Volare si Può, Sognare si Deve!

Autore archivio: Kai Paulus

IL CAPITANO

Il Capitano

Circa 25 anni fa ho conosciuto il nostro amico Giuseppe, capitano della famigerata squadra di calcio “Igiene”.

Allora lavoravo alla mia tesi di laurea nel laboratorio di Elettromiografia della Clinica Neurologica di Sassari; il tema del lavoro era “Standardizzazione di una Metodica per la Registrazione dei Potenziali Cognitivi Uditivi e Visivi”, in poche parole, il mio compito consisteva nel tarare un macchinario molto sofisticato per poter misurare la capacità della memoria a breve termine. Negli anni a seguire avrei approfondito tale metodica, con il benestare di Prof. Isidoro Aiello, e l’aiuto della biologa dott.ssa Immacolata Magnano, con lo studio delle funzioni cognitive del lobo frontale e del cervelletto durante la scuola di specializzazione, fino a creare una metodica per la diagnosi pre-clinica della malattia di Parkinson durante il dottorato di neuroscienze.

 

(Il libretto di ricordi di Giuseppe appena pubblicato)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quando Giuseppe entrò nella piccola stanza, dove lavoravamo sette giorni su sette per un anno intero al Neuroscan, il computer che permetteva di trasformare l’attività cerebrale in informazione leggibile, era come se lo conoscessi da sempre: con il suo modo di fare, gentile, disponibile, molto affabile e simpatico, Giuseppe, che si era prestato a fare da cavia, mi metteva subito a mio agio e scherzavamo appunto come vecchi amici.

Le nostre “cavie” dovevano sottoporsi ad un elettroencefalogramma (EEG) durante il quale avevano il compito di eseguire dei semplici compiti mnesici dei quali la macchina misurava la precisa localizzazione dell’area cerebrale attivata ed i tempi impiegati. Per la registrazione dell’EEG utilizzavamo un rudimentale casco a 38 canali, che in realtà non era un casco ma un insieme di stringhe di gomma sotto le quali erano applicati gli elettrodi. Forse il lavoro più faticoso e lungo era di ridurre le impedenze tra elettrodo e cuoio capelluto, per cui raschiavamo con un ago smusso la superficie seborroica dello scalpo, il che non era molto piacevole.

Sicuramente tale operazione faceva male, ma per Giuseppe nessun problema, lui ci stava e ci divertivamo un sacco in quel pomeriggio chiusi nella stanzetta buia della Neurologia. Generalmente le registrazioni erano faticose e noiose, ma con Giuseppe era diverso: lui era interessato a ciò che succedeva, parlavamo e ridevamo tanto.

La tesi di laurea alla fine era un successo e poneva le basi per tante presentazioni a convegni nazionali ed internazionali, pubblicazioni su riviste scientifiche, e per le mie tesi di specializzazione e di dottorato. Per me erano anni di duro lavoro, ma soprattutto di tante soddisfazioni, di entusiasmi e di sogni; e così, il chimico industriale Lorenzo Giuseppe Cossu mi ha aiutato a costruirne le basi.

Mille grazie Giuseppe.

(sotto i pini di via Venezia Giuseppe mi omaggia orgogliosamente del suo libretto, ed Anna cerca la penna che le avevamo rubato per la dedica. La bella foto è di Dora, la capitana)

Kai S. Paulus

 

UNA CHIACCHIERATA CON DORA

La vice presidente della Associazione Parkinson Sassari Dora Corveddu parla in una videoconferenza di malattia di Parkinson

Dopo le nostre riuscitissime videoconferenze con la dott. Ermelinda Delogu, con il Prof. Pier Andrea Serra, ed il dott. Francesco Burrai, e gli immancabili appuntamenti del nostro coro virtuale con il maestro Fabrizio Sanna, la nostra vice-presidente Dora Corveddu aveva espresso il desiderio di organizzare una semplice chiacchierata tra gli amici della Parkinson Sassari, che ieri, con la complicità Laura Piga si è realizzato: circa 90 minuti ci siamo intrattenuti sulla piattaforma della rete Zoom dando la possibilità a tutti di intervenire.

Dora indica subito il tema della serata chiedendo ai partecipanti di come avevano vissuto ed affrontato il “lockdown” durante l’emergenza del Covid-19, sciogliendo il ghiaccio lei stessa raccontando come si era messa a fare a maglia per la nipotina e cucinando per il marito; ma Dora ricorda anche di aver vissuto il dramma da molto vicino nei giorni in cui si è trovata ricoverata in reparto, seppur per altra problematica.

Interviene allora il nostro presidente Franco Simula citando il “paradosso di Metella” (“per fortuna ho il Parkinson”) ricordando l’ultima assemblea dei soci del 28 febbraio, già in piena emergenza, con oltre 30 partecipanti stipati nei piccoli locali della segreteria di Casa Park, verosimilmente ancora inconsci del potenziale rischio di un assembramento (leggete “Un bersaglio mancato” di Franco Simula pubblicato in questo sito il 23/04/20).

Prende la parola Ninnetta che invece sottolinea la sensazione di tristezza e di solitudine, chiusa in casa e preoccupata per i figli lontani in continente. In effetti, la solitudine e la separazione tra familiari è stato uno dei grossi lati negativi di questo periodo di isolamento forzato e di cui si parlerà sicuramente ancora a lungo.

Tutto al contrario, invece, si esprime Immacolata Maria per la quale non è cambiato nulla, verosimilmente perché ha un marito meraviglioso che non le ha fatto mancare niente.

Mariantonietta si collega dalla macchina trovandosi in viaggio nei pressi di Macomer e la sua testimonianza supera quella di Immacolata, perché per Mariantonietta è stato un periodo bello avendo avuto sua madre in casa (fortunate, figlia e madre!).

 

Peppino riferisce dal fronte di Tissi che è tutto tranquillo: “qui il virus non c’è!”, e racconta che, come sua abitudine, si è dato da fare in campagna per seguire il procedere primaverile.

 

In particolare, il fruttivendolo e l’edicolante sono mancati a Giuseppe, le brevi chiacchierate giornaliere; ed allora ha riscoperto la cucina, come non faceva da tantissimi anni.

Salvatore, giocoforza, ha passato buona parte del tempo guardando la TV, vedendo sicuramente moli bei film e documentari, ma anche i notiziari pieni di allarmanti aggiornamenti sul coronavirus.

E che dire di Cenzina, che si è occupata di giardinaggio e facendo dolci, apprezzando molto la presenza di sua figlia Laura.

Un’altra fortunata è Giannella che per caso si è trovata in casa in questi mesi entrambi i figli che si sono presi cura dei genitori coccolandoli e proteggendo in particolare il padre Franco reputandolo appartenente alla popolazione a rischio (il nostro Presidente? Ma che!)

A differenza di molti altri, Adelaide confessa di aver perso peso e di aver affrontato gli ultimi mesi piuttosto bene, e Tonino aggiunge che questi periodi eccezionali si possono superare rispettando le regole e seguendo correttamente le indicazioni delle autorità, riscoprendo antichi valori creduti dimenticati.

Annalisa ha trovato il tempo di rivedere i filmati di quasi cinque anni  di attività di movimento e danza terapia insieme a noi facendosi ispirare per un progetto musicale virtuale che partirà a giorni.

Per tornare alle regine dei fornelli, anche Giuseppina si è divertita cucinando e sentendosi fortunata rispetto a persone che vivono nelle zone rosse.

 

Umberto e Rosa hanno difficoltà di segnale, Gavina assiste divertita, insieme al consorte, alla nostra chiacchierata, Graziella si è persa su Facebook.

Insomma, questa “Chiacchierata con Dora” è stata molto apprezzata e le nostre amiche e nostri amici hanno affrontato con orgoglio e concretezza questo inedito periodo di restrizione sociale.

Però, qualcosa non mi convince: molti si vantano delle loro arti culinarie, creando prelibati dolci, soffici biscotti e meravigliose torte. Non saprei, in via Tempio non si è visto niente…

Kai S. Paulus

 

 

PARKINSON E COVID-19 di Kai S. Paulus

Parkinson covid

Negli ultimi mesi la pandemia del coronavirus SARS cov-2 si è abbattuta come uno tsunami su tutti noi mettendo i sistemi sanitari mondiali a dura prova causando milioni di infezioni e purtroppo anche tante vittime.

Si è subito evidenziato che le persone più a rischio sono quelle più anziane e con comorbidità. La Covid-19 inizia notoriamente con sintomi simil-influenzali ma può evolvere, prevalentemente in persone anziane e con malattie preesistenti in una sindrome respiratoria acuta e coinvolgimento multi-sistemico che spesso necessita di cure intensive e respirazione assistita. In alcune persone contagiate si sono osservate complicazioni neurologiche che vanno da una transitoria perdita del senso del gusto e dell’olfatto fino ad encefalopatie e meningoencefaliti. Ricordiamo, che cent’anni fa, l’influenza spagnola, causata dal virus H1N1, lasciò molte persone sopravvissute con conseguenze neurologiche anche gravi, quali l’encefalite letargica ed il parkinsonismo postencefalitico. La prudenza è quindi d’obbligo.

In queste ultime settimane sono state pubblicate molte ricerche attualissime sul tema della malattia di Parkinson ed il Covid-19 che ci possono aiutare a rispondere ad alcune domande:

  • La persona con Parkinson è a maggior rischio?

La persona affetta da Parkinson generalmente risponde all’identikit della popolazione maggiormente colpita dal SARS-cov-2: anziani e con comorbidità, quindi persone particolarmente fragili, e pertanto non è il Parkinson di per sé che rappresenta un fattore di rischio.

  • Il SARS Cov-2 rappresenta un fattore di rischio per ammalarsi di Parkinson?

Diversamente è il discorso inverso, cioè se il coronavirus può causare il Parkinson, e la discussione è in pieno corso e vengono ipotizzati diversi scenari. Colpisce l’anosmia, la perdita dell’olfatto, che nella Covid-19 è transitoria e che nel Parkinson invece fa parte del quadro clinico e che può anche precedere la malattia di molti anni. Allo stato attuale non ci sono elementi per rispondere alla domanda perché ci vorranno anni per capire se il sistema olfattivo effettivamente sarà danneggiato dal coronavirus e, se sì, se ciò sarà sufficiente a sviluppare un Parkinson. Già precedentemente sono stati riscontrati anticorpi contro il coronavirus SARS cov-1 nel liquor cefalorachidiano (la “linfa” che circonda, protegge e nutre il sistema nervoso centrale) e abbiamo già accennato che anche il SARS cov-2 può raggiungere il cervello. Per capirci di più dobbiamo aspettare le ricerche in corso.

  • La Covid-19 peggiora il Parkinson?

Basandomi su ciò che ho osservato in questi mesi a Sassari sono propenso a rispondere di sì. Come sappiamo, il Parkinson è una malattia che colpisce fondamentalmente il movimento e che quindi l’attività fisica è la terapia principale; sappiamo inoltre, che un altro approccio essenziale per contrastare il rapace infingardo è rappresentato dalla socializzazione, lo star insieme, divertirsi, provare emozioni positive. Ecco, a causa dell’inevitabile periodo di distanziamento sociale ed il confinamento dentro le proprie abitazioni, vengono meno questi due pilastri della gestione del Parkinson; la sostanziale immobilità causa una maggiore rigidità, ma ciò che è peggio è che l’emergenza causa preoccupazioni che si sommano al disagio fisico ed alla solitudine, che provocano ansia, emozioni negative, quindi accentuazione del quadro clinico complessivo del Parkinson.

Si aggiungono problemi organizzativi, perché il sistema sanitario non era preparato, i pochi posti letti dedicati negli ospedali si sono esauriti subito, le attività ambulatoriali sono state sospese e sostituite da rudimentali sistemi di telemedicina (telefono, posta elettronica) che solo in piccola parte possono rispondere alla massiccia richiesta di assistenza. Infine, la paura collettiva, alimentata anche dai mass media, dissuadeva di andare dal medico o dai pochi servizi sanitari operativi.

Tornando ai lavori scientifici, da un lato la Covid-19 può aggravare il Parkinson perché compromette la salute già precaria e può portare ad un sovraccarico di malattia. È noto che i parkinsoniani tendono a scompensare in situazioni di stress acuto come anche con la febbre, entrambi sintomi chiavi di Covid-19. In queste condizioni i parkinsoniani sono a rischio di sviluppare una grave acinesia generalizzata o crisi acinetiche. D’altro canto, la terapia anti-Parkinson è essenziale proprio per proteggere da acinesia, il blocco motorio, e da rigidità.

In conclusione, la pandemia della Covid-19 rappresenta una emergenza mondiale, in particolare per individui fragili, con poli-patologia, anziani, ed immunocompromessi. Diventa pertanto essenziale seguire correttamente le indicazioni di protezione individuale. È altresì necessario che la nostra sanità si rinnovi per rispondere pienamente alle esigenze attuali di tutti gli assistiti e che sia preparata ad affrontare adeguatamente future sfide. La scienza internazionale sta monitorando l’andamento della pandemia e l’impatto del SARS cov-2 sulla nostra salute, quindi anche sul Parkinson, e costantemente le nostre conoscenze vengono aggiornate.

Recentemente la presidente della Commissione Disabilità del Comune di Sassari, dott.ssa Ermelinda Delogu, ha lodato la nostra Associazione Parkinson Sassari come è riuscita ad adattarsi velocemente alla nuova situazione rispondendo in particolare all’isolamento ed alla solitudine con iniziative telematiche tramite giornalieri contatti Whatsapp, scambi di opinioni ed invio di letture e poesie, nonché video tutorial per esercizi ginnici, con il proseguimento del canto corale tramite Facebook e gruppi video, e videoconferenze in collaborazione con l’Università di Sassari e l’ATS Sardegna per aggiornamenti scientifici e dibattiti sulla disabilità. Inoltre, con queste attività “a distanza” siamo riusciti a raggiungere amici di Alghero, Porto Torres, Castelsardo, Macomer e Telti, che normalmente non partecipano alle nostre iniziative perché o troppo lontani oppure impossibilitati a spostarsi. La gratitudine va alle tante persone che sinora con grande disponibilità ed entusiasmo ci hanno aiutato a mantenere in piedi l’Ecosistema del Parkinson Sassari: dott.ssa Ermelinda Delogu, Prof. Pier Andrea Serra, dott. Francesco Burrai, dott. Giuseppe Demuro, oltre ai nostri Pinuccia Sanna, Dora Corveddu, Annalisa Mambrini, Laura Piga, Fabrizio Sanna capitanati dal nostro instancabile condottiero Franco Simula (leggete la sua “Cronaca leggera di una pesante pestilenza” pubblicata in questo sito il 3/4/2020).

Fonti bibliografiche:

Antonini A, Leta V, Teo J, Chaudhuri KR. Outcome of Parkinson’s disease patients affected by Covid-19. Movement Disorders 2020: accepted in 5/2020:in press

Bhidayasiri R, Virameteekul S, Kim JM et al. Covid-19: An early review of its global impact and considerations for Parkinson’s disease. J Mov Disord 2020; accepted in 4/2020: in press

Boika AV. A Post-Covid-19 Parkinsonism in the future? Mov Disord 2020: accepted in 5/2020:in press

Fasano A, Antonini A, Katzenschlager R ed el. Management of Advanced Therapies in Parkinson’s disease patients in time of humanitarian crisis: the covid-19 experience. Movt Disord Clinical Practice 2020;7(4): 361_372.

Lippi A, Domingues R,  Setz C, et el. SARS-CoV-2: At the Crossroad between Aging and Neurodegeneration. Movement Disorders 2020;35(5):716-720.

Papa SM, Brundin P, Fung VSC et al. Impact of the COVID-19 Pandemic on Parkinson’s disease and Movement Disorders. MovDisord Clinical Practice 2020;7(4):357-360

Prasad S, Holla VV, Neeraja K et al. Parkinson’s Disease and Covid-19: Perceptions and Implications in patients and caregivers. Movement Disorders 2020;35(5):Letters:1-2

Stoessl AJ, Bhatia KP, Merello M. Movement Disorders in the World of Covid-19. Movement Disorders 2020;35(5):709-710.

Tipton PW, Wszolek ZK. What can Parkinson’s disease teach us about Covid-19? Pol J Neurol Neurosurg 2010;54(2):204-206.

 

LA DOTT.SSA DELOGU ILLUSTRA I DIRITTI DEI DISABILI E DEI CAREGIVER

dott.ssa Delogu illustra i diritti

Ieri pomeriggio la nostra Parkinson Sassari ha affrontato il tema del volontariato e degli aiuti messi a disposizione del Comune di Sassari per le persone con disabilità. Per questa interessante videoconferenza abbiamo invitato la dott.ssa Ermelinda Delogu, presidente della Commissione Disabilità del Comune di Sassari.

Dopo le presentazioni da parte della nostra odierna moderatrice Laura Piga e del presidente Franco Simula, la dott.ssa Delogu inizia subito ad illustrare la Legge Nazionale 162/98 che prevede i piani personalizzati per persone con disabilità grave e la Legge Regionale 20/97 per i sussidi per disabili psichici.

Le informazioni della presidente sono precise ed esaurienti e le tante domande dei partecipazioni sottolineano il grande interesse per queste importanti leggi.

Ma la discussione si anima quando la dott.ssa Delogu inizia a parlare di volontariato sottolineando l’importanza della sua essenziale presenza, sì, da affermare che l’Italia non è una Repubblica fondata sul lavoro ma sul volontariato. Si discute del ruolo dei volontari e delle associazioni, ed inevitabilmente si finisce a parlare di una delle figure più importanti, il caregiver, il portatore sano, persona essenziale nella gestione globale del Parkinson, ma spesso non considerata (per approfondire: “Il Portatore Sano” pubblicato su questo sito il 14/3/2020).

C’è molto da fare nel mondo della disabilità, ma ci sono anche opportunità per i giovani di affacciarsi al mondo sanitario, non soltanto come volontari ma anche per esplorare possibili prospettive professionali. Si parla di senso civico, e non si può non menzionare le aumentate difficoltà dei disabili e delle loro famiglie in questi mesi di pandemia.

La conferenza entusiasma tutti i partecipanti che sono particolarmente colpiti dalla passione con cui la dott.ssa Delogu affronta le varie tematiche. Adelaide e Tonino raccontano la loro commovente storia, esempio per tanti, ed inaspettatamente arriva la conferma  della presidente della Commissione Disabilità che casualmente ha potuto osservare questa bellissima coppia in occasione della Giornata Mondiale del Parkinson tre anni fa ad Oristano, quando il marito fa ballare la moglie visibilmente stanca prendendola in braccio ed unendosi al divertimento collettivo.

In conclusione di questo riuscitissimo incontro, moderato impeccabilmente da Laura Piga (essa stessa impegnata con l’associazione per l’autismo “I Bambini delle Fate”), Dora Corveddu propone un prossimo evento telematico in cui tutti possono raccontare le loro esperienze durante l’attuale emergenza covid-19, ed Annalisa Mambrini annuncia il suo prossimo progetto di tele-musicoterapia che ci accompagnerà tutti durante i mesi estivi.

Franco suona l’immancabile armonica e Cenzina canta. Ci si saluta in allegria dandosi appuntamento a prestissimo.

Kai S. Paulus

 

PERCHE’ PROPRIO IO? di Kai S. Paulus

Ho paura del Parkinson, non voglio finire in carrozzella come quello“.

Sono preoccupato per i miei figli, non voglio che si ammalino anch’essi“.

Perché non mi dà quella pastiglia che alla mia amica/mio fratello/ecc. fa tanto bene?

“Perché la stessa pastiglia alle volte fa effetto e mi fa star meglio, invece altre volte, pur assunta precisamente secondo le indicazioni, sembra che non funzioni proprio“.

Perché proprio io?”

 

La malattia di Parkinson è facilmente individuabile per i suoi noti sintomi tremore, rigidità, rallentamento motorio ed instabilità posturale. Quindi, la diagnosi è semplice e la terapia conseguentemente standardizzata. Allora non si capiscono tutte queste difficoltà nella gestione della malattia.

Come purtroppo sappiamo, le cose non stanno esattamente così. Per proseguire l’elenco dei sintomi motori, magari meno famosi ma ugualmente antipatici, abbiamo l’impaccio motorio, la camptocormia (curvatura del busto), la scialorrea (accumulo e perdita di saliva), riduzione dei riflessi posturali (disequilibrio), ipomimia (riduzione della mimica facciale), freezing (blocco improvviso del movimento), festinazione (passo accelerato come se si rincorresse il proprio baricentro), disartria, e disfagia.

Ma non finisce qui, ci sono anche i sintomi non motori molto frequenti nel Parkinson, quali dolori, ansia, depressione, parestesie (formicolio, sensazione di addormentamento di una parte del corpo), costipazione, iposmia, ipogeusia, deficit attentivi e di concentrazione, insonnia (a causa della difficoltà di girarsi a letto, tremore), disturbi del sonno (agitazione durante il sonno, parlare nel sonno, ecc.), disregolazione termica, seborrea.

Giusto per complicarci la vita aggiungiamo i possibili effetti avversi della terapia farmacologica: ipotensione arteriosa, sonnolenza, astenia, bruciore gastrico, nausea, vertigini, sudorazione profusa, iper o iposessualità, tendenza all’eccessivo gioco d’azzardo o shopping ed altre disinibizioni del controllo degli impulsi, fluttuazioni tra effetto picco-dose con irrequietezza e discinesie (movimenti involontari) ed effetto fine-dose con accentuazione più o meno grave dei sintomi motori e non-motori, dispercezioni sensoriali, allucinazioni, psicosi.

Questa è una panoramica sui possibili sintomi più importanti del Parkinson, ed ogni ammalato/a può avere una combinazione variabile di essi con un numero infinito di possibili combinazioni di presenza, numero, gravità e sfumature, che già di per sé rendono ogni parkinsoniano unico.

Poi si aggiungono le differenze di genere (ne abbiamo organizzato un intero convegno ad Alghero (La Signora Parkinson) nel 2019, di età (“Il mio Parkinson sta peggiorando: dieci anni fa stavo meglio“; certo, ma sono anche passati dieci anni di vita), e di personalità (variazioni di umore possono essere dovute alle fluttuazioni del quadro clinico, ma la depressione può anche rappresentare un sintomo d’esordio della malattia), le comorbidità (presenza di altre patologie), specialmente dismetaboliche (diabete, dislipidemie, tireopatie) e cardiovascolari che possono aggravare il quadro clinico, oppure malattie ortopediche che possono creare difficoltà nella corretta individuazione della causa (per es., l’instabilità posturale è frequente nel Parkinson, ma può essere data anche da gonartrosi, lombosciatalgie oppure artrosi cervicale). Parlando di comorbidità bisogna tener presenti possibili interazioni ed interferenze tra farmaci che possono contribuire a disagi e malessere generale.

Circa il 5% dei parkinsonismi è dovuto a mutazioni genetiche (SNCA, LRRK2, Parkin, PINK-1, DJ-1, ecc.) e le mutazioni del gene della glucocerebrosidase, GBA (causa della malattia di Gaucher), rappresentano l’8% del rischio di ammalarsi di Parkinson.

Come possibili cause di Parkinson vanno menzionati anche i fattori ambientali con l’esposizione a particolari farmaci, droghe, solventi, pesticidi, metalli pesanti, (virus?) ecc.

Infine, la malattia è soggetta ad una variabile ed incostante risposta alla terapia orale che è legata a 1) il momento dell’assunzione (prima o dopo i pasti; mattina o sera), 2) al contenuto ed al tempo di svuotamento gastrico, al tempo di transito intestinale, alle condizioni della flora gastrointestinale, all’eventuale stipsi, 3) alle variazioni climatiche e cambi di stagione, e 4) al tono dell’umore quotidiano.

In considerazione a quanto sopraelencato credo che alle domande poste inizialmente possiamo rispondere che le innumerevoli variabili delle caratteristiche genetiche, individuali ed ambientali, e della risposta al farmaco rendono ogni Parkinson praticamente unico e non prevedibile.

Rimane la domanda: “Perché io?”

Non ho risposta. Può essere destino o casualità. Verosimilmente sarà perché la vita è così: passano gli anni, invecchiamo, ci vengono capelli bianchi, le rughe, cadono i denti, peggiora la vista e l’udito, i riflessi sono meno pronti, andiamo incontro a tanti acciacchi e malattie, e quindi ci sarà anche la possibilità di riscontrare il Parkinson. Franco Simula la pensa in questo modo: “se ti chiedi del perché vuol dire che sei vivo“.

La Pillola di dott. Burrai

La pIllola di dott. Burrai

Ieri pomeriggio Prof. Pier Andrea Serra e dott. Giuseppe Demuro hanno organizzato per la nostra Parkinson Sassari una video-conferenza dal titolo “Uso Terapeutico della Musica e del Suono” per la quale è stato invitato il ricercatore dott. Francesco Burrai del Centro Ricerche dell’ATS Sardegna.

Dopo i saluti e l’introduzione di Prof. Serra, dott. Burrai inizia la sua relazione raccontando due episodi che gli hanno fatto capire quanto la musica può essere importante in campo medico. In un primo caso, un signore è ricoverato in stato di coma in Terapia Intensiva; facendogli ascoltare musica attraverso delle cuffie, sorprendentemente il signore si sveglia dal coma. Un altro esempio è rappresentato da una signora ricoverata in Terapia Intensiva per un grave ictus. Dott. Burrai si informa dai famigliari sulla musica preferita della paziente; quindi le fanno ascoltare dei canti religiosi in Limba, e la signora, evidentemente emozionata, si mette a piangere e nei giorni successivi migliora nettamente.

Due esempi che mostrano, come la musica possa influenzare il cervello ed addirittura aiutare in situazioni estreme. Ci sono evidenze scientifiche che l’ascolto di una melodia che piace aumenta il livello di endorfine e serotonina, le sostanze del buon umore, nel cervello, mentre la musica che non piace provoca il contrario, così come anche la musica di sottofondo che pare avere un effetto disturbante. Come esempio dell’Effetto Mozart dott. Burrai racconta che facendo ascoltare a delle vacche della musica classica la produzione di latte aumenta circa del 30%.

Il relatore, a questo punto, illustra una sua ricerca su un gruppo di persone anziane a cui è stato chiesto di ascoltare ogni giorno per 30 minuti della musica classica constatando che dopo un determinato lasso di tempo le funzioni cognitive erano migliorate e l’ansia diminuita rispetto ad un gruppo di controllo senza musica.

Un altro studio di dott. Burrai è stata la dimostrazione che l’ascolto musicale a persone che dovevano sottoporsi ad un intervento chirurgico riduceva notevolmente la percezione di dolore.

Finalmente si arriva al dunque: la musica come terapia nella malattia di Parkinson. A questo proposito la Parkinson Sassari può già contare su una discreta esperienza con la movimento e danza terapia proposta da Annalisa Mambrini ed il canto diretto da Fabrizio Sanna, e quindi sappiamo bene che la musica fa bene ed aiuta a gestire meglio i tanti disagi causati dal “rapace infingardo” come lo chiama Geminiano e da “su nemigu” di Peppino.

Dott. Burrai spiega i meccanismi cerebrali che sottostanno alla elaborazione della musica e come il suono possa modulare l’attività nervosa e tradursi in beneficio nei parkinsoniani.

Mi ricordo quando alcuni anni fa affrontavamo l’effetto della musica sul cervello, ed in particolare sulla malattia di Parkinson nella serie triennale del convegno “Brain and Music” organizzato in collaborazione con l’Ateneo cittadino, il Conservatorio Luigi Canepa di Sassari e l’Università di Hannover (Germania). Il ritmo sblocca quasi miracolosamente la rigidità perché arriva direttamente al sistema nervoso periferico e quindi ai muscoli mettendoli in sintonia con le oscillazioni del ritmo, mentre la melodia, elicitando emozioni, agisce sulle strutture cerebrali centrali aumentando il livello di dopamina riducendo in questo modo i sintomi parkinsoniani (vedi Archivio giugno-luglio 2015: “Il divertimento come fonte di dopamina”, parte I-IV)

Interviene il nostro presidente Franco Simula ricordando il nostro amico Antonio impossibilitato a muoversi che però, appena Anna Iattarelli intonava l’inno della Brigata Sassari, sostenuta dall’armonica di Salvatore, si sbloccava e riusciva a camminare. Franco domanda a dott. Burrai se c’è un modo per utilizzare la musica per migliorare l’equilibrio. La risposta del ricercatore è che innanzitutto bisogna compilare uno storico musicale della persona, una vera e propria anamnesi clinica, sulle melodie che si sono ascoltate da giovani, quale musica si preferisce, se si canta, balla oppure si suona uno strumento. Dopodiché si potrà sceglie un programma musicale personalizzato da eseguire giornalmente per migliore la propria stabilità posturale.

Adelaide conferma che la musica le aiuta tantissimo e che la ascolta continuamente, Tonino, il nostro “portatore sano, conferma. Dott. Burrai consiglia a tutti di ascoltare musica almeno 30 minuti al giorno come ansiolitico, antidolorifico, anti-Parkinson, e per tirar su il morale. Annalisa Mambrini si sente confermata nella sua attività di movimento e danza terapista ed alla sua domanda, se la presenza del terapista è necessaria per utilizzare la musica come terapia, il docente replica che la musica può essere “assunta” a domicilio come una pillola, e quindi in piena autonomia in base alle necessità e prescrizione, quindi una opportunità di associare la musica alla terapia tradizionale, complementare come trattamento “self-care”, facile da utilizzare, economico e senza effetti collaterali.

Mariantonietta pone l’interessante quesito se esiste una differenza tra ascoltare musica oppure suonare uno strumento, al quale si replica che entrambi sono importanti, ma chi suona uno strumento è lievemente avvantaggiato perché durante tale attività vengono coinvolte più aree cerebrali a beneficio della neuroplasticità, cioè la capacità del cervello di adattarsi e di apprendere.

L’ideale sarebbe quindi di suonare, cantare e ballare contemporaneamente.

La partecipazione è stata notevole: 32 collegamenti con oltre 50 persone che hanno assistito alla conferenza, tra cui alcune “new entry”, come Mariantonietta collegata da Macomer, Rosa ed Umberto da Telti, dalla Sicilia Giovanna Maria (attualmente domiciliata sassarese), Flavio da Castelsardo e Nando da Porto Torres.

Salutandoci, Franco suona l’armonica, Umberto tira fuori la chitarra, si canta e si recita la ancora inedita “Procura de moderare, Balente sa pandemia” di Pinuccia Sanna.

Non poteva terminare meglio questo convegno sulla musico- e suonoterapia che ci ha fatto conoscere l’eccellente dott. Francesco Burrai introdotto dal nostro stimatissimo Prof. Pier Andrea Serra e moderato impeccabilmente da dott. Giuseppe Demuro.

Kai S. Paulus

 

 

BIOCHIMICA DELLE EMOZIONI – cronaca della video conferenza di Prof. Pier Andrea Serra

La nostra prima video conferenza.

Siamo molto curiosi ma anche preoccupati, non sappiamo se tutti i nostri amici riescano a collegarsi. Certamente siamo emozionati, ed il tema di questa conferenza di Prof. Pier Andrea Serra, amato da tutti noi, non poteva essere più azzeccato. Moderatore è dott. Giuseppe Demuro che ha reso possibile il collegamento inserito nel progetto dell’Università di Sassari del “Public Engagement”.

Puntualmente alle 18,15 di giovedì 23 aprile 2020 (ricordiamoci questa data che per la nostra associazione segna una importante conquista tecnologica) iniziano a collegarsi i primi amici ed, a fianco a Prof. Serra e dott. Demuro, compaiono Giannella e Franco, Nanna, Rosella e Peppino, Anna e Salvatore, Dora e Giuseppe, Adelaide e Tonino.

Ci siamo dati quindici minuti prima di iniziare la conferenza per dare la possibilità a tutti di collegarsi e di risolvere alcuni problemi tecnici. In effetti velocemente si aggiungono Ninnetta, Caterina, Ombretta e Giovanni, Maria Luisa e Gian Paolo, Giuseppe e Antonio, Maria Cristina, Margherita, Maria, Paola, Sabrina.

Sorprendentemente siamo già in tanti ed il numero dei partecipanti continua ad aumentare ed arrivano anche Cecilia e Marco, Paola e Paolo, Saverio, Cenzina e Laura, Liliana e Rita.

Prof. Serra ci illustra le emozioni tramite i personaggi del famoso e divertente film d’animazione della Disney-Pixar “Inside Out” del 2015.

I personaggi sono irresistibili ed a tutti sono subito chiari i diversi stati emotivi. Qua si pone una domanda:

ma dove stanno queste emozioni? Come sono fatte?

Prof. Serra trova la risposta che, come ci ha abituato in questi anni, è comprensibile a tutti.

Le emozioni si trovano dentro il cervello, ma la cosa straordinaria è che le emozioni sono fatte di impulsi, impulsi nervosi che corrono, simile a corrente elettrica, lungo i neuroni, le cellule nervose, che poi formano dei sistemi, vere e proprie reti, reti funzionali; la propagazione di questi impulsi da un neurone all’altro è garantita da particolari sostanze, i neurotrasmettitori, la noradrenalina, la serotonina ed anche la nostra ben nota dopamina.

Ognuna di loro adempie a delle funzioni specifiche e tutti e tre insieme sono coinvolti nelle emozioni. I tre neurotrasmettitori devono trovarsi in equilibrio per permettere che i flussi di impulsi possano scorrere senza interruzione e raggiungere tutti i neuroni della rete neuronale; ciò ci conferisce uno stato emotivo di ‘normalità’ in cui ci troviamo ‘bene’. Quando invece un neurotrasmettitore prevale su un altro, oppure c’è una carenza di uno, allora il sistema si sposta verso un estremo e così possiamo ottenere i diversi tipi di emozioni, dalla Gioia (aumento di serotonina) alla Tristezza (riduzione di tutti e tre), dalla Rabbia (riduzione di noradrenalina) alla Paura (riduzione di dopamina).

Franco chiede se esiste una pastiglia di dopamina che arriva direttamente lì dove serve, e Prof. Serra ammette che in effetti il problema sta proprio nella difficoltà di far arrivare le sostanze ed i farmaci esattamente ed al dosaggio necessario dentro la specifica rete neuronale dovuto al fatto che una sostanza, dopo essere ingerita, è esposta a diversi processi di digestione, assorbimento, trasporto e metabolizzazione, difficilmente calcolabili e durante i quali una variabile quantità di sostanza va persa.

Tonino racconta, da noto portatore sano, il suo quotidiano sforzo a mantenere in equilibrio l’emozione personale e quella della coppia, specialmente in un momento particolarmente difficile come l’attuale emergenza Covid-19. Dora e Marco, altri due portatori sani professionisti, condividono pienamente.

Nanna chiede a Prof. Serra come si può far non emergere le emozioni negative per favorire quelle positive. Il docente universitario replica che proprio qua sta l’arte del saper vivere e che ci vuole sapienza e disciplina, e forse il miglior modo per superare un momento di tristezza è rappresentato dalla consapevolezza che dopo ogni tempesta torna il sole. Banalità? No. Saggezza antica.

Infine, interviene anche Adelaide e racconta del suo stato d’animo in questo particolare momento della sua vita, e subito corrono in aiuto Cecilia e Dora per sostenerla e consigliarla. Dimostrazione pratica di emozioni.

Tante sono ancora le richieste di intervenire, ma il tempo stringe ed il nostro moderatore dott. Demuro ci avverte che bisogna chiudere il collegamento. Ci si saluta e ci si dà appuntamento a prestissimo, Franco tira fuori l’armonica.

Finisce così la prima video conferenza della nostra Parkinson Sassari, che ci ha regalato veramente tante emozioni. E’ stato bellissimo rivedersi. Oggi siamo anche cresciuti, siamo diventati più confidenti con i nuovi mezzi tecnologici.

Un successo!

Buona la prima.

Kai S. Paulus

 

P.S. Nanna e Peppino seguono attentamente le spiegazioni di Prof. Serra; divertente scatto di Rosella:

 

IL CORO (VIRTUALE) DI FABRIZIO SANNA


Tutti a casa.

Tutti “chiusi dentro”.

Tutti isolati con una gran voglia di ritrovarsi insieme.

E quindi…

Ieri pomeriggio è andata in onda la terza puntata su Facebook della ‘esibizione’ del nostro coro “Volare si può” diretto dal nostro eccezionale maestro Fabrizio Sanna. E di puntata in puntata le “ugole” stanno aumentando di numero; la trasmissione sta diventando un evento da non perdere, quasi ‘virale’.

Certo, siamo tutti a casa e non possiamo né sentire né vedere gli altri, ma Fabrizio ci mette in contatto, saluta tutti, interagisce con noi, ci dirige, e noi rispondiamo con messaggi. Da “Il vecchio frack”, a “Savitri”, da “Che sarà” a “Non potho reposare”, il maestro rispolvera tutto il repertorio delle canzoni del nostro “Volare si può”, ed il coro lo segue da casa. Irreale, ma molto divertente.

Tra un brano e l’altro Fabrizio ci fa domande e noi rispondiamo, commentiamo e richiediamo altre canzoni da cantare.

Elisa si è persa, Adelaide e Tonino salutano, Ina non vede, Annamaria e Laura consigliano miglioramenti tecnici, Cenzina è contenta; Giannella gradisce, Josè è entusiasta, Liliana conferma buona ricezione. Luisa e Gian Paolo ascoltano.

Ma Giuseppe sarà intonato?

Ci divertiamo, ci sentiamo vicini.

E’ un bellissimo appuntamento per tutti, abituati normalmente ad incontrarsi ‘fisicamente’ tutte le settimane per le varie attività riabilitative ed, appunto, per cantare.

Ieri a qualcuno è venuto in mente di accompagnare prossimamente il coro con l’armonica a bocca e quindi Franco, Paolo e Salvatore sono chiamati ad esercitarsi. Dora applaude. Anna propone collegamenti tramite Skype per le prove, dovrebbe essere fattibile.

Un modo originale per sentirci uniti e per mantenere l’entusiasmo, in questo periodo di arresti domiciliari virali.

A lunedì prossimo!

Vooolaare…

Kai S. Paulus


 

 

EMERGENZA “COVID-19” PARKINSON

Emergenza Covid-19 Parkinson

La LIMPE (Lega Italiana contro la Malattia di Parkinson e disturbi Extrapiramidali) ha attivato un servizio di contatti per superare meglio questo periodo di sospensione dei servizi ambulatoriali in tutta Italia. Tanti esperti saranno disponibili tramite una chat on-line ed un numero verde a rispondere a domande e vi potranno informare ed aiutare a superare problemi e criticità legate al Parkinson e malattie affini, e le relative terapie.

Non esitate ad approfittarne!

Rimarrà attiva anche la mia mail: kai.paulus@aousassari.it

 

IL PORTATORE SANO di Kai S. Paulus

Un portatore sano di Parkinson” si definisce il nostro amico Tonino, ed in questo termine c’è tutto.

In diverse occasioni Tonino ha raccontato cosa intende lui per ‘convivenza’ con la malattia di Parkinson, a casa sua ha stabilito delle regole, tenendo conto che non esiste soltanto la malattia, il Parkinson, ma tutte le cose quotidiane, gli affetti, le responsabilità, gli impegni familiari e sociali, il lavoro, e che ognuno ha le proprie esigenze, la propria vita, le proprie energie; e rispettando queste regole, si può andare avanti a vivere come ‘Caregiver’, come partner, in coppia ed in famiglia.

Tonino ha perfettamente ragione ed il segreto sta tutto lì!

Come Tonino, mi vengono in mente anche altri “eroi da trincea quotidiana” come Anna, Annamaria, Assunta, Dora, Giannella, Giuseppina, Graziella, Nanna, Maria, Rosa, Gabriele, Gavino, Gian Paolo, Marco, Sauro, e tanti, tanti altri, mogli, mariti, figli, assistenti: i cosiddetti “Caregiver”, eroi spesso dimenticati dalla scienza, persone, anche loro con i loro acciacchi e problemi, che a volte, insieme agli ammalati, sanno più del Parkinson che non i medici e professori, coloro che si prendono cura di una persona ammalata e/o disabile, giorno e notte!

La nostra Parkinson Sassari sin dall’inizio ha sempre incluso i Caregiver nelle sue varie attività riabilitative e ludiche dedicando loro incontri, seminari e convegni con il supporto degli psicologi Iole Sotgiu e Giovanni Carpentras, e presto arriveranno nuove iniziative incentrate sull’importanza della figura del Caregiver.

Ma perché tanta attenzione sull’assistente e sul familiare, non dovrebbe essere la persona con Parkinson quella interessata intorno alla quale ruotano medici, specialisti di ogni ordine e grado, farmaci, parafarmaci, riabilitazione?

Scrive il ricercatore Bartolomei (2018) insieme ai suoi colleghi della Neurologia di Vicenza: “avere un Caregiver in buona salute è indispensabile per una migliore qualità di vita del paziente”, nell’incredibile lavoro sulla qualità del sonno del Caregiver (!) concludendo che, visti i frequenti disturbi del sonno dei parkinsoniani e gli sforzi effettuati per curarli, bisogna tener conto anche della qualità del sonno della persona che assiste l’ammalato ed ugualmente garantirle il buon riposo notturno, essenziale per il proprio benessere.

Gli scienziati inglesi Hiseman e Fackrell (2017) vanno ancora oltre e mettono l’accento sull’impegno, la responsabilità e lavoro, che pesano sul Caregiver con la comparsa ed il peggioramento dei sintomi non-motori del Parkinson, quali ansia, depressione e deficit cognitivi. Pertanto è facile intuire che con le crescenti difficoltà della persona malata, specialmente in termini di ansia, di depressione, di disorientamento e di memoria, la pazienza di un ‘portatore sano’ possa essere messa a dura prova.

Sorprendentemente, e dico io, finalmente, il gruppo scientifico brasiliano intorno a Camila Padovani (2018) si occupa anche delle emozioni del Caregiver, scoprendo termini quali tristezza, paura, sensazione di inappropriatezza, fatica, e rassegnazione.

In questo senso, i ricercatori tedeschi dell’Università di Hannover intorno a Martin Klietz (2020) si occupano di soluzioni per aiutare i Caregiver per gestire meglio lo stress psicofisico al quale sono sottoposti costantemente.

Infine, lo studio che mi ha colpito di più, è quello degli statunitensi Henry, Lageman e Perrin (2020) dove si rileva un progressivo peggioramento della qualità di vita del Caregiver con l’aggravamento del quadro clinico del parkinsoniano, e gli autori concludono in maniera affascinante che intervenendo sui sintomi della persona malata  migliora anche lo stato di salute psicofisico del ‘portatore sano’.

Insomma, tante ricerche sull’entità e le condizioni del Caregiver e su come sostenerlo nel difficile compito, di assistere giorno e notte la persona parkinsoniana.

A prescindere dalla malattia, in generale la convivenza di base, il reciproco rispetto e la collaborazione in tutte le attività quotidiane è già di per se compito arduo; ognuno all’interno di una coppia o famiglia ha necessità dei propri spazi, dei propri momenti da cui poter evadere, per conservare il proprio benessere psicofisico e ricaricare le pile. Poi succede che ad un certo punto un membro della famiglia necessiti di aiuto ed ovviamente tutti i membri di quel nucleo, generosamente, rinunciano ai propri interessi rendendosi disponibili al cento per cento.

Ma con il tempo l’assistenza diventa un vero e proprio lavoro e la prospettiva di cronicità finisce con l’accrescere lo stress e la fatica perché la rinuncia dei propri interessi per l’assistenza dell’altro diventa anch’esso permanente ed è così che il Caregiver rischia di ammalarsi a sua volta.

Succede un’altra cosa: si modificano gli equilibri e le dinamiche interpersonali. In un rapporto normale le persone si trovano in un rapporto di perfetto equilibrio dove ognuno riveste un proprio ruolo distinto e ci si aiuta reciprocamente affinché quell’equilibrio venga mantenuto nel tempo (con rimodulazioni varie). In presenza di malattia il rapporto si sbilancia fino alla perdita del ruolo del malato all’interno della famiglia costretto giocoforza ad assumerne uno nuovo (da genitore diventa figlio e viceversa) provocando a catena un riadattamento dei ruoli di tutta la famiglia. Ciò produce tensioni, incomprensioni, da genitore mi rivolgo al malato dando consigli o rimproverando e lo ignoro nel suo ruolo iniziale. Nel breve periodo non si producono effetti, ma a lungo andare non può funzionare.

Come dott. Giovanni Carpentras ci ha spesso ammonito, nella coppia asimmetrica saltano gli equilibri, spariscono i propri spazi, e non dura oltre un anno. Dopodiché stress, ansia, tristezza, ma anche rabbia, prendono il sopravento: ci si rinfaccia qualsiasi cosa e si litiga per cose futili. Alla fatica si aggiunge la frustrazione per non riuscire a fare abbastanza e una crescente paura per il proprio stato di salute e quello del partner da parte del Cargiver e, il nervosismo e la fragilità del malato dall’altro, rischiando un vortice di eventi difficilmente governabile.

E l’amore, l’intimità, le coccole? Dove vanno a finire? Lasciamo perdere.

Tonino ha ragione ed a casa sua hanno trovato la ricetta giusta: stabilire regole, conservare i propri spazi, adattarsi alla nuova situazione e proseguire la vita familiare nel reciproco rispetto.

Chiaro, non potendo camminare, non posso andare alle poste per pagare le bollette, ma posso sbrigare le telefonate oppure eventualmente i pagamenti online; magari non posso fare la spesa, ma posso lavare le verdure e sbucciare le patate (quante volte me l’avete sentito dire durante le visite ambulatoriali).

Ed una gentilezza no? Ed una battuta divertente no?

E se proprio non riesco a fare quasi niente e non posso rendermi utile? Allora devo concedere al partner di poter uscire, bersi un caffè con persone amiche, far shopping, seguire uno sport, ecc.

Ancora per citare dott. Carpentras: la malattia non deve riempire completamente la nostra vita: esistono anche il partner, i figli, genitori, amici, ecc. Bisogna anche occuparsi d’altro, se non altro, per distrarsi.

La persona che necessita di aiuto non deve essere l’epicentro, il soggetto intorno a cui ruota tutto, ma è parte integrante nel contesto familiare, con il suo ruolo, i suoi bisogni, le sue responsabilità, doveri e diritti.

Tonino ci dà una lezione importante: bisogna difendere prepotentemente il proprio ruolo all’interno della famiglia, con graduali riadattamenti, senza stravolgere la vita del coniuge, bisogna smettere di essere vittime, crearsi alibi inutili, ed invece supportare la famiglia con atteggiamenti positivi.

Per il momento mi fermo qui, ma l’argomento è troppo importante e penso che ne parleremo ancora molto nella nostra Parkinson Sassari organizzando nuovi eventi e seminari dedicati alla persona preziosa ed insostituibile che è LA PORTATRICE SANA ed IL PORTATORE SANO di Parkinson.

 

Fonti bibliografiche:

Bartolomei L, Pastore A, Meligrana L, et al. Relevance of sleep quality on caregiver burden in Parkinson’s disease. Neurological Science 2018,39:835-839.

Hiseman JP, Fackrell R. Caregiver burden and the nonmotor symptons of Parkinson’s disease. International Review of Neurobiology 2017;133:479-497

Klietz M, Drexel SC, Schnur T, Lange F et al. Mindfulness and psychological flexibility are inversely associated with caregiver burden in Parkinson’s disease. Brain Sciences 2020;10(2).

Padovani C, Casagrande de Lima Lopes M, pelloso SM et al. Being caregiver of people with Parkinson’s disease: experienced situations. Revista Brasleira de Enfermagem 2018;71(suppl 6).

Henry RS, Lageman SK, Perrin PB. The relationship between Parkinson’s disease and caregiver quality of life. Rehabilitation and Psychology 2020 (in press).