft- e hardware, comunicatori, protesi, ecc. Tutto ciò produce occupazione e reddito.

Inoltre, il familiare sarà un caregiver part-time senza eccessive rinunce alla propria vita, anzi, potrà dedicarsi con più serenità ed affetto alla persona bisognosa.

Parliamone, di questo e di tanto altro, sabato mattina, 11 giugno al Palazzo di Provincia.

E CHE TREMORE SIA di Kai S. Paulus

Nei primi anni adolescenziali mi trovavo spesso sdraiato per terra insieme ai miei fratelli Patrick e Urs ad ascoltare le divertenti trasmissioni radiofoniche di Radio Luxembourg con Frank Elstner, che negli anni sarebbe diventato uno dei più famosi moderatori della televisione tedesca e ideatore di tanti programmi di successo, tra cui “Scommettiamo che…” molto noto anche in Italia.

Avevo perso le tracce di Frank Elstner, finché una settimana fa Patrick mi ha mandato una presentazione del libro “Dann zitter ich halt. Leben trotz Parkinson” (‘E che tremore sia. Vivere nonostante il Parkinson’), edito da Piper Verlag (Monaco di Baviera), in cui ho scoperto la malattia della star televisiva, oggi, ad oltre 80 anni, ancora in attività nonostante otto anni Parkinson.

Il libro è costruito in forma di intervista tra Elstner ed il suo neurologo prof. Jens Volkmann, ed i due passano in rassegna tutti i principali sintomi della malattia di Parkinson, dal tremore alla rigidità, dal freezing a sbandamenti e cadute, dalla micrografia alle discinesie, alla scialorrea e disfagia, fino al rallentamento motorio, ed i due si soffermano molto anche sui sintomi non motori, quali insonnia e disturbi del sonno, la depressione, i dolori, la stitichezza, la riduzione dell’olfatto. Tutti gli argomenti vengono trattati in modo sufficientemente approfondito ma in maniera comprensibile e spesso autoironica e simpatica.

La conversazione si snoda scorrevolmente, spesso intercalata con piccoli paragrafi su argomenti imparentati con il Parkinson, quali la sindrome delle gambe senza riposo, il tremore essenziale, i parkinsonismi, ed altri; molta attenzione viene dedicata anche ai cosiddetti segni prodromici, cioè quei sintomi con cui subdolamente e mascherato ha inizio tutto, molto prima delle prime manifestazioni motorie tipiche (rallentamento, rigidità, tremore), quasi all’insaputa della vittima che solo anni dopo, ripercorrendo la propria storia, coglie le avvisaglie nascoste (disturbi del sonno, stitichezza, depressione, ecc.).

Il libro non è un testo scientifico e presenta i disagi ed i problemi del Parkinson nella quotidianità della vita. E si parla dei familiari, dei caregiver, dei terapisti e dei medici, e per la prima volta ho letto delle raccomandazioni su come comportarsi davanti al medico che ho trovato una perspettiva insolita, visto che noi ci occupiamo solitamente solo del comportamento degli operatori sanitari e non anche viceversa.

Elstner e Volkmann discutono i vantaggi di una corretta dieta, le terapie con le loro possibili complicazioni, e soprattutto parlano del modo migliore per affrontare la malattia: rimanere attivi, dormire bene e affrontare il rapace infingardo (cit. G.B.) con decisione. Ma proprio qui il libro mostra, a mio avviso, il suo aspetto migliore, quando la star televisiva ogni volta si lamenta che gli viene difficile seguire tutti i buoni consigli a causa dei dolori, della lentezza dei movimenti, della fatica e dell’insoddisfazione generale, ed il professore ogni volta trova il modo di rasserenare il suo assistito.

Ho letto tanti libri scritti da persone che lottano contro su nemigu (cit. Peppino Achene), e penso che questo dialogo sia un ulteriore arricchimento. Speriamo che “Dann zitter ich halt” venga tradotto in italiano perché è ricco di situazioni che ogni persona affetta da Parkinson vive quotidianamente ma a volte non riesce a gestire nel modo migliore.

IGIENE DEL SONNO 2.0 di Kai S. Paulus

(Pillola 20)

Il sonno è una delle funzioni fisiologiche più importanti per il corretto funzionamento del nostro organismo, corpo e mente. Molte volte ci siamo occupati in questo sito delle problematiche del sonno, specialmente nella malattia di Parkinson, nella quale i disturbi del sonno possono rappresentare il sintomo d’esordio della malattia che precede i classici sintomi del Parkinson (tremore, rallentamento, rigidità, instabilità posturale) anche per molti anni. Sappiamo anche quanto lo stesso Parkinson possa rovinare il sonno. Abbiamo già trattato i diversi disturbi del sonno che si incontrano nel Parkinson (sindrome delle gambe senza riposo, movimenti periodici delle gambe, disturbo comportamentale del sonno REM, alterazione del ritmo circadiano, le apnee notturne, ecc.) che vanno gestiti da esperti di Parkinson e di disturbi del sonno, proprio perché il loro corretto trattamento può modificare il decorso della malattia e ridurre sintomi e disagi durante il giorno.

Tra le problematiche notturne spicca certamente la comune insonnia, di cui soffre circa il 6% della popolazione generale, che spesso viene sottovalutata oppure trattata farmacologicamente in modo non ottimale.

Esistono dei semplici comportamenti che si possono adottare giornalmente per migliorare il proprio riposo notturno, seguendo alcune raccomandazioni che sono incluse nella cosiddetta Igiene del sonno, che, accanto alla Terapia Cognitiva Comportamentale, rappresenta il principale approccio non farmacologico ed efficace nel trattamento dell’insonnia.

Nonostante l’apparente semplicità dell’igiene del sonno, risulta che solo poche persone riescono a seguire quelle regole ed a migliorare efficacemente il loro riposo notturno. Pertanto, vorrei presentare un aggiornamento delle regole comportamentali nella speranza che possano trovare maggiore consenso e beneficio tra coloro che posseggono enormi greggi notturni di pecorelle …

Fonti bibliografiche:

 

 

Frohnhofen H. Schlaf und Schlafstoerungen im hoeheren Lebensalter. CME 2022; 19(1-2): 19-27.

Lauren NG, Cunnington D. Management of insomnia in primary care. Aus Prescr 2021; 44(4): 124-128.

Weinhold SL, Goeder R. Kognitive Verhaltenstherapie bei Insomnie. Somnologie 2022; 26(1): 55-64.

Zeising M, Thiedermann C, Pollmaecher T. Schlafmedizin in der Psychiatrie und Psychotherapie. Nervenarzt 2022; 93: 313-324.

MALATTIA DI PARKINSON E DEPRESSIONE di Kai S. Paulus

(Pillola 19)

 

La depressione, spesso associata all’ansia, è una malattia neuropsichiatrica che coinvolge sia la sfera affettiva che quella cognitiva, ed è molto frequente nella popolazione generale.

Questo disturbo dell’umore è caratterizzato da una riduzione dell’autostima, perdita di interesse, mancanza di motivazione, stanchezza, tendenza all’isolamento, ecc., con conseguenti difficoltà a svolgere le comuni attività domestiche e/o lavorative, associato ad ansia ed insonnia. Nella maggior parte, la depressione è curabile con approcci psicoterapeutici o farmacologici.

Si distinguono diverse forme di depressione che vanno dal disturbo distimico fino al bipolarismo, che qui non possiamo trattare, ma nella malattia di Parkinson la depressione acquista particolare significato ed importanza, e si distinguono diversi tipi di depressione:

1) una depressione pre-esistente ed indipendente dalle cause del Parkinson, che però viene accentuata dalla malattia neurologica, prevalentemente da ascrivere ad una riduzione del tono serotoninergico intracerebrale;

2) una depressione che può rappresentare il sintomo d’esordio del Parkinson e precedere di diversi anni i classici sintomi motori (tremore, rallentamento, rigidità, instabilità posturale) e dovuto ad un coinvolgimento di sistemi neuronali dopaminergici, noradrenergici e serotoninergici; in questo caso la depressione diventa una vera sfida, sia in termini di corretto inquadramento diagnostico (quindi non classica depressione, ma disturbo parkinsoniano), sia in termini terapeutici perché necessita di un approccio farmacologico mirato;

3) una depressione correlata alle fluttuazioni motorie del Parkinson che si manifesta specialmente nelle fasi “off” di fine dose della levodopa insieme all’accentuazione del tremore, dei blocchi motori e dei dolori;

4) una depressione reattiva, cioé dovuta alle difficoltà di affrontare i disagi e disabilità del Parkinson.

5) una comprensibile depressione del familiare, sopraffatto dal peso della necessaria disponibilità 24 ore su 24, che complica la convivenza familiare e la gestione globale;

6) la forma più frequente: una depressione mista che comprende diverse delle forme elencate.

 

Comunemente, depressione e Parkinson si accentuano vicendevolmente, cioè in presenza di depressione il quadro neurologico del Parkinson si aggrava, e con il decorso del Parkinson peggiora la depressione, con ovvie difficoltà nella gestione di entrambi.

Che cosa possiamo fare?

1) per una depressione indipendente dal Parkinson bisogna scegliere approcci farmacologici compatibili con la terapia antiparkinsoniana;

2) ottimizzare la terapia del Parkinson con cui verosimilmente migliora anche il tono dell’umore;

3) un sostegno psicologico per la persona ammalata ed i familiari;

4) favorire e stimolare le attività quotidiane, con commissioni, passeggiate, passatempi piacevoli vari;

e, importantissimo,

5) le attività associative: stare insieme a persone con problematiche simili è utilissimo quanto terapeutico, e le attività proposte anche dalla nostra Parkinson Sassari, quali coro, ginnastica (entrambi online ed in presenza), gite, convegni, ecc. sono essenziali perché esaltano l’insieme, la collettività, il coinvolgimento del singolo a partecipare alle attività di gruppo, favorendo pertanto la motivazione ed il divertimento.

 

Infine, Parkinson, depressione e ansia, riducono la qualità e la durata del riposo notturno, per cui una delle strategie principali è rappresentato sicuramente dal miglioramento del sonno.

Ma questo lo sapevamo già.

 

Fonti bibliografiche:

Aguera-Ortiz L, Garcia-Ramos R, Perez FJG, Lopez-Alvarez J, Montes Rodrigues JM, et al. Focus on depression in Parkinson’s disease: a Delphi Consensus of Experts in Psychiatry, Neurology, and Geriatrics. Parkinson’s Disease 2021; ID 6621991: 1-11.

Weintraub D, Aarsland D, Chaudhuri KR, Dobkin RD, Leentjens AFG, Rodriguez-Violante M, Schrag A. The neuropsychiatry of Parkinson’s disease: advances and challenges. Lancet Neurol 2022; 21(1): 89-102.

CANNABIS E PARKINSON di Kai S. Paulus

(Pillola 18)

La cannabis attualmente è molto in voga, e da comune sostanza “da sballo” è stata promossa a suon di popolo a rimedio terapeutico contro il Parkinson. Già da diversi anni i cannabinoidi rientrano nelle terapie palliative ed antidolorifiche anche per malattie neurologiche quali la sclerosi multipla, ma il loro utilizzo come farmaco anti-Parkinson è ancora molto discusso e di cui abbiamo già riferito nell’articolo “Stupefacente!” (vedi archivio: aprile 2017).

La cannabis, composta da oltre 2000 sostanze, contiene principalmente due molecole, la THC che è psicoattiva e responsabile dello ‘sballo’, di allucinazioni e assuefazione, e la CBD che invece possiede un effetto ansiolitico ed antiinfiammatorio. Le due sostanze si influenzano a vicenda e così la CBD può accentuare l’azione psicogena della THC che a sua volta rafforza l’effetto ansiolitico della CBD. Nel commercio si trovano tanti prodotti di cannabis in diverse formulazioni (pastiglie, gocce, inalazione) ed a rapporti diversi tra THC e CBD potenzialmente decisivi nel determinare l’eventuale risultato; e siccome l’effetto del cannabinoide, in base alla formulazione ed alla concentrazione, è molto individuale, è difficile stabilire in quali percentuali, dosaggi e rapporto THC-CBD assumerlo per ottenere i benefici sperati senza dover far i conti con gli effetti collaterali.

La cannabis viene spesso assunta nella speranza che possa mitigare i sintomi parkinsoniani difficili da gestire con i farmaci tradizionali, e ci si accontenta alla fine del suo effetto principalmente ansiolitico. Nel sopracitato articolo ho cercato di illustrare i pro ed i contra della cannabis e delle sue principali componenti, la CBD e la THC, che potete andare a rivedere.

Appare interessante che, nonostante non ci siano evidenze scientifiche su eventuali benefici nel Parkinson, i prodotti a base di cannabinoidi vengono utilizzati verosimilmente nella speranza che “a qualcosa possano servire”, spesso dovuto ad una propaganda mediatica non scientifica.

Regolarmente leggo nel viso la delusione di coloro, tanti, che mi chiedono della cannabis non ottenendo la sperata risposta affermativa.

In questo contesto di assenza sia di evidenze scientifiche che di linee guida accreditate, e del sostanziale fai-da-te, si inserisce l’appena pubblicato articolo del nuovo numero della rivista Movement Disorders Clinical Practice con l’accattivante titolo “Maggiori rischi, maggiori benefici? Riferiti effetti del reale utilizzo di cannabis nella malattia di Parkinson” (Holden et al., 2022). Gli autori presentano un sondaggio tra oltre 50.000 persone affette da malattia di Parkinson raccogliendo le loro esperienze con la cannabis assunta di propria iniziativa.

Tra i principali effetti benefici sono stati riportati: miglioramento del sonno, riduzione di ansia, agitazione e dolori, mentre gli effetti avversi sono stati stordimento, problemi cognitivi, allucinazioni, aumento del peso, instabilità posturale, sonnolenza diurna, fatica, tachicardia ed apatia. Interessante è l’affermazione del 30% degli intervistati di un’azione positiva sui sintomi parkinsoniana, specialmente rigidità, rallentamento motorio e discinesie, mentre circa il 5% riferisce un peggioramento sintomatico. Tali risultati sono però soggettive, non confermate da valutazioni cliniche, e verosimilmente da ascrivere ad una sensazione di miglioramento per l’effetto rilassante. Secondo una ipotesi degli autori, la THC potrebbe effettivamente comportare una certa riduzione dei sintomi parkinsoniani associato però ad un aumento dei sopracitati effetti avversi. E pertanto, ci si chiede se vale veramente la pena (nel vero senso della parola) di usare una sostanza per la propria salute senza avere nessuna certezza né basi scientifiche.

La discussione rimane aperta, e sono in corso nuovi studi per poter oggettivare gli effetti dei cannabinoidi e per comprendere maggiormente i loro meccanismi d’azione all’interno del sistema nervoso centrale. Nel frattempo, per ottenere un effetto rilassante senza incorrere in spiacevoli effetti collaterali, e per rimanere nell’ambito della fitoterapia, magari potrebbero assolvere dal bisogno benissimo altri rimedi, quali, melissa, biancospino, passiflora e la comunissima camomilla, meno costosi e senza effetti collaterali.

Però, la questione della cannabis come possibile cura della malattia di Parkinson rimane molto intrigante e rimarremo sul pezzo.

Fonte bibliografica:

Holden SK, Domen CH, Sillau S, Liu Y, Leehey MA. Higher risk, higher reward? Self-reported effects of real-world cannabis use in Parkinson’s disease. Mov Disord Clin Prac 2022; 9(3):340-350.

IL GENIO DI FRANCESCO ENNA di Kai S. Paulus

 

 

Quando ho conosciuto lo scrittore e sceneggiatore sassarese Francesco Enna i miei ragazzi erano ancora piccoli e così siamo finiti a parlare, insieme alla moglie e psicologa Iole Sotgiu, dei loro libri per ragazzi e dell’importanza della letteratura per lo sviluppo delle giovani menti. Nelle letture serali ai miei figli è finito pertanto anche il loro tenerissimo racconto “La vera storia di Gondrano il cormorano” (Condaghes, 2007) che contiene una toccante filastrocca ‘Testa reale cuor di gabbiano’ che successivamente lessi in occasione della Giornata Mondiale della malattia di Parkinson nel 2014 al Palazzo di Provincia e che poi mi ispirò al motto della nostra associazione.

 

Quello che più di ogni altra cosa mi ha impressionato della persona e dell’opera di Francesco Enna è la sua sceneggiatura scritta appositamente per noi, “Romeo e Giulietta: 40 anni dopo”, che ritengo semplicemente geniale: nel dramma shakespeariano tutti i personaggi sono invecchiati e hanno contratto il Parkinson. L’idea di Enna, di far salire sul palcoscenico delle persone ammalate di Parkinson e chiedere loro di far finta di avere il Parkinson, è grandiosa.

 

E grandiosa era la recita, divertente e spettacolare, con la partecipazione di tutti, ma grandioso era anche ciò che accadeva sul palco sotto i riflettori: la malattia ad un tratto spariva in ognuno degli attori. Incredibile. Saranno stati l’emozione e l’enorme divertimento, che sappiamo sono fonti di dopamina, ma soprattutto l’idea di calarsi nelle vesti di una persona ammalata ha fatto dimenticare di essere ammalati realmente. Un effetto terapeutico eccezionale, unico al mondo, e che vale mille pastiglie.

 

Francesco Enna mi ha insegnato molto; ma ciò che lui ha provocato nella recita del 2015 non riesco ancora a spiegarmelo e lo menziono praticamente in tutte le mie relazioni sul Parkinson lasciando la platea di medici, neurologi e ricercatori ogni volta di stucco: a tutt’oggi rimane inspiegabile quello tsunami di entusiasmo, di gioia, di voglia di fare, di divertimento, e di leggero e spensierato movimento. Forse, nell’intento di recitare una persona ammalata ci si libera delle proprie sofferenze e si riesce a volare per davvero?

 

Penso che il contributo di Francesco Enna alla gestione globale del Parkinson sia importante, e ci vorranno ancora diversi anni per poterlo inserire nella quotidianità. Lui mi aveva posto una domanda: che cos’è la malattia di Parkinson? Maestro, non ho la riposta, non lo so. (non ancora). Ma:

Volare si può, sognare si deve!

(Il video della memorabile recita e tutte le foto trovate in questo sito cercando “Il teatro” nel 2015)

 

MISTER PARKINSON E CAPTAIN KIRK di Kai S. Paulus

Scienza, ultima frontiera. Eccovi il viaggio della pattuglia Microglia all’esplorazione di strani nuovi mondi, per arrivare laddove nessun uomo è mai giunto prima…

 

Tutto tranquillo nello spazio intercellulare.

Ma ecco, che il vascello della pattuglia ‘Microglia’ nota un insolito movimento nella via nigrostriatale. Verosimilmente si tratta di un neurone dopaminergico che non riesce a smaltire i propri scarti di alfa-sinucleina che adesso inquinano tutto l’interno della cellula. Se gli aggregati di questi scarti dovessero riuscire a giungere nello spazio intercellulare saranno guai seri, perché un singolo vascello nulla può fare contro l’aggressività di questa spazzatura tossica, e ciò che è ancora più grave, la sinucleina può diffondere ed attaccare altri neuroni.

Troppo tardi:

sciami di aggregati di sinucleina lasciano la povera cellula ormai spacciata e attraversano lo spazio in tutte le direzioni per attaccare più neuroni possibili. Ciò non deve capitare!

Allarme rosso!

A tutta velocità il vascello della classe macrofago, fornito della più moderna tecnologia di inglobamento e frantumamento di scarti, si precipita sul nemico, e consapevole che da solo non ha nessuna possibilità, manda segnali di soccorso alle altre pattuglie nelle vicinanze ed a tutta la flotta.

Intanto, il vascello ingaggia battaglia per distrarre il nemico e per guadagnare tempo e distrugge migliaia di aggregati che però arrivano sempre più numerosi e riescono a penetrare lo scafo del macrofago dirigendosi direttamente alle centraline energetiche, i mitocondri, danneggiandoli pesantemente e mettendo fuori causa il vascello.

Aggregati di sinucleina dentro il neurone; in lontananza si aggirano insospettite le pattuglie della Microglia. Crediti immagine: Nescens2021

Finalmente giunge sul posto l’intera flotta del Sistema Immunitario di quel settore e si dispone immediatamente in formazione di attacco: tutti i vascelli vengono uniti tra di loro da prolungamenti tipo tunnel che garantiscono il passaggio da un vascello all’altro formando una gigantesca rete nella quale il nemico finisce come pesci nella rete dei pescatori.

Per salvare il primo vascello in affanno e vicino a doversi arrendere, la rete lo aggancia con i suoi tunnel attraverso i quali lo libera di buona parte degli aggregati nemici spostandoli verso i macrofagi freschi e forti. Per di più, i vascelli più lontani dalla battaglia inviano tramite i tunnel i loro mitocondri, di cui hanno meno bisogno, che attraversano gli altri vascelli fino ad arrivare al primo, quello sfortunato, che ora viene fornito di nuovi mitocondri e può riaccendere i motori e buttarsi nella lotta.

La battaglia è presto vinta, ma la guerra è appena iniziata e tante battaglie attenderanno la flotta della Microglia.

(segue “La Microglia”)

LA MICROGLIA di Kai S. Paulus

(seguito di “Mister Parkinson e Captain Kirk”)

Mister Parkinson e Captain Kirk” racconta un po’ quello che accade in ogni momento in ognuno di noi, di come il sistema immunitario ci difende da ogni tipo di intrusione, germi, batteri, virus, e proteine alterate e tossiche.

La novità è che succede la stessa cosa anche dentro il nostro cervello e questa difesa del sistema immunitario, che nel cervello si chiama microglia, composta da cellule specializzate a fagocitare, a “mangiare” tutto quello che non ci deve stare, i macrofagi, simili ai monociti che troviamo in tutto l’organismo.

L’ultima, recentissima, scoperta, è la formazione della rete attraverso la quale la microglia può distribuire le sostanze nocive per smaltirle meglio, e soprattutto, ed è ciò che mi ha meravigliato tanto, la capacità di spostare i mitocondri, le centraline energetiche delle cellule, a seconda delle necessità dove servono di più. Incredibile! Da oltre 40 anni mi interesso di microbiologia e fisiologia cellulare ed ogni nuova scoperta mi affascina. Ma quando ho letto l’articolo di Hanna Scheiblich sono rimasto veramente di stucco. Roba così meravigliosa riguardante il funzionamento del nostro corpo e la collaborazione tra cellule non mi è ancora capitato e che fa venire in mente lo schieramento di un moderno esercito con l’avanscoperta, le falangi, e le retrovie che riforniscono le prime linee.

A differenza delle puntate della serie televisiva “Star Trek” il nostro racconto non finisce bene, anzi, non finisce proprio e prevede tante altre battaglie ed una guerra lunghissima. Allora, dobbiamo preoccuparci?

Per niente.

La microglia, scoperta nel 1856 dal patologo tedesco Rudolf Virchow, fu inizialmente considerata solo una componente di sostegno per i neuroni dentro il cervello, ma oggi si sa che è composta da cellule multifunzionali appartenenti al sistema immunitario e che interagiscono attivamente con le altre cellule del cervello, quali gli astrociti e oligodendrociti (la cosiddetta macroglia deputata al sostegno e supporto del cervello) e soprattutto con i neuroni.

Negli ultimi anni si è compreso che la microglia non è un osservatore passivo delle malattie nervose ma che è spesso coinvolta attivamente ed a volte in maniera determinante; esistono geni di rischio per diverse patologie, come l’Alzheimer, il Parkinson, la sclerosi multipla, l’epilessia, l’autismo, e la schizofrenia che si trovano non nei neuroni ma nella microglia. E siccome le mutazioni genetiche della microglia portano a severe microgliopatie che sono associate alle malattie sopraelencate, fa della microglia un formidabile bersaglio di promettenti approcci terapeutici per le grandi patologie del sistema nervoso centrale.

Pertanto, possiamo aggiungere al capitolo sulle nuove terapie in arrivo, “Malattia di Parkinson – Grandi Novità” (archivio 12/12/2021), anche questa parte che prevede lo sviluppo di terapie contro le ‘microgliopatie’.

 

Vorrei concludere con delle notizie positive:

  • dentro il nostro cervello lavora una squadra che lo protegge da tantissimi attacchi;
  • la ricerca sta indirizzando le sue forze verso tale squadra per rafforzarla e maggiormente utilizzarla contro malattie quali il Parkinson;
  • e nel frattempo possiamo fare molto anche noi nella vita quotidiana a rafforzare questa squadra:

Vi ricordate che nel capitolo “Il Sonno” (archivio, 03/01/2022) vi avevo scritto che il sonno buono, quello profondo degli stadi N3 e N4, serve per il corretto funzionamento del sistema immunitario. Quindi, curando il riposo notturno, si rafforza la propria armata a resistere con più energia e veemenza contro su nemigu.

Ulteriori, ottimi modi per rafforzare le nostre truppe sono buone attività quotidiane, senza voler strafare ed a seconda delle possibilità della singola persona, una corretta e gustosa alimentazione, ed una buona salute intestinale.

Ma questo noi della Parkinson Sassari lo sappiamo già da molto tempo.

 

Fonti bibliografiche:

Cornell J, Salinas S, Huang HY, Zhou M. Microglia regulation of synaptic plasticity and learning and memory. Neural Regen Res 2022;17(4): 705-716.

Madore C, Yin Z, Leibowitz J, Butovsky O. Microglia, Lifestyle Stress, Neurodegeneration. Immunity 2020; 52(2): 222-240.

Scheiblich H, Dansokho C, Mercan D, Schmidt SV, Bousset Luc, Wischhof L, Eikens F, Odainic A, Spitzer JGriep A, Schwartz S, Bano D, Latz E, Melki R, Heneka MT. Microglia jointly degrade fibrillar alpha-synuclein cargo by distribution through tunneling nanotubes. Cell 2021; 184: 5089-5106

Spiteri AG, Wishart CL, Pamphlett R, Locatelli G, King NJC. Microglia and monocytes in inflammatory CNS disease: integrating phenotype and function. Acta Neuropathol 2022; 143(2): 179-224.

IL MIRACOLO DI MARI (recensione del romanzo di Glauco Di Martino)

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“Un centro diurno per disabili a Porto Torres” vorrebbe realizzare l’autore algherese Glauco Di Martino con il ricavato della vendita del suo romanzo, e già questa è una validissima ragione per comprarlo.

Dalla quarta di copertina si evince che Di Martino è impegnato come guida turistica e come autista di pullman Gran Turismo. Sorprende pertanto lo stile professionale della sua scrittura, fresca e diretta.

Non vi racconto la storia, ma posso anticiparvi che si stratta di una storia struggente, di un figlio che assiste i suoi genitori nell’ultimo periodo della loro vita, ed in particolare, di sua madre, Mari appunto, “una delle più grandi guerriere della storia”, che pur combattendo con tutte le sue forze, si deve arrendere ad un invincibile decadimento fisico e cognitivo.

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Glauco Di Martino

Il Miracolo di Mari

Susil Edizioni, 2021

157 pagine, € 14,50

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Il romanzo, autobiografico, come vengo a sapere dall’autore in occasione della presentazione del libro, racconta la storia del familiare, il nostro “portatore sano”, questa volta nell’inusuale veste del figlio maschio. Un figlio che vive la sua vita spensierata con padre e madre che fungono da fari, e tutto fila liscio. Ma poi invece, ad un tratto, si trova egli stesso, suo malgrado, prima faro, e poi assistente dei propri genitori, e deve attraversare tutto l’arcobaleno emotivo di un familiare sul percorso di formazione di un caregiver: sorpresa, incredulità, smarrimento, impotenza, senso di inadeguatezza, solitudine, rabbia, disperazione, …

L’Alzheimer è una malattia terribile, subdola e vigliacca ed è incomprensibile come si possano destinare così poche risorse umane ed economiche alla cura di quella che io ritengo essere la malattia del secolo. Nessuno gli ha teso la mano, nonostante la nostra casa fosse costantemente frequentata da medici di ogni specie, assistenti sociali, fisioterapisti e ogni altra sorta di personale specializzato.

… per finalmente trovare la sua strada e imparare una lezione fondamentale:

Con Mari ho imparato cosa vuol dire donarsi completamente ad un’altra persona senza aspettarsi niente in cambio.”

Ho letto questo libro da medico ed ho incassato le giustissime critiche e la rabbia verso la mia categoria, ma ho letto il romanzo anche da figlio, ed è stata una lettura molto edificante. Grazie, Glauco Di Martino.

Kai Paulus