Volare si Può, Sognare si Deve!

Il portaombrelli di Salvatore Faedda

Il freddo di questi giorni mi ha ricordato quello del 1956 prima della grande nevicata. All’epoca lavoravo in un negozio di mobili con piano terra adibito ad esposizione e primo piano a deposito di mobili e cianfrusaglie. Tutte le mattine, alle ore 8,00, dovevo aprire il negozio mentre la commessa arrivava un’ora dopo.
Sarà stato colpa del freddo ma una mattina sento la necessità impellente di entrare in un bagno. Il locale, purtroppo, non era dotato di servizi igienici ed io mi sentivo intrappolato dai forti dolori al basso ventre.
Preso dalla disperazione corro al piano superiore, prendo il primo portaombrelli che mi capita per le mani e lì do sfogo ai miei bisogni corporei. Finalmente mi sento libero ma…con tanti sensi di colpa!!!
Per qualche giorno non ci penso più finché una mattina, dal momento che pioveva, la commessa mi chiede di portare giù il portaombrelli per collocarlo vicino all’ingresso principale.
Preso dal panico per il ricordo di ciò che avevo fatto e per la vergogna d’essere scoperto, salgo al piano superiore e con titubanza prendo il portaombrelli. Guardo all’interno e…..miracolo, il portaombrelli era vuoto. Annichilito ma contento per la mancata vergogna, eseguo l’ordine ricevuto. Dopo qualche giorno di ripensamenti ed assoluto stupore, mi rendo conto che chi mi aveva salvato dalla vergogna era stato un topolino che aveva consumato quel “lauto pasto”.

Salvatore Faedda

Lu rappresentante – Il rappresentante di Salvatore Faedda


Candu sthaziami in via Principessa Maria babbu trabagliaba in comune; eddu all’una vinia a magnà e subidu z’iscia pa cuntrullà l’operai chi trabagliabani sottu la so direzione.

Una dì veni a casa un rappresentante di libri pa zischa di vindì a mamma un’enciclopedia ma edda zi l’ha mandadu cun la schusa chi edda non pudia dizidi nudda acchi li dinà l’avia lu mariddu.

Dugna dì era la matessi sthoria e cussì, gandu babbu l’ha sabudu, ha dittu a mamma chi si era juntu candu vera eddu, zi l’avia lampadu da li scari.

Mancu a fallu appostha l’indumani, candu babbu s’era lavendi li denti pa andà a trabaglià, sonani lu campaneddu; sigumenti mamma sabia chi era lu rappresentante, candu ha aberthu la janna l’ha dittu: “si accomodi che mio marito viene subito”. Mamma non sabia mancu in di era e ha aggiuntu: “se mio marito la prende a voci non ci faccia caso…lui è sempre nervoso”.

Candu mamma è andada da babbu e l’ha dittu chi vera lu rappresentante, eddu ha subidu ischuminzadu a impricà: “abà l’acconzu eu, non ti preoccupà” e cumenti è isciddu da lu bagnu, noi chi erami trimurendi, intindimmu: “buongiorno signor Faedda” e babbu: “Oh…buongiorno geometra”, noi non v’abemmu cumpresu nudda. E babbu: “Ameliaaaaaaa pigliari tuttu chissu chi voi dabboi già m’arrangiu eu cu lu geometra” e z’è isciddu pa andà a trabaglià.

La sera, candu è giuntu da trabagliu z’ha dittu: “chissu è lu geometra chi lu manzanu trabaglia in comune e la sera vendi libri…cumpresu m’hai?” E mamma s’ha posthu l’animu in pazi.

Salvatore Faedda
Quando abitavamo in via Principessa Maria babbo lavorava presso il Comune di Sassari; all’una veniva a pranzare e subito dopo usciva di casa per controllare gli operai che lavoravano sotto la sua direzione.

Un giorno venne a casa un rappresentante di libri per cercare di vendere a mamma un’enciclopedia. Lei, però, lo mandò via con la scusa che non poteva decidere perché i soldi li gestiva il marito.

Tutti i giorni era la stessa storia e così, quando babbo ne venne a conoscenza, riferì a mamma che se quel rappresentante si fosse presentato quando lui era a casa, l’avrebbe fatto ruzzolare per le scale.

Manco a farlo apposta il giorno dopo, mentre babbo si lavava i denti prima d’andare al lavoro, suonarono il campanello. Siccome mamma sapeva bene che era il rappresentante, quando aprì la porta disse: “si accomodi che mio marito viene subito”. Mia madre era molto imbarazzata ed aggiunse:”se mio marito la prende a voci non ci faccia caso…lui è sempre nervoso”.

Quando mamma andò da babbo per riferirgli che c’era il rappresentante, lui iniziò subito ad imprecare: “ora lo aggiusto io, non ti preoccupare” e, come uscì dal bagno, noi figli che stavamo tremando per lo spavento sentimmo a gran voce: “buongiorno signor Faedda” e babbo “Oh…buongiorno geometra”…e così non capimmo più nulla. E ancora: “Ameliaaaaaa, compra tutto quello che vuoi, dopo mi aggiusto io con il geometra” e uscì di casa per rientrare al lavoro.

Quella stessa sera, quando rientrò dal lavoro, babbo ci comunicò che quel geometra di giorno lavorava con lui in comune e la sera vendeva libri.
E così mamma, finalmente, si mise l’animo in pace

Salvatore Faedda

 

Sognare si deve di Nicoletta Onida

Faceva un freddo pungente anche nelle giornate splendide quand’ero giovane; gli inverni erano diversi da quelli attuali e neppure le case erano riscaldate in modo adeguato come oggi. Al mattino, sentendo il vento soffiare o la pioggia battere sul tetto, era piacevole restare al calduccio sotto le coperte rinviando in qualche modo l’inizio della giornata. Io ero una gran dormigliona e, mentre fuori infuriava il temporale, nonostante il rumore dei tuoni, riprendevo a dormire senza difficoltà. Se non mi alzavo al suono della sveglia e mi trattenevo a letto qualche minuto in più, mia madre aprendo la finestra della camera che dividevo con mia sorella, cercava di scacciare il sonno ripetendo ogni giorno la medesima cantilena: “Su.. su..sveglia..l’ozio è il padre dei vizi !”A volte, fingevo di non sentire e, senza tener conto dell’ora e del profumo di caffè che giungeva dalla cucina, trascinavo cautamente le coperte sulla testa e mi crogiolavo nella pigrizia lasciando fuori preoccupazioni e difficoltà di ogni giorno. Così lei ritornava alla carica con tono fermo e deciso:“Chi ha da fare non dorme!”.Oppure:“Chi dorme non piglia pesci”.Già, mia madre, aveva la mania di citare i proverbi. Li conosceva tutti! Arrivai a pensare che durante la notte non dormisse per inventarne di nuovi. Di tanto in tanto, non capendo quei modi che mi sembravano troppo rigidi e assurdi provavo a ribellarmi:“Ma oggi è domenica! Che male c’è se dormiamo un’ora in più?”. Lei, pronta, rispondeva:“Dormire troppo fa male”.“Ma chi l’ha detto!”- pensavo. Poi mi arrendevo e, facendo appello a tutta la mia buona volontà, mi allontanavo a malincuore dal calduccio del letto e, ad occhi aperti, sognavo che da grande avrei potuto decidere ogni cosa della mia vita ad iniziare dalle ore di sonno. E’ proprio strana la vita: da giovani si guarda pieni di speranza verso il futuro, mentre, da adulti si ripensa con rimpianto al passato. Ora, infatti, la mia invincibile insonnia mi porta a ripensare con nostalgia a quegli anni, alla voce di mia madre che mi incalzava benevolmente, come se, l’inizio di un nuovo giorno mi trovasse impreparata ad affrontare la vita pratica. Ormai al mattino non c’è più bisogno di qualcuno che mi metta premura, che spalanchi la finestra per costringermi a svegliarmi: infatti, quando spuntano le prime luci, il sonno mi ha già abbandonato spontaneamente ed ogni tentativo di richiamarlo indietro è inutile. Se provo a tirarmi la coperta sulla testa come facevo da ragazzina, tenendo gli occhi chiusi nella speranza di riassopirmi, nessuno mi rimprovera o mi dà della pigrona: semplicemente, rimango sveglia. Per rilassarmi e riuscire a dormire ho provato ad allontanare le preoccupazioni, i pensieri negativi, ma con scarsi risultati. Nel silenzio della casa ripenso con affetto a mia madre e qualche volta, esercitando la mia fantasia, ho ricostruito la mia casa di allora ricollocando utensili, mobili ed oggetti al loro posto, ma la dolcezza dei ricordi non mi ha aiutato a riprendere sonno. Da qualche parte ho letto: < Chissà perché da giovani ci manca il tempo per dormire e da vecchi ci manca il sonno! > Già, proprio così, la mia insonnia mi porta, molte volte, a star sveglia fino all’alba col solo vantaggio di poter dedicare più tempo alla lettura. Purtroppo il giorno dopo mi sento fiacca, di cattivo umore e questo mi rende apatica, indifferente verso ogni progetto. Rannicchiata sul divano ripenso alla vivacità del mio carattere di una volta, alla vitalità , all’entusiasmo che ora non ho più e mi chiedo se tutto ciò possa essere attribuito, semplicemente, all’insonnia. Considerando, però, che l’ottimismo, il buonumore aiutano ad affrontare la vita più serenamente sono portata a credere che dormire, come avveniva quand’ero giovane, faccia proprio bene alla salute. Il sonno, infatti, aiuta a rilassarsi, abbassa il livello di irritabilità e tiene alto l’umore, per cui, voglio sperare che la Medicina trovi presto una cura risolutiva a questo problema che, come me, tormenta moltissime persone. Pensare al passato è inutile; è avanti che si deve guardare e se < la speranza è un sogno ad occhi aperti > mi pare proprio il caso di dire che sognare si deve!

Tre postulanti…con multa di Franco Simula

L’appuntamento era per le 10,30 in via Montegrappa per prendere Franco e Iole e continuare poi per la Scuola Elementare di San Donato, cuore del centro storico di Sassari, dove avevamo un appuntamento con la Dirigente Scolastica Patrizia Mercuri. L’incontro non voleva essere solo una visita di cortesia o di auguri per il nuovo anno ma soprattutto un riesame del caseggiato per la possibile individuazione di altri e più comodi locali- nella scuola elementare di S.Maria- da mettere a disposizione del gruppo raccolto intorno all’Associazione Parkinson di Sassari.
Arriviamo in macchina a ridosso del centro storico e ci si pone immediatamente il problema del posteggio in una zona in cui di stalli disponibili -anche a pagamento- non se ne trovano. Che fare? Alla fine del Corso Vitt. Emanuele la strada si apre a imbuto e sembra promettere qualche possibilità di parcheggio: ma c’è ben in vista un cartello che prevede addirittura un divieto di fermata.
-Iole, che facciamo? Rischiamo? Tanto rimarremo dalla Dirigente Scolastica solo pochi minuti quanto basta per verificare eventuali nuove possibilità di “ricovero” e poi…via.
-Va bene, accendiamo le quattro luci intermittenti che indicano breve sosta e rischiamo.
L’incontro con la dirigente appare subito cordiale e improntato alla massima disponibilità; probabilmente non durerà poco perché la fase preliminare della conversazione attinge ad ampie mani dai ricordi del passato più o meno vicino.
Iole, irresistibile e gradevole affabulatrice soprattutto nel raccontare simpatici episodi riguardanti personaggi che in tempi diversi erano transitati per quella scuola, aveva completamente dimenticato che eravamo in divieto di sosta e quindi sanzionabili.
La giornata, a tratti, è radiosa; un bel sole rende l’ufficio della Dirigente più luminoso e godibile.L’ufficio è abbastanza sobrio ed essenziale, tuttavia alcuni oggetti non possono non attirare l’attenzione anche dell’osservatore più distratto:un imponente apparecchio radio abbellisce una parete dello studio. La radio è inserita in un mobile d’epoca (1930-40) in radica di noce impreziosito da alcune eleganti colonnine verticali elaborate con gusto sobrio e ricercato allo stesso tempo che le conferiscono una particolare solennità. In un’altra parete un acquerello ricco di colori col bel campanile della chiesa di S. Donato richiama lo sguardo del visitatore. Lo studio della Dirigente, insomma, è organizzato per il lavoro: anche il telefono non rimane a lungo inutilizzato.
Si entra nel merito delle nostre richieste: la Dirigente, dopo aver sentito le sue collaboratrici del plesso scolastico di S.Maria, ci consentirà l’utilizzo di due ampi spazi: uno in un giorno della settimana e uno in un altro giorno giusto per poter conciliare le numerose richieste che pervengono a questa scuola: evidente mente le richieste sono in rapporto diretto con l’ampia disponibilità della Dirigente la quale ci informa che, dopo le 17 pomeridiane, sarebbe disponibile anche la palestra della Scuola di S. Donato. Qui si porrebbe naturalmente il problema dei posteggi che forse potrebbe risolversi con soluzioni non impossibili ( utilizzo dei pass per invalidi-ricerca posteggi nelle vicinanze)
Nessuno di noi pensa più alla macchina in divieto di sosta perché la conversazione su questo e altri ameni argomenti ci coinvolge più della paura della multa.
Franco Enna infatti approfitta dell’incontro per fare omaggio di alcune sue pubblicazioni alla dott.ssa Mercuri; fra le altre anche la tragedia di Romeo e Giulietta scritta per i ragazzi in stile “rap” e successivamente riadattata per anziani parkinsoniani alla ricerca di terapie alternative.
Arrivati al momento dei saluti sembrerebbe che l’incontro stia per terminare ma non è così perchè Iole, che in questa scuola ha espletato per anni la sua attività di collaboratrice pedagogica, trova in ogni angolo, in ogni parete un motivo di riflessione attraverso il ricupero dei tanti ricordi che riaffiorano con tanta vivacità da sembrare di poterli riutilizzare ancora .No, Iole, niente è più riutilizzabile allo stesso modo perché mancano i protagonisti e i contesti di allora .
E inoltre non ci possiamo più attardare perché, a quest’ora, ormai di multe ce ne avranno applicato almeno tre.
Gli ultimi saluti e via.
Di multe non ce ne sono tre ma almeno una troneggia sotto il tergicristallo anteriore della Toyota Blu.
La paghiamo metà per ciascuno -dice Iole
Ma va…spetta di diritto al proprietario della macchina! Piuttosto facciamo una cosa: dato che la multa è di 28,70 euro, mettiamo da parte per tutto il mese di febbraio 1 euro al giorno e dato che quest’anno è bisestile, in un mese ricuperiamo l’intero ammontare della somma risparmiando persino 30 centesimi perché l’ultimo giorno del mese, il 29 febbraio, accantoneremmo soltanto 70centesimi. Che ne dite? Vi sembra buona l’idea?
-Ma cosa ce ne facciamo di tutti questi soldi raccolti nell’arco di un mese? _
-E’ semplice -conclude Iole- li utilizzeremo per pagare le prossime multe che prima o poi, per qualche motivo, saremo costretti a prendere.
Forza ragazzi (di 70 anni…e oltre) e continuiamo con le nostre ricerche di locali,stavolta dobbiamo proprio farcela.

Pillole di tristi ricordi (quando è morto mio cugino Luigi) di S. Faedda

Ai miei nonni piaceva molto andare al mare ad Alghero; partivano  col primo treno insieme a zia Grazietta (che era la loro figlia minore nonché sorella di mamma) e col nipote Luigi che era il figlio di zia Salvatorica, anche lei, ovviamente, sorella di mamma. Questo cugino la notte andava a dormire a casa dei nonni per far loro compagnia e la mattina rientrava a casa sua in via Antonio Sisco.
Normalmente, quando andavo a comprare il latte, lo incontravo vicino alla chiesa di S. Apollinare. Lui era sempre allegro e mi chiedeva i giornalini. Purtroppo dovevo negarglieli perché a casa mia li leggeva mio padre e non voleva che venissero prestati.
Una mattina d’estate lo trovo come al solito davanti alla chiesa ma con la faccia seria. Subito lo riferisco a mia madre e lei mi risponde che sicuramente è offeso perché non gli ho dato i giornalini. Mi è bastata quella giustificazione per non pensarci più.
Quello stesso giorno Luigi va al mare con mia zia e i miei nonni e, una volta arrivati in spiaggia, lui si mette a giocava con la sabbia. I nonni e la zia, invece, preparano la baracca fatta con le lenzuola (all’epoca non esistevano ombrelloni). Una volta sistemato il rifugio provvisorio, si rendono conto che Luigi non è nelle vicinanze e iniziano a chiamarlo.
La giornata è calda e sembra uguale alle altre…ma non è così!!!
Durante l’ora di pranzo a casa di mia zia si presenta un poliziotto dicendo che Luigi si è perso in spiaggia e non riescono a trovato. Anche nonno e nonna, insieme a zia Grazietta, l’hanno cercato  tutto il giorno senza trovarlo.
Nel frattempo le voci iniziano a circolare e tutti i parenti  raggiungono la casa di zia per saperne di più.
Alle sei di sera ritornano i carabinieri e zia Salvatorica, la mamma di Luigi, chiede subito se suo figlio è stato ritrovato. Loro rispondono di si e chiedono di poter parlare col padre. Zio Filippo si è subito fatto avanti e loro gli fanno cenno per potergli parlare in disparte.
Nella camera vuota, insieme ai carabinieri, entrano zio Filippo e mio padre che era il padrino di Luigi. Involontariamente la porta della camera viene lasciata leggermente aperta ed io che mi trovo nei paraggi, vedo mio zio, alto e grosso, toccare il soffitto con la testa. Subito dopo ci viene comunicato che cosa era successo.
Ad Alghero, appena arrivati in spiaggia, Luigi dev’essere sicuramente entrato in acqua e siccome l’acqua era fredda l’ha subito fulminato. Era a pochi metri dalla riva ma la gente lo cercava sulla spiaggia da una parte all’altra.
Da quel giorno i miei nonni non sono serviti più e quando si andava in campagna a vendemmiare, zio Filippo come vedeva noi bambini correre e giocare, si girava da un’altra parte e si metteva a piangere. La notte, quando andavamo a letto, tutti noi cugini ci divertivamo un mondo giocando sopra una coperta rigida e dura…come la pelle dell’asino.
Io, che ero il cugino più grande, quando andavo in campagna, mi sembrava di vederlo in mezzo ai fondi d’uva che mi perseguitava.
Un giorno ne ho parlato con mamma e lei candidamente mi ha risposto che Luigi mi perseguitava perché non gli avevo dato i soliti giornalini.

Salvatore Faedda

Presentazione libro “Le cose migliori” di Valeria Pecora

Gentilissimi membri e responsabili dell’Associazione Parkinson di Sassari, mi chiamo Valeria Pecora e vi scrivo perché mi piacerebbe organizzare una presentazione del mio romanzo “Le cose migliori” presso la vostra associazione. Il mio libro tratta la tematica del Parkinson visto con gli occhi dei bambini. Mia madre si è ammalata di questa malattia quando era molto giovane (lei aveva 39 anni e io 7) e da grande ho voluto rielaborare le sensazioni e quel dolore causato dalla sua malattia. Il mio libro è un libro di dolore ma anche di profondo amore e di speranza. Ho già avuto modo di presentare il mio libro in diverse occasioni: diverse presentazione presso i Comuni della Sardegna (Cagliari, Arbus, Villacidro), alla Giornata Nazionale Parkinson del 28 novembre al teatro Le Saline di Cagliari, alla radio cooperativa di Padova nell’ambito del programma Area Parko (rubrica dedicata ai giovani parkinsoniani) e all’Università degli studi di Cagliari presso la Facoltà di Psicologia. Sono stata anche intervistata dal settimanale Grazia in merito alla mia esperienza di “figlia di Parkinson”.
Ho rilasciato una mia testimonianza anche presso il sito Parkinson Italia.

http://www.parkinson-italia.it/rubriche/storie-di-parkinson/avevo-solo-7-anni-quando-mia-madre-marisa-si-e-ammalata-di-parkinson

Vi ringrazio in anticipo per l’attenzione che spero potrete dedicarmi e vi auguro un buona Epifania. In attesa di una vostra risposta vi saluto.

Valeria Pecora

Ancora – dal Ragazzo di Koblenz di Kai S. Paulus

Non è facile conciliare il lavoro (obbligati) e gli impegni di famiglia (volontari) con gli hobby. Come vi raccontai in estate, da circa un anno mi provo con l’armonica a bocca; vi descrissi tutta la storia della mia nuova passione, dagli inizii nella mia città natale Koblenz, fino alla riscoperta grazie a Salvatore. Mi si è aperto davanti un immenso mondo musicale composto da blues, country, pop e folclore, suonato su diatoniche, cromatiche, ottave, tremoli, suonate in prima, seconda o terza posizione utilizzando le varie tecniche di “soffiare” e “respirare”, “bending”, “lip pursing”, “tongue blocking”, eccetera, insomma, roba da far venire i capogiri. Vi avevo anche raccontato delle mie notevoli limitazioni di “lezioni di musica” visto che la mia “arte” non è compresa a casa mia e pertanto sono banditi gli strumenti a fiato. Rimangono pertanto poche occasioni per poter dar libero sfogo alla mia vena musicale. Ma in tutto questo anno non ho mollato e davanti a scuola aspettando i bimbi oppure nelle piazze di Sassari mi sono esercitato; la ricompensa era di poter accompagnare Salvatore dopo i nostri bellissimi incontri conviviali in qualche melodia; ogni volta dovevo constatare di essere troppo stonato e di non progredire abbastanza. Durante l’estate mi mettevo sugli scogli (lontano da orecchie familiari) nella quasi disperata impresa di voler migliorare la tecnica su questo piccolo, meraviglioso ed affascinante strumento. Insomma, passano i mesi, ma grossi progressi non se ne vedono.

Sabato, 12 dicembre, poi, ci siamo visti nella “Tana dei Golosi” a Li Punti e dopo un bel pranzo in ottima compagnia, Salvatore tira fuori la sua armonica e mi invita a fare ugualmente. Be’, francamente, pensavo, non è proprio il momento giusto, ero seduto di fronte a Prof. Serra, no no, meglio di no. Ed in ogni caso non mi ricordavo più i Beatles e Massimo Ranieri, come consigliato da Salvatore, perché nelle ultime settimane cercavo di produrre qualche suono comprensibile di vecchie canzoni natalizie; sembrano semplici, ma ogni volta mi fanno venire un nodo alla lingua. Comunque, infine mi faccio convincere ed intono con il mio ‘maestro’ “Obladi oblada” dei Beatles, senza però riuscire a tenere il ritmo. Allora vengo invitato a suonare qualcosa io. “Aiuto!” Che faccio? Che figuraccia davanti al professore e tutti gli altri. Inizio le prime note di “Astro del ciel” e mi accorgo che la nostra “The voice” Anna mi sta accompagnando cantando. Questo mi dà coraggio e vado avanti discretamente. Con Anna, anche qualcun altro si associa; un momento indescrivibile: io stento a suonare una delle canzoni natalizie più famose e sento alcune voci che mi accompagnano. Meraviglioso! E’ stato bellissimo.

Qualche giorno fa, mercoledì 23 dicembre, ci vediamo con alcuni amici della nostra Parkinson Sassari in un bar vicino alle Cliniche, per visionare il video della recente Giornata Parkinson prima di poterlo mettere nel nostro sito e per farci gli auguri. Ad un certo punto vengo omaggiato con una stupenda ‘Hohner Golden Melody-Comet’. Sono sorpreso ed imbarazzato (non fatelo più!) ma la meraviglia è grande ed in me torna il ragazzo di Koblenz quando allora, dalla nonna, teneva in mano quello straordinario oggetto emozionandosi ad ogni suono che emetteva.

Oggi, sabato 26 dicembre, il ragazzo di Koblenz è a casa! Pensate, sarà che è Natale, ma più verosimilmente perché è un regalo dei miei amici, sta di fatto che ho potuto suonare l’armonica in casa mia durante le feste con il benestare dei miei familiari!

il simbolo di Koblenz: Koblenzer Schangel Non è un gesto offensivo: allora i ragazzi facevano a gara di chi sputava più lontano per guadagnarsi qualche centesimo.

il simbolo di Koblenz: Koblenzer Schangel
Non è un gesto offensivo: allora i ragazzi facevano a gara di chi sputava più lontano per guadagnarsi qualche centesimo.

Auguro a tutti voi che nel nuovo anno possiate trovare tanti momenti in cui torna la ragazza ed il ragazzo che è in voi e divertirvi ed emozionarvi!

Kai S. Paulus

Postilla alla pillola nr. 4 di Kai S. Paulus

Postilla alla Pillola n.4
Nel 2016 un progetto scientifico sul Sonno

         Durante la recente IX Giornata Sassarese della Malattia di Parkinson il Prof. Pier Andrea Serra ci ha spiegato l’importanza del buon riposo notturno specialmente per il cervello affetto da Parkinson, e dei processi di riparazione e di rigenerazione che avvengono nel mentre ci troviamo tra le braccia di Morfeo. Ed il nostro amico docente ha anche sottolineato le difficoltà che ci sono nel Parkinson a trovare un sonno restauratore. Proprio per questo Serra ha lanciato l’idea di uno studio scientifico che studia il sonno nel Parkinson ed ha invitato tutti i soci della Parkinson Sassari a parteciparvi. L’idea è di iniziare con un sondaggio su come effettivamente ognuno dorme attualmente, quindi anche con l’aiuto di farmaci, e come dormiva prima di ammalarsi. Mano a mano che lo studio procede ci saranno immediati effetti pratici: i dati raccolti potranno servire a correggere la qualità del sonno dove è necessario.

         Ecco, il sonno, la nuova medicina contro la “brutta bestia”, da somministrare subito con l’inizio dell’anno. Siamo quindi tutti invitati a partecipare, anche chi dorme bene. L’indagine inizierà già all’inizio dell’anno nuovo in modo tale da poter presentare i primi dati dello studio in occasione della nostra prossima riunione ufficiale della Giornata Mondiale nel mese di aprile 2016. In effetti, questo nostro prossimo evento sarà caratterizzato dalla presentazione di studi nostri, quindi non ascolteremo ciò che si fa di buono in America oppure in Giappone, ma parleremo di noi, dei risultati del nostro studio sul sonno, ma anche di quelli sui familiari e sui virus, il tutto “made in Sassari”.

          In questo senso va il mio augurio che il 2016 porti nuove conoscenze ed efficaci rimedi che possano aiutare a combattere sempre meglio il nostro “nemigu”. La nostra Parkinson Sassari continuerà a volare sempre più in alto, aiutata, oltre che dai nostri instancabili ‘preparatori atletici’ e dal nostro formidabile regista teatrale, da un gruppo di ricercatori sassaresi eccellenti.

Buon Natale ed un Anno Nuovo sempre migliore!
Kai S. Paulus

Pillola nr° 6: il dolore – di Kai S. Paulus

 Sapete bene che a me piace prende spunti dai vostri contributi, racconti e poesie per questa serie di ‘Pillole’ e devo dire che il nostro sito ne è molto ricco. A maggior ragione mi sorprende che sinora non avete fatto cenno ad uno dei più invalidanti, fastidiosi e farmaco-resistenti sintomi del Parkinson, il dolore. Cercherò comunque di orientarmi, anche se non scritto in queste pagine, con quello che mi viene raccontato in ambulatorio.

Il dolore nella malattia di Parkinson è un capitolo molto importante, innanzitutto perché non c’è un dolore, ma vengono riferiti diversi tipi di dolore. Frequentemente si trova pertanto un dolore di origine muscolo-tendineo a causa delle contratture muscolari prolungate (particolarmente frequenti i dolori lombari ed alle gambe) che comportano infiammazione e quindi dolore dei tessuti; poi il dolore articolare (periartrite delle spalle, cervicale, rachide lombare, anche, ginocchia) per le eccessive sollecitazioni da tremori e contratture, ed il dolore centrale, cioè quel dolore dovuto alla persistenza della malattia cronica. Come se non bastasse, la terapia stessa, in particolare la levodopa (Madopar, Simenet, Stalevo, Sirio, Duodopa), può provocare una neuropatia periferica dolorosa. Nella stessa persona questi differenti tipi di dolore possono manifestarsi separatamente ma anche in diverse combinazioni. Il dolore può presentarsi in maniera persistente oppure parossistico, episodico, e varia spesso in intensità e qualità: il dolore può essere lancinante, trafittivo, sordo, ad esordio acuto oppure presentarsi ad ondate. Per non farci mancare niente, il dolore è spesso modulato dalla stessa terapia dopaminergica, e che si osserva soprattutto durante il fenomeno del “fine-dose”, cioè, quando la dose di dopamina tende ad esaurirsi, si accentuano i dolori che invece si possono attenuare con la successiva somministrazione. Infine, un dolore preesistente, per esempio una lombosciatalgia da ernia del disco, oppure una periartrite della spalla, può essere accentuato dalle contratture e dal tremore.

Fin qui non vi ho raccontato niente di nuovo perché quasi tutte le persone affette da Parkinson devono fare i conti con uno o più dolori. Allora cosa si può fare, cosa si deve fare? Prima regola: il dolore va sempre trattato, non tollerato. Ed allora: come trattarlo? La maggior parte del dolore nella malattia di Parkinson è ovviamente dovuta direttamente alla malattia stessa, per cui per prima cosa il medico dovrà cercare di ottimizzare la terapia farmacologica anti-parkinsoniana per ridurre al minimo la comparsa di dolore. Comunque, nonostante la miglior correzione farmacologica, molte persone continueranno a lamentare dolori misti cronici. Allora ci vuole il fisiatra per un programma riabilitativo mirato (voi non ne avete bisogno perché siete coccolati dalla nostra insostituibile Pinuccia Sanna), e magari anche l’ortopedico per correggere alterazioni articolari e della colonna. Infine, e solo infine, si deve ricorrere ai farmaci antidolorifici, per iniziare da quelli non-steroidei semplici noti a tutti per arrivare fino agli oppiacei. Affrontare i dolori nella malattia di Parkinson non è affatto facile, ma non ci si deve arrendere, ne va della qualità di vita estremamente importante nel caso del nostro “nemigu”, citando il nostro Peppino Achene, per poterlo combattere a testa alta quotidianamente.

Brutta bestia il Parkinson, scrive il nostro Piero Faedda, ed allora a maggior ragione dobbiamo domarla!

Il capitolo dei dolori nella malattia di Parkinson è molto vasto e la terapia correlata spesso complicata. Per rimanere nello spazio delle ‘Pillole’ ovviamente non potevo essere esaustivo e forse neanche sufficientemente chiaro. Vi invito pertanto ad approfittare della possibilità dello spazio dedicato ai commenti in fondo alla pagina per domande e commenti, risponderò a tutti.

 

Kai S. Paulus

Cronaca di un viaggio – di S. Faedda

(Sassari/Parigi – Settembre 1998)
(senza paura di attentati)

Partecipanti: Luigi (amico di Salvatore)
Sua moglie Laura (amica di Anna)
Io Salvatore
Mia moglie Anna
Io e Luigi siamo due amici sfigati perché siamo incappati in due ragazze entrambe figlie di ferrovieri. Il padre di Anna aggiustava anche gli orologi e la sera, quando si rientrava a casa, non si poteva sgarrare di un minuto. Al contrario di Anna, Laura aveva un duro ostacolo in sua madre perché ogni volta che usciva le dava in custodia due o tre fratellini col solo intento di tenerla impegnata e farsi poi riferire il comportamento dai ragazzini.
Una sera, mentre eravamo in pizzeria, ci siamo ripromessi che una volta sposati avremo fatto un viaggio insieme a Lourdes e a Parigi. Sembrava un utopia invece la promessa si è avverata in occasione del nostro trentesimo anniversario di matrimonio.
Nei giorni precedenti la partenza, con Laura e Luigi, progettiamo diverse soluzioni ma poi alla fine prevale quella del viaggio auto/nave/auto con la nostra Brava blu appena acquistata.
Giunto il giorno fatidico, carichiamo la macchina di valigie e provviste varie (pasta, pelati, caffè etc.) dato che a Parigi abbiamo preso in affitto due mini appartamenti, con tanto di cucine, in un residence nei pressi del “Moulin Rouge”.
La traversata in nave è fantastica…finalmente cominciamo ad assaporare quella libertà che ci era stata negata da giovani.
Una volta sbarcati a Genova e dopo aver fatto colazione al bar, raggiungiamo e oltrepassiamo la frontiera, ci fermiamo a Tolosa per un pasto veloce e poi, tra risate, canti e qualche sbadiglio di sonno proseguiamo il nostro viaggio. Dopo qualche ora decidiamo di fare sosta a “Castillon de Saint Martory”, un piccolo villaggio a circa 100 chilometri da Lourdes, per trascorrervi la notte imminente.
Al primo distributore chiediamo dove poter prenotare a basso costo. Subito ci accompagnano sul retro e ci mostrano una piccola costruzione adibita ad accogliere i viaggiatori di passaggio.
L’impatto è favorevole; immersa nel verde…con tanti fiori di mille colori. Prenotiamo subito due camere e chiediamo se è possibile cenare nel locale. Sistemati i bagagli scendiamo nella sala ristorante per occupare il tavolo prenotato. Poco distante da noi una coppia di una certa età sta pasteggiando silenziosamente; praticamente gli unici clienti siamo noi e la coppia seduta nell’altro tavolo.
Ci portano il menù, rigorosamente in francese, e noi cominciamo a girarlo e rigirarlo senza capire ciò che stiamo per ordinare. Il fragore delle nostre risate suscita la curiosità del commensale seduto nell’altro tavolo che, capito il nostro disagio, si avvicina e ci chiede se abbiamo bisogno di aiuto. Si presenta e ci dice che anche lui è italiano, che le sue origini sono del Trentino ma che ha trascorso gran parte della sua vita in Francia dove ha conosciuto sua moglie. Con più sicurezza facciamo le nostre ordinazioni e poi con tanta curiosità iniziamo a dialogare col signore italiano ma dal marcato accento francese.
Anche lui incuriosito ci chiede la nostra provenienza e quando diciamo d’essere sardi sua moglie, che stava ancora seduta nell’altro tavolo, si alza di scatto e vuol sapere l’esatta località. Sassari, rispondiamo in coro; incredibile…lei si commuove e ci racconta che quando aveva 19 anni era stata a Sassari per seguire gli studi che poi l’hanno portata all’insegnamento della lingua italiana in Francia.
La casualità di quell’incontro, peraltro piacevolissimo, si deve al fatto che in quel paese, esattamente sotto la loro abitazione, si svolgeva una rumorosa festa musicale che li ha indotti a prenotare in albergo per poter dormire nel silenzio più assoluto.
Il giorno successivo, subito dopo colazione, i nuovi amici ci portano a casa loro per farci conoscere il loro modo di vivere. Visitiamo la casa con un po’ di timore (buia, mobili scuri ma di grande fascino) finché in un angolo della sala io (Salvatore) noto un meraviglioso pianoforte a coda. Che dire…le mie mani cominciano a strimpellare con grande approvazione dei proprietari.
Dopo aver lasciato loro una bottiglia di mirto sardo, riprendiamo la strada per Lourdes, felici e contenti per la bella esperienza appena vissuta.
Finalmente raggiungiamo la meta tanto ambita, cerchiamo un albergo nelle vicinanze del percorso religioso e poi subito di corsa a visitare la grotta delle apparizioni. Che spettacolo….e quanta gente!!! Nei due giorni dedicati a Lourdes, abbiamo la percezione tangibile che qualcosa di sovrannaturale aleggia in quel luogo sacro.
Il terzo giorno, di buon mattino, riprendiamo il nostro viaggio stavolta in direzione di Parigi. Inevitabilmente sbagliamo strada…!!! Circa 40 km di percorso per renderci conto che non c’è sbocco. Riprendiamo la situazione in mano e dopo diversi chilometri ci fermiamo per cercare un posto dove poter dormire. Dopo lungo girare riusciamo a trovare un B.&B. con una sola camera ma con un letto matrimoniale ed un lettino. Presi dalla disperazione accettiamo l’offerta e, senza pensarci troppo, lasciamo il letto matrimoniale agli amici Laura e Luigi ed io e mia moglie ci distendiamo stretti stretti (si fa per dire) nell’altro lettino. La macchina è parcheggiata proprio sotto la nostra camera, perciò vado a letto tranquillo perché facilmente controllabile.
Alle tre del mattino un botto improvviso mi sveglia di soprassalto, scendo di corsa le scale ma, per mia fortuna, nell’altro angolo della strada due macchine sono incastrate una dentro l’altra….la mia è salva!!!
Altre tre ore di sonno e poi, di buon mattino, scendiamo per la colazione che il proprietario del B&B ha preparato alla grande.
Riponiamo i bagagli in macchina, occupiamo i nostri posti e, col solito entusiasmo…ripartiamo!!!
Durante il tragitto ci fermiamo per visitare uno dei tanti Castelli della Loira, esattamente quello di“Chambord”; spettacolare, di grande interesse culturale, strutturale e storico.
A tarda sera raggiungiamo Parigi e, a gran fatica, riusciamo a trovare il residence che avevamo prenotato da Sassari (all’epoca il navigatore non esisteva). I mini appartamenti sono moderni con tutte le comodità, ma la cosa che più ci fa piacere è che si trova al di sopra del rinomato cimitero di “Montmartre”. Di comune accordo ci dividiamo i ruoli: la colazione da Laura e Luigi e la cena da noi, il pranzo…cammin facendo!!!
Con una cartina recuperata nel residence, iniziamo la nostra avventura parigina.
Chi è stato a Parigi conosce bene l’emozione che si prova quando per la prima volta vede la “Torre Eiffel”. Rigorosamente in ferro battuto è una delle attrazioni e dei simboli più importanti della città. Si innalza sulla spianata degli “Champs de Mars” offrendo ai visitatori una vista panoramica mozzafiato.
Ovviamente non trascuriamo di visitare “Le Sacre Coeur de Montmartre”, il “Moulin Rouge”, il “Louvre” “L’arco di Trionfo” (che si trova all’inizio del famoso viale dei “Champs Elysées”).
I pomeriggi, invece, li dedichiamo a visitare grandi e lussuosi negozi come i magazzini “Lafayette” (con i soffitti di cristallo colorato).
Un tardo pomeriggio, dopo aver visitato i negozi sotterranei de “La Defénse” prendiamo il primo metrò che troviamo a disposizione senza valutarne la destinazione. Dopo diverse fermate, sentiamo una voce che dice qualcosa di incomprensibile per noi. Vediamo gli altri passeggeri alzarsi mentre noi, incuranti di ciò, restiamo rigorosamente incollati ai sedili. Solo dopo qualche secondo ci rendiamo conto che siamo al capolinea e che quella è l’ultima corsa. Che imbranati…!!! Mogi mogi, stanchi e pieni di sonno, afferriamo al volo il primo taxi che passa, e rientriamo nel residence per trascorrervi l’ultima notte prima del grande rientro.

Salvatore Faedda