Volare si Può, Sognare si Deve!

Immagini della Gita e Pranzo a Castelsardo 02-03-2023

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MALATTIA DI PARKINSON E BENESSERE di Kai S. Paulus

(Pillola n. 32)

 

La malattia di Parkinson è una malattia cronica, lentamente progressiva, e non (ancora) guaribile. Per cercare di gestirla e per consentire alle persone colpite di (sopra-) vivere, ci si avvale di tonnellate di farmaci e di esercizi fisici spesso noiosi e faticosi. L’imperativo è di “rimanere attivi”, di “fare” (leggi anche SIAMO QUELLO CHE FACCIAMO).

Alla persona ammalata, già affaticata, dolorante e magari ansiosa e depressa, viene chiesto davvero tanto: un tour de force ad ostacoli, tra familiari, caregiver, terapisti e medici che impongono il da farsi, che bisogna prendere le pastiglie all’ora giusta, mangiare sano, esercitarsi sempre, uscire e fare passeggiate anche se non si ha voglia, non riposare di giorno e dormire bene di notte.

Che corsa, che stress!

 

E se ci prendessimo un momento di relax? Magari farci coccolare da un massaggio?

Che i massaggi fanno bene si sa. Ma forse si sa di meno che i massaggi possono far bene alla persona con Parkinson, seppur non è una nozione nuova, visto che sin dagli anni ‘70 sono stati pubblicati diversi lavori scientifici sull’effetto di vari tipi di massaggio (Classico, Tattile, Thai, Anma, Riflessologico, Neuromuscolare, Yin Tuo Na, Addominale, Trager, ecc.) sulle manifestazioni motorie e non motorie della malattia di Parkinson, con risultati variabili, ma tutti con l’evidenza di miglioramento della qualità di vita e sensazione di benessere anche a lungo termine.

 

La scienza attuale mette l’accento sul mantenimento di un accettabile livello qualità di vita, e penso che la qualità di vita possa essere migliorata anche con un momento di relax, con delle sedute di massaggi.

Immaginatevi di essere sdraiati su un lettino, lontani dal mondo, sereni di “non dover fare” nulla, di godersi il momento, mentre le vostre membra vengono delicatamente manipolate procurandovi delle sensazioni piacevoli di calore e di rilassamento completo.

Queste sedute di dolce non-far-nulla possono essere molto salutari, in particolare nella malattia di Parkinson, dove rigidità e contratture causano dolori cronici e posture sbagliate, e dove malessere e malcontento, disagio e tensione, sono all’ordine del giorno.

Uscire da una seduta di thai o shiatsu, sereni e con meno dolori e muscoli più rilassati può essere molto benefico ed avere degli effetti molto positivi sulla salute in generale, con possibile miglioramento del tono dell’umore e del sonno, riduzione dell’ansia e quindi miglioramento della qualità di vita che sarà, anche se non ottimale, ma almeno più soddisfacente.

 

E se poi con i massaggi si riuscisse ad ottenere, oltre alle coccole, anche dei miglioramenti dei sintomi parkinsoniani, allora sono convinto che i massaggi debbano far parte delle importanti terapie complementari (musicoterapia, arti-terapie, ecc.), che completano la gestione globale della malattia di Parkinson, accanto alle terapie tradizionali, farmacologiche e riabilitative.

 

Fonti bibliografiche:

Angelopoulou E, Anagnostouli M, Chrousos GP, Bougea A. Massage therapy as a complementary treatment for Parkinson’s disease: a systematic literature review. Compl Th Med 2020; 49: doi: 10.1016/j.ctim.2020.102340

Kang Z, Xing H, Lin Q, Meng F, Gong L. Effectiveness of therapeutic massage for improving motor symptoms in Parkinson’s disease: a systematic review and meta-analysis. Front Neurol 2022; 13: doi: 10.3389/fneur.2022.915232

SIAMO QUELLO CHE FACCIAMO di Kai S. Paulus

(Pillola n. 31)

Neanche un mese fa avevamo stabilito che siamo quello che mangiamo (vedi SIAMO QUELLO CHE MANGIAMO), ma ovviamente, logica vuole, che siamo anche quello che facciamo e che abbiamo fatto durante la nostra vita.

Secondo le nuove linee di ricerca delle neuroscienze il nostro cervello possiede delle riserve che possono essere reclutate in caso di necessita.

E così abbiamo una riserva fisica, strutturale, detta riserva cerebrale (brain reserve, BR), statica e passiva che però permette l’attivazione di circuiti alternativi in caso di danno cerebrale (ictus, emorragia, tumore, ecc); poi esiste la riserva cognitiva (cognitive reserve, CR, il “software” del cervello) che rappresenta l’adattabilità cerebrale e garantisce il mantenimento delle funzioni cognitive (memoria, pensiero, ecc.) anche se l’efficacia dei circuiti cerebrali soffre a causa di una malattia. Recentemente si è scoperta anche una riserva motoria (motor reserve, MR), considerata un processo di resilienza proiettata a mantenere le funzioni motorie tramite meccanismi di adattamento e di compenso di circuiti motori specifici nonostante un crescente peso patologico. Questo ultimo meccanismo di riserva motoria è ora al centro della ricerca internazionale per comprendere ulteriormente la malattia di Parkinson.

Traduzione del simpatico titolo dei ricercatori tedeschi: “Il concetto della riserva motoria nella malattia di Parkinson: vino nuovo in botti vecchie?”

Questi tre domini neurologici non sono per niente separati ma necessitano l’uno degli altri: mentre la riserva cerebrale mette a disposizione “i locali”, cioè dei circuiti neuronali sinora non utilizzati per compensare dei deficit dovuti ad una malattia, le riserve cognitiva e motoria collaborano sinergicamente per mantenere le attività ideomotorie per permettere la programmazione, l’ideazione, di un movimento volontario e la sua esecuzione fisica, motoria.

Le riserve cognitiva e motoria vengono create durante la nostra vita, con il nostro vissuto, le nostre esperienze e le nostre abitudini ed attività mentali e fisiche; ecco perché esiste l’infinita variabilità della malattia, perché ognuno/a ha la propria storia ed il proprio vissuto.

Per quanto riguarda la malattia di Parkinson, la tesi dell’esistenza di queste riserve, ed in particolare della riserva motoria, spiega l’infinita variabilità del quadro neurologico del Parkinson: il vissuto passato e presente. Il passato ci ha formato e ci permette di affrontare la vita e le sue difficoltà, ognuno/a a modo proprio, ma, dice la scienza, la riserva motoria può essere condizionata con le nostre attività attuali. Ed è qui che entra in gioco la grande opportunità di gestire il Parkinson con le attività quotidiane; non importa quali siano, perché ognuno/a ha le proprie preferenze ed attitudini, ma importante è che ci siano le attività di qualsiasi genere per permettere la compensazione, la resilienza cerebrale.

Resilienza” è una bella parola che abbiamo imparato a conoscere durante il lockdown del covid-19 e che ci ha permesso a resistere alle difficoltà, di adattarci e di trovare modi per superarle.

Non diversamente funziona la resilienza motoria nel Parkinson: conoscere la problematica, adattarsi e quindi attivarsi per combattere la malattia, per gestirla, e per poter vivere una vita degna di essere vissuta.

Il primo lavoro del 2020 che parla del concetto di riserva motoria nella malattia di Parkinson

Provo a tradurre:

Le riserve cognitive e motorie sono il nostro “salvadanaio” che abbiamo riempito durante la vita con le nostre esperienze ed azioni. In caso di malattia attacchiamo questo gruzzolo, ed ecco perché non ci accorgiamo quando inizia il Parkinson perché il cervello attinge alle sue riserve e compensa ottimamente, e solo dopo una decina d’anni, quando il salvadanaio è vuoto, iniziano i problemi e si manifestano tremori, rallentamento motorio e problemi di equilibrio.

Ma a questo punto è importante di non smettere a mettere gli spicci nel salvadanaio, cioè dobbiamo comunque cercare quotidianamente di proseguire la nostra vita ed essere attivi, per la resilienza, per resistere, per adattarci e per gestire al meglio le difficoltà.

Sicuramente torneremo presto su questo argomento per ulteriori aggiornamenti.

 

Fonti bibliografiche:

Hoenig MC, Dzialas V, Drzezga A, van Eimeren T. The concept of Motor Reserve in Parkinson’s disease: New wine in old bottles? Movement Disorders 2023; 38(1): 16-20.

Chung SJ, Lee JJ, Lee PH, Sohn YH. Emerging concepts of motor reserve in Parkinson’s disease. Journal of Movement Disorders 2020; 13(3): 171-184.

JOHN C. STEELE (1934-2022) di Kai S. Paulus

John C. Steele

 

 

 

Mi piace ricordare uno degli scienziati i cui nome ed opera rimangono impressi nella mente di ogni studente di neurologia.

 

 

 

Una delle notizie più angoscianti durante gli studi era quella sull’esistenza di forme di sindromi parkinsoniane infettive e per niente curabili. Già stentavamo a capire la malattia di Parkinson con i suoi innumerevoli sintomi e variabili e con le infinite cure non soddisfacenti, e poi si presentavano questi nuovi scenari che non ci facevano dormire di notte. Come se non bastasse, gli incubi venivano ulteriormente accentuati dalla lettura di due incredibili libri di Oliver Sacks (altro grande neuroscienziato di cui vorrei parlarvi prossimamente), “Rivegli” (Adelphi 1987; Awakenings, 1973) che parla degli esiti dell’encefalite letargica con parkinsonismo ed i primi usi della dopamina, e “L’isola dei senza colori” (Adelphi 1997; The Island of the colorblind, 1996) in cui si racconta la ricerca su una strana variante del Parkinson sull’isola di Guam nel Pacifico, con Parkinson associato alla SLA e demenza.

 

Prima pagina della storica pubblicazione “Progressive Supranuclear Palsy” di John C. Steele, J. Clifford Richardson e Jerzy Olszewski su Archives of Neurology del mese di aprile 1964

Lo scienziato e neurologo canadese John C. Steele studiò per tanti anni questa malattia di Guam, ma viene ricordato soprattutto, oltre alla sua umanità verso i pazienti, per le sue ricerche e la sua descrizione della Paralisi Sopranucleare Progressiva, PSP, una sindrome parkinsoniana atipica caratterizzata da marcata rigidità assiale, l’impossibilità a muovere gli occhi verticalmente, e deficit cognitivo.

La sua pubblicazione del 1964, insieme ai colleghi J. Clifford Richardson e Jerzy Olszewski, è una riconosciuta pietra miliare della Neurologia.

 

La PSP terrorizza ogni apprendista nel campo dei Disordini del Movimento a causa della difficile diagnosi differenziale con altri Parkinsonismi simili, quali l’Atrofia multisistemica e la demenza a corpi di Lewy. Ma gli studi di Steele hanno dato un grosso contributo ad una migliore comprensione della PSP.

 

Successivamente, John Steele si trasferisce per molti anni su delle isole nel Pacifico dove approfondisce le conoscenze della malattia di Guam, probabilmente dovuta ad una tossina contenuta in una specie di pipistrelli (rieccoci!) di cui gli indigeni andavano molto ghiotti. Per fortuna, la tossina sembra essere scomparsa e con essa anche la malattia di Guam.

 

Gli studi di Steele e colleghi su PSP e malattia di Guam, due malattie molto rare, hanno contribuito moltissimo alla comprensione della malattia di Parkinson e di molti circuiti cerebrali allora sconosciuti, e quindi John C. Steele può essere annoverato di diritto tra i pionieri della moderna Neurologia e dei Disordini del Movimento.

 

Fonti bibliografiche:

Morris HR, Lees AJ. Obituary for Dr. John C. Steele. Movement Disorders 2023; 1: 1-3.

Steele JC, Richardson JC, Olszewski. Progressive supranuclear palsy. A heterogeneous degeneration involving the brain stem, basal ganglia and cerebellum with vertical gaze and pseudobulbar palsy, nuchal dystonia and dementia. Archives of Neurology 1964; 10: 333-359.

INVECCHIARE SENZA INVECCHIARE di Kai S. Paulus

(Pillola n. 30)

“Nessuno vuole essere vecchio, ma tutti vogliamo invecchiare”. Inizia così il reportage pubblicato ieri sul sito dell’autorevole quotidiano tedesco “Frankfurter Allgemeine Zeitung”.

La giovane giornalista tedesca Rahel Golub, laureata in scienze politiche e psicologia e quindi specializzata in giornalismo dei dati, esamina nel suo curioso articolo “Il segreto di una vita lunga – ed i suoi costi” le statistiche dell’invecchiamento.

Così veniamo a sapere che la pandemia del covid-19 ci ha tolto statisticamente 6 mesi di aspettativa di vita, e così altri fattori, quali guerre ed eventi globali politici, economici e ambientali, oppure malattie gravi, possono incidere sulla durata di vita di ognuno/a di noi senza che il singolo abbia modo di modificare tali eventi.

Ma dal punto di vista pratico ognuno/a possiede strumenti per influenzare la propria qualità e durata di vita.

Scontati appaiono le raccomandazioni delle limitazioni di fumo ed alcolici e di una corretta alimentazione, ma i dettagli statici sono impressionanti: così pare che il consumo eccessivo di carne rossa ed insaccati (oltre 120g/giorno) diminuisca l’aspettativa di vita di 16-18 mesi, poca attività fisica meno 12 mesi, e l’obesità (BMI oltre 30) ed il consumo di alcol (oltre quattro bicchieri/giorno) toglierebbero addirittura oltre 3 anni di vita. Come esempio, l’Istituto Oncologico Tedesco di Heidelberg illustra una persona obesa, forte fumatrice e consumatrice di alcolici e carni rosse che, da uomo, perderebbe 17 anni di vita, da donna ancora 13 anni.

Al contrario invece, un sano stile di vita, istruzione, cultura personale e benessere economico, allungano la vita. Pensate, secondo lo statunitense National Institute of Health, ogni minuto di attività sportiva allunga la vita di sette minuti.

Fin qui, niente di nuovo, che uno stile di vita corretto con buona alimentazione ed attività fisica aiuta a rimanere in forma lo sapevamo già.

Però, non si tratta solo di vivere il più a lungo possibile ma di come sopravvivere.

A questo proposito mi viene in mente un libro che alcuni anni fa ci ha presentato la nostra Nicoletta Onida (e vi invito a rileggere la sua bellissima Recensione di: “Come invecchiare senza diventare vecchi di Rudi Westendorp, Ponte alle Grazie, 2015), dove l’importante non è invecchiare, ma invecchiare bene. Quindi, è importante la qualità della vita, le passioni, i passatempi, i divertimenti, lo star bene con gli altri.

Ora mi direte, è facile invecchiare bene quando non hai il Parkinson. Giusto. Ma se non hai il Parkinson, hai l’Alzheimer, una cardiopatia, il diabete, la depressione o un tumore, difficile trovare qualcuno che sia completamente sano. Le malattie rientrano nelle statistiche delle aspettative di vita e vengono date per scontate. Quindi?

Quindi, contro il destino e la genetica, contro guerre e catastrofi non possiamo fare nulla, ma chiunque può cercare di vivere la propria vita al meglio delle proprie possibilità.

Dall’età non si guarisce, ma si può invecchiare senza invecchiare? Forse sì. Intanto, il solo invecchiare è già un considerevole traguardo. E poi, si può invecchiare cercando di rimanere giovani: sempre curiosi ed aperti alle novità.

 

UNA PASSEGGIATA CON VIDA di Kai S. Paulus

Stamattina sono venuti a trovarci gli amici di PROGETTO SERENA APS, coloro che da anni si occupano con grande successo della terapia assistita con animali, TAA, (vedi l’interessantissima PET THERAPY E CAREGIVER AD ALGHERO), specialmente con cani molecolari nel campo del diabete mellito, del morbo di Batten e dello screening del covid-19, un impegno davvero lodevole ed importantissimo per il supporto di tante persone in difficoltà.

 

Ci siamo dati appuntamento a casa di Dora e Giuseppe e puntualmente sono arrivati, insieme alla nostra insostituibile fisioterapista Elenia Mainiero, il responsabile nazionale del Progetto Serena APS, Roberto Zampieri (Verona), la responsabile medico nazionale, Francesca Soggiu (Alghero), l’istruttrice e formatrice responsabile Sardegna degli istruttori in percorso, Roberta Maloccu (Lu Bagnu), e ovviamente lei, la star indiscussa, Vida (Castelsardo), una bellissima Labrador di 14 mesi.

Vista la soleggiata mattinata, dopo le presentazioni ed un caffè, durante il quale Dora ed Elenia raccontano della loro “gita” a Cagliari, Francesca e Roberto ci aggiornano delle ultime imprese di Progetto Serena e Vida gioca con Giuseppe e Roberta, abbiamo deciso di fare tutti quanti una bella passeggiata (alla fine della quale Roberto ci informa che erano 2,5 km) con meta un piccolo bar dove trovare restoro e chiacchierare di futuri progetti e di prossime gite della nostra Parkinson Sassari a Castelsardo (2 aprile) e Pattada (27 maggio). Vida è stata fantastica, educata e molto disponibile, tanto da farsi tenere da Giuseppe durante il nostro percorso.

La meravigliosa mattinata è finita anche troppo velocemente ed ai saluti ci siamo promessi di rivederci presto e di presentare Vida ed i suoi amici a tutta la nostra associazione.

In prima fila: Vida. In seconda fila da sinistra: Elenia Mainiero, Francesca Soggiu, Roberta Malocco, Giuseppe Cossu, Dora Corveddu, Roberto Zampieri.

SIAMO QUELLO CHE MANGIAMO di Kai S. Paulus

(Pillola n. 29)

Siamo quello che mangiamo”, logico, non ci piove, lo sappiamo, e fin qui niente di nuovo.

Ma adesso parliamo di prevenzione. Durante le visite i familiari, e comprensibilmente i figli, mi chiedono spesso, se esistono terapie per prevenire, e quindi possibilmente evitare, il Parkinson che ha colpito il genitore. E puntualmente rimangono basiti quando la mia risposta è negativa.

Non siamo in grado di guarire dalla malattia di Parkinson né di prevenirla. Ma qualcosa sta cambiando.

Recentemente si sta facendo strada l’ipotesi che il cibo, la nostra alimentazione, potrebbe rappresentare un importante fattore di prevenzione per le malattie neurodegenerative.

Prima di Natale un gruppo di ricercatori sino-statunitensi ha pubblicato un interessante studio su circa 140.000 persone cinesi e le loro abitudini alimentari. In Cina l’età media sta aumentando rapidamente grazie al miglioramento delle condizioni di vita e quindi anche le patologie neurodegenerative sono in rapida crescita.

Secondo gli autori, le persone che seguono una dieta ricca di dolciumi e povera di fibre vegetali sarebbero a maggior rischio, e che invece l’alimentazione ricca di frutta, verdura e grano integrale costituirebbe un elemento protettivo. Ma dove sta la novità? Ce l’hanno detto già i nostri genitori e noi ai nostri figli, molto prima degli studiosi statunitensi e cinesi.

La novità sta nel fatto che ora si sta scoprendo perché i nostri genitori avevano ragione.

Siamo quello che mangiamo”, cioè, tutto quello che introduciamo per bocca arriva inevitabilmente nel nostro intestino, dove viene digerito e assimilato, grazie soprattutto alla flora intestinale, il microbiota, l’insieme di migliaia di specie di batteri e germi che vivono in simbiosi con noi e che ci nutrono e proteggono (vedi PARKINSON E MICROBIOTA). Questo microbiota necessita di un determinato equilibrio che viene garantito dal cibo introdotto. Se ci sono alimenti irritanti la flora intestinali si modifica e può anche squilibrarsi, cioè ad un certo punto possono prevalere dei ceppi batterici patogeni che causano alterazioni intestinali (gonfiore, stitichezza, diarrea, ecc.). Niente di grave. Ma se questo stato persiste, appunto per una alimentazione non corretta, allora queste alterazioni possono causare dei processi infiammatori della mucosa intestinale che, se cronica, possono coinvolgere la rete di nervi sottostante alla mucosa che serve per la motilità gastrointestinale.

Una infiammazione cronica del sistema nervoso può portare a fenomeni degenerativi, ed ecco la neurodegenerazione, che nel caso di Parkinson significa l’accumulo di alfa-sinucleina alterata (vedi anche L’ALFA-SINUCLEINA e ALLE ORIGINI DEL PARKINSON).

A questo punto, qualcuno potrebbe obiettare e commentare che la cosa non gli riguardi perché, se mai, questi processi neurodegenerativi si svolgono nell’intestino, ben lontani dal cervello, dove il rapace infingardo entra notoriamente in scena.

Ma l’attenta lettrice e l’attento lettore del nostro sito sanno che esiste un formidabile collegamento tra cervello e intestino, ed i due organi si condizionano a vicenda. Come avevamo già descritto (vedi PARKINSON E MICROBIOTA e IL RUOLO DEL MICROBIOTA NEL PARKINSON) la proteina alterata di alfa-sinucleina può risalire lungo il nervo vago dall’intestino fino al cervello. Certamente si tratta di un’eventualità rara e, ribadisco, per causare la malattia di Parkinson ci vuole l’insieme di fattori diversi.

Però, stiamo parlando di prevenzione e una buona alimentazione, sana, equilibrata e possibilmente piacevole, è sicuramente un buon modo per tenersi in salute. (vedi anche AGGIUNGI UN POSTO A TAVOLA)

La scienza è appena all’inizio a conoscere i meccanismi iniziali del Parkinson, conoscenze che poi ci permetteranno a comprendere sempre di più i fattori di rischio che quindi permetteranno possibili strategie di prevenzione, e per cui torneremo presto a parlarne.

 

Fonte bibliografica:

Zhang X, Xu J, Liu Y, Chen S, Wu S, Gao X. Diet quality is associated with prodromal Parkinson’s disease features in Chinese adults. Movement Disorders 2022; 37(12): 2367-2375.

TIRO A FRECCETTE di Kai S. Paulus

Il gioco delle freccette consiste nel lanciare verso un bersaglio dei dardi, stabilizzati nel volo da alette, in modo che la loro punta vada a colpire una delle porzioni in cui il bersaglio è suddiviso.” (Wikipedia)

 

 

Tutti sanno che cos’è il tiro a freccette e verosimilmente tutti l’hanno provato almeno una volta nella vita. Un gioco divertente da bambini, vero? E che spesso giocavamo alle feste di compleanno e della parrocchia.

Invece, il nostro amico Mario mi spiega che si tratta di uno sport serio, per adulti, con tanto di regole ferree e federazione italiana (Federazione Italiana Gioco Freccette, FIGC) e mondiale (World Darts Federation, WDF), e che lui pratica a livello agonistico. Non lo sapevo e sono impressionato. La cosa mi interessa e mi informo ulteriormente.

Le regole principali sono le seguenti:

 

 

Il campo di gioco. Copyright 2007 Dart Club Treviso

Il bersaglio va posto a 1,73 metri di altezza dal pavimento, diciamo ad altezza d’uomo. Curiosi sono invece i 2,37 metri di distanza dal bersaglio alla quale si deve posizionare il giocatore. Narra la leggenda che all’inizio del secolo scorso ci si mettesse d’accordo per definire la distanza da cui lanciare le freccette con quattro casse di birra messe in fila dal muro; ogni cassa misurava 2 piedi (un piede: 31 cm), per cui ci si accordava sugli attuali 8 piedi (2,44 metri dal muro, meno lo spessore del bersaglio). Gente molto precisa, nonostante le quattro casse di birra (vuote). Ma non finisce qui: le freccette pesano circa 22-24 grammi, ma non devono superare i 50 grammi, ed anche la lunghezza è variabile ma non deve superare i 30,1 cm. Inutile aggiungere che le freccette possono consistere di materiali diversi e che vengono offerte con un corpo a grip differenti in base alle preferenze del giocatore. Insomma, roba da veri professionisti.

Ogni tiro è composto da tre lanci di freccette, la freccetta che manca il bersaglio o che si stacca e cade per terra è nullo; degli altri si sommano i punti ottenuti.

Prima della partita viene stabilito il punteggio totale da raggiungere e poi si fanno il numero di tiri necessari finché il primo raggiunge il punteggio richiesto.

Facile, vero?

 

E se adesso vi proponessi di praticare questo divertente gioco prossimamente nella nostra Casa Park, che ne direste? Forse tra le nostre fila non nascerà il futuro campione del mondo, ma il divertimento sarà sicuramente assicurato.

Intrappolati nell’Oliveto – Testo di Franco Simula

Il Direttivo dell’Associazione Parkinson, quasi al completo, aveva utilizzato il pulmino dell’Associazione per partecipare, venerdì 3 febbraio 2023, alla presentazione dell’interessante iniziativa :”Progetto Sardegna- Palestra a cielo aperto”. Interventi motori adattati in ambiente naturale per persone con malattia di Parkinson. Dunque noi parkinsoniani, direttamente interessati, non potevamo mancare all’importante convegno. Ma al momento di accedere al posteggio nasce una discussione animata: un direttivo, quattro o  cinque lauree, intrappolati dentro il pulmino, non possono scendere dal mezzo perché non si riesce a trovare la via di entrata al complesso biomedico né tanto meno la via d’uscita. Perché? L’unica via di ingresso praticabile ha il divieto di accesso, il resto del posteggio è ricavato fra un albero e l’altro di circa mezzo ettaro di oliveto che ormai è ridotto a una poltiglia per una pioggia recente. Impantanati fra un albero e l’altro a un certo punto l’autista del pulmino facendo acrobazie da gara su percorso sterrato e passando per una stradina normale, ordinata ma con un segnale di divieto d’accesso, riesce a liberarsi da quell’intrigo. Ancora una volta…all’italiana. Meno male che tutto si è svolto su un area privata e senza vigili, altrimenti…

PROGETTO SARDEGNA – PALESTRA A CIELO APERTO di Kai S. Paulus

Ieri pomeriggio, venerdì 3 febbraio, la Prof.ssa Lucia Cugusi, docente del CdS Scienze Motorie, Sportive e Benessere dell’Uomo dell’Università di Sassari ci ha invitati nell’Aula A della Facoltà di Medicina in Viale San Pietro, per presentare al pubblico ed a tutti i possibili futuri partecipanti la squadra di collaboratori dell’ambizioso “Progetto Sardegna – Palestra a cielo aperto”.

Il pomeriggio è stato moderato dal presidente del CdS Scienze Motorie, Prof. Pasquale Bandiera, che, dopo i saluti del Sindaco di Sassari, dott. Nanni Campus, del Prorettore Vicario dell’Università di Sassari, dott. Andrea Fausto Piana, del presidente della Fondazione di Sardegna, dott. Giacomo Spissu, del direttore sanitario dell’AOU Sassari, dott. Luigi Cugia, del direttore del Dipartimento Scienze Biomediche dott. Pier Luigi Fiori, e del presidente del CUS Sassari, dott. Nicola Giordanelli, ha dato la parola alla Prof.ssa Lucia Cugusi, ideatrice del progetto, che ha spiegato alla platea i contenuti e programmi del suo progetto:

(da sinistra) Pasquale Bandiera, Lucia Cugusi, Pier Luigi Fiori, Andrea Fausto Piana, Nanni Campus, Luigi Cugia, Ugo Della Croce.

Stare all’aria aperta fa bene, si sa, fare sport fa bene, si sa, fare attività fisica fa bene al Parkinson, si sa pure, allora uniamo i tre elementi: le persone affette da malattia di Parkinson possono svolgere diverse attività sportive all’aperto, in piena natura; ciò garantisce buon umore, divertimento, ed impegna corpo e mente.

Il Sindaco di Sassari, dott. Nanni Campus

I partecipanti, volontari provenienti dalla Clinica Neurologica della AOU Sassari, diretta da Prof. Paolo Solla, e dall’ambulatorio dei disordini del movimento della ASL Sassari, non saranno soli, ma coccolati da uno staff tecnico-medico sportivo composto, oltre dalla docente universitaria e dai neurologi di AOU e ASL di Sassari, dai seguenti professionisti ed i loro collaboratori:

Marco Pistidda, dell’associazione Bonga Surf School per le lezioni di surf a Porto Ferro, Riccardo Celotto dello Yacht Club Alghero per le imprese eroiche in barca a vela, Corrado Conca, dell’Adventure Guide che porterà le nostre amiche e nostri amici sui sentieri del trekking, Pier Paolo Peddio dell’Azen Kayak che insegnerà il miracolo dello stare in acqua senza toccare l’acqua, dentro il kayak appunto; ed infine Daniele Faedda della 3Motion che spiegherà acquaticità di base).

Il “crucivirdis” di Nicola Virdis

Dopodiché i nostri atleti saranno seguiti da alcuni studenti della professoressa, e le loro performance saranno studiati dal bioingegnere Prof. Ugo della Croce.

Insomma, un team di tutto rispetto che cercherà di fotografare il divertimento, gli sforzi fisici ed i possibili miglioramenti durante le settimane di attività del progetto per ogni gruppo di partecipanti.

Per completare questo bellissimo evento non potevano mancare gli interventi dei nostri, Dora Corveddu, presidente della Associazione Parkinson Sassari, e Marco Balbina dell’Associazione Parkinson Alghero, due interventi molto emozionanti e seguiti particolarmente dai tanti studenti nella piena Aula A della Facoltà di Medicina.

Infine, ci voleva il comico Nicola Virdis a colmare una importante lacuna scientifica dei professori e scienziati in sala: durante il suo divertente “CruciVirdis” ha rivelato a noi navigati ‘parkinsonologi’ che la moglie di James Parkinson si chiamò Mary Dale e che ebbero sei figli. Ecco l’elemento mancante per cui tutto il mondo non riusciva a curare la malattia. Quindi, ora finalmente …

Insieme a (da sinistra) Marco Pistidda, Pasquale Bandiera, Lucia Cugusi, e Nicola Virdis.