Volare si Può, Sognare si Deve!

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IL CAREGIVER: QUALCOSA STA CAMBIANDO 2 di Kai S.Paulus

noi tre

(seguito di “IL CAREGIVER: QUALCOSA STA CAMBIANDO”)

 

Ora, permettetemi una riflessione.

Concordo con Andrea Tirotto, quando afferma che non c’è bisogno di una legge che certifichi il ruolo del famigliare.

Qua bisogna definire bene cosa si intende per ‘caregiver’, cioè una persona che presta cure, che assiste una persona non autosufficiente.

A mio avviso bisogna distinguere tra il familiare che, quando si presenta la situazione, automaticamente, e senza scampo, scivola nel ruolo dell’assistente; lo fa perché è membro della famiglia, perché il suo caro ha bisogno di aiuto, perché moralmente obbligato. Il familiare certamente non ha bisogno di un pezzo di carta che lo qualifichi come ‘prestatore di cure’ del proprio caro, così come un genitore non ha bisogno di un encomio perché fa il genitore.

Invece, il familiare ha bisogno che il sistema sanitario funzioni, che sia immediato, qualificato ed efficace, che lui/lei abbia un punto unico di riferimento, e che non debba correre tra mille uffici dovendo esibire ogni volta le stesse certificazioni di malattia e disabilità, ogni volta in originale e, mi raccomando, ogni volta recente (come se una malattia, progressiva e degenerativa, come sottolinea Franco Simula, possa improvvisamente guarire); ed inoltre, che arrivino i presidi corretti, funzionanti ed in tempo utile, e soprattutto, il familiare necessita di tutela e di certezza e che possa contare su una comunità emancipata e socialmente evoluta.

Invece, il caregiver professionale, esso sì che necessita di regole, istruzione, compensi e riconoscimenti, che il suo lavoro possa addirittura rappresentare un’opportunità di formazione e di lavoro specialmente per i giovani. Ma per questo, il lavoro del caregiver deve essere attrattivo e necessita di una qualifica giuridica.

E chi paga l’istruzione ed i compensi del caregiver?

A questo punto rischiano di naufragare tutti i nostri buoni propositi: la sanità costa, costa tantissimo (nel 2020 il 7,5% del PIL nazionale, ovvero 135 miliardi di euro!) e quindi, non è possibile finanziare tutto.

Però, una via ci sarebbe, ed è quella del miglioramento della rete sociale stessa, innanzitutto con l’ottimizzazione delle risorse, e poi con la creazione di posti di lavoro per i caregiver professionali stipendiati, il che comporta un maggior numero di contribuenti e pertanto un maggiore gettito fiscale, ma anche meno disoccupazione, meno povertà. Ed ancora: più assistenza e più qualità di vita per la persona non autosufficiente e per i familiari, che poi non dovranno rinunciare al proprio lavoro potendo proseguire a produrre, creando reddito e contributi.

Infine, ogni soluzione, anche quelle proposte nel criticabile disegno di legge discusso ieri mattina, contribuiscono ad alleggerire il peso dei ‘caregiver’, il che, secondo il neuroscienziato Bartolomei, migliora la qualità di vita dell’assistito e riduce i costi sanitari (ricoveri, accessi al Pronto Soccorso, accertamenti strumentali, farmaci).

Credo che tutto ciò sia un ottimo investimento per rafforzare lo stato sociale. Inoltre, come abbiamo sentito durante il convegno, molti presidi sanitari sono obsoleti, e quindi un maggior coinvolgimento dell’industria italiana per l’innovazione tecnologica sanitaria ed assistenziale aumenterebbe ulteriormente l’occupazione, PIL, welfare, e soprattutto qualità di vita.

Ci sarebbe ancora molto da dire e siamo solo all’inizio. Ora speriamo che il disegno di legge sul caregiver, nonostante le sue criticità, possa essere approvato, e così anche le proposte regionali, ed in autunno, come concordato con gli amici catalani Cecilia Cuccureddu e Marco Balbina (presidenti della Associazione Parkinson Alghero), ci si rivedrà tutti ad Alghero per fare il punto della situazione e per non mollare.

Il ferro è caldo e va battuto ora.

noi tre

“I tre moschettieri dei caregiver” (insieme a me da sinistra, i miei amici Glauco Di Martino e Mary Fozzi)

 

La gita a Nuoro – Testi di Franca Ghezzi

Seppure in pochi come “gruppo di Alghero”, abbiamo aderito all’invito di visitare la mostra fotografica realizzata al Museo di Nuoro da persone malate di Parkinson, che hanno voluto narrare il loro disagio, coinvolgendo  il visitatore in prima persona. È stato un momento unico, dove il raccontarsi attraverso la fotografia ha fatto scaturire sensazioni e emozioni che spesso tendiamo a nascondere dietro una maschera, per paura di essere feriti, davanti al pietismo altrui.

Purtroppo non c’è stato il tempo per una lettura più approfondita, perché il viaggio in pullman ci ha riservato sorprese inaspettate.

Durante la prima parte del tragitto mi ha colpito piacevolmente sentire il canto di “quel mazzolin dei fiori” accanto a quelli in logudorese, quasi a voler unificare le distanze e annullare i confini.

Il pullman però all’improvviso si è ritrovato in una posizione trasversale e non riusciva più a muoversi perché la strada era stretta. L’autista, ingannato da indicazioni scorrette, aveva sbagliato strada e nel tentativo di uscire da quello ”stallo“ è finito contro due muretti, un balcone e diversi vasi.

Spavento, paura, richieste di scendere, anche qualche momento di ironia per la buffa situazione. Finalmente dopo diverse manovre l’autista è riuscito ad uscire dal “sentiero” e a riprendere piano piano il cammino.

Dal finestrino abbiamo visto emergere le bocche di un cratere  dove in tempi remoti la lava, risalita dalle zone profonde, aveva reso fertile il terreno.

Dopo aver consumato un pranzo con prodotti tipici, ed essere stati allietati da altri canti, all’uscita del ristorante ci aspettava un’altra sorpresa: nel giro di pochi attimi una tempesta di grandine e scrosci d’acqua si sono abbattuti su di noi e , ritrovati bagnati e fradici,  ci siamo dovuti difendere come potevamo con maglioni, cappelli e magliette. Fortunatamente d’improvviso il paesaggio è cambiato e il verde della macchia mediterranea ci ha accompagnato per lunghi tratti.

Dopo l’accaduto nel gruppo permeava la certezza che non ci sarebbero più stati ostacoli per il rientro, mera illusione, perché di colpo con un forte fragore si è aperta la porta laterale del pullman e ci siamo trovati all’improvviso davanti ad una situazione a dir poco imprevedibile. Per poter porre rimedio a quanto era appena successo, e poter così  riprendere il viaggio, la porta è stata bloccata con un pezzo di spago. Esausti e stupiti siamo arrivati nella piazza di San Giovanni, dove ci siamo salutati, sfiniti e senza la forza di commentare ciò che avevamo vissuto.

Nei giorni successivi ho immaginato questa nostra avventura come il viaggio di una nave che fende  i flutti con coraggio e determinazione,  una nave sulla quale abbiamo affrontato gli ostacoli che quotidianamente la vita ci presenta e che tutti insieme, come gruppo, siamo riusciti ad affrontare, dimostrando a noi stessi che il nostro spirito è più forte delle avversità. Noi siamo più della nostra malattia.

Saluti                  Franca Ghezzi

PARKINSON E FESTINAZIONE di Kai S. Paulus

(Pillola n. 21)

La festinazione è uno dei sintomi più frequenti negli stadi medio-avanzati della malattia di Parkinson, già menzionata nella prima descrizione clinica di James Parkinson nella sua “The shaking palsy” (1817), ma curiosamente non considerata dalla letteratura internazionale come invece altri segni tipici, quali tremore, rigidità, rallentamento motorio, scialorrea e disturbi del sonno.

La festinazione appartiene al capitolo dell’instabilità posturale insieme al freezing e la camptocormia, e, insieme ad essi, principale causa di cadute.

Quando ero studente, ci spiegavano la festinazione come il tentativo di rincorrere il proprio baricentro proiettato in avanti, un’immagine azzeccata che non ho mai dimenticato; è come quando si sta per cadere in avanti e, per evitare la caduta, si fanno dei passi correttivi in avanti; ma nella festinazione questi passi risultano troppo corti, per cui necessitano velocemente di un passo compensatorio, che però risulta più breve, ed il prossimo passo sarà ancora più veloce ed ancora più corto: si crea così una corsa a passi sempre più piccoli, ed alla fine non si riesce più a correggere la proiezione del tronco in avanti, e quindi si cade.

Ed arriviamo al punto: cosa possiamo fare per ridurre la festinazione, prevenire le cadute o magari evitarla proprio?

Come già accennato, la festinazione è scarsamente responsiva ai farmaci dopaminergici ed alle procedure invasive, come la stimolazione cerebrale profonda oppure il trattamento con gli ultrasuoni focalizzati; ma è comunque importante l’ottimizzazione della terapia in atto. Dopodiché, la riabilitazione mirata al miglioramento dell’equilibrio statico-dinamico, della postura e della marcia, e le strategie di nordic walking sono sicuramente da annoverare tra le metodiche più utili, accanto alle cure dei disturbi non motori, quali insonnia, stitichezza, dolori, depressione, ansia.

Fonti bibliografiche:

Nonnekes J, Giladi N, Guha A, Fietzek UM, Bloem BR, Ruzicka E. Gait festination in parkinsonism: introduction of two phenotypes. Journal of Neurology, 2019; 266: 426-430.

Il coro Volare si Può si esibisce a Sassari al Teatro Astra

Maria Luisa Congiu scrive:

“Volare si Può” in scena ieri sera al Teatro Astra Sassari. Porto a casa tante belle emozioni e, soprattutto, un’importante lezione di vita
Il Coro “volare si può”, formato da persone affette dal morbo di Parkinson e diretto da Fabrizio Sanna, davvero ammirabile per l’iniziativa, è un esempio di come l’amore per la vita dia la forza di lottare contro un male che non ha cura ma lo si può combattere e affrontare con iniziative che tengono alto l’umore concentrando gli sforzi verso un fine collettivo: fare musica insieme, condividendo dolori e gioie. Altra emozione sono stati i bambini del coro “Piccole Note di Tissi” diretti da Laura Santucciu, una ventata di vita ed entusiasmo per tutti. Grazie a tutti, pubblico meraviglioso compreso, per questa bellissima esperienza. A medas annos

🍀❤️🍀


L’EMOZIONE NON HA VOCE

 

IL PESCATORE

CAREGIVER? di Kai S. Paulus

tesi caregiver

Conosciamo bene che cosa è un caregiver, un prestatore di cura: il nostro “portatore sanoTonino Marogna e tanti altri ce lo dimostrano da molti anni. E conosciamo bene anche le difficoltà che un familiare incontra nel voler assistere una persona non autosufficiente, la fatica, gli ostacoli burocratici, lo stress, ansia, l’insonnia, la depressione, e la solitudine; ne abbiamo parlato diverse volte nel nostro sito:

(Tra parentesi mese e anno dove si può consultare l’articolo nel archivio di questo sito)

ed il sito è colmo di testimonianze e commenti dei nostri ‘caregiver’, il vero pilastro della nostra Parkinson Sassari. Mi viene in mente anche il nostro primo convegno, con cui tutto iniziò: “La Famiglia e la malattia di Parkinson” nel maggio 2009 in una strapiena Camera di Commercio.

Ora si aggiunge un nuovo tassello:

Recentemente Glauco Di Martino, l’autore del fortunato romanzo-testimonianza “Il miracolo di Mari” ha invitato politici locali e regionali, operatori sanitari ed i caregiver, per un incontro nelle Tenute Li Lioni, per discutere sulle criticità dell’assistenza domiciliare delle persone non autosufficienti, ed in particolare le persone affetta da Alzheimer e Parkinson. In sala era presente anche la neolaureata in Servizio Sociale Elisa Palmas la cui tesi di laurea “Caregiver familiare e anziani non autosufficienti in Italia: come prendersi cura di chi si prende cura” dà tanti spunti di riflessione.

Quando arriva la diagnosi, inizia il faticoso percorso ad ostacoli della famiglia. L’inizio della ‘carriera’ del prestatore di cure è segnato quasi sempre da un senso di inadeguatezza e di smarrimento; e la lamentela comune è il difficilissimo accesso ai servizi pubblici dedicati all’assistenza, l’assenza di un punto di accesso per ottenere le informazioni necessarie, con conseguente acquisizione di conoscenze frammentarie e fumose tramite un ‘passa parole’ tra conoscenti ed amici con informazioni spesso aneddotiche.

Allora, cosa fare?

Elisa Palmas ci ricorda che in Italia si è iniziato il percorso di tutela giuridica della figura del caregiver a partire dal 2017 (Legge 27 dicembre 2017 n. 205) e che lo stato interviene a sostegno della famiglia con diversi interventi socioeconomici, quali l’indennità di accompagnamento che garantisce al portatore di invalidità totale un sussidio mensile di 522,10 €. Purtroppo, l’accompagnamento è egualitario e non tiene conto del grado di invalidità e delle reali necessità. Questa indennità, che rappresenta un enorme costo per la comunità, circa 0,8% del PIL nazionale, viene distribuito a pioggia, raggiungendo destinazioni dove spesso non serve e molte altre dove non è sufficiente. L’accompagnamento è unicamente un assegno con cui il destinatario deve arrangiarsi, senza includere servizi sociosanitari tanto meno accesso ad informazioni.

Poi ci sono altri aiuti nazionali e regionali, quali i permessi lavorativi (legge 104) ed il sostegno economico del ritorno a casa (RAC); inoltre esistono i servizi domiciliari, CDI (ex-ADI), con cui la sanità pubblica invia a domicilio diversi operatori sanitari (infermieri, terapisti, psicologi, assistenti sociali, medici specialisti) per ammalati gravi ed allettati. Ma l’accesso a questi servizi è minato da barriere burocratici incredibili.

Infine, la famiglia spesso rimane sola, con le preoccupazioni per il proprio caro, con la disperazione davanti agli ostacoli e mura di gomma burocratici, e con le difficoltà familiari e professionali che si complicano continuamente.

Tutti i presenti all’incontro sono convenuti sulla insostenibilità della situazione attuale e la necessità di aiutare concretamente chi rischia di perdersi nella giungla burocratico-sanitaria e di soccombere sotto il peso di un compito troppo grande. A questo proposito, il sogno di Glauco Di Martino potrebbe presto realizzarsi con il supporto del Comune di Porto Torres: un centro diurno per assistere i familiari di persone non autosufficienti a Porto Torres.

mari

Sabato, 11 giugno, si replica nel Palazzo di Provincia a Sassari. Penso che questo nuovo appuntamento possa essere un’occasione per affrontare le criticità dell’assistenza a Sassari e per sondare possibili soluzioni.

Una mia idea per migliorare i servizi sociosanitari in supporto alle famiglie è il tentativo di rendere il lavoro del caregiver attrattivo, socialmente rispettabile, ed appetibile all’industria biomedica. Una possibilità sarebbe la formazione professionale con titolo giuridico di caregiver, regolarmente stipendiato, persona informata che si occupa di tutto; un’opportunità per giovani con possibilità di arricchire il curriculum per future scelte professionali. Certo, la formazione e lo stipendio hanno un notevole costo, che però potrebbe essere controbilanciato dalla creazione di posti di lavoro e di reddito con contributi e tasse, non perdita di lavoro e reddito da parte del familiare, e incentivo all’industria biomedica italiana per lo sviluppo di apparecchiature mediche, tecnologia riabilitativa, soft- e hardware, comunicatori, protesi, ecc. Tutto ciò produce occupazione e reddito.

Inoltre, il familiare sarà un caregiver part-time senza eccessive rinunce alla propria vita, anzi, potrà dedicarsi con più serenità ed affetto alla persona bisognosa.

Parliamone, di questo e di tanto altro, sabato mattina, 11 giugno al Palazzo di Provincia.

Le Ladies di Ferro – Testo di Franco Simula

Quando si dice che il caso e la fortuna stavolta sono comparse insieme non significa usare una retorica enfatizzazione di comodo, ma soltanto prendere atto che due signore facenti parte dell’ultimo Consiglio Direttivo della nostra Associazione Parkinson Sassari eletto il 28 Giugno 2021, sono state scelte dal destino in una visione di prospettive di lavoro e di comportamenti perfetta. Si, sto parlando di Caterina Sanna e di Mariuccia Tortu che nel Consiglio Direttivo ricoprono rispettivamente la carica di Coordinatore Amministrativo e Segretaria. Due signore dai modi affabili e dal portamento gentile ma con alcune idee fondamentali chiare che devono rimanere chiare per tutti
Se le avesse scelte uno psicologo esperto in fisio-psico-gnomica non sarebbe stato più preciso del caso. Che individuando le due amiche nominate ha scelto una coppia perfettamente interdipendente legata da visioni pressoché identiche. quanto meno in alcuni aspetti del loro lavoro. Che Caterina Sanna si chiami CATTERINA non c’è alcun dubbio almeno da quando i genitori sono andati a fare la denuncia della nascita di una bambina. Sfortuna volle che l’Ufficiale dell’Anagrafe fosse -o potesse essere- un campidanese sfegatato di quelli che oltre a raddoppiare alcune consonanti, pur di raddoppiare qualcosa sarebbero capaci di raddoppiarsi anche i debiti. A questo punto della storia personale Caterina si è affezionata a CATTERINA e guai a chi glielo tocca. Ma anche Mariuccia Tortu, segretaria-notaia del Direttivo è sempre vigile a riprendere chi non si adegua rigorosamente a quanto riportato nei registri dello Stato Civile. Così come è attenta a riprendere la Presidente la quale, dimenticando di chiamarsi Salvatorica, talvolta firma col più moderno Dora. Dora sarà un bel diminutivo abbreviato, sarà il nome di un fiume, sarà quel che sarà… ma non è il nome della Presidente che non di rado è costretta dall’intransigente segretaria ad apporre la firma autentica su documenti firmati con”falso” nome.
E meno male che abbiamo incontrato queste due collaboratrici zelanti e diligenti. Infatti nel passaggio dal vecchio al nuovo direttivo hanno dovuto affrontare tutta una serie di strettoie burocratiche per chi, come noi ha deciso di aderire al Terzo Settore che è costituito da un insieme di Enti di carattere privato che operano nell’ambito dell’assistenza alle persone con disabilità, nella tutela dell’ambiente, nei servizi sanitari e socio assistenziali, nell’animazione culturale. Questo passaggio ha presentato non poche complessità di carattere legale e avrebbe scoraggiato chiunque non avesse posseduto, certamente una notevole professionalità, ma soprattutto un legame sincero e disinteressato con l’Associazione Parkinson Sassari…L’inserimento nel Terzo Settore consente una serie di vantaggi come alcune agevolazioni fiscali e l’accesso al 5x mille ma comporta anche dei costi maggiorati per la presentazione di alcuni documenti come l’atto costitutivo e il bilancio da depositare presso il RUNTS. Vantaggi e svantaggi sono normali in ogni cambiamento di “pelle”. Ciò che invece ci ha colpito positivamente è stata la determinazione e la volontà -queste si veramente di ferro- che hanno guidato due gentili signore nel portare a termine i contenuti di una deliberazione adottata a suo tempo dall’Assemblea dei Soci.
Franco Simula

Pranzo Sociale Dicembre 2014

Pranzo Sociale Dicembre 2014

 

Giornata Sassarese della Malattia di Parkinson 11 Aprile 2015

Giornata Sassarese della Malattia di Parkinson 11 Aprile 2015

L’ Associazione Parkinson Sassari all’ Antiquarium Turritano

L’ Associazione Parkinson Sassari é andata alla scoperta di un’area archeologica davvero straordinaria: l’Antiquarium Turritano e l’area archeologica di Turris Libisonis. Abbiamo scoperto cose sorprendenti, perfino un… biberon di terracotta!

Secondo Plinio il Vecchio, Turris Libisonis era l’unica colonia romana della Sardegna. Fu fondata in età preaugustea, probabilmente su iniziativa di Giulio Cesare, che fece scalo nell’isola nel 46 a.C., di ritorno dall’Africa.

Il museo conserva materiali archeologici che documentano le diverse fasi di vita della colonia romana di Turris Libisonis, oggi Porto Torres. Il percorso espositivo è articolato su due livelli: al piano terra sono esposti gli oggetti che provengono dalle necropoli messe in luce in area urbana. Al piano superiore si possono invece ammirare i reperti provenienti dall’imponente complesso delle terme (tutt’ora visibile nell’area archeologica) e la sezione dei marmi. A questi si aggiunge la collezione comunale, con oggetti che coprono un arco cronologico che va dall’età del bronzo al V secolo d.C., non tutti provenienti dal territorio di Porto Torres.