Volare si Può, Sognare si Deve!

Scriviamo un libro

Le botteghe di Sassari svanite nel tempo – testo di Egle Farris

 

Potevamo solo guardarle ,noi  squattrinate liceali dei primi anni ’60 .

Le vetrine di Bonino erano specchietti per le classiche allodole ,ma noi eravamo sempre senza un quattrino. Eleganti ,fashion come oggi si direbbe, ma per  noi proibite quelle grandi marche, causa il prezzo non abbordabile . Guardavamo bene e dopo  si scendeva  al Corso, più o meno a metà, sulla sinistra,  dove un’insegna sbiadita  e polverosa  riportava  “Sanitas” e al dissotto “Profumeria”, sicuramente con i prezzi più alla nostra portata.  Tutto potevi immaginare fosse, tranne una profumeria, o almeno una profumeria non sedotta dalle mode del momento.  Forse questo nome, profumeria, evoca, di allora,  distinte signore col colletto di volpe, le zampine e gli occhietti di vetro finto-rossi, sul paltò rivoltato o forse un’essenza mai scordata come ” La violetta di Parma” o la   cipria Coty.                                                                                              

Ma è un errore. Già prima di entrare, le due vetrine laterali rigorosamente di legno stinto, ti attiravano come un quadro di Picasso in un museo: non capivi niente ! Tutto ,scatole ,barattoli ,tubetti, boccette, piumini, collane, bottiglie erano disposti in un disordine che pareva casuale, ma c’erano voluti invece anni ed anni per completarlo. Ed entravi nell’incrocio fra l’antro di Mago Merlino, luogo buio e avvolgente, e gli scaffali, dove il disordine era impilato con metodo, e l’accogliente profumo cipriato dell’eau. M. Farina, inconfondibile.   Un proprietario senza età, azzimato e cortese e sua moglie , un foulard perennemente in testa, entrambi secchi come zolfanelli spenti , uscivano dal retro , che immaginavi pieno di storte ed alambicchi senza ordine e capo e dai quali , per magia o per inganno , fuoriuscivano liquidi di ogni colore  ed impalpabili ciprie , create da gnomi.  E quando chiedevi un prodotto , convinta che comunque quelle due figure  venute e rimaste lì da un altro tempo, non lo avrebbero trovato in quel bailamme, ecco che ti veniva immantinente  servito e prontamente incartato, mentre tu annusavi quegli aromi. E poi, in primo piano, una scatola ricoperta di carta dorata , che riportava un elegante  pin-up  maggiorata e un ghirigoro . “Volumizzate  il  vostro seno in modo semplice e veloce “.  Era il via per noi tutte, figurarsi …..a quel prezzo!!! E te ne andavi convinta di aver comprato arsenico e vecchi merletti, si, ma non giungevi mai ad immaginare, come fecero due  delle mie amiche, che la crema che ti eri accaparrata per  volumizzare le tette, loro, le piccole ingrate tette, invece, non avrebbero messo su nemmeno un ette.  In compenso però, ti sarebbero venuti due capezzoli lunghi lunghi …….lunghi  almeno tre centimetri……   

Una signora col rossetto  ( ormai poco).

Egle Farris

Impercettibile silenzio – Testo di Egle Farris


Quando i vecchi si affidano al tempo, ormai sfinito come loro.

Quando i confini del tempo sono ormai chiusi.

Quando il tempo sta per finire e la noia assale.

Quando il suo volto si accendeva  ad un accenno di saluto.

Quando raccontava storie infinite nel tramonto.

Quando si andava in campagne assolate e  si sentivano i passi sfiorare la terra.

Quando le stagioni erano passate troppo in fretta.

Quando  solo il vento e le stinte foto ci rammentano che non si sa se ci sarà un inavvertibile domani.

Quando adesso le stelle ci sembrano più spente e il cielo meno brillante.

Ma forse , solo forse , è  il ricordo di un tempo ormai silente che non esiste più.

Una signora col rossetto 

Egle Farris


 

                                                 

                                              

In Memoria di Lucia e Giovanni


Dolce, solare, tenera, sorridente. Così si affacciava Lucia Cadau all’ingresso dell’androne della

Scuola Elementare di S. Maria, quando ancora era lì l’approdo dei Parkinsoniani per le lezioni di

fisioterapia tenute dalla mai dimenticata Pinuccia Sanna. Agli incontri Lucia non mancava mai

anche quando non stava tanto bene così come non mancava di portarsi appresso il dolce sorriso che

irradiava tutti. Certo anche Lucia stava male, anche Lucia si lamentava, ma subito la serena

sopportazione, andava oltre le sofferenze. E poi la Pandemia che é stata una prova per tutti.

Tutti, infatti, al primo incontro dopo il Corona virus ci siamo ritrovati cambiati : più appesantiti, meno

agili, più doloranti. Anche Lucia ha dovuto pagare il suo debito in misura più pesante di altri. Il

passaggio a un’altra dimensione la collocherà nella ormai numerosa schiera di amici che continuerà a

vegliare su di noi.


Oggi 22 ottobre 2021 è una giornata triste. E’ morto un altro amico parkinsoniano: Giovanni

Maiorani. Un amico col quale avevamo percorsi insieme un lungo tratto di strada fatto di sofferenze

e di speranza che si spengono quando il sole decide di spegnersi su di noi.

Con Giovanni scompare un signore d’altri tempi caratterizzato da un tratto di gentilezza unico e

personale. Ci piace ricordarlo sorridente e sereno in un momento di svago con la moglie

M.Cristina. (f.s.)


Vecchi Ricordi – Testo di Franco Simula

CONCORSO RISERVATO PER PRESIDI anno 1992

Di concorso riservato, ormai, si parlava sempre più con maggiore insistenza e convinzione. Dopo quattro anni dall’espletamento dell’ultimo concorso ordinario (1988), molte presidenze erano rimaste vacanti e pertanto assegnate per incarico a degli insegnanti con un certo grado di esperienza derivante sia dal numero di anni di insegnamento che dalla conoscenza e l’uso delle pratiche amministrative più consuete Il numero dei presidi incaricati aumentava in misura così imponente che il Ministro della P.I. in breve tempo entrò nell’ordine di idee di bandire nel 1992 un concorso “riservato” al personale docente che fosse in possesso di determinati requisiti. Il più significativo consisteva nel possedere almeno 5 anni di incarico di presidenza già effettuati. Io e tanti altri amici non avevamo raggiunto i 5 anni di incarico e pertanto rischiavamo di essere esclusi dalla partecipazione al concorso perché carenti del requisito indispensabile per l’ammissione.

Occorreva fare qualcosa. Un gruppo di amici che non si trovavano in possesso del titolo di ammissione concordammo di attivare un passa-parola per verificare, nel più breve tempo possibile, l’entità numerica degli incaricati da oltre 5 anni e gli incaricati da oltre due anni. Il numero degli incaricati con più di due anni di servizio risultò di gran lunga superiore agli incaricati con 5 anni che, ovviamente, facevano parte anche del gruppo con due anni. Il Ministero aveva premura di bandire il concorso “riservato” perché quello ordinario richiedeva tempi più lunghi. Era indispensabile, dunque, inventare qualche idea brillante prima della pubblicazione del bando. E l’idea brillante spuntò in men che non si dica prospettata dalla mente pirotecnica di Augusto: affrontare direttamente il Ministro della P.I. che allora era l’attuale Capo dello Stato on. Sergio Mattarella. A questo punto si rendeva necessario trovare un contatto col Ministro Mattarella.

Venne individuato come intermediario il Sen. Nino Giagu che apparteneva allo stesso gruppo politico di Mattarella. Augusto Carta, sempre Lui, venne incaricato di verificare con Giagu se e con quante probabilità di successo fosse possibile l’approccio col Ministro. Nino Giagu non si lasciava mai sfuggire le occasioni che in prospettiva potevano avere delle ricadute politiche vantaggiose. Augusto ed io decidemmo di andare a Roma dove Nino Giagu ci avrebbe procurato un incontro col Ministro al quale avremmo esposto la nostra richiesta: ridurre da 5 a 2 gli anni di incarico di presidenza per poter essere ammessi a partecipare al Concorso Riservato. E l’incontro avvenne in un’aula del Senato verso le nove del mattino. Parlò, come era ovvio, Augusto che immediatamente affrontò il problema: ridurre da 5 a 2 gli anni di incarico di presidenza.

Tale decisione avrebbe consentito, intanto, la partecipazione al concorso a una platea più ampia di concorrenti e non avrebbe danneggiato i presidi con 5 anni di incarico. Il Ministro obiettò immediatamente che era molto improbabile esaudire tale richiesta dal momento che la legge era già in discussione in aula, al Senato. Nei giorni precedenti ipotizzammo tutte le possibili obiezioni che il ministro avrebbe potuto farci. E infatti Augusto, con faccia di bronzo inimitabile sparò l’unica bomba che avrebbe potuto rovesciare la situazione da così a così:”Ministro Mattarella, basta far presentare un “emendamento” a un parlamentare del tuo stesso partito, immediatamente lo approvate senza ulteriori discussioni e il caso è risolto.” Il Ministro mi sembrò colpito dalla velocità e dall’acutezza della soluzione prospettata da Augusto.

La proposta, evidentemente, parve al Ministro politicamente condivisibile. Mattarella, dopo una breve riflessione disse:”Va bene ! Vuol dire che mi farò battere in aula”. E così avvenne. La proposta di legge che prevedeva 5 anni di incarico di presidenza per essere ammessi al concorso riservato venne modificata e ridotta a 2 anni di incarico come chiedeva l’emendamento fatto presentare dal Ministro medesimo secondo la richiesta da noi esposta. Il concorso fu bandito. Augusto ed io, assieme a tanti altri, partecipammo al concorso che superammo in maniera più che onorevole. E adesso, dopo quasi 30 anni, siamo qui a raccontare. Un’ultima considerazione merita di essere fatta a proposito della faccia di bronzo di Augusto. Intanto, pur non avendo col Ministro alcuna consuetudine amicale o confidenziale, lo affrontò dandogli del “TU” come se fosse un amico di partito con cui si chiacchiera tutti i giorni. E lui, Augusto, non solo gli dà del “Tu”, ma gli chiede sui due piedi di cambiare la legge in ordine ai requisiti necessari per essere ammessi al concorso riservato.

La faccia di bronzo di Augusto si trasforma, comincia a brillare di felicità nel salone già brillante e luminoso per le decine di specchi che troneggiavano nell’ampio salone cinquecentesco di Palazzo Madama dove il Ministro ci aveva ricevuti. Quel giorno neppure la faccia dei tanti busti di bronzo di Caio Giulio Cesare Ottaviano detto Augusto esistenti a Roma da secoli brillava come quella di Augusto Carta già preside di Calangianus non più incaricato. (fs)

La Morte di LILIANA CANO – Testo di Franco Simula

Liliana Cano, l’Ultima Cena, acrilico su tavola dim. 300x100cm. Presso Antico Convento Francescano in Ittiri

Giovedì 2 settembre 2021 è morta l’artista pittrice Liliana Cano Ad ottobre avrebbe compiuto 97 anni ma sino a qualche settimana fa dipingeva ancora con lo spirito gioioso che ha sempre contraddistinto il suo lavorare. Per lei dipingere era star bene, manifestare spontaneamente il proprio talento. Era di una semplicità disarmante e di una complessità insondabile. “Come fai Liliana a dipingere queste storie belle, a raccontare queste epopee di persone e popoli con un tripudio di colori così dolcissimi e folli”? “Così! Mi viene spontaneo come un gioco. Quando io dipingo sto bene, dipingere per me è come un gioco per i bambini”. Nelle numerosissime circostanze in cui Liliana ha ricevuto premi e riconoscimenti di sommo livello, alle domande: come fai, cosa senti, la risposta era sempre la stessa di una disarmante semplicità e di una complessità impenetrabile. Sino ad ora. Ma ormai Liliana è morta. Non potrà più aggiungere niente a ciò che ha già detto. Da questo momento inizierà l’analisi sistematica e approfondita delle sue opere, di tutte le sue opere. In una intervista rilasciata all’ANSA raccontava:” Sono ancora qui a contare i miei anni…” Ma a P. Francesco Sechi, suo Mentore ispiratore spirituale del ciclo pittorico francescano confidava :” però mi piacerebbe tanto assistere all’inaugurazione del costituendo Museo francescano d’arte moderna Liliana Cano”. Purtroppo la burocrazia italiana a tutti i livelli, statale, regionale, comunale è così lunga e farraginosa che neppure la lunga vita di Liliana è stata sufficiente a permettere in tempi utili l’allestimento del museo che sarà impiantato a Ittiri nei locali dell’ex Monte Granatico, già affidati in comodato d’uso perpetuo dal Banco di Sardegna al costituendo Museo. Attualmente in questi locali sono ospitati l’ufficio di Stato Civile e l’Anagrafe del Comune di Ittiri, che dovrebbero essere trasferiti assieme a tutti gli altri uffici, “quanto prima”, nel vecchio caseggiato della Scuola Elementare già decorosamente ristrutturato. Da qualche anno, Ittiri era diventato per Liliana l’epicentro della sua attività artistica. L’idea prospettatale da P. Francesco Sechi, di costituire un centro museale che raccogliesse tutte le sue opere in un centro che doveva sorgere proprio di fronte alla chiesa di S. Francesco a Ittiri, era stata accolta da Liliana con grande entusiasmo. Con lo stesso entusiasmo con cui veniva accolta da Lei qualsiasi proposta di lavoro dai più significativi (La Trasfigurazione di Gesù-9,60x 4,30 Chiesa di S. Francesco- Ittiri) ai piccoli bozzetti che improvvisava suggeriti dalle circostanze estemporanee. Bastava essere forniti di un album da disegno e una “pilotina” che era in grado di occupare gli spazi temporali in un qualsiasi pranzo campestre fra una portata e l’altra per “creare” in successione decine di “giochi” fatti di sapienti tocchi che diventavano altrettanti piccoli capolavori. Io l’ho incontrata e conosciuta a Ittiri negli anni che coincidono con l’attività più fervida e creativa del periodo 2008 2018 e con le celebrazioni, organizzate dall’ associazione S. Francesco (costituita nel 2008) per pensare, curare e organizzare adeguate ricostruzioni storiche e culturali e organizzare la gestione della Biblioteca francescana. L’attuale Biblioteca Francescana contenente prevalentemente libri di carattere religioso e inoltre risalenti a secoli passati non avrà più una gestione propria, che comporterebbe un gravame economico eccessivo per una associazione culturale. In prospettiva è prevista una fusione con la biblioteca comunale che utilizzerebbe gli spazi del convento adeguatamente ristrutturati per offrire una biblioteca moderna fruibile integralmente dalle più svariate categorie di fruitori con differenti preparazioni culturali. Nella circostanza della morte di Liliana sono stati tracciati dei profili biografici che raccontano della vita e delle opere dell’Artista, che sono numerosissime: dalle pareti della Chiesa di S. Lussorio a Oliena, al murale di Bono sui moti angioiani, il “Paesaggio provenzale” donato al museo dell’Hermitage di Pietroburgo, molte altre opere sono state presentate dai vari biografi. Scarso o nessun rilievo è stato riservato alla notevole produzione realizzata a Ittiri e destinata al Museo Francescano di Arte Moderna Liliana Cano. Si tratta di un complesso di circa 100 tavole o tele in acrilico per oltre 200 mq. di lavori che costituiscono un corpus riconducibile al periodo 2008- 2018 . Nel dettaglio faranno parte del Museo 34 Tavole che illustrano ciascuna uno dei 34 Canti dell’Inferno della Divina Commedia di Dante; alcune tavole sparse raffiguranti la Decollazione di S. Giovanni, la fuga in Egitto, Santa Maria di Magdala, un Autoritratto dell’Artista. Ancora troveranno collocazione nel Museo le Lodi del Siracide a S. Francesco (10 tele) ,le Preghiere di S. Brigida (7 tavole). Nella Chiesa di S. Francesco é raccolta una parte significativa della produzione artistica di Liliana: lì attraverso un personale percorso mistico scaturito dalla lettura dei testi del Vecchio e del Nuovo Testamento e dagli scritti su Francesco d’Assisi sembra che Liliana voglia raccogliere l’essenza di un cammino di fede impreziosito da una palpitante e sofferente Crocifissione cui fanno corona gli apostoli come Testimoni, lì troneggia l’imponente e maestosa Trasfigurazione di Gesù che conferisce una luce suggestiva all’ambiente riservato alle celebrazioni Eucaristiche. All’interno del Convento nello spazio attualmente riservato alla biblioteca, è dipinta un’Ultima Cena di gradevolissima visione, in spazi contigui è riportato l’itinerario di S. Francesco rappresentato da un complesso di 22 tavole. La produzione di Liliana si completa con un dipinto eseguito a Sassari nella Chiesa di Cristo Redentore raffigurante I Discepoli di Emmaus. Tutte queste opere aspettano di essere ricollocate in spazi adeguati, naturalmente come previsto dalle modalità di conservazione previste per le opere d’arte e adeguatamente studiate ed esaminate dagli esperti d’arte. Le 22 tavole comprendenti l’itinerario di S. Francesco ispirate agli scritti di Tommaso da Celano, sono riprodotte in un opuscolo pubblicato in occasione della messa a dimora delle Tavole di Liliana Cano nel 400° anniversario della Fondazione dell’Antico Convento. Il testo contiene una presentazione critica delle tavole dello studioso dell’arte prof. Aldo Sari e una originale intervista a Liliana. Il libro – quasi uno scrigno unico – è ulteriormente impreziosito dalle poesie che il poeta ittirese Giovanni Fiori ha composto ispirandosi alle Tavole di L. Cano; contiene, infine, la delibera del Consiglio Comunale di Ittiri con l’Attribuzione della Cittadinanza Onoraria a Liliana Cano. Sabato 9 ottobre 2021, nella Chiesa di S. Francesco in Ittiri , è stata celebrata una Messa in suffragio di Liliana. Il celebrante p. Francesco Sechi ha ripercorso, con accenti a tratti commossi l’itinerario spirituale compiuto da Liliana alla ricerca di approdi dello spirito più prossimi a una dimensione trasfigurata e ultraterrena dell’ arte. (f.s.)

C’ERA UNA VOLTA … LA LEVODOPA di Kai S. Paulus

Tante persone affette da malattia di Parkinson assumono la Levodopa, ma non conosciamo bene la sua affascinante storia ed i suoi padri scopritori, per cui qui di seguito le principali tappe.

levodopa

Sintesi delle catecolamine Dopamina, Noradrenalina e Adrenalina partendo dall’aminoacido tirosina assunto con la dieta, passando attraverso la Levodopa (DOPA), prezioso precursore e punto di partenza nella cura del Parkinson.

Paradossalmente però, la nostra storia inizia con la Dopamina, che fino agli anni ’50 era conosciuta come semplice precursore dei “nobili” neurotrasmettitori Noradrenalina ed Adrenalina che si conoscevano già da tempo.

Proprio alla fine di quel decennio, tra il 1957 ed il 1960, cambia tutto e nell’arco di neanche tre anni viene rivoluzionata tutta la Neurologia: emerge che la Dopamina non solo è il precursore delle altre catecolamine, ma che essa stessa fa parte della ‘nobiltà’ neurochimica, e che adempie a delle funzioni cruciali nel nostro organismo. L’uovo di Colombo con eccezionali conseguenze.

In effetti, la nostra Dopamina non si trova soltanto nel cervello, ma anche in altri organi, quali reni, tratto gastrointestinale, vasi sanguigni, e nel sistema immunitario.

Dentro il cervello poi, la Dopamina è ampiamente rappresentata, oltre nei nuclei della base del sistema motorio, anche nei circuiti meso-limbici coinvolti nell’emotività, gratificazione ed apprendimento.

E così, la 3,4-diidrossifeniletilamina (dopamina) è importante per le azioni necessarie per raggiungere un traguardo (motivazione e selezione del movimento volontario), ma anche per l’umore, attenzione, memoria esecutiva ed apprendimento, ed infine serve alla regolazione del sonno, della sessualità e della pressione arteriosa.

Diventa chiaro adesso, cosa può succedere in caso di carenza della Dopamina: si spiegano, oltre ai noti sintomi motori del Parkinson, anche tanti altri spiacevoli disagi.

Adesso, finalmente, entra in scena la Levodopa (L-3,4-diidrossifenilalanina): è stato lo scienziato ucraino-austriaco Oleh Hornykiewicz (1924-2020, che vi ho già presentato in gennaio di quest’anno in questo sito) ad intuire la grande importanza di questa sostanza nel trattamento del Parkinson, scoprendo che la Levodopa può essere somministrata perifericamente iniettandola nel sangue, perché a differenza della dopamina, raggiunge facilmente la sua destinazione dentro il cervello ed aumenta i livelli di dopamina e conseguentemente riduce i sintomi causati dalla sua assenza.

Su questi esperimenti Hornykiewicz, oltre a pubblicare tanti lavori scientifici che sono diventati pietre miliari delle neuroscienze, gira un cortometraggio (“Der L-DOPA Effekt bei der Parkinson Akinese”, l’effetto della levodopa nell’acinesia del Parkinson) che nel 1961 viene presentato ai rappresentanti dell’industria farmacologica con l’idea di commercializzare la sostanza. Hornykiewicz intuisce l’unicità della sua scoperta che potrà contribuire a diminuire le sofferenze di tante persone. Pensate, allora non esistevano farmaci efficaci per ridurre i sintomi del Parkinson e le persone colpite dovevano convivere con sempre maggiori rigidità, tremore ed instabilità posturale, fino all’immobilità. Avere, pertanto, a disposizione una possibilità di poter concretamente aiutare quelle persone era di fondamentale importanza. Colpisce invece, che all’industria l’idea di Hornykievicz non appare appetibile, loro non vedono i numeri e quindi l’affare, per cui non se ne faceva niente.

Sarà George Cotzias nel 1967 a somministrare la levodopa oralmente riportando l’interesse delle case farmaceutiche sulla misteriosa sostanza. Sull’inizio dell’epocale era della levodopa Oliver Sacks ha scritto il suo famoso romanzo autobiografico “Risvegli” (Awakenings, 1973), di cui è tratto l’omonimo film con Robbie Williams e Robert De Niro.

 

Insieme al suo collega Arvid Carlsson, Oleh Hornykiewicz riceve tanti riconoscimenti per i suoi studi sulla Levodopa, tra cui anche i famigerati effetti di fine-dose e picco-dose, che quotidianamente ci danno filo da torcere, ma il Premio Nobel, seppur ampiamente meritato, non gli è stato conferito.

A tutt’oggi, l’utilizzo della levodopa (Sirio, Sinemet, Madopar, Stalevo), nonostante i suoi tanti limiti e rischi, è il “gold standard” della terapia del Parkinson.

La nostra storia non finisce qui, perché il lupo cattivo, il rapace infingardo, su nemigu, non è ancora sconfitto. Ma nuove armi sorgono all’orizzonte…

Elegia d’Autunno – Testo di Egle Farris

Anche questo anno ,così come in tantissimi altri , dopo la prima metà d’ ottobre, ascolterò il concerto di Vivaldi ” L’autunno” , e mi immergerò in  una atmosfera e un incedere elegante ,  sdraiata e persa in ricordi di amicizia ,di amore ,di affetto ,di viaggi , di gente .

Quando arriva l’autunno   e l’ arrogante ,sfacciata  estate sfrontata ,  inizia a rallentare,  e gli alberi si spogliano e la nebbia e la pioggia confondono i ricordi dei mesi passati , ci rendiamo conto che investiamo le nostre energie nel lavoro ,nel tempo , in attenzioni che svaniscono e intanto la vita ci è passata accanto ,è trascorsa e  non l’abbiamo guardata  troppo .

Vivo l’autunno più intensamente  . L’autunno è poesia, malinconia e foglie sui viali, e a chi non l’ama, non restano  neppure  ricordi …. Quando il cielo inizia ad incupire ogni giorno di più ed il  tenero vento è capace di infiltrarsi in ogni piccola fessura ,quella nebbiolina leggera che si insinua tra i capelli …

Le prime note dell’autunno di Vivaldi mi portano sempre lontano , in luoghi che mi hanno circondato e che ho amato, mi portano  molteplici , diverse  gradazioni di colore, dal verde al giallo, che trasformano il paesaggio prima che arrivi l’inverno. Il mutamento delle foglie che si offrono ad un silente vento ,che fanno scivolare gocce tenere e trasparenti sulle straordinarie sfumature : senape, zafferano, rosso vermiglio e ruggine fino al violaceo.

Io lo amo ,l’autunno ,quel portamento raffinato e aristocratico ,  un pò caliginoso e avvolgente ,diverso da quello che ti da’ la primavera ,stagione che non decide mai se vuole restare ancora inverno  o diventare  ciò che arriva ,l’estate  impudente ,  eccessiva ,audace, chiassosa ed insolente ,che ti aggredisce sempre .

I primi freddi ,non tanto , le prime piogge ,non tanto ,i primi venti gelidi ,non tanto ,le prime foglie che cadono dondolando ,decise a scomparire alla spicciolata . E  invece dopo qualche giorno le vedi che si sono riunite per andarsene assieme  in un silenzioso rumore .Tutte ,con i colori dell’addio .

Così  , nel  tempo della mia  passata esistenza  che ha sempre trovato una magica corrispondenza con questa stagione  e che  mi piace credere   sia  anche quella della mia  attuale vita  , vorrei essere amata come io amo l’autunno .

Una signora col rossetto                                              Egle Farris

Un giro veloce nell’oltretomba – testo di Franco Simula


Da vecchi, apprendere la notizia della morte di un amico più giovane, con cui si sono condivise visioni del mondo, si son fatte discussioni interminabili sui “massimi sistemi” della esistenza umana, sulla vita e anche sulla morte, che fa parte essa stessa della vita, é pur sempre una tristezza.

Se poi é un ex collega di lavoro che ti precede nello spazio infinito, più in alto del sole, quasi ti meravigli che l’infausto passaggio sia capitato a Lei o a Lui. Eppure questa é la vita che talvolta per carenza di comunicazione ci riserva delle strane situazioni, e ciò che in un primo momento ci causa tristezza o dolore, può trasformarsi in una sorpresa inaspettata.

Indirettamente mi era pervenuta la notizia che Rosangela Pinna era morta. Lì per li non avevo avuto l’attenzione di approfondire il fatto né più ricordavo chi mi avesse fornito la triste novella. Ricordavo con nostalgia la mia collega Rosangela insegnante di Lettere nella Scuola media di Ittiri, sempre di buonumore. prorompente vitalità e spensieratezza. Più di una volta avevo ripensato a momenti belli passati in compagnia. Non avevo mai dimenticato una sua immersione subacquea, insieme all’amica del cuore, alla ricerca di attinie; la pesca era stata fruttuosa anche se le attinie non avevano fatto a meno di regalare in cambio qualche segno urticante. La prelibata frittura della sera, vissuta in allegria, doveva pur essere pagata in qualche modo.

Era ormai passata qualche settimana, mi ero infine dovuto rassegnare all’idea della mia collega Rosangela morta e sepolta quando, un fortunato pomeriggio, in occasione della presentazione di un libro, incontrai un’amica comune, alla quale chiesi qualche notizia sulla morte di Rosangela. L’amica capì immediatamente l’equivoco che si era ingenerato: la persona scomparsa non era la Rosangela Pinna nostra collega, ma era la cugina con lo stesso nome. Dunque Rosangela Pinna non era morta pur essendo vera la notizia che Rosangela Pinna era morta. Insomma, Rosangela Pinna é viva o morta? Potrà sembrare strano, ma Rosangela Pinna é viva e morta. In effetti esistevano due Rosangela Pinna, omonime, cugine fra loro,.

La notizia fu per me liberatoria perché aveva fatto svanire di colpo il senso di angoscia e tristezza che l’inaspettata notizia mi aveva creato.

Oggi pertanto, brindiamo per festeggiare questa felice circostanza di Rosangela Pinna rediviva dopo un brevissimo giro di perlustrazione nell’oltretomba.

Franco Simula                       AHO 26 agosto 2021