“Un portatore sano di Parkinson” si definisce il nostro amico Tonino, ed in questo termine c’è tutto.
In diverse occasioni Tonino ha raccontato cosa intende lui per ‘convivenza’ con la malattia di Parkinson, a casa sua ha stabilito delle regole, tenendo conto che non esiste soltanto la malattia, il Parkinson, ma tutte le cose quotidiane, gli affetti, le responsabilità, gli impegni familiari e sociali, il lavoro, e che ognuno ha le proprie esigenze, la propria vita, le proprie energie; e rispettando queste regole, si può andare avanti a vivere come ‘Caregiver’, come partner, in coppia ed in famiglia.
Tonino ha perfettamente ragione ed il segreto sta tutto lì!
Come Tonino, mi vengono in mente anche altri “eroi da trincea quotidiana” come Anna, Annamaria, Assunta, Dora, Giannella, Giuseppina, Graziella, Nanna, Maria, Rosa, Gabriele, Gavino, Gian Paolo, Marco, Sauro, e tanti, tanti altri, mogli, mariti, figli, assistenti: i cosiddetti “Caregiver”, eroi spesso dimenticati dalla scienza, persone, anche loro con i loro acciacchi e problemi, che a volte, insieme agli ammalati, sanno più del Parkinson che non i medici e professori, coloro che si prendono cura di una persona ammalata e/o disabile, giorno e notte!
La nostra Parkinson Sassari sin dall’inizio ha sempre incluso i Caregiver nelle sue varie attività riabilitative e ludiche dedicando loro incontri, seminari e convegni con il supporto degli psicologi Iole Sotgiu e Giovanni Carpentras, e presto arriveranno nuove iniziative incentrate sull’importanza della figura del Caregiver.
Ma perché tanta attenzione sull’assistente e sul familiare, non dovrebbe essere la persona con Parkinson quella interessata intorno alla quale ruotano medici, specialisti di ogni ordine e grado, farmaci, parafarmaci, riabilitazione?
Scrive il ricercatore Bartolomei (2018) insieme ai suoi colleghi della Neurologia di Vicenza: “avere un Caregiver in buona salute è indispensabile per una migliore qualità di vita del paziente”, nell’incredibile lavoro sulla qualità del sonno del Caregiver (!) concludendo che, visti i frequenti disturbi del sonno dei parkinsoniani e gli sforzi effettuati per curarli, bisogna tener conto anche della qualità del sonno della persona che assiste l’ammalato ed ugualmente garantirle il buon riposo notturno, essenziale per il proprio benessere.
Gli scienziati inglesi Hiseman e Fackrell (2017) vanno ancora oltre e mettono l’accento sull’impegno, la responsabilità e lavoro, che pesano sul Caregiver con la comparsa ed il peggioramento dei sintomi non-motori del Parkinson, quali ansia, depressione e deficit cognitivi. Pertanto è facile intuire che con le crescenti difficoltà della persona malata, specialmente in termini di ansia, di depressione, di disorientamento e di memoria, la pazienza di un ‘portatore sano’ possa essere messa a dura prova.
Sorprendentemente, e dico io, finalmente, il gruppo scientifico brasiliano intorno a Camila Padovani (2018) si occupa anche delle emozioni del Caregiver, scoprendo termini quali tristezza, paura, sensazione di inappropriatezza, fatica, e rassegnazione.
In questo senso, i ricercatori tedeschi dell’Università di Hannover intorno a Martin Klietz (2020) si occupano di soluzioni per aiutare i Caregiver per gestire meglio lo stress psicofisico al quale sono sottoposti costantemente.
Infine, lo studio che mi ha colpito di più, è quello degli statunitensi Henry, Lageman e Perrin (2020) dove si rileva un progressivo peggioramento della qualità di vita del Caregiver con l’aggravamento del quadro clinico del parkinsoniano, e gli autori concludono in maniera affascinante che intervenendo sui sintomi della persona malata migliora anche lo stato di salute psicofisico del ‘portatore sano’.
Insomma, tante ricerche sull’entità e le condizioni del Caregiver e su come sostenerlo nel difficile compito, di assistere giorno e notte la persona parkinsoniana.
A prescindere dalla malattia, in generale la convivenza di base, il reciproco rispetto e la collaborazione in tutte le attività quotidiane è già di per se compito arduo; ognuno all’interno di una coppia o famiglia ha necessità dei propri spazi, dei propri momenti da cui poter evadere, per conservare il proprio benessere psicofisico e ricaricare le pile. Poi succede che ad un certo punto un membro della famiglia necessiti di aiuto ed ovviamente tutti i membri di quel nucleo, generosamente, rinunciano ai propri interessi rendendosi disponibili al cento per cento.
Ma con il tempo l’assistenza diventa un vero e proprio lavoro e la prospettiva di cronicità finisce con l’accrescere lo stress e la fatica perché la rinuncia dei propri interessi per l’assistenza dell’altro diventa anch’esso permanente ed è così che il Caregiver rischia di ammalarsi a sua volta.
Succede un’altra cosa: si modificano gli equilibri e le dinamiche interpersonali. In un rapporto normale le persone si trovano in un rapporto di perfetto equilibrio dove ognuno riveste un proprio ruolo distinto e ci si aiuta reciprocamente affinché quell’equilibrio venga mantenuto nel tempo (con rimodulazioni varie). In presenza di malattia il rapporto si sbilancia fino alla perdita del ruolo del malato all’interno della famiglia costretto giocoforza ad assumerne uno nuovo (da genitore diventa figlio e viceversa) provocando a catena un riadattamento dei ruoli di tutta la famiglia. Ciò produce tensioni, incomprensioni, da genitore mi rivolgo al malato dando consigli o rimproverando e lo ignoro nel suo ruolo iniziale. Nel breve periodo non si producono effetti, ma a lungo andare non può funzionare.
Come dott. Giovanni Carpentras ci ha spesso ammonito, nella coppia asimmetrica saltano gli equilibri, spariscono i propri spazi, e non dura oltre un anno. Dopodiché stress, ansia, tristezza, ma anche rabbia, prendono il sopravento: ci si rinfaccia qualsiasi cosa e si litiga per cose futili. Alla fatica si aggiunge la frustrazione per non riuscire a fare abbastanza e una crescente paura per il proprio stato di salute e quello del partner da parte del Cargiver e, il nervosismo e la fragilità del malato dall’altro, rischiando un vortice di eventi difficilmente governabile.
E l’amore, l’intimità, le coccole? Dove vanno a finire? Lasciamo perdere.
Tonino ha ragione ed a casa sua hanno trovato la ricetta giusta: stabilire regole, conservare i propri spazi, adattarsi alla nuova situazione e proseguire la vita familiare nel reciproco rispetto.
Chiaro, non potendo camminare, non posso andare alle poste per pagare le bollette, ma posso sbrigare le telefonate oppure eventualmente i pagamenti online; magari non posso fare la spesa, ma posso lavare le verdure e sbucciare le patate (quante volte me l’avete sentito dire durante le visite ambulatoriali).
Ed una gentilezza no? Ed una battuta divertente no?
E se proprio non riesco a fare quasi niente e non posso rendermi utile? Allora devo concedere al partner di poter uscire, bersi un caffè con persone amiche, far shopping, seguire uno sport, ecc.
Ancora per citare dott. Carpentras: la malattia non deve riempire completamente la nostra vita: esistono anche il partner, i figli, genitori, amici, ecc. Bisogna anche occuparsi d’altro, se non altro, per distrarsi.
La persona che necessita di aiuto non deve essere l’epicentro, il soggetto intorno a cui ruota tutto, ma è parte integrante nel contesto familiare, con il suo ruolo, i suoi bisogni, le sue responsabilità, doveri e diritti.
Tonino ci dà una lezione importante: bisogna difendere prepotentemente il proprio ruolo all’interno della famiglia, con graduali riadattamenti, senza stravolgere la vita del coniuge, bisogna smettere di essere vittime, crearsi alibi inutili, ed invece supportare la famiglia con atteggiamenti positivi.
Per il momento mi fermo qui, ma l’argomento è troppo importante e penso che ne parleremo ancora molto nella nostra Parkinson Sassari organizzando nuovi eventi e seminari dedicati alla persona preziosa ed insostituibile che è LA PORTATRICE SANA ed IL PORTATORE SANO di Parkinson.
Fonti bibliografiche:
Bartolomei L, Pastore A, Meligrana L, et al. Relevance of sleep quality on caregiver burden in Parkinson’s disease. Neurological Science 2018,39:835-839.
Hiseman JP, Fackrell R. Caregiver burden and the nonmotor symptons of Parkinson’s disease. International Review of Neurobiology 2017;133:479-497
Klietz M, Drexel SC, Schnur T, Lange F et al. Mindfulness and psychological flexibility are inversely associated with caregiver burden in Parkinson’s disease. Brain Sciences 2020;10(2).
Padovani C, Casagrande de Lima Lopes M, pelloso SM et al. Being caregiver of people with Parkinson’s disease: experienced situations. Revista Brasleira de Enfermagem 2018;71(suppl 6).
Henry RS, Lageman SK, Perrin PB. The relationship between Parkinson’s disease and caregiver quality of life. Rehabilitation and Psychology 2020 (in press).
Da un anno non ho più una vita mi sento prigioniera vivo 24 ore con Angelo anche per andare in bagno devo dirglielo… scusatemi per questo sfogo
La testimonianza di Gianpaolo descrive una situazione limite per chi deve gestire la quotidianità per e con un paziente malato di Parkinson. Tutti conosciamo e vediamo con quanta dedizione e con quanta pazienza il nostro amico segue ed accompagna sua moglie in un percorso ad ostacoli spesso difficili da superare.
E per tanti altri caregivers la vita non è sempre facile in quanto si devono gestire , oltre alle difficoltà di movimento o di gestione del corpo da parte di un parkinsoniano, anche e non di rado l’emotività, l’ansia e la non accettazione della condizione in cui si vive. La mia esperienza di moglie e compagna di vita di Giuseppe è, rispetto all’esperienza di Gianpaolo, più serena, anche se non mancano in Giuseppe frequenti episodi di sfiducia e di scoramento , soprattutto quando il freezing, quella manifestazione tanto improvvisa quanto devastante,inchioda al pavimento i suoi piedi ed allora si agita e tenta di spostarsi spesso con risultati negativi. E sono queste le occasioni in cui io devo far violenza su me stessa per
“costringerlo” senza tanta tenerezza ad assumere quei comportamenti più volte consigliati . Ma tant’è, il blocco inesorabilmente persiste. La nostra vita si è complicata proprio quando a causa dei vari disturbi del movimento mio marito ha perso completamente la sua autonomia. La sua maggiore preoccupazione è però il fatto che la sua vita dipenda e gravi su di me che da lui ho ricevuto, nel corso di tutta la nostra vita insieme,sostegno ed aiuto nella gestione della vita domestica e dei figli.
Ora tutto è cambiato ed a me, ma anche a lui, sono mancati quegli spazi da dedicare ai nostri interessi: incontri con amici o colleghi dell’uno e dell’altra, teatro o cinema o comunque momenti da vivere autonomamente.
Ma quando questo è diventato un problema, abbiamo cercato insieme una soluzione che altro non poteva essere se non l’individuazione di una persona affidabile ed attenta che accompagni,per alcune ore a giorni alterni , mio marito fuori casa per fare ciò che a lui fa più piacere: camminare, andare in campagna o altro. La soluzione è stata molto positiva, ma questa condizione si è interrotta a causa del dilagare del Coronavirus che ci costringe a casa. La mancanza di movimento fuori casa rallenta i ritmi quotidiani, ma cerchiamo di vivere questo periodo dedicandoci a varie attività insieme. Se proprio devo segnalare momenti di stress. devo attribuirli maggiormente a me stessa che vivo con malinconia la mancanza di contatti con familiari ed amici, ma soprattutto con i miei nipoti che in genere rendono più gioiose le nostre giornate. Ma ce la faremo e ricominceremo a vivere con gioia non solo la famiglia ma anche tutti gli amici dell’Associazione con cui ormai condividiamo non solo la compagnia ma anche affetti molto importanti.
Carissima Dora,
l’idea di scrivere questo articolo mi è venuta pensando anche a voi, te e Gian Paolo, non potendo immaginare come riuscite a convivere con il Parkinson e da dove prendete le forze ed energie per essere sempre presenti.
Penso che ci sia tanta necessità di supportare la portatrice sana/il portatore sano di Parkinson. Suggerisco che, oltre a riattivare i periodici incontri con uno psicologo nella nostra Parkinson Sassari, di fare nostra una battaglia pubblica di sensibilizzazione su questa importante tematica.
Ho molto apprezzato la testimonianza di Dora che, prendendo spunto dal mio racconto tragi/comico, interviene con la sua storia. Mi piacerebbe moltissimo leggere altre testimonianze ed altri suggerimenti di tanti altri di voi che si trovano nelle stesse condizioni o meglio in situazioni similari, dico questo perché, come é vero che ogni Parkinsoniano presenta delle caratteristiche di malattia ben diverse l’uno dall’altro anche il Caregiver personalizza la sua vita in base al suo assistito. Usiamo questo spazio (sito web) per confrontarci, consolarci e scambiarci sensazioni, informazioni e consigli utilissimi per vivere più serenamente. Sono convinto che anche il nostro caro Dottor Paulus, ha necessità di conoscerci meglio per curare meglio i nostri ammalati.
Carissimi Giampaolo e Kai Paulus, sarebbe davvero auspicabile che altri raccontassero e si raccontassero in questo spazio. Ma sono.poche le persone che si mettono in gioco e a nudo per far conoscere il loro vissuto quando si rientra a casa dalle attività di gruppo o peggio ancora in questo periodo , che per me è davvero surreale. Su suggerimento di Tonino Marogna ho proposto, sulla chat del gruppo la scrittura di una sorta di diario in cui esprimere il proprio sentito ed il proprio vissuto. Ma pochissimi, forse tre hanno mostrato apprezzamento per la proposta.
Perciò mi.piace confidare nei futuri incontri ( quando sarà possibile), durante i quali ci si potrà guardare in faccia e confrontarsi, senza l’ostacolo della lingua scritta che per molti è ostica.. Pertanto attendiamo che questo incubo si risolva e ci ritroveremo con nuove proposte utili, vediamo un po’, anche ai caregivers.
Lo spazio/tempo destinato ad un Caregiver, chiaramente parlo di me, é molto ma molto limitato soprattutto se questo ha ancora un lavoro da svolgere al di fuori delle mura domestiche. Devo fare i conti col cronometro, questo perché il tuo tempo é penalizzato da due attività contemporanee; ti devi preparare e renderti presentabile per uscire da casa, ma ancora prima devi preparare la colazione per la tua metà e già che ci sei la prepari anche per te così non perdi tempo a fermarti al bar….alle 8,00 in punto devi pensare alla tua assistita, nel mio caso devo cambiare la cartuccia di Duodopa, ricollegare la Peg non prima di aver fatto una serie di minuziosi controlli per evitare problemi d’uso. Ora posso aiutare mia moglie ad alzarsi che normalmente lo fa con un po di fatica e dopo qualche massaggino e qualche altra difficoltà motoria è pronta per la colazione che dura normalmente più di un sontuoso pranzo nuziale anche se prende solo una tazza di caffè e latte con due croissant…. io nel frattempo mi bevo il mio caffè la saluto ed esco per andare in ufficio dove arrivo normalmente in ritardo…..I problemi di casa si accavallano con quelli legati alla mia attività, col rischio di perdere la concentrazione e commettere qualche errore più o meno importante che normalmente si traduce con perdita di tempo, di materiali e non meno importante la perdita di denaro. Alle 12,30 chiudo e da quel momento lascio dietro le spalle i problemi legati all’attività e mi concentro su ciò che devo fare a casa, mi fermo normalmente al supermercato vicino casa per prendere quelle cose essenziali per preparare qualcosa di appetitoso per far mangiare mia moglie. Arrivo a casa, dopo essermi accertato delle condizioni di mia moglie se stà male ed ha le distonie devo tranquillizzarla e coccolarla, cercando e pregando di risolvere i suoi problemi quanto prima, ma se è tutto ok, poggio la spesa sul tavolo o nel frigo e se lei ha svuotato un pò di cassetti devo risistemare tutto e dopo una ventina di minuti mi accorgo di avere ancora addosso il giaccone, di essere in affanno e allora per due secondi mi libero degli impicci e mi metto subito a cucinare, la preparazione è sempre abbastanza veloce; un primo con un buon sugo oppure un secondo alla piastra. Fra cucinare, rispondere alle richieste di Luisa, rispondere ad una o due chiamate telefoniche di qualcuno che ti vuole vendere di tutto e di più, si fa ora di mettere a tavola il pranzo, ma come al solito non c’è la tovaglia, le stoviglie, l’acqua e il vino per la signora e quindi poggio nuovamente ciò che avevo appena preso dalla cucina e via ad apparecchiare. Finalmente si mangia, ma manca ancora un bicchiere, mi alzo lo recupero e finalmente posso fare le parti nei piatti, No, ancora no perché mentre mi accingo a versare nel piatto la porzione di pasta per Luisa, lei distrattamente fa volare le posate sul pavimento e via a raccoglierle, una vocina mi chiede gentilmente “Già che sei in piedi mi prendi lo Scottex?” Sono di nuovo in affanno, ma non respiro per non perdere altro tempo, riprendo le posate pulite, riprendo a fare le porzioni e finalmente si mangia ed io respiro….sono le 14,00 passate, io ho terminato il pranzo da così tanto tempo che non mi ricordo più ciò che ho mangiato e Luisa si lamenta che forse le ho riempito troppo il piatto, non ho tempo di programmare un omicidio perché devo scappare a lavoro. Anche di pomeriggio arrivo leggermente in ritardo e già qualche cliente è li che mi aspetta (da quello che leggete sembrerebbe che io sia un ritardatario seriale invece vi sbagliate! sono uno che se deve andare ad un’appuntamento, ci arriva almeno 10 minuti in anticipo). Le 18,30 arrivano in fretta, come sempre mi lascio dietro le spalle i problemi di lavoro per concentrarmi su altro, arrivo a casa spero di trovare un clima tranquillo mi passa anche l’dea di mettermi 10 minuti in poltrona a chiacchierare con Luisa dopo aver tolto il giaccone, ma l’idea sfuma velocemente, qualcosa é fuori posto; Luisa che nel pomeriggio si sentiva in forze mette in soqquadro la scarpiera lasciando tutte le scarpe sul pavimento, probabilmente si é stancata e la sua impresa é rimasta incompleta, io. dimenticandomi di avere ancora addosso il famoso giaccone, preso dall’angoscia che quelle scarpe sparse possano essere causa di caduta, mi prendo la briga di chiedere il suo aiuto per indicarmi come aveva deciso di sistemarle e dopo un’oretta buona posso pensare a me e finalmente mi accorgo del famoso giaccone che da qualche tempo ha cambiato destinazione d’uso diventando un camice da lavoro! Si fanno le 20,00 ed una suoneria squilla ininterrottamente, Luisa non la sente; è l’avviso che indica l’ora per applicare il cerotto Neupro, meno male che io sono a casa altrimenti lei se ne sarebbe sicuramente dimenticata e magari avrebbe avuto una delle sue crisi o blocco o peggio ancora distonia, parafrasando un vecchio inno politico direi ” meno male che Gian Paolo c’è”. I miei 10 minuti di divano rimangono un sogno perché è già ora di cena, una bella carbonara me la sono meritata, ma non vi nego che piace anche a Luisa e potrei scommettere che stavolta se la mangia tutta! Accendo il fornello col tegame della pasta, nel frattempo che l’acqua bolle cerco una casseruola antiaderente per mettere l’olio, rosolare la pancetta, cercare un piatto fondo e sbattere dentro due tuorli ed un albume, una spolverata di pepe nero, una bella grattugiata di parmigiano e un bel pezzo di burro, nel frattempo l’acqua bolle, ci butto dentro il sale q.b. e 170gr. di spaghetti nr.104 di uno dei più famosi pastifici napoletani, la pancetta é al punto giusto, gli spaghetti sono cotti al dente e via a mescolare il tutto, ma a mescolare le carte ci pensa Luisa che nel frattempo si lamenta di una forte rigidità e per far vedere che non é messa troppo male, viene in cucina trascinandosi a piccolissimi passi; li vorrei lanciare i tegami per aria, mi trattengo per evitare di ustionarmi qui e la, la faccio sedere e via a dare una bella dose extra di Duodopa, farle i massaggini alle gambe e anziché ringraziarmi lei si lamenta che le sto facendo male, vorrei rimettermi il solito giaccone che già conoscete e dirigermi a Balai per annegarmi, ma gli attacchi di pazzia mi passano velocissimi, riprendo la situazione in mano e dopo altri massaggini non si lamenta più e possiamo riprendere l’idea di mangiarci questi meravigliosi spaghetti alla carbonara che, ora, tutto sono tranne che al dente e caldi al punto giusto. Sono le 21,59, non me ne sono reso conto di essere passato per il bagno prima ancora di ritrovarmi dentro il letto con gli occhi quasi chiusi per la stanchezza, ma devo andare alla ricerca degli occhiali per cambiare i parametri della Peg, sostituire la cartuccia di Duodopa che da un po di tempo Luisa tiene anche la notte giacché il suo Parkinson viene definito “affamato” Ed ora se tutto va bene Luisa si addormenta, io anche, ma se Luisa, durante la notte sogna e parla, mi sveglierà sicuramente, io la coccolerò il tanto sufficiente per farla riaddormentare e secondo voi io mi riaddormenterò? La risposta é negativa. Domani é un’altro giorno, ma se volete sapere come sarà domani iniziate a rileggere dalla prima riga! le uniche cose che potranno cambiare sono le cose che cucinerò durante la giornata, i cassetti o gli armadi che svuoterà Luisa e durante la notte potrebbe succedere che le vengano le distonie ed allora non dorme ne lei, ne io.
Carissimo Gian Paolo,
questa Sua testimonianza rispecchia molto quello che ho chiamato “l’eroe da trincea quotidiana” ed è lodevole e sottolinea quanto la presenza del caregiver sia essenziale per la vita della persona malata. Però, ho anche messo l’accento sulla vita propria e la salute dell’eroe. E’ importante aiutare, ma bisogna evitare il cosiddetto “burn-out”, non solo per il fatto che, quando il portatore sano non dovesse essere più sano non potrà assistere pienamente, ma semplicemente perché lui/lei deve cercare di salvaguardare la propria vita come ogni persona. Ci vogliono i momenti propri dove caricare le pile. Il caregiver non è solo una persona che assiste un’ammalato, ma innanzitutto un caregiver è una persona. Punto. Con doveri, certi, ma anche diritti di una vita sua con momenti di serenità. A tale proposito sarebbero auspicabili maggiori aiuti di tipo assistenziale.
Buongiorno Dott. Paulus, la ringrazio per ciò che scrive ma posso garantirLe che al momento non ho alternative per me; finché dovrò gestire le esigenze di mia moglie e le esigenze del mio lavoro, vedo una situazione poco rosea per potermi creare uno spazio atto a “caricare le pile”….Una cosa é certa; la priorità é mia moglie mentre è sempre più possibile chiudere o ridimensionare la mia attività, non le nego che sarà una soluzione sofferta e non proprio economica. Colgo l’occasione per ringraziare anche altri amici che con messaggi, telefonate ed altro hanno dimostrato la loro solidarietà.