Conosciamo bene che cosa è un caregiver, un prestatore di cura: il nostro “portatore sano” Tonino Marogna e tanti altri ce lo dimostrano da molti anni. E conosciamo bene anche le difficoltà che un familiare incontra nel voler assistere una persona non autosufficiente, la fatica, gli ostacoli burocratici, lo stress, ansia, l’insonnia, la depressione, e la solitudine; ne abbiamo parlato diverse volte nel nostro sito:
ed il sito è colmo di testimonianze e commenti dei nostri ‘caregiver’, il vero pilastro della nostra Parkinson Sassari. Mi viene in mente anche il nostro primo convegno, con cui tutto iniziò: “La Famiglia e la malattia di Parkinson” nel maggio 2009 in una strapiena Camera di Commercio.
Ora si aggiunge un nuovo tassello:
Recentemente Glauco Di Martino, l’autore del fortunato romanzo-testimonianza “Il miracolo di Mari” ha invitato politici locali e regionali, operatori sanitari ed i caregiver, per un incontro nelle Tenute Li Lioni, per discutere sulle criticità dell’assistenza domiciliare delle persone non autosufficienti, ed in particolare le persone affetta da Alzheimer e Parkinson. In sala era presente anche la neolaureata in Servizio Sociale Elisa Palmas la cui tesi di laurea “Caregiver familiare e anziani non autosufficienti in Italia: come prendersi cura di chi si prende cura” dà tanti spunti di riflessione.
Quando arriva la diagnosi, inizia il faticoso percorso ad ostacoli della famiglia. L’inizio della ‘carriera’ del prestatore di cure è segnato quasi sempre da un senso di inadeguatezza e di smarrimento; e la lamentela comune è il difficilissimo accesso ai servizi pubblici dedicati all’assistenza, l’assenza di un punto di accesso per ottenere le informazioni necessarie, con conseguente acquisizione di conoscenze frammentarie e fumose tramite un ‘passa parole’ tra conoscenti ed amici con informazioni spesso aneddotiche.
Allora, cosa fare?
Elisa Palmas ci ricorda che in Italia si è iniziato il percorso di tutela giuridica della figura del caregiver a partire dal 2017 (Legge 27 dicembre 2017 n. 205) e che lo stato interviene a sostegno della famiglia con diversi interventi socioeconomici, quali l’indennità di accompagnamento che garantisce al portatore di invalidità totale un sussidio mensile di 522,10 €. Purtroppo, l’accompagnamento è egualitario e non tiene conto del grado di invalidità e delle reali necessità. Questa indennità, che rappresenta un enorme costo per la comunità, circa 0,8% del PIL nazionale, viene distribuito a pioggia, raggiungendo destinazioni dove spesso non serve e molte altre dove non è sufficiente. L’accompagnamento è unicamente un assegno con cui il destinatario deve arrangiarsi, senza includere servizi sociosanitari tanto meno accesso ad informazioni.
Poi ci sono altri aiuti nazionali e regionali, quali i permessi lavorativi (legge 104) ed il sostegno economico del ritorno a casa (RAC); inoltre esistono i servizi domiciliari, CDI (ex-ADI), con cui la sanità pubblica invia a domicilio diversi operatori sanitari (infermieri, terapisti, psicologi, assistenti sociali, medici specialisti) per ammalati gravi ed allettati. Ma l’accesso a questi servizi è minato da barriere burocratici incredibili.
Infine, la famiglia spesso rimane sola, con le preoccupazioni per il proprio caro, con la disperazione davanti agli ostacoli e mura di gomma burocratici, e con le difficoltà familiari e professionali che si complicano continuamente.
Tutti i presenti all’incontro sono convenuti sulla insostenibilità della situazione attuale e la necessità di aiutare concretamente chi rischia di perdersi nella giungla burocratico-sanitaria e di soccombere sotto il peso di un compito troppo grande. A questo proposito, il sogno di Glauco Di Martino potrebbe presto realizzarsi con il supporto del Comune di Porto Torres: un centro diurno per assistere i familiari di persone non autosufficienti a Porto Torres.
Sabato, 11 giugno, si replica nel Palazzo di Provincia a Sassari. Penso che questo nuovo appuntamento possa essere un’occasione per affrontare le criticità dell’assistenza a Sassari e per sondare possibili soluzioni.
Una mia idea per migliorare i servizi sociosanitari in supporto alle famiglie è il tentativo di rendere il lavoro del caregiver attrattivo, socialmente rispettabile, ed appetibile all’industria biomedica. Una possibilità sarebbe la formazione professionale con titolo giuridico di caregiver, regolarmente stipendiato, persona informata che si occupa di tutto; un’opportunità per giovani con possibilità di arricchire il curriculum per future scelte professionali. Certo, la formazione e lo stipendio hanno un notevole costo, che però potrebbe essere controbilanciato dalla creazione di posti di lavoro e di reddito con contributi e tasse, non perdita di lavoro e reddito da parte del familiare, e incentivo all’industria biomedica italiana per lo sviluppo di apparecchiature mediche, tecnologia riabilitativa, soft- e hardware, comunicatori, protesi, ecc. Tutto ciò produce occupazione e reddito.
Inoltre, il familiare sarà un caregiver part-time senza eccessive rinunce alla propria vita, anzi, potrà dedicarsi con più serenità ed affetto alla persona bisognosa.
Parliamone, di questo e di tanto altro, sabato mattina, 11 giugno al Palazzo di Provincia.