Con la mia breve presentazione “Parkinson e Microbiota” (vedi archivio novembre 2018) ci siamo già occupati dell’importanza della funzionalità dell’intestino e del suo microbiota, cioè l’insieme di microorganismi che popolano la flora gastrointestinale e che sono essenziali per la nostra salute. Già James Parkinson ha osservato nelle sue prime descrizioni della malattia, che porta il suo nome, la presenza di disturbi intestinali quale la costipazione. Negli ultimi anni la ricerca scientifica ha focalizzato il suo interesse su un possibile legame tra l’asse cervello-intestino e malattia di Parkinson. Proprio in questi giorni è apparso un interessante articolo del gruppo di ricercatori intorno al neurologo Prof. Wolgang Oertel pubblicato sulla storica rivista scientifica tedesca “Der Nervenarzt”, che qui vorrei brevemente riassumere.
Il sistema nervoso enterico (rete nervosa del tratto gastrointestinale che comprende il plesso di Auerbach e quello di Meissner) è in stretto legame con il sistema nervoso centrale, il cervello, tramite il nervo vago.
Cervello e intestino comunicano tramite processi immuno-mediati e la produzione di ormoni e molecole di segnalazioni specialmente da parte dei microorganismi della flora intestinale, il microbiota appunto. In questo modo l’intestino può modulare diverse funzioni cerebrali superiori quali il sonno, l’umore, memoria e mente.
L’intestino sta in diretto contatto con il sistema dopaminergico nigrostriatale, cioè quella parte del cervello dove inizia il Parkinson, dove, in modelli animali, un ridotto livello dopaminergico cerebrale induce un aumento di dopamina nell’intestino e riduzione di acetilcolina; ed altresì, un aumento di fattori infiammatori e di stress intestinali determinano lesioni nelle strutture nigrostriatali dopaminergiche.
Ci sono evidenze dell’effetto negativo dell’elicobacter pilori, uno dei più frequenti batteri nello stomaco e responsabile della gastrite B, sull’assorbimento della levodopa partecipando quindi alle fluttuazioni della risposta alla terapia.
Il Parkinson è associato ad un alterato microbiota intestinale
Tramite processi infiammatori l’alterato microbiota potrebbe essere coinvolto nella patogenesi del Parkinson
Microbioma, alimentazione e vulnerabilità genetica dell’individuo formano un insieme complesso che non è ancora pienamente compreso
La rilevanza (relazione causa-effetto) di un microbiota intestinale alterato per l’eziologia del Parkinson non è ancora pienamente chiara
Il microbiota intestinale rappresenta un fattore di rischio modificabile, ed in questo senso degli approcci per- e probiotici potranno diventare delle opzioni terapeutiche supplementari interessanti
Ci sono batteri intestinali che influenzano negativamente oppure positivamente il metabolismo della dopamina e quindi anche questa conoscenza potrà essere utile per future strategie terapeutiche.
Fonte bibliografica:
Unger MM, Becker A, Keller A, Schaefer KH, Schwiertz A, Oertel WH. Die Rolle des Darmmikrobioms beim idiopathischen Parkinson-Syndrom.Nervenarzt 2020;12:1085-1095.