Volare si Può, Sognare si Deve!

Scriviamo un libro

Metella e il suo paradosso di Franco Simula


La giornata del 26 Novembre 2016 dedicata all’esame di eventuali progressi della ricerca sulla malattia di Parkinson è stata per molti versi speciale e indimenticabile.

Il presidente dell’Associazione, all’apertura del Convegno, ha introdotto il concetto “visionario” di “festa della malattia di Parkinson”. Festa come incontro, sostegno reciproco, solidarietà, come terapia complementare alla terapia farmacologica e anche come divertimento. Questo concetto è stato ripreso più volte dal dott. Paulus che, essendo neurologo non può che dispensare farmaci per una patologia sintomatica, ma è nel contempo uno dei più convinti sostenitori della terapia alternativa o complementare più nota come arti-terapia e cioè teatro-terapia, danza-movimento terapia, fisio-terapia, canto-terapia, disegno-terapia. L’atmosfera di festa che si respirava nell’aria ha finito col coinvolgere anche l’austero prof. Sechi che muovendosi nella sala con insolita disinvoltura ha rappresentato l’importanza della ricerca nel campo specifico della neurologia ma si è spinto a confidare ai presenti che la ricerca sarda, e quella sassarese in particolare, partecipa con altri gruppi stranieri a dei filoni di ricerca neurologica e su altre malattie dementigene all’avanguardia nel mondo. Il prof. Serra -ironico ma comunque fiducioso- ha raccontato che un progetto di ricerca sul sonno, giudicato eccellente dal Ministero, è rimasto senza finanziamento alcuno per mancanza di fondi. A parte questi doverosi rilievi, il clima che si respirava nella sala era di grande ottimismo e speranza.

Anche le persone a cui questo convegno era destinato, gli ammalati di Parkinson, hanno percepito in maniera quasi palpabile questa atmosfera di festa che è servita per alcuni come rafforzamento delle proprie convinzioni per altri come appropriazione cosciente di suggestioni che fanno gridare al “miracolo”. Ma allora è vero il “miracolo” di cui spesso parliamo un po’ per celia un po’ per autosuggestionarci.

Oggi, al convegno, se ne è accennato giusto per prendere le dovute distanze da fenomeni di suggestione personali o collettivi che non possono trovare ospitalità in quest’aula dove i ricercatori -da scienziati- hanno. parlato rigorosamente di fatti scientifici, evidenti, dimostrabili, ripetibili.

A fine mattinata, a conclusione di una giornata che era apparsa memorabile per tutti, e lo si capiva dallo stato d’animo lieto e festoso delle persone, tutte, incontro fra gli altri Metella e giusto per sentire una risposta scontata le chiedo:” come è stata la giornata? che impressione hai avuto”? La risposta di Metella è di quelle che ti “shockano” perché contemporaneamente appare spontanea, tenera, ingenua,

dolcissima ma anche sorprendente,quasi esplosiva, certamente paradossale. “Molto spesso mi sorprendo a ringraziare il destino per aver avuto la malattia di Parkinson”.

Ma davvero? E perché?

“Perché mi ha consentito di vivere una nuova vita, di conoscere tante persone meravigliose che in maniera e in misura diverse mi hanno aiutato a uscire dalla solitudine, a riacquistare fiducia in me stessa, ad aggirare il fantasma della depressione che a tratti compariva nella mia vita”.

Anche Franco dice che questo maledetto Parkinson -nonostante il fastidioso e incontrollabile tremore che gli tormenta e stanca entrambe le mani- tutto sommato gli ha permesso di ricuperare una vita diversa, più attiva mentalmente, vissuta con le nuove persone che ha avuto modo di conoscere e che -scherzando con lui- ne apprezzano l’humor, le scontrosità, ma anche i lampi di intelligenza e le schiette manifestazioni di affetto che dispensa ad ampie mani.

L’incontro di nuove persone, la condivisione delle sofferenze, il reciproco incoraggiamento sono solo alcuni elementi che contribuiscono a rendere anche la subdola malattia di Parkinson meno…”rapace infingardo”, meno…”nemigu”, meno…”idra a sette teste”, meno…”mostro”. Da combattere non solo con le medicine ma anche col movimento, col divertimento, con gli affetti.


 

Rincorrere il vento di Nicoletta Onida da un’idea di Giuseppe Muglia


il-ciclista

Giuseppe Muglia Il ciclista, 1995 Tecnica mista olio su tela, 97 x 61 cm

                  Abbandonato il giornale in un angolo del divano, spossato dalla calura di quel giorno di fine estate, socchiusi gli occhi e mi lasciai andare ai ricordi. In un baleno rividi me, giovane ciclista dilettante, trafelato e felice cimentarmi nella gara insieme a tanti altri che, come me, avevano desiderio di evasione e svago più che sogni di gloria. Col sudore che m’imperlava la fronte, affrontavo salite e discese rasentando siepi, paracarri, muretti a secco oltre i quali si scorgevano piccoli poderi o campi di grano dove la brezza primaverile faceva ondeggiare le spighe. Qua e là, macchie di agrifoglio o ginestre in fiore coloravano il paesaggio. Staccandomi dal gruppo, sfiorando campagne delimitate da basse colline, da cui arrivava il profumo di erbe selvatiche, mi abbandonavo sul manubrio finché, dopo ripide discese, giungevo in prossimità del mare. Laggiù il rumore delle onde che giungeva mescolato al verso stridulo dei gabbiani m’ inebriava, così, come se potessi volare anch’io, ritto sui pedali col cuore che mi batteva all’impazzata, spendevo le ultime briciole di forza sognando di giungere fra i primi al traguardo. La bici era stata la mia passione fin da bambino; crescendo non mi aveva abbandonato. Mi aveva regalato tante emozioni durante le gare e tanti giorni indimenticabili, ma sentirmi parte di un gruppo che condivideva con me occasioni di svago ed evasione era, sicuramente, la cosa più bella. Anni felici, quelli! Col passare del tempo si affacciarono sulla mia vita responsabilità e problemi che, pian piano, cancellando la spensieratezza giovanile, trasformarono il mio modo di pensare. A complicare tutto sopraggiunse, poi, la malattia che, a poco a poco, spense le speranze che per anni mi avevano accompagnato; in primo luogo quella di una vecchiaia serena. Superato lo smarrimento iniziale, fiducioso nelle terapie, decisi di non lasciarmi abbattere – questa è la vita – mi dicevo – disperarsi è inutile !- Dopo qualche tempo, ancora una volta, entrai a far parte di un gruppo che, come me, lottava per raggiungere la medesima mèta: la vittoria sulla malattia. In quel gruppo ciascuno aveva una propria storia; ognuno aveva faticato, accarezzato sogni e desideri, aveva lottato e patito per realizzarli; dunque non ero l’unico, perché dovevo sentirmi così sfortunato? Quel giorno, però, la notizia dell’ inaugurazione della pista ciclabile, pubblicata sul giornale, mi aveva riportato indietro nel tempo risvegliando ricordi sopiti di un tempo felice. Ancora una volta fui preso dallo sconforto. Alla mia età, infatti, sarebbe stato bello poter pedalare tranquillo dentro la città, invece, tutto ciò mi veniva impedito dal tremore, dalla rigidità muscolare, dall’insicurezza dovuti alla malattia. Ad un tratto, sentendo battere un’anta della finestra aprii gli occhi preoccupato; forti raffiche di vento sferzavano l’aria preannunciando la pioggia. Mi soffermai ad osservare il cielo dove, assieme ad una moltitudine di foglie, un palloncino colorato, probabilmente sfuggito alle mani di un bimbo, volava troppo alto per essere recuperato; pensando alla sua delusione dissi a me stesso: “ rammaricarsi è inutile, rimpiangere il passato è come rincorrere il vento”.


SOS DE SU PARKINSON di Franco Simula


Sos chi semus dai Parkinson signados
semus fatende unu iazzu fadigosu
e parimus pro custhu resignados
comente ch’ esseret biazzu ‘e gosu.
Est una maladia sempre gai falza
chi una die paret bona e remissiva
e-i s’incras ti la sentis aggravada
caschi ostha t’impidit de ogare sa calza.
Sas milli faccias remunit e mustrat
e a nois nos faghet perder su caminu
chie est topi-topi e chie est uncinu
e chie faeddat male puru a mustras.
“Subdolo” lu giaman sos duttores:
han gana issos de l’imboligare
deo ischo solu chi una ostha arrivadu
ti lu deves suzzare totta vida.
Sos chi de Parkinson si sunt “innamorados”
como sunt tottu in fila pentidos
andhendhe a su duttore resignados.
Geminianu già l’hat battijiadu
comente unu famelicu abilastru
pront’a t’ispupulzare cun rastru
candho ti mustras appen’isfaltadu.
Sos duttores no ischin’ ite siat
solu sos sintomos lis toccat de curare
cun milli meighinas tappulare:
divesciu paret in-d-ogni pessone
tantu ‘e ponner s’infirmu in pressione.
Semus che-i sos sirianos assediados
lis prommittin sa paghe e faghen gherra
los illudin galu de los aer salvados
e invece che los ponen sutta terra.
Est comente un’idra a sette concas
chi tantas nde li segas e tantas contas
pullulat e si moltiplicat che mai
paret chi passet e non passat mai.
Poite no t’accosthas a leare
sa meighina ca s’or’est sonada?
Sa meighina? Sos remedios sunt medas
e ti los leggio pro chi tue connoscas
s’ibbarriada ‘e meighinas chi leamus:
Sirio-Jumex-Azilect-Neupro-
Madopar-Xadago-Mirapexin-Tasmar
e chie cheret chi si nde cominzet;
a nde podian fagher una sola
sustanziosa, efficace e soludora
invec ’e nde ponner chentu a discrescione?
Mancu male b’hat pensadu Pinuccia
a nos ponner in riga caminende
a duos a trese a una dozzina
ca su motu ‘ene fattu est meighina.
Cominzamus como a faeddare
de sos amigos chi t’hasa seberadu.
E Oscar Jacomelli a inu’est andhadu?
Dai una domo a s’atera chischende
sa pius baratta e cun bell’antana
mi paret una pedra loddurana.
Vanna como est dai meda chi no t’ido
m’hana nadu chi ti ses aggravada
torra a su gruppu e fossi a bider hasa
chi su muntone nessi caldu dada.
E Giuannantoni ‘e Ossi inue ch’est festhu?
già disitzamus de t’ider manifesthu.
Caderina si ponet a pintare
cun sos colores che cazzat su male
a los torrar’a bider est consolu
cun su computer los presento a bolu.
Ninetta invece l’hat lead’a tosthu
sa vida la conduit sempre leggendhe
e no s’accerat mancu a bider s’osthu:
torra a contare de fiores Ninetta
a su mancu intendhimus su profumu.
Nende ‘e sos casdhinales de Assuntina
finza a su paba nde li ‘enit gana
ma si pro casu mancat Peppinu
puru sa mariglia s’isviluppat vana.
Annalisa mi paret una santa
apposita essida da-i cunventu
pro chischare a su mancu s’istrumentu
de fagher cur’a su tremulone.
Gianni Dessena est fattu de duas perras
(su fattu no interessat a issu solu)
a manzanu sa sana faghet trabagliare
s’attera a sero invece pro tremore
su ballu ‘e s’ursu li faghet ballare.
Peppinu Achene faghet parte ‘e s’ischiera
ma no est solu, ca bind’at un’andera.
Su masthru Enna no est pius disizzosu
de ghiare pizzinnos de iscola
como invece hat piagher’e musthrare
su teatru chi a issu at dadu gosu
e a nois ischentes nos hat aggiuadu
a rier che “maccos”e a immentigare;
e Jole intantu abbaidende dai fora
faghet de tottu pro l’incoraggiare.
Zuseppe Cossu invece
sempre elegante e bene lussadu
paret su professore de sa cumpagnia
ma issu puru ogni tantu s’inzoada
e hat bisonzu ‘e un’ispinta pro andare.
Da-i cando Liliana est arrivada
no faghet atteru che faeddare
piagherosa ma furrida che riu
solu su dolore la faghet cagliare
si ducas faeddat Liliana
nessi istat bene e làssala faeddare.
Adelaide sempre oberosa
pront’aggiuare a chie ndat bisonzu
tra issa e Toninu parent diventados
s’autoambulanza de sa cumpagnia:
custhu tzesthu l’aggiuat a immentigare
sos males suos e a atteru pensare.
Cun su sorrisu in laras permanente
bi cheret solu sa pascenscia ‘e Maghia;
pro isposthare a ogni logu a Liliana:
“No, no so deo a mi la garrigare
est solu sa macchina a la traposthare”.
Anna invece cun boghe melodiosa
aggiuat sos mortos a torrar a bida
o a nde ogare a su mancu un’orijia.
Su primu chi nde gosat est Tottoi
chi cand’intendet custa oghe ‘e chelu
si ponet a marciare reu-reu.
est naturale chi Sandra e Pizzente
lu devan vigiulare attentamente.
Sevadore a sos contos det torrare
est unu pagu chi s’est ammandronadu
sos contos bellos de Tathari “pizzinna”
devet in presse torrare a contare.
Zuseppe Muglia cun oriolu fissu
sa bricichetta tiat cherrer leare:
“No-no Zuseppe, bògali sa fune
cashc’annu in piusu est mezzus a campare”
E Paola Bonifetti inue che sese?
E candho ti detzidis a torrare?
In su gruppu calore has a incontrare
e torra disti cominzar’a ballare.
Graziella “Capuleti” est sempr’in tira
minuda, silentziosa, assussegada,
solu Gianni la faghet caminare
ca issa atteru filu diat leare.
Assunta Pintus mancar’in carrotzina
a su ballu no cheret mai mancare
a cheret esser a no fagher nudda
s’imposthante est de no disesthare.
Costanzia seria seria ma diciosa
benit puntuale a s’abojiu ‘e su ballu
si no est present’a lu ider, eallu!
fossi resthare det pensamentosa
Franco Gavini caschi ostha est seriu
mancari cun sa fiza ghia fidele
candh’est de bonumore est che furittu
no l’interessat ne casdhu ne frittu
tandho lantat “battutas” fulminantes.
Finalmente Metella ses torrada
a su cuile chi ti fud’isettende
già quasi tottu fumis pensende
chi a atteru logu esseras andada.
Giovanna cun Zuniari accumpagnada
hat bisontzu ‘e su acchiddhu ’e su maridu
ca si ruet li falat temporada
e torrat male conza a su nidu.
Franca s’est dende meda cuidadu
pro nos chischare un ispatziu a modu
e poder fagher sos ballitos nostros
cun giusthu passu e puru cun decoru.
Pro Dora semus tottu “tifende”
no resessit a nde ogare atzola
de una mistheriosa maladia
chi paret cheffat ponner raighina:
issa ledre no est né rassegnada
sempr’ ispuntat sa leppa ‘e Pattada.
Luisa est torrada da-i Milanu
cun-d-una buscittedda curiosa
“ite bi ted’aer intro” nat Fulanu
intro b’hat tzesthu abba meraculosa.
Franco Peppinu Piero e Graziella
sun’istados sotzios fundadores
de un’Associazione minoredda
chi mann’e florid’han fattu diventare.
Grazie ‘e su tempus chi l’azis dedicadu
bos isettamus,sanos, a s’abojiu
pro torrar’a cominzu cun impignu.
De dott.Paulus non-dhe faeddhamus
a atteru compitu est assignadu
issu pro como det curare zente
si pro dispettu no-lu ponen
“a far niente”.
Giuanpaulu no si cheret caschuladu
ca est indipendente da-i su gruppu
issu cheret faeddhare senza truccu
pro lassare faeddhare su “signadu”.
E deo chie so? “Portatore sano”
de varias maladias;
de chimb’ o ses mi-n-d’han dadu patente
e pro custu m’han fattu presidente.
Su ch’amus fin’a-i como raccontadu
(a pius de sas buglias ovviamente) -
lassat Parkinsonianos senz’ispera?
No! sa chirchera in istad’avanzadu
no bentzat impreada pro sa gherra
ma in logos de trabagliu e in sa chirchera.
Amigos: su Parkinson no est solu maladia,
ma est’incontru, consolu e puru cumpagnia.

Franco Simula 3 Agosto 2016
Noi che siamo segnati dal Parkinson
stiamo facendo un viaggio faticoso
e per questo sembriamo rassegnati
come se fosse un viaggio di piacere.
E’ un malanno sempre così falso
che un giorno pare buono e remissivo
e l’indomani te lo senti aggravato
talvolta t’impedisce di toglier le calze
Nasconde e mostra mille facce
e a noi fa perdere le tracce
chi è zoppicante e chi è piegato
e chi parla male anche a segni.
“Subdolo” lo chiamano i dottori:
han voglia loro di edulcorarlo
io so solo che quando arriva
te lo devi tenere per sempre.
Gli “innamorati” di Parkinson
adesso son tutti in fila pentiti
andando dal medico rassegnati.
Geminiano l’ha già battezzato
come un famelico avvoltoio
pronto a spolparti con gusto
quando ti mostri un po’ fragile.
I medici non ne conoscono la causa
cercano di curare solo i sintomi
e ti rattoppano con mille medicine
in ogni persona si presenta diverso
tanto da metter pressione al malato.
Siamo come i siriani assediati
cui promettono pace e fanno guerra
li illudono ancora di averli salvati
e invece li mettono sotto terra.
E’ come un’idra a sette teste
che tante gliene tagli e altrettante
ricrescono, e si moltiplica sempre più
pare che passi, e non passa mai
Perché non vieni a prender
la medicina, che è l’ora?
La medicina? I rimedi sono tanti
e te li leggo perché tu conosca
la quantità di farmaci che prendiamo:
Sirio, Jumex, Azilect, Neupro
Madopar, Xadago, Mirapexin, Tasmar
e chi vuole aggiungere aggiunga.
Non avrebbero potuto farne una sola
sostanziosa, efficace e risolutiva
invece che offrirne cento a discrezione?
Meno male ci pensa Pinuccia
a metterci in riga nel camminare
a due, a tre, a una dozzina
ché il moto ben fatto è medicina
Iniziamo adesso a parlare
Degli amici che ti sei scelto
E Oscar Jacomelli dove è andato?
cercando una casa e l’altra
quella a miglior prezzo e miglior vista
sembra una pietra che rotola
Vanna, ora è tanto che non ti vedo
mi dicono che ti sei aggravata
torna nel gruppo e forse scoprirai
che il ‘mucchio’ almeno dà calore
E Giovannantonio di Ossi dov’è finito?
già desidereremmo vederti come stai.
Caterina si mette a dipingere
coi colori che allontanano il male
e rivederli dà consolazione:
con il computer li fa vedere al volo
Ninetta invece l’ha presa storta
conduce la vita sempre a leggere
e non s’affaccia neppure a veder l’orto:
ritorna a raccontarci di fiori Ninetta
se non altro sentiremo il loro profumo
Parlando dei “cardinali” di Assuntina
anche al Papa gli e ne viene voglia,
ma se per caso manca Peppino
anche la mariglia si sviluppa male.
Annalisa mi sembra una santa
uscita espressamente dal convento
per cercare almeno un rimedio
che possa curare il tremore fastidioso.
Gianni Dessena é composto di due metà
(il fenomeno non interessa solo lui)
la parte sana al mattino la manda a lavorare
l’altra di sera invece per il tremore
lo costringe a ballare il ballo dell’orso
Peppino Achene fa parte della schiera
ma non é solo perché ce ne sono tanti.
Il maestro Enna non desidera più
guidare bambini di scuola
adesso invece desidera rappresentare
il teatro che tanto lo ha soddisfatto
e a noi teatranti ci ha aiutato
a rider come matti e a dimenticare;
e Jole intanto osservando premurosa
fa più che può per incoraggiarlo.
Giuseppe Cossu invece
sempre elegante e distinto
sembra il professore della compagnia
ma anche lui ogni tanto si inchioda
e ha bisogno di una spinta per andare.
Da quando Liliana è arrivata
non fa altro che parlare
gradevole ma impetuosa come torrente
solo il dolore la fa tacere
se pertanto Liliana parla
vuol dire che sta bene:e lasciala parlare
Adelaide sempre faccendina
é pronta ad aiutare chi ne ha bisogno
tra lei e Tonino sembran diventati
l’autoambulanza della compagnia:
questo certo l’aiuta a dimenticare
i suoi mali e pensare ad altro.
Col sorriso permanente sulle labbra
ci vuole solo la pazienza di Margherita
per spostare dappertutto Liliana
No, non me la devo caricare a spalla
é la macchina che deve trasportarla”
Anna invece con voce melodiosa
aiuta i morti a tornare in vita
o a farne spuntare almeno un orecchio
Chi ne beneficia per primo é Tottoi
che quando sente questa voce celestiale,
si mette a marciare dritto dritto;
é naturale che Sandra e Vincenzo
debbano vigilarlo attentamente.
Salvatore deve tornare ai racconti
-é ormai da un po’ che si é impigrito;
le belle storie della Sassari “bambina”
deve in fretta tornare a raccontare.
Giuseppe Muglia ha un pensiero fisso
vorrebbe riprendere la bicicletta:
“No,no Giuseppe lascia perdere
é meglio campare qualche anno in più.
E Paola Bonifetti dove sei?
Quando ti decidi a ritornare?
Nel gruppo troveresti calore
e di nuovo ricominceresti a ballare.
Graziella “Capuleti” é sempre ansiosa
minuta,silenziosa, sussiegosa,
solo Gianni riesce a farla camminare
perché Lei prenderebbe altra direzione
Assunta Pintus anche se in carrozzella
al ballo non vuole mai mancare
può venire anche a non far nulla
quello che importa é non disertare.
Costanza seria, seria, ma felice
viene puntuale all’incontro del ballo
se non é presente almeno a vederlo
forse resterebbe pensierosa.
Franco Gavini talvolta é serio;
anche se é con la figlia scorta devota
quand’é di buonumore é un furetto
non gli interessa né caldo né freddo
allora lancia “battute” fulminanti
Finalmente Metella sei tornata
all’ovile che ti stava aspettando
già quasi tutti stavamo pensando
che altrove ti fossi trasferita
Giovanna accompagnata da Gianuario
ha bisogno del bastone del marito
perché se cade si fa male
e ritorna malconcia a casa
Franca si sta dando un gran daffare
per cercare uno spazio decente
e poter svolgere le nostre attività
con giusti movimenti e con decoro
Tutti stiamo tifando per Dora
perché non riesce a risolvere
una malattia a tratti misteriosa
che sembra voler mettere radici:
lei però fiacca non é né rassegnata
sempre spunta la leppa di Pattada.
Luisa é ritornata da Milano
con una curiosa borsetta
“che cosa ci sarà dentro” dice Tizio
dentro, é certo,c’é acqua miracolosa.
Franco,Peppino,Piero e Graziella
sono stati i soci fondatori
di una piccola Associazione
che han fatto diventare grande e fiorente.
Grazie del tempo che le avete dedicato
vi aspettiamo, sani, alla ripresa
per ricominciare con entusiasmo.
Di dott.Paulus non ne parliamo
lui é assegnato ad altri compiti
per ora deve curare la gente
se per dispetto non lo mettono
“a far niente”.
Gian Paolo non vuole essere considerato
perché é indipendente dall’Associazione
lui desidera parlare liberamente
Per lasciare parlare il “segnato” ( dal Parkinson)
E io chi sono? “Portatore sano”
di svariate patologie;
di cinque o sei mi han dato la patente
e per questo mi han fatto presidente.
Ciò che abbiamo sinora raccontato
(al di là degli scherzi ovviamente)
lascia i Parkinsoniani senza speranza?
No! La ricerca in stato avanzato
non venga usata per la guerra
ma in posti di lavoro e in ricerca.
Amici: il Parkinson non é solo malattia
é incontro,consolazione e anche compagnia.

Franco Simula 3 Agosto 2016

 

I Tre ( o quattro ) dell’Ave Maria di Franco Simula

scuola-media-nr“ Graziella , vedi se riesci a trovare le chiavi della palestra della Scuola Media N° 7 che le dobbiamo consegnare ai signori… ai… ai Tre dell’Ave Maria”.

Risata corale sino alle lacrime.

La Dirigente Scolastica ,generosa, aperta e premurosa come sempre ma con mille adempimenti da completare, per la fretta di concludere aveva, al momento, dimenticato i nostri nomi e d’improvviso eravamo diventati attori di un Western famoso i cui protagonisti avevano la “pia” abitudine di sgranare un rosario tutte le volte che le circostanze li costringeva a maneggiare le armi per sparare “I tre postulanti… con multa”, di qualche mese fa erano decisamente saliti di grado: da postulanti a “quelli dell’Ave Maria”. Dopo tutto per operare in un ambiente che fu già dei Padri Scolopi Religiosi Regolari ma anche educatori di generazioni di giovani, non si poteva appartenere che…”a quelli dell’ Ave Maria”, altrimenti niente palestra. I Tre dell’Ave Maria sono gli stessi tre – Franco Enna, Jole Sotgiu, Franco Simula- che all’inizio dell’anno si erano presentati alla stessa Dirigente, la Dott.ssa Patrizia Mercuri sempre disponibile a risolvere -quando è possibile- i problemi altrui: ci occorreva uno spazio per svolgere attività di vario tipo ma prevalentemente fisioterapia e Lei molto cortesemente ci ha messo a disposizione una palestra. Stavolta i tre postulanti, che per un suggerimento dell’inconscio, eran diventati i Tre dell’Ave Maria sono stati costretti a “correggere “ i numeri; dal momento che quelli dell’Ave Maria western erano quattro si son trovati nella necessità di dover cooptare il quarto personaggio devoto del Rosario condito in salsa western. Chi poteva essere se non la Dott.ssa Mercuri che come un “deus ex machina”, nel momento della disperazione estrae un coniglio dal cappello? Ed ecco che quello che forse fu un parlatorio o una foresteria degli scolopi, diventato nel tempo palestra, accoglie ora un gruppo di Parkinsoniani alla ricerca di uno spazio che consenta loro di utilizzare il movimento come terapia . In attesa di spazi migliori che il Comune prima o poi ci assegnerà, questa palestra va bene. C’é -è vero-qualche problema di parcheggio per le macchine dei parkinsoniani che non di rado hanno vistosi problemi di deambulazione, ma in attesa di locali migliori ci accontentiamo di “quello che passa il convento”… degli Scolopi. Gli Scolopi, appunto, che qui cominciarono a operare dal 1690 in poi, dopo una lunga disputa con i Gesuiti che avevano osteggiato in tutti i modi l’insediamento degli Scolopi fondatori delle Scuole Pie. Fra i due ordini religiosi esisteva una forte rivalità, non sempre dissimulata, attribuibile anche ai rigorosi metodi pedagogici praticati a quei tempi. I sassaresi che avevano trovato le “scuole Pie” degli Scolopi più “umane” delle scuole dei Gesuiti che praticavano metodi di insegnamento molto più severi, scelsero in maggior numero le prime che in poco tempo ebbero l’esigenza di aumentare il numero delle aule. Come può constatarsi: problemi di sempre.

La spedizione, come del resto la volta precedente, ha avuto esito positivo: ma stavolta tutto … senza multa.

Franco Simula

Informazioni del Presidente

INFORMAZIONI DEL PRESIDENTE

L’ASSOCIAZIONE ALZHEIMER INVITA I SOCI DELL’ASSOCIAZIONE PARKINSON A PARTECIPARE A UNA SERIE DI CONFERENZE INCENTRATE SUL RAPPORTO PAZIENTE -FAMILIARE CHE SI TERRANNO IN UN SALONE DI “MATER ECCLESIAE” NEI GIORNI:

 LUNEDI 26-09-2016 –ORE 17– RELATRICE: DOTT. NOEMI SANNA

GIOVEDI 29-09-16 -ORE 17- RELATRICE: DR. ANGELICA LAMBERTI

CHI FOSSE INTERESSATO POTRA’ LIBERAMENTE PARTECIPARE

Come conoscersi per caso di S. Faedda

E’ una calda mattina di luglio, esattamente sabato, e come al solito vado incontro a mia moglie che si trova dal parrucchiere. Ci incontriamo in via Roma all’altezza della facoltà di magistero e li ci fermiamo perché attendiamo l’arrivo di una nostra amica con la quale siamo d’accordo per bere un caffè insieme. Ad un certo punto una coppia di coniugi dal caratteristico accento continentale ci chiede se da quella postazione è facile raggiungere il Duomo di Sassari. Un attimo di riflessione e poi con gesti e parole diamo loro le indicazioni richieste. Dopo averci ringraziato e salutato i due turisti, tenendosi per mano come due ragazzini, si avviano in direzione della meta stabilita. Nel frattempo arriva la persona per la quale eravamo lì in attesa quando, improvvisamente, io e mia moglie guardandoci negli occhi con la solita intesa, decidiamo di accompagnarli. Con passo veloce li raggiungiamo e prospettiamo loro la nostra idea. Subito ci ringraziano per la bella proposta e ci presentiamo per consolidare la reciproca conoscenza: Paolo e Maria Grazia loro, Salvatore e Anna (io e mia moglie) e Annalisa la nostra amica. Durante il tragitto inizia la conoscenza di base, lei Lombarda e lui Emiliano prossimo alla pensione. Subito in lei ci colpisce il tono della voce: senza ombra di dubbio ci riporta a quella della nostra cara amica Tina di Oleggio che, guarda caso, le somiglia anche fisicamente. Terminata via Roma mostriamo loro con orgoglio la nostra bella “Piazza d’Italia” col maestoso monumento a Vittorio Emanuele II. Qui, a dire il vero, mi viene una strizza allo stomaco per via della sporcizia che regna attorno al monumento. Per smorzare questo disagio e per spostare lo sguardo in alto, mostriamo loro il palazzo della Provincia, il palazzo Giordano e i portici Crispo sino a raggiungere piazza Castello. Dopo aver fatto alcune foto ricordo riprendiamo il percorso lungo la via delle poste centrali sino ad imboccare la via Turritana che ci porta direttamente davanti al Duomo di San Nicola…la loro meta preferita. Data l’ora tarda (almeno per noi) e prima di far procedere loro la visita all’interno della chiesa, proponiamo un buon caffè che viene accettato con entusiasmo. Mentre siamo in attesa del caffè riprendiamo il discorso sulla loro destinazione e scopriamo che sono diretti a Stintino, nei pressi de “La Pelosa”, con alloggio in un “Bad and Breakfast”.
Dopo aver bevuto il caffè (rigorosamente pagato da loro) e consigliato alcuni locali dove apprezzare degli ottimi piatti, ci congediamo salutandoli con tanta simpatia e ripromettendoci di ritrovarci in un prossimo futuro.
Savatore Faedda

Vecchi ricordi di Salvatore Faedda

Questo che sto per raccontarvi è un vecchio ricordo che all’epoca mi divertiva moltissimo. Mi riferisco alle votazioni tra il 1950 e il 1960; la televisione era già nata e i primi comizi elettorali televisivi catturavano l’attenzione di tutti gli interessati.
Nel centro storico di Sassari, invece, e precisamente in via Ettore Pais, i comizi avvenivano dall’alto di due finestre poste una di fronte all’altra; due candidati di partito opposto, a gran voce, prospettavano i loro programmi con grande approvazione dei simpatizzanti reciproci. Le voci e gli applausi erano talmente alti tanto da sentirne l’eco sia in piazza demolizioni che in corso Vico.
Io, con un gruppo di coetanei detti “pizzinni pizzoni”, per arrecare disturbo ai manifestanti, creavamo delle piccole bombe di carburo e le facevamo esplodere nei momenti più impensati. Poi, con la scusa di nasconderci, ci rifugiavamo nei vicoletti limitrofi per vedere le donnine che, per poche lire, vendevano il loro corpo.
Le case che venivano utilizzate per quell’attività avevano due ingressi, uno per entrare ed uno per uscire, ed erano dotate di un comodo letto.
Quando in città arrivavano i militari, le vie di quel quartiere pullulavano sempre di gioventù in divisa…tanto nessuno li conosceva!!! E se qualcuno tentava di superare l’orario stabilito, bastava un fischio ed il malcapitato veniva preso a calci nel sedere.
Anche stavolta ho voluto rendervi partecipi dei miei ricordi di gioventù che, a dire il vero, sono tantissimi. Grazie per la vostra pazienza

Salvatore Faedda

Racconto di vita vissuta di Salvatore Faedda

La nostra vita è come un viaggio; a volte può essere interessante e fortunato altre volte…esattamente il contrario.
Ricordo con amarezza quando andammo ad abitare in via Gazometro. L’appartamento (si fa per dire) sito al piano terra di un vecchio stabile, al posto dei muri divisori aveva delle tende ricavate da vecchie lenzuola che separavano i pochi ambienti a disposizione.
In fondo al corridoio una piccola porta dava accesso ad un cortile con tanto di pergolato, le cui radici affondavano in un pozzo con passaggio d’acqua detta “dragunaia”. L’uva che vi cresceva non maturava mai ma, in compenso, i topi la facevano da padroni, soprattutto di notte perché potevano pascolare liberamente sul tetto della casa fatto di canne e masonite inchiodata.
Tutti i giorni una ventina di colombi che alloggiavano nelle casette di legno fatte da mio padre, davano inizio ad una nuova giornata con un tono di allegria. Nei periodi di crisi, per poter sbarcare il lunario, mia madre li cucinava e ce li presentava sotto un aspetto appetibile.
Purtroppo per noi questi volatili depositavano i loro escrementi nelle grondaie impedendo lo sfogo naturale dell’acqua piovana e, quando diluviava, allora l’acqua fuoriusciva dal pavimento della casa e, non era solo acqua…purtroppo…!!!
Considerate le condizioni della casa mio padre fece la domanda per ottenere una casa popolare. La commissione che fece le verifiche concordò che la casa non era abitabile e così decise di darci un buon punteggio per un appartamento nel quartiere popolare del “Latte Dolce”.
Quando andammo a vedere la nuova casa ci sembrò di vivere in un sogno; pensate…una vera casa tutta per noi. Ma come tutti i sogni anche il nostro svanì nel nulla. Poco prima della consegna delle chiavi, un signore di una certa importanza venne nel nostro tugurio, misurò con dovizia di particolari tutto l’interno e, alla fine, concluse che la casa non ci spettava perché quella era più che sufficiente per le nostre esigenze e per il numero delle persone (cinque figli più 2 genitori).
Lascio a voi la facoltà di immaginare la nostra delusione e la rabbia di mio padre per essere stato preso in giro in quel modo così umiliante.
Dopo qualche anno i miei genitori decisero di cambiar casa e di andare ad abitare in via Principessa Maria; finalmente tutti avevamo una camera con tanto di cucina abitale e bagno decente.
Quel tugurio, invece, fu affittato diverse volte e, tutte le persone che vi andarono ad abitare, ottennero una casa popolare nel quartiere del “Latte Dolce”. Come dire…chi non ha fortuna non si alzi presto!!!

Salvatore Faedda

I biglietti non vendibili di S. Faedda

Da qualche anno abito a “Carbonazzi” e sono molto felice perché reputo questo rione ben servito sotto tutti gli aspetti.
Per quanto riguarda il servizio tranviario non ci sono problemi anche perché, proprio di fronte a casa mia, si trova il capolinea di uno dei mezzi pubblici che segue il percorso giusto per le mie esigenze.
Sono molto previdente per cui, normalmente, ho sempre i biglietti in tasca per salire su qualsiasi mezzo dell’ A.T.P.
Qualche giorno fa, intorno alle 16,30, dovendo raggiungere gli amici parkinsoniani in un luogo piuttosto lontano dalla mia abitazione e, dato il gran caldo estivo, decido con mia moglie di prendere l’autobus che, guarda caso, faceva capolinea a pochi passi dal luogo d’incontro.
Poco prima di salire sul mezzo mia moglie controlla i biglietti a disposizione e…ironia della sorte, se ne ritrova solo uno. Io mi preoccupo ma lei, con tranquillità, mi dice che a bordo possiamo comprarne uno ad un prezzo più alto di quello normalmente in vendita nelle rivendite autorizzate. Poco male, penso io, qualche centesimo in più non rovinerà certo il nostro budget.
Una volta a bordo mi rivolgo all’autista per comprare il biglietto a noi mancante ma lui, tranquillamente, mi dice che i biglietti a bordo si possono vendere solo alle 7,00 del mattino e alle 22,00 di sera perché pare che, oltre quegli orari, i rivenditori ne hanno ostacolato la vendita per via del loro mancato guadagno.
Ho guardato in faccia mia moglie per vedere la sua reazione poi, rivolto all’autista, chiedo il senso di una tale decisione ribadendo che di certo ciò non agevolava chi si trovava nella condizione di dover viaggiare per un qualsiasi imprevisto.
Comunque, a rischio di fare una brutta figura, sono rimasto a bordo e sono arrivato a destinazione a costo zero.
Salvatore Faedda