Volare si Può, Sognare si Deve!

Autore archivio: Kai Paulus

MALATTIA DI PARKINSON – GRANDI NOVITA’ (2) di Kai S. Paulus

Grandi novità

(seguito di LA MALATTIA DI PARKINSON – GRANDI NOVITA’)

  • Inibizione di aggregazione

Ridurre o impedire la formazione degli aggregati tossici di alfa-sinucleina porta inevitabilmente ad una riduzione della malattia. Per questo, si sta lavorando a diverse sostanze biologiche e di sintesi in grado di interagire con tali aggregati. Per verificare efficacia, tollerabilità e possibile via di somministrazione, è in corso uno studi con 300 persone con Parkinson con il farmaco “UCB-0599”; ed in un altro studio clinico viene testata la sostanza “Anle 138b”. Precedentemente si è osservato in modelli animali per entrambi i farmaci una riduzione della patologia e miglioramento del quadro clinico, il che fa ben sperare.

  • Riduzione di ferro intracerebrale

Il ferro gioca un ruolo importante nel metabolismo delle cellule cerebrali, e si è osservato che nel Parkinson si forma un accumulo di ioni ferro nella sostanza nera, crocevia del sistema motorio e punto di partenza del Parkinson, cioè della via nigrostriatale dopaminergica. Tali ioni ferro posseggono un potenziale altamente neurotossico oltre a favorire l’aggregazione della alfa-sinucleina, non lasciando quindi scampo al nostro neurone che si deve arrendere. Pertanto, si stanno studiando delle sostanze che possano rimuovere tale ferro in eccesso. Uno di questi chelanti è il PBT434 che in laboratorio ed in modelli animali si è rivelato antiaggregante e neuroprotettivo.

  • Eliminazione degli aggregati extracellulari

Pochi anni fa si è scoperto che gli aggregati di alfa-sinucleina riescono ad uscire dal neurone ‘ammalato’ e ad ‘infettare’ i neuroni circostanti, contribuendo così alla progressione della malattia.

Nel tentativo di bloccare tale diffusione ci si avvale dell’immunoterapia con lo sviluppo di anticorpi diretti contro questi aggreganti vaganti, e diversi anticorpi vengono analizzati e studiati in laboratorio e negli esseri umani, con risultati promettenti; attualmente i ricercatori sono impegnati a risolvere il problema di far arrivare gli anticorpi a destinazione perché solo una piccolissima parte, circa il 2%, riesce a passare la barriera ematoencefalica e ad entrare nel cervello. Comunque, ci sono diversi candidati con buone prospettive, quali il PD10A, il vaccino UB-312 e l’anticorpo monoclonale Prasinezumab, attualmente in fase 2b dello studio PADOVA con 312 parkinsoniani.

Grandi novità

Editoriale di “Der Nervenarzt”: Terapie proteino-correlate delle malattie neurodegenerative

 

  • Potenziamento della ‘nettezza urbana’

Abbiamo visto che una delle principali difficoltà del neurone nel Parkinson è costituita dall’eliminazione dell’alfa-sinucleina alterata ed i suoi aggregati. Questo accade a causa di mutazioni dei geni LRRK2 e GBA coinvolti nelle funzioni lisosomiali (i lisosomi sono i principali ‘spazzini’ della cellula) e dei sistemi proteasoma-ubiquitina (‘centri smaltimento rifiuti’ delle cellule). Qui la ricerca è indirizzata a sostanze in grado di frenare i geni mutati o di rafforzare quelli sani. Per es., l’ASO BIIB094 inattiva il gene LRRK2, e la stimolazione di GBA aumenta le capacità dei lisosomi.

  • Riduzione del processo infiammatorio

Le malattie neurodegenerative sono accompagnate da processi infiammatori cronici che amplificano ulteriormente il quadro patologico. Gli sforzi di molti studiosi sono indirizzati verso il contenimento e la riduzione di queste infiammazioni intracerebrali, e le ricerche intorno all’inibitore della mieloperossidasi Verdiperstat sono quelle più avanzate e si trovano già nella fase 3 dello studio clinico; anche il Rituximab, un anticorpo monoclonale indirizzato contro le cellule infiammatorie CD20 ed utilizzato nei linfomi e malattie autoimmuni, si sta rivelando un promettente candidato.

 

Mentre sta nevicando sul nostro sito e le renne portano Babbo Natale dai bambini (grazie, Gian Paolo!) ho cercato di descrivervi ciò che sta accadendo in questo importante momento della ricerca neurologica, ed in particolare quella dedicata al Parkinson; si stanno aprendo nuovi scenari, impensabili solo pochi anni fa, ma che sono già realtà e che potrebbero avere prime applicazioni pratiche già nel prossimo anno (che inizia tra 18 giorni…)

LA MALATTIA DI PARKINSON E L’HERPES VIRUS di Kai S. Paulus

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Somaye mi fa sapere tramite whatsapp che è giunta in via Tempio n. 5, e pertanto esco dal Poliambulatorio per salutarla, ma non la vedo. Le rispondo col cellulare che non riesco a trovarla e lei mi manda una improbabile foto di una via Tempio n.5; mi viene il dubbio che Somaye si trovi a Sassari. Ma eccola finalmente, che saluta con le mani da lontano, evidentemente si trovava molto più giù nella “nostra” via Tempio, e mi vengono i dubbi che il numero civico del Poliambulatorio non sia realmente il 5. Anche Rosa, l’infermiera, che era uscita insieme a me portando con se i campioni, è contenta nel vederla perché fa piuttosto freddo, e noi in strada, solo in camici provenienti dagli ambulatori surriscaldati, stiamo per congelarci.

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Questo intrigante lavoro, pubblicato nel 2016, indaga possibili collegamenti tra patogeni intestinali e la malattia di Parkinson

 

Finalmente posso salutare Somaye Jasemi, la giovane ricercatrice dell’Istituto di Microbiologia inviata da Prof. Leonardo A. Sechi per recuperare i nostri campioni di sangue; con Somaye ci eravamo sinora solo scritti per mail e whatsapp senza averci mai visti prima. Lei è iraniana e non parla l’Italiano e si sarà divertita ad incontrare un tedesco che ha quasi dimenticato l’Inglese. Comunque, alla fine, con mani e gesti ci siamo capiti e la ricercatrice è tornata al suo istituto con i primi cinque campioni di sangue per lo studio del nuovo progetto sull’ipotetica influenza del herpes virus nella patogenesi del Parkinson; e quando la scienza chiama, la nostra Parkinson Sassari è sempre presente.

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Sempre nel 2016 ci siamo interrogati su una possibile stimolazione del sistema immunitario da parte del virus herpes simplex comportante un aggravamento del Parkinson

Alcuni di voi si ricorderanno, quando l’ambulatorio Parkinson era ancora in Clinica Neurologica, che partecipavamo a molte ricerche sul Parkinson, di cui alcune in collaborazione con il gruppo di ricercatori guidati da Prof. Leonardo Sechi; alcuni risultati sono addirittura finiti su riviste scientifiche internazionali.

Poi c’erano, prima, le note vicissitudini in Clinica culminati con il trasferimento dell’ambulatorio Parkinson (compreso il neurologo) dalla Clinica Neurologia al Poliambulatorio della ATS in via Tempio, e, poi, la pandemia del covid-19, e perciò per alcuni anni la collaborazione è stata interrotta, fino a ieri mattina, appunto.

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Nel 2017 esce il seguito del lavoro precedente, in cui si conferma il coinvolgimento del sistema immunitario nella patogenesi del Parkinson, ed il peggioramento del quadro clinico parkinsoniano in seguito ad infezione da virus herpes simplex.

Si riparte, quindi, con un ambizioso progetto che vuole studiare eventuali interazioni tra gli anticorpi del herpes virus con l’alfa-sinucleina, quella proteina che, quando alterata, causa il Parkinson. Allora c’erano, oltre a Prof. Sechi e me, le bravissime dottoresse Elisa Caggiu e Giannina Arru che durante una nostra Giornata Parkinson si erano presentate alla nostra Associazione illustrando i loro risultati. Ora invece ripartiamo, appunto con Somaye Jasemi della Microbiologia, e con le nostre infermieri Roberta Carfagna, Giuseppina Chessa, Maria Grazia Demartis e la congelata Rosa Simula, del laboratorio analisi del Poliambulatorio della ASSL Sassari in via Tempio (n. 5?).

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Infine, nel 2018 viene pubblicato una ricerca del gruppo sassarese su indici di infiammazione cronica nel cervello in caso di patologia neurodegenerativa, e quindi anche Parkinson, e la possibilità di poter misurare alcuni marker di tale infiammazione nel sangue, con possibili vantaggi di diagnosi e di monitoraggio.

Rivedere gli articoli scientifici, ai quali abbiamo collaborati, fa un certo effetto perché abbiamo partecipato a delle ricerche veramente interessanti e che hanno lasciato traccia nella letteratura scientifica internazionale; e poi, e ne possiamo essere orgogliosi, senza la collaborazione della nostra Parkinson Sassari questi studi non sarebbero stati possibili.

Ora dovrò studiare l’Inglese, e Somaye adesso sa dove noi supponiamo sia via Tempio n. 5.

LA MALATTIA DI PARKINSON: I GIOVANI di Kai S. Paulus

Giovani

Ieri è stato un giorno importante per la nostra Parkinson Sassari perché c’è stato il primo evento dedicato esclusivamente alle persone giovani ammalate di Parkinson. La necessità di occuparsi delle problematiche di una persona giovane con Parkinson nasce dalla crescente consapevolezza che le criticità e le esigenze degli “Under 60” sono spesso molto differenti da quelli dei nostri “veterani”. Una persona giovane che si trova nel mondo del lavoro, ad un certo punto comincia ad avere difficoltà nel compiere la propria professione con crescenti difficoltà, il che si può tradurre in riduzione di salario, rischiando anche il posto di lavoro e dovendosi occupare di prepensionamento.

Questa persona può avere una famiglia giovane con figli ancora da educare, da dare l’esempio; con i disagi motori e non motori, e con le oscillazioni del tono dell’umore anche la vita di coppia è messa a dura prova. E magari un giovane deve ancora affermarsi nella società dove le disabilità non aiutano.

Per farla breve, una persona grande con Parkinson può guardare indietro ad una vita vissuta, quella giovane invece ha ancora tanti sogni e progetti da realizzare. Avrebbe, perché il rapace infingardo non glielo vuole permettere.

E qui nascono anche le differenze della gestione terapeutica, primo, nell’individuare possibili fattori di rischio forse modificabili, e, secondo, la scelta dei farmaci indirizzati a mantenere l’efficienza familiare, sociale e professionale (per es., non si possono assumere farmaci con eventuali effetti ipotensivi o sedativi, compromettendo la guida o il lavoro, ecc.).

Giovani

La locandina della videoconferenza

Per tali motivi, la nostra Parkinson Sassari vuole creare una sezione Giovani, per dare spazio anche a queste differenti esigenze. Un punto importante, in questo contesto, riveste la genetica, perché con la conoscenza dei difetti genetici che a volte stanno alla base della malattia, si può prevedere in grandi linee il decorso patologico, ed intuire una progressione più o meno rapida. La scienza è appena all’inizio, ma qualcosa si può già fare e di questo si è parlato ieri mattina e di cui vi lascio qui di seguito un breve riassunto.

“Genetica e Parkinson”

Per un primo appuntamento tra “giovani”, ci siamo collegati alla videoconferenza sulla “Genetica e Parkinson” organizzato dalla Associazione Italiana Giovani Parkinsoniani, AIGP, capitanata da Massimiliano Iachini, con due interessantissime relazioni su questo tema tenute dal dott. Alessia Di Fonzo, direttore del gruppo di ricerca per la malattia di Parkinson del Centro Dino Ferrari e UOC Neurologia Policlinico Milano, e dalla prof.ssa Elisa Greggio, coordinatrice dell’Unità di Fisiologia, Genetica e Comportamento, Università degli Studi di Padova. Noi sardi siamo stati un rispettabile gruppetto e per l’inizio va benissimo così. Alcuni non potevano partecipare per motivi professionali, altri probabilmente, magari dubbiosi, osserveranno gli sviluppi a distanza.

 

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Dott. Alessio Di Fonzo

I due ricercatori, Elisa Greggio e Alessio Di Fonzo, hanno illustrato in modo comprensibile il panorama delle attuali conoscenze in fatto di familiarità ed ereditarietà. Le forme genetiche di Parkinson sono relativamente rare e riguardano circa un 5% di tutti i parkinsoniani, ma con una percentuale maggiore tra i giovani. Sembra che si stia appena avvistando la punta dell’iceberg e molti geni sfuggono ancora dall’essere individuati e, soprattutto, non si riesce ad elaborare l’enorme mole di dati che la scoperta dell’intero genoma umano ci ha fornito; cioè, la scienza è andato oltre le nostre capacità di comprensione ed utilizzo.

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Prof.ssa Elisa Greggio

Però, stanno emergenti alcuni dati interessanti ed incoraggianti. Per esempio, si sono individuati mutazioni di due gene, il LRRK2 (coinvolto in tanti processi di smaltimento di scarti) ed il GBA (cui mutazioni omozigoti danno origine alla malattia infantile Gaucher, invece quelle eterozigoti, cioè ereditate da un solo genitore aumentano il rischio di Parkinson), due geni le cui mutazioni causano un Parkinson ad esordio giovanile, anche prima dei 40 anni, però ad andamento molto lento e praticamente senza coinvolgimento delle funzioni mentali che invece si può osservare nel Parkinson “grande” negli stadi avanzati. Questo dato è importante, perché dà la possibilità di prevedere l’andamento della malattia con l’opportunità di programmazione delle scelte di vita future, e, pur nella “sfortuna” di essere ammalati di una malattia neurodegenerativa, avere la “fortuna” che si tratti di una variante meno invalidante.

Sorge spontanea la domanda: allora io sano, posso fare i test genetici per sapere se ho una mutazione che riguarda il Parkinson?

La risposta è: teoricamente sì.

Ma la risposta alla successiva domanda “ha senso fare uno screening genetico preventivo?” è fermamente no.

Anche una persona con familiarità per Parkinson non trarre alcun vantaggio dalla conoscenza di possibili mutazioni genetiche, perché, come detto pocanzi, la scienza è più avanti delle applicazioni pratiche; anche se conosco la mutazione, lungi dall’essere certezza di malattia, non ho armi per correggerla.

Concludendo quindi, a che serve la genetica se non aiuta a guarire?

Primo: la genetica non aiuta a guarire, ovvero, non ancora. Però, lo studio genetico è importante per capirne sempre di più e per porre le basi per future terapie.

Secondo: come abbiamo visto, i primi risultati della genetica sono incoraggianti perché permettono in alcuni casi, vedi le mutazioni di LRRK2 o GBA, di prevedere approssimativamente il corso della malattia; e questo ha risvolti molto importanti e pratici ai fini di vita familiare e professionale.

Nei saluti, Massimiliano Iachini ci fa sapere che d’ora in avanti queste videoconferenze dedicate ai Giovani dovrebbero ripetersi mensilmente. Ho subito proposto il tema del sonno (lo so, sono fissato, ma è più forte di me) e vedremo se prossimamente se ne parlerà.

Intanto l’inizio è fatto, ed ora anche le nostre ed i nostri Giovani possono iniziare a volare. Ma ricordatevi:

Volare si può, Sognare si deve!

PARKINSON: DIFFERENZE DI GENERE di Kai S. Paulus

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Già da qualche anno stiamo seguendo con molta attenzione la ricerca a riguardo delle differenze tra donne e uomini nella malattia di Parkinson.

Mi preme di intervenire nuovamente perché si sta aggiungendo un nuovo tassello.

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Sappiamo che il Parkinson differisce tra i generi per fattori di rischio, età di esordio, grado di gravità dei sintomi motori e non motori, decorso della malattia, e la sua gestione globale; il nostro “rapace infingardo”, “su nemigu”, è prevalente negli uomini con un rapporto di circa 3:2 rispetto alle donne. Questa significativa differenza occupa da molti anni la scienza internazionale, e la caccia al “perché?” è appena iniziata. Trovare la risposta non solo significherebbe comprendere meglio i meccanismi neuronali e genetici che sono alla base di questa malattia, ma ciò avrebbe enormi conseguenze in termini di terapia e prevenzione.

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Nell’attuale numero di ottobre della rivista americana Movement Disorders il gruppo di scienziati statunitensi, tedeschi e norvegesi intorno a Cynthia Kusters conferma che uno dei fattori che protegge dalla neurodegenerazione del Parkinson è la presenza di ormoni femminili, gli estrogeni, e soprattutto la durata di esposizione. Gli autori affermano che gli anni tra il menarca e la menopausa sono importanti ai fini della neuroprotezione e che ogni anno di ritardo della menopausa, e quindi la riduzione degli estrogeni, comporterebbe una riduzione di rischio di Parkinson del 7%, ogni anno (!).

Credo che questa notizia sia sensazionale e non potevo non condividerla con voi. Certo, la caccia ai tanti ‘perché’ è ancora molto lunga, ma possiamo contare su ottimi cacciatori.

Piccola osservazione: nel loro editoriale Ziv Gan-Or e Nicholas W. Wood distinguono tra il sesso (biologico) ed il genere (auto-definito). Verosimilmente un segno del tempo, visto che oltreoceano hanno autorizzato recentemente passaporti con la possibilità di genere X.

fig2Font bibliografiche:

Gan-Or Z, Wood NW. Mendelian Randomization Studies: A Path to Better Understand Sex and Gender Differences in Parkinson’s Disease? Movement Disorders 2021, 36(10): 2220-2221

Kusters CDJ, Paul KC, Folle AD, KeenerAM, Bronstein JM, Bertram L, Hansen J, Horvath S, Sinsheimer JS, Lill CM, Ritz BR. Increased Menopausal Age Reduces the Risk of Parkinson’s Disease: a Mendelian Randomization Approach. Movement Disorders 2021, 36(10): 2264-2272.

C’ERA UNA VOLTA … LA LEVODOPA di Kai S. Paulus

Tante persone affette da malattia di Parkinson assumono la Levodopa, ma non conosciamo bene la sua affascinante storia ed i suoi padri scopritori, per cui qui di seguito le principali tappe.

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Sintesi delle catecolamine Dopamina, Noradrenalina e Adrenalina partendo dall’aminoacido tirosina assunto con la dieta, passando attraverso la Levodopa (DOPA), prezioso precursore e punto di partenza nella cura del Parkinson.

Paradossalmente però, la nostra storia inizia con la Dopamina, che fino agli anni ’50 era conosciuta come semplice precursore dei “nobili” neurotrasmettitori Noradrenalina ed Adrenalina che si conoscevano già da tempo.

Proprio alla fine di quel decennio, tra il 1957 ed il 1960, cambia tutto e nell’arco di neanche tre anni viene rivoluzionata tutta la Neurologia: emerge che la Dopamina non solo è il precursore delle altre catecolamine, ma che essa stessa fa parte della ‘nobiltà’ neurochimica, e che adempie a delle funzioni cruciali nel nostro organismo. L’uovo di Colombo con eccezionali conseguenze.

In effetti, la nostra Dopamina non si trova soltanto nel cervello, ma anche in altri organi, quali reni, tratto gastrointestinale, vasi sanguigni, e nel sistema immunitario.

Dentro il cervello poi, la Dopamina è ampiamente rappresentata, oltre nei nuclei della base del sistema motorio, anche nei circuiti meso-limbici coinvolti nell’emotività, gratificazione ed apprendimento.

E così, la 3,4-diidrossifeniletilamina (dopamina) è importante per le azioni necessarie per raggiungere un traguardo (motivazione e selezione del movimento volontario), ma anche per l’umore, attenzione, memoria esecutiva ed apprendimento, ed infine serve alla regolazione del sonno, della sessualità e della pressione arteriosa.

Diventa chiaro adesso, cosa può succedere in caso di carenza della Dopamina: si spiegano, oltre ai noti sintomi motori del Parkinson, anche tanti altri spiacevoli disagi.

Adesso, finalmente, entra in scena la Levodopa (L-3,4-diidrossifenilalanina): è stato lo scienziato ucraino-austriaco Oleh Hornykiewicz (1924-2020, che vi ho già presentato in gennaio di quest’anno in questo sito) ad intuire la grande importanza di questa sostanza nel trattamento del Parkinson, scoprendo che la Levodopa può essere somministrata perifericamente iniettandola nel sangue, perché a differenza della dopamina, raggiunge facilmente la sua destinazione dentro il cervello ed aumenta i livelli di dopamina e conseguentemente riduce i sintomi causati dalla sua assenza.

Su questi esperimenti Hornykiewicz, oltre a pubblicare tanti lavori scientifici che sono diventati pietre miliari delle neuroscienze, gira un cortometraggio (“Der L-DOPA Effekt bei der Parkinson Akinese”, l’effetto della levodopa nell’acinesia del Parkinson) che nel 1961 viene presentato ai rappresentanti dell’industria farmacologica con l’idea di commercializzare la sostanza. Hornykiewicz intuisce l’unicità della sua scoperta che potrà contribuire a diminuire le sofferenze di tante persone. Pensate, allora non esistevano farmaci efficaci per ridurre i sintomi del Parkinson e le persone colpite dovevano convivere con sempre maggiori rigidità, tremore ed instabilità posturale, fino all’immobilità. Avere, pertanto, a disposizione una possibilità di poter concretamente aiutare quelle persone era di fondamentale importanza. Colpisce invece, che all’industria l’idea di Hornykievicz non appare appetibile, loro non vedono i numeri e quindi l’affare, per cui non se ne faceva niente.

Sarà George Cotzias nel 1967 a somministrare la levodopa oralmente riportando l’interesse delle case farmaceutiche sulla misteriosa sostanza. Sull’inizio dell’epocale era della levodopa Oliver Sacks ha scritto il suo famoso romanzo autobiografico “Risvegli” (Awakenings, 1973), di cui è tratto l’omonimo film con Robbie Williams e Robert De Niro.

 

Insieme al suo collega Arvid Carlsson, Oleh Hornykiewicz riceve tanti riconoscimenti per i suoi studi sulla Levodopa, tra cui anche i famigerati effetti di fine-dose e picco-dose, che quotidianamente ci danno filo da torcere, ma il Premio Nobel, seppur ampiamente meritato, non gli è stato conferito.

A tutt’oggi, l’utilizzo della levodopa (Sirio, Sinemet, Madopar, Stalevo), nonostante i suoi tanti limiti e rischi, è il “gold standard” della terapia del Parkinson.

La nostra storia non finisce qui, perché il lupo cattivo, il rapace infingardo, su nemigu, non è ancora sconfitto. Ma nuove armi sorgono all’orizzonte…

GROMPHADORHINA PORTENTOSA di Kai S. Paulus

(Scritto tempo fa per il nostro sito, ma non so come, non l’avevo inserito. Stamattina l’ho trovato e ve lo voglio far leggere)

Stamattina vado a trovare Prof. Pier Andrea Serra nel suo Istituto di Farmacologia per parlare del nostro progetto sull’alimentazione nel Parkinson (“Aggiungi un posto a tavola”) che prestissimo vi vede protagonisti, e per porre le basi del “protocollo d’intesa” della nostra Parkinson Sassari con l’Università di Sassari, un nuovo, ambizioso progetto di cui parleremo prossimamente.

Per farla breve, quando arrivo all’Istituto suono il campanello e Prof. Serra mi apre quasi subito. “Vieni veloce, che ti faccio vedere l’ultimo modello animale sul Parkinson”, mi invita eccitato e mi precede correndo nei corridoi della Farmacologia fino a giungere in un ampio e luminoso laboratorio. Da sempre mi affascinano i laboratori di ricerca e con essi i confini della scienza, e quindi lo seguo con gioia. Prof. Serra mi presenta ai suoi collaboratori e poi la star del momento: un enorme scarafaggio!

Blatta

Non posso credere ai miei occhi: uno scarafaggio sarebbe l’ultima frontiera della scienza in fatto di Parkinson? Ma a che punto siamo arrivati?!?

Invece l’euforico Pier Andrea Serra mi spiega il suo modello: si tratta di una blatta gigante del Madagascar (Gromphadorhina portentosa) allla quale è stato applicato sul dorso un microcircuito con elettrodi ancorati nel suo sistema nervoso. Questo scarafaggio, uscito direttamente da un film dell’orrore, si presta molto bene a questo tipo di esperimento, spiega il docente, perché possiede un sistema nervoso molto semplice e facilmente raggiungibile. Il microchip dell’insetto trasmette al programma del computer ogni movimento e reazione nervosa. Rimango affascinato. Il modello consente di creare velocemente un modello di Parkinson, comprendere meglio alcuni dei meccanismi ancora oscuri della malattia, e per quindi trarre delle conclusioni utili allo sviluppo di nuove cure.

Purtroppo, il tempo stringe e ci aspetta la nostra riunione, per cui saluto gli scienziati e seguo il professore nel suo studio. Strada facendo gli chiedo se posso lavarmi le mani da qualche parte e mi indica un bagno avvertendomi che forse ci sarebbe poca acqua. Aprendo il rubinetto, sul momento non succede niente, ma poi con una piccola esplosione schizza fuori un liquame color marrone che mi macchia camicia e pantalone. Ci facciamo una grossa risata: dieci secondi fa eravamo immersi nel affascinante mondo della scienza d’avanguardia, ma la realtà sassarese ci ha velocemente raggiunti.

Nel frattempo il gruppo di scienziati sassaresi intorno a Prof. Pier Andrea Serra ha pubblicato le prime ricerche con la blatta gigante su una rivista internazionale.

L’ASSOCIAZIONE PARKINSON SASSARI E LA RICERCA di Kai S. Paulus

Notte Europea

Come l’anno scorso, anche quest’anno la nostra Parkinson Sassari ha partecipato all’evento “Notte Europea dei Ricercatori” promossa dall’Università degli Studi di Sassari con una nostra folta rappresentativa capitanata dalla nostra presidente Dora Corveddu, che, grazie ai filmati ed immagini che scorrevano sull’enorme schermo posto nell’atrio dell’ateneo sassarese, ha riassunto le tantissime attività sociali e riabilitative, incontri, convegni, gite e recite di oramai otto anni associativi. Ed è veramente impressionante rivedere tutte le nostre imprese: dalle esibizioni del nostro coro, in presenza e virtuale, “Volare si Può” con il formidabile maestro Fabrizio Sanna, alla riabilitazione in palestra ed al parco con la nostra insostituibile fisioterapista ed autentica colonna della nostra associazione Pinuccia Sanna, fino alla intrigante musicoterapia insieme ad Annalisa Mambrini; dalle gite alle Terme di Porto Torres, alla casa delle Farfalle di Olmedo con l’incontro del noto presentatore televisivo Max Giusti, ed ai campi di lavanda di Oristano, ai convegni scientifici insieme ai nostri amici di lunga data Prof. Pier Andrea Serra, dott. Giovanni Carpentras e tanti altri, fino a ricordare il teatro: il pezzo “Romeo e Giulietta: quarant’anni dopo” scritto appositamente per noi dal famoso scrittore e sceneggiatore sassarese Francesco Enna, rimane memorabile per il divertimento e l’emozione con cui siamo riusciti a portarlo in scena; ed infine anche le immagini delle lezioni di ginnastica on-line della fisioterapista Elenia Mainiero. Sicuramente dimentico diversi eventi in questo incredibile concentrato di attività che ci deve rendere orgogliosi per quello che siamo capaci di organizzare. Arriva anche il Prorettore Vicario dell’Ateneo turritano, Prof. Andrea Piana per salutare la nostra Parkinson Sassari emozionando in modo particolare Giuseppe Cossu per i tanti anni trascorsi insieme all’Istituto di Igiene.

Purtroppo tra le nostre file avevamo diverse assenze: alcuni amici non potevano avvicinarsi per malattia o per convalescenza, altri invece, rispettando questo nostro strano periodo, erano costretto a rimanere a casa, in quarantena (!), come Giannella Cossi ed il nostro presidente uscente Franco Simula, che proprio un anno fa aveva firmato per noi il protocollo d’intesa tra l’Associazione Parkinson Sassari e l’Università degli Studi di Sassari.

Notte Europea

Come avete letto, si tratta di veramente tantissime fantastiche iniziative da parte nostra, ma a questo punto sorge una domanda:

Che cosa accomuna la nostra Parkinson Sassari al mondo della ricerca? Perché siamo coinvolti già per la seconda volta di seguito all’evento Notte Europea dei Ricercatori?

La risposta è semplice: anche noi facciamo ricerca!

Grazie al protocollo di intesa con l’Università di Sassari siamo stati coinvolti negli ultimi due anni in tre tesi di laurea con Prof. Pier Andrea Serra, due sull’alimentazione nel Parkinson ed una sul dolore, e l’anno scorso durante i mesi del “lockdown” abbiamo organizzato, insieme a Prof. Serra e dott. Giuseppe Demuro, tante videoconferenze su importanti ed interessanti temi, tra cui “Biochimica delle Emozioni” (Prof. Pier Andrea Serra, UNISS), “I Diritti dei Disabili e dei Caregiver” (dott. Ermelinda Delogu,Comune di Sassari), “Uso terapeutico della Musica e del Suono” (dott. Francesco Burrai, ATS Sardegna), “Aggiungi un posto a tavola” (dott. Antonella Fiori e dott. Veronica Matzau, UniSS), “Il Parkinson non è tremore” (dott. Sara Roselli, UniSS), “Attività motoria nel Parkinson” (dott. Lucia Cugusi, UniSS), e diversi articoli sul nostro sito su importanti capitoli della malattia di Parkinson, quali la riabilitazione ai tempi di pandemia, il caregiver, il dolore, l’insonnia, intestino e digestione, differenze tra Parkinson femminile e maschile, i blocchi motori ed il freezing, e le cadute.

Ma c’è di più:

nella comunità scientifica internazionale sta diventando evidente una sempre maggiore attenzione alla famiglia, ai portatori sani di Parkinson (cit. Tonino Marogna), ai caregiver, ed al loro enorme peso e responsabilità nella gestione globale e continua della persona ammalata.

Proprio in questo aspetto, credo, che la nostra associazione sia perfettamente in linea con la ricerca, perché tutte le nostre attività da sempre includono anche coloro, gli eroi troppo spesso dimenticati.

Esemplare a questo proposito, era l’apparizione del nostro coro “Volare si può”, ospite del recente evento Cuore, in occasione della Giornata Mondiale della malattia di Alzheimer, quando in sala gli esperti discutevano la necessità di coinvolgere i familiari. Il nostro coro è formato da un giusto mix composto da persone parkinsoniane e da familiari, proprio per sottolineare l’attenzione che la nostra associazione pone da sempre a tutti in ugual misura.

Infine, Dora Corveddu dà la parola ai veri protagonisti, le persone ammalate ed i loro familiari, i portatori sani, i caregiver: vengono lette le toccanti testimonianze di Graziella Manchia, Francesca Fiori, Egle Farris e di Gian Paolo Frau; Peppino Achene ribadisce la sua battaglia contro “su nemigu”, e Paolo Marogna legge le sue poesie.

Queste testimonianze ci aprono gli occhi e ci illustrano le difficoltà della vita dentro le mura domestiche, la solitudine, la disperazione, le tante criticità, ma anche la speranza, momenti emozionanti che rimangono e che incitano i ricercatori ad impegnarsi di più e più in fretta.

Abbiamo fatto molto e stiamo facendo molto, ma tanto, tantissimo rimane ancora da fare.

Volare si può sognare si deve.

DISABILITA’ – CURARE LA FAMIGLIA di Kai S. Paulus

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La nostra Parkinson Sassari è stata ospite della AMAS Sardegna per il convegno CUORE: il decadimento cognitivo nel territorio, organizzato insieme all’Associazione culturale Music&Movie di Roberto Manca in occasione della Giornata Mondiale della Malattia di Alzheimer, martedì 21 settembre 2021 all’Auditorium in via Monte Grappa.

Per la serata sono stati invitati i professionisti sassaresi che da anni si occupano di demenze e della malattia di Alzheimer per parlare della situazione attuale, delle criticità e carenze, e delle prospettive future.

Il dibattito, moderato da Pina Ballore, presidente della Associazione malattia di Alzheimer Sardegna, AMAS, è stato aperto dalla dott.ssa Maria Franca Brau, direttrice sanitario della RSA San Nicola a Sassari, raccontando le difficoltà durante e dopo la Pandemia nella gestione delle persone fragili affette da demenza e delle loro famiglie.

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Dott. Antonello Nieddu, noto geriatra dello storico Policlinico Sassarese, ha subito sottolineato le difficoltà con le autorità rivolgendosi alla platea chiedendo se ci fossero autorità pubbliche in sala. Dopo lo sconcertante silenzio, dott. Nieddu ha riferito delle sue esperienze e della necessità di coinvolgere la famiglia nella gestione della persona malata.

Il famoso medico di medicina generale e neurologo, dott. Alberto Zoncheddu, ha aggiunto la sua esperienza professionale, ma anche privata, e nuovamente ò stato posto l’accento sulla famiglia, eroica ma sola nella battaglia contro la disabilità.

 

I neurologi della Clinica Neurologica di Sassari, dott.ssa Elisa Ruiu e dott. Renato Ortu, che si dedicano al centro UVA della AOU Sassari, hanno presentato dati clamorosi sulla prevalenza di demenza nel nostro territorio, circa 3600 malati a Sassari, e le importanti carenze dell’organico degli operatori sanitari dedicati: due medici presenti mezza giornata a settimana ciascuno, un’infermiera ed una logopedista (che però si deve dedicare anche ad altre malattie).

Pina Ballore ha riassunto gli interventi dei medici con la necessità di supportare le famiglie perché sono loro, i caregiver, che si trovano soli a dover gestire una malattia più grande di loro.

Durante la serata è stato presentato il toccante cortometraggio “Luci Spente” dell’Accademia di Belle Arti M. Sironi di Sassari che nuovamente ha diretti i fari sui familiari.

Gradita cornice della serata è stata la cantante milanese Gio Box Singer che con le sue interpretazioni ha fatto un tuffo negli anni ’60 e ’70.

Personalmente condivido il parere dei colleghi presenti all’evento e sono convinto che solo coinvolgendo tutta la famiglia, gli eroici ‘caregiver’ troppo spesso troppo soli, si riesca ad aiutare le persone con disabilità, che essa sia dovuta ad Alzheimer, a Parkinson o altra malattia neurologica cronica. Il medico deve considerare il contesto familiare, le autorità devono aiutare maggiormente le famiglie, non solo economicamente, ma anche con centri di riferimento, strutture diurne ed RSA. Per fortuna ci sono le associazioni che danno voce a malati/e e familiari. Qualcosa si sta facendo ma serve molto, ma molto di più. Forse spaventa il lato economico, ma spendere bene vuol dire ottimizzare le risorse ed intervenire miratamente, e quindi alla fine aiutare tanti e spendere meno.

L’apparizione del nostro coro “Volare si Può” era veramente spettacolare che con quattro canzoni dirette magistralmente dal maestro Fabrizio Sanna ha scaldato il cuore del pubblico guadagnando lunghi ed appassionati applausi. Il giusto mix tra persone malate e familiari ha sottolineato ciò che serve.

Durante l’esibizione del coro ha ceduto lo sgabello di Peppino che improvvisamente si è trovato per terra, ma, prontamente soccorso dal maestro Sanna, ha potuto subito riprendere il canto su una sedia nuova e senza traumi. Durante la disavventura del nostro Peppino, il coro ha proseguito stoicamente per non interrompere la splendida performance.

E Giulietta ballava…

LE CADUTE NELLA MALATTIA DI PARKINSON di Kai S. Paulus

(seguito di ” LE CADUTE 3“)

Torniamo un attimo indietro quando è stato creato il logo della nostra Parkinson Sassari (il nostro webmaster Gian Paolo Frau lo racconta molto bene nel suo “Storia di un Logo” che potete trovare nella rubrica Blog), dove troviamo, oltre alle rigide pietre parlanti (madre e figlio) di Maria Pina Moretti, il leggiadro gabbiano che prende il volo, ispirato ad un racconto di Francesco Enna, la quercia, tanto cara al primo presidente della nostra associazione Franco Delli, che con le sue robuste radici è saldamente ancorato alla terra, esposto a tutte le intemperie, si piega al maestrale di Paolo Marogna ma non si spezza. Ecco, tutte le caratteristiche del Parkinson in un simbolo: la rigidità, l’immobilità, la determinazione ed il sogno/volo.

Ma non c’è nessun riferimento alla caduta, eppure proprio l’instabilità posturale, il fragile equilibrio e le cadute rappresentano i sintomi più temuti del Parkinson. Come mai?

La riposta è che quando, insieme a Graziella Manchia, Franco Delli, Peppino Achene, e Piero Faedda, stavamo pensando ad un logo che potesse rappresentare il Parkinson, volevamo includere alcune caratteristiche della malattia ma anche la fierezza e la speranza. Le cadute invece sono la conseguenza delle difficoltà motorie. Perdonateci, ma eravamo (e lo siamo ancora) inguaribili ottimisti.

Allora qui di seguito un vademecum per migliorare l’equilibrio e per ridurre o, ancora meglio, per evitare e prevenire le cadute causate dal Parkinson:

Pensate, solo il primo punto di questo decalogo riguarda i farmaci anti-Parkinson; tutti gli altri sono cure di altri aspetti. In questo modo non solo ci si aiuta a ridurre le cadute ed a migliorare postura e camminata, ma si migliora tutto il Parkinson ed il proprio stato di salute in generale – quindi la qualità di vita di tutti, ammalati/e e familiari.

Il decimo punto è il credo della nostra Parkinson Sassari: con il divertimento, e le emozioni positive, va tutto meglio, aumenta la dopamina e riduciamo il Parkinson.

Proseguiamo, dunque, nella nostra Parkinson Sassari le attività di maggior successo e coinvolgimento, con la riabilitazione neuromotoria di gruppo con Pinuccia Sanna, la musicoterapia con Annalisa Mambrini, la ginnastica online con Elenia Mainiera, ed anche il coro (diversi studi indicano il canto come strategia per migliorare l’equilibrio) con il maestro Fabrizio Sanna, e le nuove attività che ci attendono prossimamente, cercando di trarne il maggior beneficio.

Spero non siate rimasti troppo delusi da questa breve tetralogia, sintetica e non esaustiva, delle cadute, uno dei capitoli più rovinosi ed invalidante del Parkinson; sicuramente i rimedi sapevate già e non ho potuto raccontarvi molto di nuovo, ma verosimilmente la difficoltà sta nella costante applicazione quotidiana, e nella forza di volontà. Divertimento, non fatica.

Il motto della nostra Parkinson Sassari nasce da una foto durante le attività in palestra con Pinuccia Sanna: alcuni di voi sono sdraiati per terra per alcuni esercizi ed in fondo si intravede il canestro in alto. Questa foto mi sembrava molto azzeccata, anche perché stavamo organizzando un convegno al quale sarebbe intervenuta la Dinamo Basket Sassari. Tutti per terra, sarebbe bello se riuscissero ad alzarsi e far canestro, “a volare”; certo, impossibile. Però, l’idea di volerci riuscire e quindi i tentativi per farlo, a cominciare dall’alzarsi dal pavimento e star in piedi, sarebbero di sicuro di grande aiuto a far star meglio tutti.

Ho bisogno di un obiettivo, un traguardo (“voglio star meglio”), e quindi devo sognare di riuscirci; non importa se riuscirò veramente a volare, ma devo provarci, così ottengo continuamente piccoli miglioramenti che aiutano tanto, con meno disagi, meno farmaco, meno effetti collaterali, meno Parkinson.

VOLARE SI PUO’, SOGNARE SI DEVE

 

(Fine. Per ora …)

 

Fonti bibliografiche:

Fan B, Jabeen R, Bo B, Guo C, Han M, Zhang H, Cen J, Ji X, Wei J. What and how can physical activity prevention function on Parkinson’s disease? Oxid Med Cell Longev, 2020.

Gao C, Liu J, Tan Y, Chen S. Freezing of gait in Parkinson’s disease: pathophysiology, risk factors and treatments. Transl Neurodegeneration, 2020; 9: 12-34.

Liu HH, Yeh NC, Wu YF, Yang YR, Wang RY, Cheng FY. Effects of Tai Chi on reducing falls and improving balance performing in Parkinson’s disease: a meta-analysis. Parkinsons Disease, 2019; 19: 1-8.

Palakurthi B, Burugupally SP. Postural instability in Parkinson’s disease: a review. Brain Sciences, 2019; 9: 239-255.

Simon DK, Tanner CM, Brundin P. Parkinson’s disease: Epidemiology, pathology, genetics, and pathophysiology. Clin Geriatr Med, 2020; 36(1): 1-12.

Simonet C, Tolosa E, Camara A, Valldeotiola F. Emergencies and critical issues in Parkinson’s disease. Pract Neurol, 2020; 20(1): 15-25.

LE CADUTE 3 di Kai S. Paulus

(seguito di “ LE CADUTE 2”)

 

La domanda principale riguarda il lato pratico:

Che cosa possiamo fare di concreto per evitare le cadute, ridurre il loro numero, o almeno rendere le cadute meno traumatiche?

Vi rispondo subito: moltissimo!

Dalla letteratura scientifica internazionale emerge l’evidenza che la riabilitazione neuromotoria, specialmente quella mirata al miglioramento dell’equilibrio e tono muscolare, così come quella complementare (ballo, trekking, tai chi, pugilato, ecc.), che coniuga il divertimento con l’attività fisica, con la musica e con lo sport, sono particolarmente efficaci nella prevenzione delle cadute e nella riduzione di fratture negli anziani. In particolare, impressiona il dato che da sola la terapia dell’equilibrio statico-dinamico può ridurre le cadute del 15-30%.

In questi ultimi anni la riabilitazione si è arricchita di tecnologie computerizzate ed interconnesse come la Realtà Virtuale e Aumentata e gli Exergames (vedi “ CONGELATI A TRADIMENTO: QUALCOSA SI MUOVE ”, archivio novembre 2020) che permettono degli strutturati percorsi riabilitativi anche a domicilio.

Come già riportato, la prevenzione delle cadute si basa, oltre che sulla riabilitazione ed il training delle capacità motorie e di equilibrio, sulla riduzione dei fattori di rischio che, come abbiamo visto, sono davvero tantissimi, e che qui riassumo brevemente:

le cadute3

Per tutto questo ci vuole la collaborazione di tutti i protagonisti: le persone instabili, i loro familiari e caregiver, e gli operatori sanitari inclusi i terapisti, psicologi, infermieri/OSS e medici.

 

Infine, vorrei rivolgermi ai diretti interessati:

fate ginnastica dolce tutti i giorni, senza affaticare ma costantemente, non aspettate la pillola miracolosa ma siate positivi, applicate nella vita quotidiana i consigli utili, cercate di migliorare piccoli aspetti, per esempio, riesco a camminare 50 metri senza sforzo, provo ad arrivare a 60, oppure, riesco a fare dieci gradini, prenderò di mira l’undicesimo, e così via, ma senza esagerare ed a seconda delle proprie possibilità; chi ha difficoltà ad esercitarsi in piedi, potrà allenarsi in tantissimi modi anche da seduto oppure sdraiato (su Youtube ci sono tanti tutorial al riguardo).

Importante: la ginnastica e la riabilitazione non devono rappresentare un faticoso e noioso dovere, ma un interessante e, possibilmente divertente, passatempo; noi siamo fatti per muoverci ed è proprio qui che l’infingardo, su nemigu, ci frega e ci rende tutto molto difficile. L’immobilità “arrugginisce” le persone senza disabilità, figuriamoci quelli con. Pertanto, ogni piccolo movimento che contrasta la rigidità è una conquista, ed ogni singolo passo correttamente compiuto contribuisce a diminuire l’instabilità posturale. E se a volte non funziona non dobbiamo disperare, ma riprovarci la prossima volta: con ogni tentativo non si perde niente, si può solo guadagnare.

Tanti fattori concorrono ad instabilità e cadute, quindi non è sempre colpa del Parkinson e bisogna tenere a mente che l’affaticabilità e l’instabilità possono dipendere anche da cardiopatie, alterazioni scheletriche, diabete, o semplicemente dall’età. Quindi, la nostra riabilitazione ha dei limiti, però non dobbiamo vincere le Olimpiadi ma migliorare la nostra quotidianità, le proprie autonomie e quindi la qualità di vita.

“Ritorno a casa”, Antonio Corriga, olio su tela, 2004

Abbiate voglia di migliorare, e mi raccomando, non siate precipitosi e non sopravalutate le vostre possibilità! Quando siete in difficoltà fermatevi, riflettete, ricordate ciò che avete imparato (per es., il freezing: alza il ginocchio, pensa al soldato, un-due, un-due, …), e chiedete aiuto, sempre! La vostra collaborazione è essenziale perché contribuisce in modo particolare a prevenire le cadute. Molti incidenti e traumi sono dovuti alla sopravalutazione delle proprie capacità quando si è fermamente convinti di riuscire a compiere azioni e percorsi senza l’aiuto di terzi, oppure, per non voler disturbare, ci si alza per andare in bagno o in cucina senza chiamare qualcuno, e poi, è troppo tardi…

E vi supplico: eliminate dal vostro vocabolario l’antipatica e controproducente frase “non ce la faccio”, casomai sostituitela con “ho difficoltà, ma ci voglio provare”.

Quindi, amiche e amici miei, piena collaborazione, la giusta valutazione della propria situazione, ed un po’ di disciplina. Chiedere aiuto non fa male, cadere invece sì.

 

(segue “ LE CADUTE NELLA MALATTIA DI PARKINSON ”)

 

Fonti bibliografiche:

Appeadu M, Bordoni B. Falls and Fall Prevention in the Elderly. StatPearls, Treasure Island 2021.

Blain H, Miot S, Bernard PL. How can we prevent falls? In: Orthogeriatrics: The Management of Older Patients with Fragility Fractures, Springer 2021; chapter 16.

Nishchyk A, Chen W, Pripp AH, Bergland A. The effect of mixed reality technologies for fall prevention among older adults: systematic review and meta-analysis. JMIR Aging, 2021; 4(2): 1-21.

Papalia GF, Papalia R, Diaz Balzani LA, Torre G, Zampogna B, Vasta S, Fossati C, Alifano AM, Denaro V. The effects of physical exercise on balance and prevention of falls in older people: a systematic review and meta-analysis. Journal of Clinical Medicine, 2020; 9(8): 2595-2614.

Van Voast Moncada L, Mire LG. Preventing Falls in OIder Persons. American Fam. Phisician. 2017; 96(4): 240-247.

Wong RMY, Chong KC, Law SW, Ho WT, Chui CS, Chow SKH, Cheung WH. The effectiveness of exercises on fall and fracture prevention amongst community elderlies: a systematic review and meta-analysis. Journal of Orthopaedic Translation, 2020; 24: 58-64.