Volare si Può, Sognare si Deve!

La Poesia

“Radici” poesia di Paolo Marogna


MEMENTO

In ricordo di Antonio Cossu che non ho avuto l’onore
e il privilegio di frequentare e conoscere.
Paolo Marogna

RADICI
C’è un posto vuoto
oggi in sala,
che sarà difficile
o impossibile occupare.
Perché non sarà semplice trovare
un’anima di artista
capace di vedere
la bellezza e l’arte
che si nasconde
nelle radici degli alberi
e trovare in quelle radici
l’ispirazione della propria arte
e della propria esistenza.


 

Il mare – 1950 – poesia di G.B.


– 1950 –

Concepito sul mare per volontà del destino,

sulla scogliera di ponente precipitata nell’anfratto

dove le onde si frangono con rumore di tuono

e creste d’argento.

Quando il vento di maestro

sferza il cielo cupo sul mare di cobalto,

a volte ritorna per sentire la voce possente

della natura che racconta le sue storie ,

confuse tra la fatica di vivere

e appagate dal quotidiano risveglio.

Immagine che tiene stretta nella mente

in attesa del vespro, come vecchiezza

addolcita dal respiro dell’onda.

E scorre il tempo pensato….in grembo

al cielo che si tinge di rosa, appoggiato

sui cirri ventati di elicriso e tamerici,

coi profumi che si stemperano nel tramonto.

In questa quiete, il suo essere trova dimora

accompagnato dal lento sciabordio del mare,

che nel silenzio traduce le parole che sente.

G.B


 

“Per gioco o per magia?” – poesia di Paolo Marogna


“Per gioco o per magia?”

E’ una storia incominciata
un po’ per gioco
o forse per magia
quando un giorno ti ho incontrato
con negli occhi una poesia.
Non volevo non credevi
non pensavo ma capivo
di doverti stare accanto
per sentirmi ancora vivo.
E così è continuata
con un po’ di fantasia
questa storia incominciata
un po’ per gioco
o forse per magia.
Principessa è una canzone
per poterti ringraziare
di non essere una fiaba
che mi devo raccontare.
E se guardo nei tuoi occhi
mentre tu mi dici “T’amo”
tutto ciò che ci circonda
si cancella piano piano.
E conserverò per sempre
con mia grande nostalgia
questa storia incominciata
un po’ per gioco
o forse per magia.


commento alla poesia di Paolo Marogna “Per gioco o per magia?”

Ecco che cosa succede quando, nello scorrere quotidiano del tempo, irrompe l’amore contro ogni prevedibilità e volontà: sembra un gioco o una magia, ma incontrare qualcuno con una poesia negli occhi costringe a sentirsi vivi, ad inoltrarci nella fantasia, a vivere nella realtà la fiaba dell’amore, mentre le parole “ti amo” cancellano ciò che ci circonda costruendo una storia forse giocosa o forse magica da conservare con nostalgia.
E’ una trasgressione rispetto al consueto -involontaria- ma estremamente suggestiva, che induce al canto di ringraziamento per non dover raccontare fiabe consolatorie a sé stessi, che resterà dolcissima nella memoria, delicata cantilena illuminante su una esperienza interiore vissuta intensamente.
(Giannella)


 

“FILASTROCCA” – poesia di Paolo Marogna


Filastrocca

Canta canta…cantilena
per chi non vuole ascoltare
perché è stanco di sentire
storie da dimenticare.
E’ una nenia fatta apposta
per cercar di addormentare
chi non vuol sognare sogni
che non lasciano dormire.

Canta canta…cantilena
per chi ha perso ogni speranza
e si illude di fuggire
stando chiuso in una stanza.
Per chi ha perso ogni fiducia
nel rimedio e nella cura
e non ha neanche la forza
di provare più paura.

Canta canta…cantilena
per coloro che non sanno
forse i giorni più cattivi
sono quelli che verranno.
Per chi è troppo vecchio e stanco
per cercare di capire
e la notte si addormenta
con la voglia di morire.

Canta canta …cantilena
e non stare ad ascoltare
ogni voce di sirena
che ti chiama in mezzo al mare,
che ti illude e ti lusinga
con promesse da regina
e che poi ti lascia solo
disperato più di prima.


COMMENTO A “FILASTROCCA” DI PAOLO MAROGNA

La filastrocca o nenia è una delle modalità poetiche che Paolo predilige. Dovrebbero essere, le filastrocche, canzoni per fare addormentare i bimbi, e quindi con contenuti fiabeschi e di sogno.

Il nostro Poeta, invece, riversa – attraverso la filastrocca – tutte le sue malinconie, le ansie, le delusioni, offuscate da un velo di tristezza. Infatti gli servono a esorcizzare “sogni che non lasciano dormire”; a scongiurare derive depressive che indurrebbero a rinchiudersi in sé stessi; a rimuovere la sfiducia nel futuro perché si sente “vecchio e stanco”, privo ormai di progetti ma carico solo di ricordi; servono a raccomandare di non farsi sopraffare – soprattutto nell’amore – da ingannevoli voci di sirene incantatrici che prima ti lusingano ed illudono, e poi ti lasciano immerso nei tuoi affanni “disperato più di prima”.

(F.S.)


 

“Castigo de Dios”, poesia di Paolo Marogna


CASTIGO DE DIOS

Noi che abbiamo vinto la luna
Noi che abbiamo girato intorno a Marte,
noi
che viaggiamo più veloci del suono
e abbiamo vinto la morte di tante malattie,
noi
quando la terra trema, le montagne si muovono,
ed i mari si sollevano,
noi
siamo deboli ed impotenti
come uomini primitivi.
Che coperti di pelli,
quando il sole oscurato
si tingeva di sangue
per le nubi dei vulcani,
nelle loro grotte
si prostravano in ginocchio
e battevano la fronte per terra
offrendo sacrifici
e chiedendo al loro Dio
permaloso e crudele
perdono per peccati
terribili e inesistenti
che non avevano mai commesso.


Commento a “Castigo de Dios”

L’autore fa delle osservazioni semplici ma che vanno a scavare l’essenza dei problemi che provocano le sue riflessioni spesso amare.
Gli uomini del nostro tempo, che hanno toccato vertici impensabili di tecnologia – dalla conquista della luna all’esplorazione dello spazio alla definitiva sconfitta di tante malattie – non sono in realtà meno fragili degli uomini primitivi che interpretavano fenomeni naturali come terremoti, alluvioni, eclissi lunari e solari come punizione divina per peccati che non avevano commesso.
Oggi l’uomo sa che non può trattarsi di una punizione divina, ma di fenomeni naturali che non possono essere controllati neppure con la tecnologia, e comincia a rendersi conto che spesso lui stesso contribuisce colpevolmente ad alimentare tali catastrofi.
(F.S.)


 

Terremoto in Emilia – poesia di Paolo Marogna


TERREMOTO IN EMILIA – 10  OPERAI MORTI

Dove eri TU ?
Dove eri TU quando io
nel capannone
costruivo il domani mio e dei miei bambini
che a mani giunte, a tavola
Ti ringraziavamo per il pane quotidiano?
Dove eri TU quando la terra ha tremato
ed io ho alzato gli occhi al cielo
ed ho gridato forte il Tuo Nome
chiedendo il Tuo aiuto
perché la Tua mano venisse
a fermar la trave che cadeva
e che mi ha schiacciato?
Che ha schiacciato con me il mio domani
ed il domani dei miei bambini
che a mani giunte
non potranno più ringraziare nessuno
per il pane quotidiano che non avranno.
Dove eri TU
Dio di Misericordia?
Io sono morto
e son venuto a cercarTi
per sapere PERCHE’.


Il commento alla poesia “Terremoto in Emilia, dieci operai morti”

L’invettiva da brivido, stringente, di Paolo, rappresenta bene il lamento dolente di un padre schiacciato da una trave durante il terremoto in Emilia nel 2012. Di un padre che non potrà più essere il futuro dei figli, abituati a ringraziare il Padreterno per il pane quotidiano.
Il padre dei bimbi aveva supplicato Dio che impedisse la sua morte, ma non è stato esaudito e non è stato il solo a non essere ascoltato: con lui tanti altri padri.
L’Autore insiste: “la trave ha schiacciato con me il mio domani e quello dei miei figli che non potranno più ringraziare nessuno per il pane quotidiano che non avranno.”
E incalza: “io sono morto, e sono venuto a cercarti.”
Dio, non continuare a nasconderti! Guardami negli occhi. Dimmi perché. Non continuare a tacere! Rispondimi.
Anche un Papa colto e santo come Paolo VI talvolta si lamenta con Dio: “Signore, ti abbiamo supplicato per la liberazione dell’amico Aldo Moro e non ci hai ascoltato.” Perché?
E’ una domanda che circola nel mondo da quando l’uomo è apparso sulla Terra sapendo di essere destinato a morire senza riuscire a trovare una risposta a questo terribile e insondabile perché.

(F.S.)


 

Basta un pensiero – poesia di Paolo Marogna


BASTA UN PENSIERO

Basta un pensiero o un ricordo
per scrivere tante parole.
Basta uno sguardo e un sorriso
per fare una giornata di sole.
Bastano solo sette note
per scrivere mille canzoni.
Basta una frase sgarbata
per distruggere cento illusioni.
Ho fatto un sogno bellissimo
di cui non rimane più niente.
Avevo una cosa…
Tante cose …
Troppe cose importanti da dirti.
Ma il vento me le ha tolte di mente.


La poesia di cui oggi proponiamo la lettura si intitola “Basta un pensiero”.

Talvolta Paolo, nel suo vagabondare interiore, costruisce delle lievissime e belle impalcature di sogni che sembrano dipingere un mondo ideale, perfetto, poi “basta una frase sgarbata” per fare svanire in un attimo questi mondi da favola. E tutti i progetti aggrappati alle mille parole pensate e non dette si spengono per una folata di vento… sempre il vento.

F.S.


 

Pensieri – poesia di Paolo Marogna


PENSIERI

Di notte quando tira il Maestrale
le onde del mare si sollevano
e  gli occhi
rimangono spalancati nel buio.
Ed  i pensieri perdono il loro ordine.
Si accavallano insieme e si inseguono
come le onde del mare:
e ti poni mille domande
a cui non sai rispondere
o meglio di cui temi la risposta.
E nel soffio del  Maestrale
cerchi di udire la risposta
che    invece   vorresti sentire.


La composizione poetica di Paolo Marogna che oggi leggeremo si intitola “Pensieri” e sembra una ideale continuazione della poesia “Maestrale”: Paolo racconta del suo personale rapporto col vento di nord-ovest col quale ha dovuto spesso fare i conti soprattutto come pilota di aerei ultraleggeri per via dei rischi che si corrono per le raffiche impetuose ed improvvise.
Ma quando il maestrale finisce, subentrano le riflessioni ed i pensieri che prima ti ristorano, e poi sembra che ti sovrastino come macigni, e “si accavallano come le onde del mare”, incalzandoti con domande di cui temi le risposte. Quando la furia del vento infine si attenua, è in grado di suggerirti “le risposte che vorresti sentire”.

F.S.


 

      

 

COMPAGNI DI VIAGGIO poesia di Paolo Marogna

COMPAGNI DI VIAGGIO

Vorrei regalarti un sorriso,
Vorrei darti una mano da stringere,
serenamente, senza paura.
Siamo compagni di viaggio
che cercano la giusta strada,
anche se non sempre è la più facile.
Ma per trovarla bisogna anche tentare
e saper tornare indietro
quando ci si accorge
di aver preso quella sbagliata.
Serenamente e con coraggio,
anche se con sofferenza.
Un amico può servire anche a questo.
L’importante è sapere di non esser soli.

MAESTRALE poesia di Paolo Marogna

MAESTRALE

Dura tre giorni il Maestrale
e sembra non finire mai.
E’ il vento della sfida il Maestrale.
La sfida della natura.
Sopravvive solo il più forte
e il più debole viene sradicato.
E’ una sfida contro se stessi.
Se perdi perdi tutto,
se vinci non vinci niente,
dovrai solo prepararti ad esser più forte
per la prossima sfida.
Dura tre giorni il Maestrale
e sembra non finire mai
e ti riempie la testa di vento e di pensieri.
Poi, di colpo finisce.
Ed è come se non fosse mai esistito.
E ti senti il silenzio e il vuoto intorno,
e ti rimangono in testa solo i pensieri,
tanti pensieri:
di ciò che sei,
di ciò che vorresti essere,
di ciò che non sarai mai.
E vorresti che ritornasse, il Maestrale.
A portarti via.
Per non pensare più a niente.