Volare si Può, Sognare si Deve!

Scriviamo un libro

Una vita in fumo di Nicoletta Onida

Ho fumato la prima sigaretta della mia vita nei bagni della scuola. Ancora oggi, se ci ripenso, sorrido nel ricordare quell’ambiente saturo di fumo e chiacchiere che, sicuramente, mi attirava più del grigio e polveroso laboratorio di scienze, dove, con minor interesse, imparavo le formule di chimica organica. Probabilmente fu il desiderio di assumere un atteggiamento trasgressivo (più che la voglia di fumare) a spingermi a continuare; non volevo più essere la ragazzina ubbidiente e rispettosa sottomessa alle imposizioni dei genitori, all’osservanza di regole e doveri. Volevo sentirmi libera ed emancipata. Così, regolarmente, appena suonava la campanella della ricreazione, per dimostrare a me stessa di essere adulta , nel gabinetto della scuola, dividevo con qualche compagna il tabacco di una sigaretta. Era come se ogni nuvoletta di fumo, disperdendosi nell’aria, portasse con se un po’ di quel mondo fatto di inibizioni e divieti. Eravamo parecchie ad aver preso il cosiddetto “ vizio” e, giunte all’ultimo anno, alle soglie dell’esame di maturità, diventammo così sfrontate da fumare, durante la ricreazione, in fondo all’aula dopo aver spalancato le finestre. Una mattina il professore di latino, arrivando in anticipo per via del compito in classe, ci sorprese e, per punizione, ci diede un lungo brano da tradurre ( senza vocabolario) sui vizi e le virtù dell’uomo. Per fortuna andò bene e fummo perdonate! All’università sentivo di appartenere appieno al mondo degli adulti e non avendo timore, ormai, neppure del rimprovero dei miei, fumavo con maggior ostinazione. Se venivo sgridata, cercavo scusanti o giustificazioni tirando in ballo un improvviso mal di denti, gli esami, la tesi da preparare ecc ..ecc. . Parlare di legge antifumo, a quei tempi, avrebbe fatto ridere chiunque, infatti, non esistevano cartelli di divieto e si fumava dappertutto: al bar, al cinema, in treno, nelle sale da ballo, perfino sull’autobus. Fu la prima gravidanza a mettere uno stop alla mia cattiva abitudine; avevo paura che in qualche modo potesse nuocere al bambino. Avere un figlio significava, anche, accettare dei piccoli sacrifici, delle rinunce, così, cambiai stile di vita e pensai di non riprendere più a fumare. Andò tutto bene, il bambino nacque sano e, sebbene dormisse poco, cresceva splendidamente. Ero una mamma appagata, ma anche molto stanca; non chiudevo occhio da mesi. Una notte credendo di trovare un po’ di conforto sfilai una sigaretta dal pacchetto di mio marito e ripresi a fumare. Prima di smettere definitivamente andai avanti per anni, anzi, andammo avanti, infatti, in famiglia eravamo in due ad essere schiavi della nicotina. La sigaretta più piacevole era quella che fumavamo insieme, dopo aver messo a letto i bambini, seduti sul divano a raccontarci la giornata.

“Fumare non fa bene alla salute, ma sembrerebbe che i fumatori abbiano meno probabilità di sviluppare malattie come il Parkinson.” La notizia compariva timidamente sulla pagina di una rivista che mi era capitata tra le mani nella sala d’aspetto del dentista. Rimasi di stucco! Ma come?..io..io.. avevo fumato per una vita e non avevo avuto nessun vantaggio, nessun condono; ero delusa e arrabbiata. Mentre facevo ritorno a casa mi chiedevo se la notizia fosse attendibile oppure, solamente, un bluff. Appena arrivata cercai altre informazioni su internet; il luogo ideale per qualunque ricerca. “L’azione della nicotina appare più marcata per i fumatori, meno per gli ex-fumatori”. Ero sbalordita a tal punto che, per un attimo, mi sfiorò l’idea di riprendere a fumare. La tensione accumulata durante la giornata, quella sera, mi impedì di dormire e, con la mente, tornai indietro negli anni. Senza rendermene conto collegavo il fumo delle sigarette a momenti particolari: la scuola, le gite scolastiche, le manifestazioni studentesche, le serate con gli amici, le vacanze al mare con la mia famiglia. Pensieri, sentimenti, rimpianti si mescolarono, finché, d’un tratto mi resi conto che non era il fumo della sigaretta a mancarmi, il suo sapore l’avevo dimenticato. Tutto il resto era impresso nella mia mente. Non avrei più ripreso a fumare.

Pillola nr° 3: “E su tremere m’ha lassadu…”

Parlando di malattia di Parkinson certamente non si può non menzionare il tremore che, pur non essendo il segno più importante, viene annoverato tra quelli più ‘antipatici’ e disabilitanti, ma anche più conosciuti e caratteristici. Ed è per questo che nei racconti e poesie del nostro sito si parla spesso del tremore. Penso alla sincera Custa è s’istoria de Peppinu Achene(pubblicato il 4 maggio 2015), alla sardissima Sa mariglia di Francesco Simula (28 maggio 2015), ed ancora il bello e delicato Profumo di Gelsomino di Nicoletta Onida (4 maggio 2015), fino al quasi fraterno A Peppinu Achene di Francesco Simula (28 giugno 2015), inevitabilmente il tremore è uno degli argomenti principali nei tanti contributi pubblicati nel sito della nostra Parkinson Sassari. Tutti i testi citati si possono trovare nelle rubriche “Scriviamo un libro” e “La Poesia”.

Il tremore viene definito come un movimento involontario, ritmico, e persistente (“unu tremulone senza pasu”, in A Peppinu) di una parte o più segmenti del corpo. Il tremore può presentarsi a riposo, cioè quando la parte del corpo, per esempio la mano, è rilassata, come si osserva principalmente nel caso del Parkinson; si parla invece di tremore posturale quando il movimento ritmico avviene durante una postura sostenuta nel tempo, per esempio il tremore delle mani con le braccia tese in avanti; il tremore cinetico, infine, avviene con un movimento finalistico, per esempio prendendo in mano un bicchiere. Il tremore può cambiare durante la giornata, variare in ampiezza, sparire, spesso in risposta all’assunzione della terapia, e ricomparire con l’esaurirsi dell’effetto farmacologico (effetto fine-dose). Pur diversi come origini e caratteristiche, tutti i tremori hanno in comune la particolarità di accentuarsi con tensioni, ansia, preoccupazioni e stanchezza, come testimonia Nicoletta Onida in Profumo di Gelsomino: …l’ansia e la tensione mi portavano anche ad aver un lieve tremore”, e diminuiscono in momenti di serenità e tranquillità. Succede che proprio la paura di tremare (“s’umbra malèsiga ‘e su tremulone”, in Sa mariglia) funge da alimentazione del tremore stesso. Ed ecco il rimedio: non esiste una cura risolutiva per i tremori e quindi ci sarebbe solo l’utilizzo di farmaci. Ma alti dosi di farmaco possono avere effetti collaterali e pertanto, per assumere meno farmaco può essere molto utile una giusta consapevolezza del problema senza eccessive ansie e paure, una vita quotidiana quanto più possibile normale, e soprattutto, tanti momenti di svago, di buonumore e di divertimento insieme a familiari ed amici, come suggerisce anche Salvatore Faedda in Pensieri sul Parkinson (11 settembre 2015).

La medicina giusta per tutti i parkinsoniani la prescrive Salvatore Faedda in Lu Parkinson (29 giugno 2015): “…alligria, pa tutti noi, è chissu chi vi vò.”

 Kai S. Paulus

Pensieri sul Parkinson di Salvatore Faedda

La nostra vita con la patologia
è come un abito cucito su misura
quando lo indossi…non va più via

Se è fatto bene ci stai a meraviglia
ma se è più grande ti senti fuori luogo
allora prendi…la solita pastiglia

Tante volte mi guardo allo specchio
e con un po’ di incertezza mi chiedo:
sono proprio io? Si, sono io…sempre più vecchio

A volte qualche amico mi dice
“ti vedo strano, ci sono dei problemi?”
allora mi rattristo…e mi sento infelice.

Con le cure il tremore si assopisce
ma le sfacettature della patologia
sono tante e la malattia…non regredisce.

Anche l’orientamento e l’equilibrio
mi lasciano sgomento e stordito
ma con forza e volontà…ritrovo il mio brio.

Quando finalmente in sede ci incontriamo
e, a confronto i nostri progetti mettiamo
allora…l’allegria ritroviamo.

Non tutte le conquiste però sono uguali
perchè, come gli abiti del sarto,
sono cuciti si su misura…ma compresi i nostri mali.

Salvatore Faedda

Invito al teatro – La Compagnia Teatro Sassari

INGRESSO LIBERO

DOMENICA 30 AGOSTO – SASSARI, PIAZZA SANTA CATERINA  ORE 21:30

COMMEDIA IN VERNACOLO SASSARESE:

GAVINO OCCHIONI (NOTO CEGU A BALLA)

SABATO 5 SETTEMBRE – SASSARI, PIAZZA SANTA CATERINA  ORE 21:30

REPLICA

MERCOLEDÌ 16 SETTEMBRE -SASSARI, PIAZZA SANTA CATERINA  ORE 21:30

AUDACE COLPO AL BANCO DI SARDEGNA

DOMENICA 20 SETTEMBRE – SASSARI LOC. CANIGA  ORE 21:30

LA GANA DI LU CUZINERI

Dopamina sì, ma per favore senza glutine!

Tutti noi siamo tenuti a fare attenzione alla nostra alimentazione ed a rispettare le raccomandazioni dei nutrizionisti e dietologi. I nemici sono in agguato e pare che il loro esercito aumenti continuamente. Recentemente si è aggiunto ai vari colesterolo, grassi animali in generale, alimenti ogm, e zuccheri in eccesso, anche il glutine. Ed il grido di allarme è molto forte, tant’è vero che l’industria alimentare si sta già adeguando proponendo sempre più prodotti “gluten-free”. Secondo diversi fonti il glutine sarebbe responsabile, oltre che di specifiche intolleranze alimentari (celiacchia), anche dell’aumento di malattie importanti, cardiologici e neurodegenerative.

Facciamo un po’ di ordine e cerchiamo inanzittutto di capire che cosa è il glutine. Il glutine è una sostanza naturale che si forma con l’unione di due proteine, gliadina e glutenina, presenti nei cereali, in presenza di acqua durante la lavorazione della farina. Il glutine è importante nella produzione di pane e pasta perché conferisce al prodotto elasticità e coesione. Cito da Wikipedia: “…la qualità e la quantità di glutine presente in una farina è un importante indice per valutarne la qualità e l’attitudine alla panificazione.” La presenza di glutine impedisce alla pasta di diventare collosa durante la cottura. Quindi il glutine è sempre stato presente nella nostra alimentazione e serve in cucina per rendere molti prodotti più appetibili e comestibili. Allora perché l’attuale isteria?

L’allarme nasce dall’osservazione del crescente numero di persone affette da celiachia, cioè persone geneticamente predisposte ad una intolleranza al glutine. Tale crescità di casi viene erroneamente attribuito esclusiavamente al consumo di glutine al quale si conferisce un effetto tossico a prescindere dalla presenza di specifiche intolleranze. Si dimentica, però, che negli ultimi anni la medicina è diventata notevolmente più sensibile al problema delle intolleranze alimentari, e con essa è migliorato l’iter diagnostico; mentre prima una persona sfortunata doveva tenersi mal di pancia, diarrea cronica ed altri fenomeni digestivi con i conseguenti problemi del malassorbimento di diverse sostanze nutritive, oggi possono essere molto meglio diagnosticate e curate. Ed è questo uno dei principali motivi dell’apparente aumento di celiacchia.

Da questa malinterpretazione nasce verosimilmente il fenomeno sociale della caccia al glutine che viene eticchettato come veleno per la nostra salute. Vero è, invece, che una alimentazione eccessiva con prodotti senza glutine in persone non celiaci può esporre a rischi di una dieta poco varia e, soprattutto, all’ingestione di addittivi, quali E471 ed altri acidi grassi saturi di scarsa qualità, che l’industria utilizza per compensare la mancante funzione del glutine. A questo riguardo bisogna segnalare che l’industria alimentare negli ultimi anni ha utilizzato sempre più glutine per rendere pane e merendine più morbide, biscotti croccanti e pasta che non scuoce. Tocca anche a noi saper scegliere e preferire ogni tanto una carotta fresca per spuntino al posto della brioche.

Se volete la mia opinione, a parte la celiachia che va gestita da specialisti gastroenterologici e nutrizionali, la presenza di glutine non presenta un rischio per la nostra salute. Certamente, come per tutti gli alimenti, vale la regola della giusta misura: lo zucchero serve, ma il consumo di eccessive quantità può causare gravi danni. Lo stesso discorso vale per gli acidi grassi, il sale, ed addirittura vale anche per alcune vitamine.

pastaQuindi, sediamoci a tavola senza paura e gustiamoci la moltitudine di eccelenti pietanze che la cucina mediterranea ci sa regalare, accompagnate magari da un buon bicchiere di vino o di birra. Dieta sana, equilibrata e senza eccessi; e soprattutto dieta serena: il momento della tavola rappresenta anche un’importante cerimonia di socializzazione e che favorisce il benessere. Non facciamoci rovinare questi bei momenti da paure non giustificate. Buon appetito!

Kai S. Paulus

Pillola nr° 2: “Non posso star ferma”

Leggendo le varie storie e poesie pubblicate sul sito della nostra Parkinson Sassari è interessante osservare con quale dettaglio, chiarezza e naturalezza, vengono descritti i tanti sintomi della malattia di Parkinson. Quasi involontariamente viene presa in rassegna la completa semeiotica clinica della malattia, e tassello dopo tassello si sta formando una autentica enciclopedia del Parkinson. Pertanto il mio compito è piuttosto facilitato e mi sento come una guida attraverso le ricchezze letterarie create da voi. Questa volta vorrei soffermarmi sulla parola ‘discinesia’, cioè i movimenti involontari, irregolari ed incontrollabili. Ce ne parla Francesco Simula in “Giulietta” che vi invito a rileggere. Il racconto del nostro amico Francesco prende spunto evidentemente da un incontro avvenuto durante una delle prove per la commedia teatrale “Romeo e Giulietta, 40 anni dopo” del nostro applauditissimo scrittore e sceneggiatore Francesco Enna. L’incontro avviene perché il Sig. Simula si sente “attratto da questa singolare rappresentazione” …

La discinesia è il movimento involontario di diversi segmenti del corpo (braccia, gambe, ecc.), irregolare e non controllabile, che, nella malattia di Parkinson, è causato fondamentalmente da due fattori. Il primo è la durata di malattia e di terapia dopaminergica; dopo tanti anni è possibile che si manifestino questi movimenti che necessitano di specifici accorgimenti terapeutici. Il secondo, molto più frequente, anche negli stadi non avanzati della patologia, è dovuto proprio alla terapia stessa, diciamo un eccesso di farmaco, il cosiddetto effetto “picco-dose”. La levodopa (Sirio, Madopar, Sinemet, Stalevo, Duodopa) serve per integrare la dopamina (che manca a causa della malattia), riduce il tremore e ‘scioglie’ i muscoli, cioè aiuta a muoversi meglio. Quando di levodopa ce n’è troppa i muscoli lavorano troppo e si osservano questi movimenti involontari accompagnati spesso anche da tachicardia ed agitazione. In questi casi lo specialista riduce il quantitativo di farmaco per diminuire la discinesia. Una terza causa si può riscontrare in situazioni di intenso stress emotivo: pur avendo la quantità di medicina giusta compaiono i movimenti involontari. Questo può accadere in seguito ad ansia, agitazione, preoccupazioni, litigi, problemi apparentemente non risolvibili ed andrà ovviamente affrontato in altro modo. Caratteristicamente lo stress emotivo può accentuare tutti i sintomi del Parkinson.

Ci sono poi altre patologie, quali le sindromi extrapiramidali iper-cinetiche (il Parkinson viene comunemente classificato tra quelle ipo-cinetiche) come la corea di Huntington, dove le discinesie, le coree appunto, rappresentano il sintomo clinico principale. Inoltre, le discinesie dette tardive si possono osservare come effetti collaterali di farmaci psichiatrici.

Francesco è rapito dalla bellezza della nostra Giulietta attrice, ed alla rappresentazione della commedia la protagonista indiscussa è lei. Giulietta è riuscita a trasformare il suo disagio in vantaggio.

Kai S. Paulus

Accò lu Parkinson – Ecco il Parkinson di Nino Fois (aprile 2011)


A vicciaia cappa verdhi

Aisittendi la festha

V’è la sorthi chi ti sestha

Un capottu nobu nobu

E tu pàbbaru che l’obu

Finzamenta li buttoni

Perdhi da li pantaroni

E t’acciappi a curu nudu

Più cottu chi no crudu

No era chistha la sorthi

A dui passi da la morthi

Pari cottu chena bì

Aggiummai no poi ficchì

E camini a ischòscia a ischòscia

Si no andi cu’ la froscia

Andi sempri bandiendi

Caggendi e no caggendi

E si caggi a cur’ a terra

Ti n’iffasci mezza perra

Lu resthu a l’althr’iffasciadda

Hai la cappa ma’ sisthadda

Ma no ti n’importha nienti

Li casciari cu’ li denti

Sei pirdhendi arreu arreu

Eu diggu avveru meu

Chi si sighi digussì

Aggiugnendi dugna dì

Un mari fattu a l’althru

Già v’arribi a lu disasthru

E fai disaccatu mannu

Che incugna a cabbidannu

Cuipa di la maraddia

Parkinson e cussì sia

Tèniddi lu chi no perdhi

A vicciàia cappa verdhi.

(Nino Fois, 1 marzo 2011)
A vecchiaia cappa verde

Mentre spetti la festa

C’è il destino che ti taglia

Un capotto nuovo nuovo

E tu molle come l’uovo

Persino i bottoni

Perdi dai pantaloni

E ti ritrovi a chiappe nude

Più cotto che crudo

Non aspettavi questa fortuna

A due passi dalla morte

Sembri ubriaco senza bere

A momenti non ti reggi

E cammini barcollando

Se non vai con la stampella

Cammini sempre sbandando

Cadendo e non cadendo

E se cadi a cul’ a terra

Ti rovini mezza parte

Il resto all’altra caduta

Hai la cappa maltagliata

Ma non t’interessa niente

I molari con i denti

Stai perendo ben bene

Io lo dico e son convinto

Che se continui così

Aggiungendo ogni giorno

Un male dopo l’altro

Già vi arrivi al disastro

E commetti danno grande

Abbondante come un buon raccolto

Tutta colpa del malanno

Parkinson e così sia

Tieniti ciò che non perdi

A vecchiaia cappa verde.

 

 

A lu cori meiu isthràccu di Nino Fois (aprile 2011)


Abà tu puru

Ti sei posthu in piggia

A dammi prinetti e pensamenti …

E l’althri no basthàbani

Li venti chi m’àni arressu

I lu mèglio andà?! …

Già lu soggu

Chi sei vecciareddu

E poi abè gana di pasati …

… Un còipu di remmi

A arrimiggiàti già bastharìsthia

Ajò, chi si po’ fa.

Voga cun fòzza

Cu’ la prua a mari,

mi’, no è ora di tirà in terra:

dubìmmu cumbattì

l’ulthima gherra, si vi ridèsci,

un poggu a poi agguantà?

E’ di dì mannu ancora:

v’è lu sori lampendi luzi a manu piena …

no v’è una nui i’ l’aria sirena,

a l’aibbori di la sera arribi abà.

Abà ch’abemmu un poggu di pazi

La barca dammi tempu

D’assummanni,

dàgammi catinà tutti l’affanni

e vughemmu,

vughemmu a arrimiggià.
Ora anche tu

Ti sei dato da fare

A darmi preoccupazioni e inquietudine

O, forse, non bastavano

Gli altri venti che mi hanno fermato

Nel migliore andare?! …

Lo so

Sei sei vecchietto

E puoi aver voglia di riposare …

… Un colpo di remi

Per ormeggiarti basterebbe,

suvvia, che si può fare.

Voga con forza

Con la prua a mare,

bada, non è tempo di tirare a secco:

dobbiamo combattere

l’ultima guerra, se ci riesci,

puoi resistere un altro po’?

E’ giorno pieno ancora …

C’è il sole spargendo luce a piene mani …

Non v’è una nube nel ciel sereno

Giungi ora al crepuscolo vespertino.

Ora che abbiamo un po’ di quiete

Dammi il tempo

Di rimettere in ordine la barca,

lasciami svuotare tutti gli affanni e voghiamo,

voghiamo fino all’ormeggio.

 

 

 

La poesia – premessa di Nino Fois

 

La poesia, sia essa lirica, satirica, giocosa o ridanciana, ma addirittura anche epica, dice sempre la verità perché esprime i moti dell’anima di chi scrive e, se è veramente poesia, fa diventare protagonista il fruitore.

E, poiché i moti dell’anima sono molteplici, varia è l’espressione poetica anche quando nasce dalla stessa penna.

Superati i settanta anni io, che non avevo avuto alcun disturbo di salute, ho cominciato ad accusare qualche “affanno”. Ho iniziato coi dolori alle ginocchia, è sopraggiunta la fibrillazione atriale che mi ha obbligato alla terapia anticoagulante e, quindi mi sono imparentato col Parkinson per merito di una vascolopatia.

Ovviamente ho dovuto far ricorso alla scienza medica ma mi sono rivolto anche alla mia amica “Musa” la quale è intervenuta immediatamente o facendomi sdrammatizzare il mio stato di ammalato o dandomi il coraggio di reagire fino a chiedere al mio cuore stanco di resistere e continuare a vagare anche se il mare è di prua, fino a raggiungere l’ormeggio solo quando e dove il ‘Padrone’ della barca ha stabilito.

Sono nati così, questi poveri versi che mi permetto di chiamare poesie, appunto per un senso ottimistico di vedere le cose.

Ed è proprio per questo senso ottimistico che ci si sente poeti anche se non lo siamo, e sani anche se ammalati.

Quando mi chiedono: “come stai?”, rispondo, “Bene”, per non far star male l’interlocutore e me stesso poiché, se rispondessi, le cose non cambierebbero.

Nino Fois