Volare si Può, Sognare si Deve!

Pillole sul Parkinson

PARKINSON ESTIVO: CAPOGIRI E VERTIGINI di Kai S. Paulus

(Pillola n. 45)

L’estate rovente picchia duro, le temperature impennano, la pressione arteriosa precipita.

 

 

 

Ci risiamo, capogiri e sensazione di svenire sono all’ordine del giorno. Ciò vale per tutta la popolazione, giovani e, soprattutto, meno giovani. Caronte non perdona.

E se ci si mette di mezzo anche il rapace infingardo, allora aiutoooo!

Le vertigini rappresentano diverse situazioni sgradevoli: una strana sensazione di girarsi sul posto (vertigini soggettive) o di vedere il mondo girarsi (vertigini oggettive), oppure di sentirsi instabili come su una nave con mare mosso, sensazioni che partono lievi per peggiorare fino a sentirsi mancare. Questa sensazione è molto comune nelle persone affette da malattia di Parkinson che ne riguarda un 48-68%. A parte la sensazione sgradevole, le vertigini rappresentano un elevato rischio di cadute, aumentano i disagi e disabilità provocati dal Parkinson e riducono la qualità di vita delle persone che ne sono affette.

Le cause sono principalmente, 1) una riduzione della pressione arteriosa, come l’ipotensione ortostatica, cioè la riduzione della pressione quando si sta in piedi, 2) possibili effetti collaterali dei farmaci, 3) problemi vestibolari, cioè del nostro centro dell’equilibrio, l’orecchio interno, oppure 4) patologie ortopediche della colonna cervicale. Nella malattia di Parkinson riscontriamo in particolare una riduzione della pressione arteriosa dovuta alla malattia stessa, ma particolarmente accentuata dalla terapia, dai farmaci, che purtroppo bisogna assumere per potersi muovere e per tremare di meno.

Spesso le vertigini sono già disabilitanti di per sé, ma accentuano anche i sintomi parkinsoniani, in particolare le difficoltà di equilibrio e l’instabilità posturale.

Mentre durante l’anno si riesce ad abituarsi agli effetti della terapia, con l’attuale caldo del anticiclone Caronte, che provoca una maggiore vasodilatazione con riduzione della pressione arteriosa, la situazione precipita e può causa problemi seri.

Allora, cosa fare?

In accordo con il medico si può modificare la terapia rendendola meno pesante per i mesi estivi.

E poi?

Bere, bere, bere!

L’acqua tira su la pressione. Il problema è che spesso non si sente l’esigenza di bere, perché con l’età diminuisce lo stimolo della sete, specialmente nel Parkinson.

Allora bisogna bere lo stesso, anche se non abbiamo sete. Mica prendiamo le pastiglie perché abbiamo fame, le assumiamo perché sono la nostra terapia; la stessa cosa vale per l’acqua, la dobbiamo bere anche se non abbiamo sete, perché l’acqua diventa la nostra terapia e quindi la dobbiamo bere per forza, magari a piccoli sorsi ma continuamente.

Fonti bibliografiche:

Fancello V, Hatzopoulos S, Santopietro G, Fancello G, Palma S, Skarzynski PH, Bianchini C, Ciorba A. Vertigo in the Elderly: a systematic literature review. Journal of Clinical Medicine. 2023, 12; 2182. https://doi.org/10.3390/jcm12062182.

Kwon KY, Park S, Lee EJ, Lee M, Ju H. Impact of subjective dizziness on motor and non-motor symptoms in patients with early stages of Parkinson’s disease. Journal of Integrative Neuroscience, 2022; 21(1): 1-6

 

Kwon KY, You J, Kim RO, Lee EJ. Association of dizziness-related handicap or disabilitry with clinical feature
in patients with early Parkinson’s disease. Journal of Integrative Neuroscience, 2023; 22(3): 68-74.

DA NON CREDERE: TERZA NOVITA’ PER LA SLA IN UN ANNO di Kai S. Paulus

(Pillola n. 44)

Non ci siamo ancora ripresa dalla epocale novità del farmaco monoclonale “Tofersen” uscito l’estate scorsa (vedi “ SLA: FINALMENTE UN NUOVO FARMACO “) ed ancora non riusciamo a comprendere la novità di poche settimane fa (vedi “ VECCHIO FARMACO ANTI-PARKINSON EFFICACE CONTRO LA SLA? “), ecco che spunta già un terzo importante farmaco per la sclerosi laterale amiotrofica, SLA, gravissima malattia neurodegenerativa notoriamente senza speranza.

Da anni esisteva unicamente una sostanza, il Riluzolo, che mitigava l’effetto neurotossico del glutammato, e che in alcune persone ammalate può aumentare la sopravvivenza di alcuni mesi.

Tofersen rappresenta la prima novità anticorpale nella SLA, ma può essere d’aiuto solo in una variante quella con la mutazione genetica della superossido-dismutasi, SOD1.

Poche settimane fa abbiamo appreso che un vecchio farmaco anti-Parkinson, il Ropinirolo, può avere un effetto benefico nella SLA, specialmente sulla degenerazione cellulare.

Ed ora arriva Masitinib, un farmaco della classe degli inibitori delle tirosinchinasi che bloccano i processi biochimici interessati nel processo infiammatorio e nelle risposte immunitarie; tant’è che il farmaco viene impiegato in oncologia veterinaria ed è in fase di studio per la cura della sclerosi multipla. Curioso il fatto che Masitinib, già in sperimentazione da molti anni, è stata rifiutata inizialmente dall’Agenzia Europea del Farmaco per la cura della SLA nel 2018.

Forte quindi dei promettenti risultati degli studi del gruppo di ricercatori iraniani capitanati da Fereshteh Azedi, Masitinib torna prepotentemente alla ribalta questo farmaco, e forse questa voltaci siamo, perché in uno stadio avanzato di ricerca (fase 2b/3) Masitinib in associazione a Riluzolo è stato in grado di prolungare la sopravvivenza delle persone ammalate di oltre due anni, risultato che ancora nessun altro farmaco utilizzato nella SLA può vantare. Precedentemente, questi clamorosi risultati sono stati presentati al congresso annuale della Accademia Americana di Neurologia nell’aprile 2023 dal docente universitario tedesco Prof. Albert C. Ludolph.

Sono veramente felice per le persone affette da SLA, e sono molto fiducioso, perché proprio in questi mesi ci troviamo in mezzo ad una rivoluzione della terapia delle malattie neurodegenerative e che prestissimo riguarderà anche la malattia di Parkinson.

 

Fonte bibliografica:

Ketabforoush AHME, Chegini R, Barati S, Tahmasebi F, Moghisseh B, Joghataei MT, Faghihi F, Azedi F. Masitinib: the promising actor in the next season of the Amyotrophic Lateral Sclerosis treatment series. Biomedicine & Pharmacotherapy, 2023; 160: 114378.

 

PUGILATO E PARKINSON di Kai S. Paulus

 

 

(Pillola n. 43)

 

Boxe, un gancio destro al Parkinson” (Inbodyitalia.it, 2022), “Il Parkinson va KO con gli allenamenti di boxe” (Il Messaggero, 11 marzo 2021), “Parkinson, una palestra per prendere a pugni la malattia” (Quotidianosanità.it, 24 ottobre 2013), ”Un gancio al Parkinson, la boxe per lottare contro questa malattia” (mediaset.it, 8 giugno 2021), “Prendiamo a pugni il Parkinson sul ring” (ilfattoquotidiano.it, 3 febbraio 2019), “Il Parkinson si batte anche con la boxe” (tuttosport.it, 2 luglio 2022), “La boxe come medicina” (zonamistamagazine.it, 14 febbraio 2023), “Boxe e Parkinson: il pugilato rallenta la malattia” (gazzetta.it, 10 maggio 2023)

Con questo entusiasmo tante testate giornalistiche italiane salutano la possibilità di praticare il pugilato come fisioterapia e riabilitazione per contrastare la malattia di Parkinson.

Allora, la domanda nasce spontanea: perché non lo facciamo anche noi?

 

Nel 2011 compare la prima pubblicazione scientifica sui benefici del pugilato nella malattia di Parkinson

Uno sguardo ad importanti pubblicazioni scientifiche conferma il beneficio del pugilato su equilibrio, deambulazione e qualità di vita. Ovviamente il pugilato in riabilitazione è inteso come allenamento, e non la gara vera e propria.

L’allenamento del pugilato comprende esercizi di coordinazione, capacità aerobica, agilità, potenziamento e tonicità muscolare, stretching, equilibrio statico-dinamico, miglioramento di riflessi posturale e d’azione, concentrazione, e tanto altro.

Il pugilato è uno sport molto fisico e la gara vince chi, oltre l’astuzia, possiede maggiore potenza muscolare.

In un recente studio si esplorano ulteriori benefici aggiungendo anche il Kick boxing, ovvero l’utilizzo anche dei piedi per colpire la sacca. Questa tecnica rende molto più complessi gli esercizi, ma con modesti risultati. Non bisogna esagerare.

Nella riabilitazione ovviamente non si arriva a tanto e gli obiettivi sono diversi, non si deve prevalere e non bisogna vincere alcuna gara (se non quella contro “Cassius” Parkinson). E non è richiesta neanche tanta fatica, ma stanno in primo piano gli esercizi di stretching, di equilibrio e di coordinazione, e si migliorano, agilità, postura, camminata, e soprattutto qualità di vita.

Noi, Associazione Parkinson Sassari, da sempre affrontiamo le varie discipline riabilitative con uno spirito collettivo e ludico, e pertanto, per chi se la sente e per chi vuole provare, l’obiettivo principale sarà anche qui il divertimento, che, come sappiamo, è dopamina pura.

Allora, che dite, vogliamo provare?

E’ ufficiale: il pugilato nella riabilitazione del Parkinson da grandi soddisfazioni e migliora la qualità di vita.

Fonti bibliografiche:

Combs SA, Diehl MD, Staples WH, Conn L, Davies K, Lewis N, Schaneman. Boxing training for patients with Parkinson’s Disease: a case series. Physical Therapy, 2011; 91(1): 132-142.

Domingos J, De Lima ALS, Steenbakkers-van der Pol T, Godinho C, Bloem BR, de Vries NM. Boxing with and without kicking techniques for people with Parkinson’s disease: an explorative pilot randomized controlled trial. Journal of Parkinson’s Disease, 2022; 12: 2585-2593.

Larson D, Yeh C, Rafferty M, Bega D. High satisfaction and improved quality of life with Rock Steady Boxing in Parkinson’s disease: results of a large-scale survey. Disability and Rehabilitation, 2022; 44(20): 6034-6041.

 

ANSIA E PARKINSON di Kai S. Paulus

(Pillola n. 42)

Nel capitolo precedente abbiamo conosciuto i vari aspetti dell’ansia (vedi “ ANSIA ”), ed ora andiamo a vedere come si presenta l’ansia nella malattia di Parkinson e come possiamo gestirla.

Nella malattia di Parkinson l’ansia è piuttosto frequente e le sue cause sono molteplici e dobbiamo distinguere le sue diverse forme:

  1. CAUSE COMUNI:
  • la comprensibile preoccupazione della propria condizione di salute, e dell’avvenire
  • le preoccupazioni familiari, la paura di rappresentare un peso
  • le paure sociali, non voler essere riconosciuti come ammalati
  1. ANSIE SPECIFICHE:
  • il disagio motorio
  • la disabilità
  • la paura del prossimo blocco motorio
  • la preoccupazione di non essere autonomi
  • l’ansia che accompagna la riduzione del tono dell’umore
  • la scarsa fiducia nelle cure
  1. ANSIE INTRINSECHE ALLA CARENZA DI DOPAMINA:
  • l’ansia che aumenta nelle fasi off, e quando il farmaco perde efficacia
  • ansia/agitazione che accompagnano le discinesie da eccesso di farmaco
  • il circolo vizioso: l’ansia che alimenta il tremore ed il freezing che a loro volta aumentano l’ansia

 

Allora, cosa possiamo fare per controllare l’ansia oppure, ancora meglio, cosa possiamo fare per non cadere nella sua trappola?

La terapia medica dell’ansia è costituita da ansiolitici, antidepressivi, e terapia cognitivo comportamentale includente realtà virtuale ed applicazioni digitali sanitarie (non ancora diffuse in Sardegna).

In realtà, è difficile evitare l’ansia, perché, come avevamo detto nel capitolo precedente, l’ansia è un meccanismo di sopravvivenza; ma certamente possiamo, e dobbiamo, imparare a controllarla; a parte i farmaci ed i consigli dei medici e psicologi, possiamo affrontare la problematica in tanti modi:

Per iniziare, dobbiamo documentarci sulla propria malattia e conoscere le cause del nostro malessere, individuare le nostre paure e preoccupazioni, parlarne con i familiari, medici ed eventualmente psicologi; solo in questo modo potremo affrontarle efficacemente.

Poi, possiamo agire in tanto modi, in base alle nostre capacità ed inclinazioni: in particolare dobbiamo fare di tutto per rilassarci: cercare di distrarci con passeggiate, giocare a carte, giochi di società, guardare un film rilassante o un documentario, leggere un bel libro, stare con altre persone e frequentare associazioni, avere degli obiettivi, essere attivi nel volontariato, fare sport oppure ginnastica, e tanto altro. Nonostante le disabilità dobbiamo comunque cercare di renderci utili nella vita quotidiana, aiutando in casa, fare commissioni, essere disponibili all’ascolto di terzi. Yoga, pilates, ed altre tecniche di rilassamento.

Anche persone con disabilità medio-gravi possono lavorare su se stesse per vincere i loro disagi psichici, ed addirittura in internet si trovano tanti tutorial per attività da seduti ed allettati; perfino alle persone tetraplegiche oppure con SLA in stadio avanzato vengono offerte degli svaghi e giochi tramite dei comunicatori e computer a comandi oculari.

Ed infine: dormire bene, e se ci sono difficoltà a riguardo, consultare le regole dell’igiene del sonno (vedi ” IGIENE DEL SONNO 2.0 “).

Forse non riusciremo pienamente a vincere sempre l’ansia, ma sicuramente possiamo imparare a controllare l’ansia, lo stress e le preoccupazioni.

E con ciò, carissimi lettrici e lettori, curiamo la malattia di Parkinson; cioè, comprendendo le nostre ansie riduciamo i sintomi del Parkinson, rendiamo meno gravi tremori e blocchi motori.

Provare per credere.

N.B.: poi ci sarebbero le “ferite dell’anima”; ma di queste parliamo un’altra volta.

 

Fonti bibliografiche:

Blundell EK, Grover LE, Stott J, Schrag A. The experience of Anxiety for people with Parkinson’s disease. NPJ Parkinson’s Disease, 2023; 9(1): 75 doi: 10.1038/s41531-023-00512-1.

Forbes EJ, Byrne GJ, O’Sullivan JD, Yang J, Marsh R, Dissanayaka NN. Defining atipical anxiety in Parkinson’s disease. Movement Disorders Clinical Practice 2021; 8(4): 571-581.

Zwanzger P, Ehlich B. Psychische Stoerungen: Therapie von Angsterkrankungen. Neurotransmitter 2023; 34(5): 31-37.

VECCHIO FARMACO ANTI-PARKINSON EFFICACE CONTRO LA SLA? di Kai S. Paulus

(Pillola n. 41)

Vecchio farmaco anti-Parkinson efficace contro la Sclerosi Laterale Amiotrofica?” si chiede Thomas Mueller nel suo recente commento su SpringerMedizin.de riferendosi alla attualissima pubblicazione dei primi risultati dello studio giapponese ROPALS condotto dal gruppo di ricercatori intorno a Sartoru Morimoto.

Gli scienziati giapponesi hanno presentato circa quattro anni fa la loro idea di studiare il farmaco Ropinirolo nella Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), una malattia rapidamente neurodegenerativa ancora orfana di farmaci che possono significativamente modificare il decorso della malattia che in pochi anni porta inevitabilmente alla morte. Ora sono stati pubblicati i primi, incoraggianti risultati.

Lo studio, nello spirito del “riposizionamento” di farmaco disponibili sul mercato (vedi “ IL RIPOSIZIONAMENTO“), si avvale di una innovativa metodica: la creazione di cellule nervose motori, quelli che si ammalano nella SLA, da cellule staminali provenienti direttamente dalle persone ammalate, iPSC, ovvero cellule staminali pluripotenti indotti. Alla fine dello studio tutti i partecipanti mostravano maggiori attività fisiche e le cellule una mortalità quasi dimezzata.

Insomma, appena un anno fa avevamo parlato di una prima terapia con anticorpi contro una variante della SLA (vedi “ SLA: FINALMENTE UN NUOVO FARMACO “) ed ora arriva questa promettente notizia, che fa molto sperare, e che è spettacolare per tre motivi: 1) l’innovativa metodica con le cellule staminali derivate direttamente dalla persona con SLA, 2) il disegno dello studio, ovvero, non si tratta di una scoperta casuale ma di un risultato ricercato e pianificato anni fa, e che non si è ancora concluso.

Ed, infine 3), quando ho letto gli articoli di Morimoto e Mueller, mi immaginavo che il mondo Parkinson viene in soccorso ad una gravissima malattia come la SLA, un’immagine quasi di fratellanza, e che dà molta fiducia. Non vedo l’ora di conoscere i risultati definitivi, le conferme da parte di altri scienziati, e soprattutto il via libera per l’utilizzo del Ropinirolo nella SLA, perché il farmaco  è già lì, sul banco delle nostre farmacie.

 

 

Fonti bibliografiche:

Morimoto S, Takahashi S, Ito D, Datè Y, Okada K, Kato C, Nakamura S, Ozawa F, Chyi CM, Nishiyama A, …, Okano H. Phase 1/2° clinical trial in ALS with ropinirole, a drug candidate identified by iPSC discovery. Cell Stem Cell, 2023; 30: 766-780.

Morimoto S, Takahashi S, Fukushima K, Saya H, Suzuki N, Aoki M, Okano H, Nakahara J. Ropinirole hydrochloride remedy for amyotrophic lateral sclerosis – protocol for a randomized, double-blind, placebo-controlled, single-center, and open-label continuation phase I/IIa clinical trial (ROPALS trial). Regenerative Therapy 2019; 11: 143-166.

Mueller T. Altes Parkinsonmittel Gegen ALS? Amyotrophe Lateralsklerose, Nachrichten, Springer Medizin 02.06.2023.

L’ANSIA di Kai S. Paulus

(Pillola n. 40)

Torniamo ad occuparci del sistema nervoso autonomo (vedi le puntate precedenti “ ATTACCO O FUGA ” e “ DISFUNZIONI AUTONOMICHE NEL PARKINSON ”) con un problema molto diffuso: l’ansia.

Tutti conosciamo l’ansia, che è una delle nostre emozioni fondamentali. Generalmente l’ansia ci mette a disagio e ci rende fragili e vulnerabili, ma in realtà essa è importante per la nostra sopravvivenza perché funge da campanello d’allarme e ci protegge da rischi e pericoli. L’ansia è una fisiologica condizione d’emergenza che mette il nostro corpo in grado di reagire, pronto a fronteggiare una situazione che richiede una risposta: siamo in grado di “attaccare”, di prendere “di petto” il problema, oppure possiamo “scappare”, evitare il confronto. Ovviamente, nella vita quotidiana le scelte non sono così drastiche e spesso manco ci accorgiamo delle nostre scelte comportamentali che compiamo frequentemente anche involontariamente, guidati dal nostro carattere.

Nello specifico, nel tentativo di conservare o ripristinare lo stato basale di equilibrio del nostro organismo, l’omeostasi, uno stimolo stressante induce nel corpo umano una risposta attraverso l’attivazione di diversi sistemi biologici, il cervello prefrontale e meso-limbico (emotivo), il sistema nervoso autonomo e l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, tre strumenti formidabili che preparano il nostro corpo all’azione e lo mettono in grado di rispondere immediatamente.

Per motivi di sintesi non vorrei addentrarmi nella complicata spiegazione dei complessi circuiti nervosi ed ormonali che stanno alla base dell’ansia e che includono fitte reti e circuiti neuronali con l’importante coinvolgimento della dopamina (circuiti meso-limbici), della noradrenalina (sistema autonomo) e del cortisolo (asse ipotalamo-ipofisi-surrene). Ma ci tenevo a ricordarvi questa meravigliosa macchina che è il nostro corpo, perfetta, capacissima, ma allo stesso tempo anche molto delicata.

In caso di stress prolungato, quando l’ansia diventa troppo frequente e compromette le nostre attività quotidiane e la nostra qualità di vita, allora l’ansia diventa una malattia e come tale va trattata. L’ansia patologica comprende i disturbi di panico, il disturbo d’ansia generalizzato, e le fobie sociali e specifiche.

 

Il disturbo di panico è caratterizzato da attacchi improvvisi e ripetuti di ansia intensa, tachicardia, vertigini e/o malessere generale: spesso, il panico è rafforzato dalla paura di avere un nuovo attacco (avere paura dalla paura).

Nel disturbo d’ansia generalizzato prevalgono eccessive preoccupazioni che vengono vissute come non controllabili, accompagnate da contratture, dolori e nervosismo; generalmente le preoccupazioni non differiscono da quelle della popolazione generale ma occupano la maggior parte della giornata (e nottata).

L’ansia sociale consiste principalmente nella paura di essere giudicati e di rendersi ridicoli e penosi pubblicamente.

L’ansia specifica è diretta verso un oggetto o situazione particolare (ragni, sangue, siringhe, ecc.) che possono essere evitate e pertanto raramente arrivano all’attenzione medica.

 

Conoscendo i sintomi dell’ansia che possono manifestarsi con malessere generale, tachicardia, sensazione di un nodo alla gola o un peso allo stomaco, dolore gastrico ed addominale, sudorazione fredda, agitazione, insonnia, sarà più facile riconoscerla e gestirla.

Infine, vanno considerate anche le cause genetiche che predispongono alcune persone più di altre ad un atteggiamento ansiogeno. Come appena pubblicato da Maija-Kreetta Koskinen e Iiris Hovatta dell’Università di Helsinki (Finlandia), la neurobiologia e la genetica dell’ansia sono attualmente oggetto di intense ricerche internazionali che ci aiuteranno a comprendere ancora meglio i meccanismi ansiogeni ed a trovare soluzioni sempre più mirate.

(segue prossimamente “ANSIA E PARKINSON”)

Fonti bibliografiche:

Koskinen MK, Hovatta I. Genetic insights into the neurobiology of anxiety. Trends in Neurosciences, 2023; 46(4): 318-331.

LA DEMENZA SI PUO’ PREVENIRE di Kai S. Paulus

(Pillola n. 39)

Sappiamo che per la prevenzione delle malattie neurodegenerative (Parkinson, Alzheimer, ecc.) ci vuole un corretto stile di vita con buone attività quotidiane e movimento, ed abbiamo già discusso l’importanza delle emozioni sulla salute cerebrale (vedi PREVENIRE LE MALATTIE NEURODEGENERATIVE?). Ma, anche la salute dell’apparato cardiocircolatorio e del metabolismo del nostro organismo sono elementi di prevenzione fondamentali.

Quindi vivere bene? Ma, per cambiare le proprie abitudini, qualora dovesse prevalere una vita sedentaria, non bisogna aspettare, la prevenzione inizia ora.

Questo dicono i ricercatori intorno a dott. Xin Xia dell’Istituto Karolinska di Stoccolma (Svezia) nel loro studio appena pubblicato nella rivista scientifica “Journal of Internal Medicine”. Da tempo si sa che movimento ed uno stile di vita corretto fa bene al cuore ed ai vasi sanguigni specialmente nelle persone di mezza età; e, meno fattori di rischio cardiovascolari ci sono, meno è il rischio di demenza. Però, non è ben chiara l’utilità di una buona salute cardiovascolare nell’età avanzata.

Titolo della ricerca svedese pubblicata il 30 maggio 2023.

Chi è arrivato agli 80 anni nonostante uno stile di vita non sano, perde negli anni successivi la sua lucidità mentale quanto una persona che ha vissuto sempre in modo sano; qua c’entra la fortuna e la predisposizione genetica. Ma, chi vive sano supera la soglia degli 80 anni con minori problemi mentali rispetto alla popolazione generale.

Ma che cos’è uno stile di vita sano?

Dott. Xia ed i suoi colleghi (come potete notare tra gli autori, in parte italiani) hanno sviluppato un Indice di Vita Semplice (score life simple 7) derivante dalla valutazione di diversi aspetti, quali attività fisica, indice corpo-massa (BMI), alimentazione, fumo, glicemia, colesterolo, pressione sanguigna, osservando 2746 persone per 15 anni, globalmente, e divise in due gruppi, sotto e sopra i 78 anni.

Il risultato è che vivendo uno stile di vita sano (buone attività fisiche, senza eccessi, valori metabolici sotto controllo) a partire dai 60 anni, garantisce, sia per le donne che per gli uomini, una riduzione del rischio di demenza.

Ma questo noi della Parkinson Sassari lo sappiamo già da molto tempo, vedi “ SIAMO QUELLO CHE FACCIAMO” e “ SIAMO QUELLO CHE MANGIAMO”.

 

In conclusione, possiamo dire che la prevenzione per la demenza, così come per il Parkinson inizia presto, molto presto, anzi, come dice Franco Simula per sottolineare l’urgenza: la prevenzione inizia ieri.

 

Fonte bibliografica:

Xia X, Qiu C, Rizzuto D, Grande G, Laukka EJ, Fratiglioni L, Guo J, Vetrano DL. The age-dependent association of Life’s Simple / with transitions across cognitive states after age 60. Journal of Internal Medicine 2023; 0: 1-12.

PREVENIRE LE MALATTIE NEURODEGENERATIVE? di Kai S. Paulus

(Pillola n. 38)

Stamattina ho partecipato ad un interessante convegno organizzato dalla FNP CISL Pensionati Sardegna, introdotto da Alberto Farina, Segretario Generale FNP CISL Sardegna, e moderato da Vannalisa Manca, Segretaria Generale FNP CISL Sassari, e da Paolo Cuscusa, Segretario Generale FNP Sardegna, e di Pietrino Fois, Amministratore Straordinario della Provincia di Sassari.

Nell’evento sono state sviscerate le varie problematiche neurologiche psichiatriche, sociali e sanitarie delle malattie neurodegenerative. Personalmente ho trovato molto interessanti gli interventi di Pina Ballore, presidente AMAS Associazione Malattia Alzheimer Sardegna, e del mio amico e collega psichiatra Paolo Milia, ASL Sassari, ed in particolare quello di Anna Maria Foresi, Segretaria Nazionale FNP CISL, difendendo la sanità pubblica, oltre alle toccanti testimonianze sulla sanità del territorio di Sassari e della Gallura. E’ stato un convegno molto cordiale con grande interesse del pubblico in una strapiena sala Angioy; peccato che non c’erano dirigenti della Sanità Pubblica.

La mia relazione riguardava l’individuazione di possibili approcci che possano ritardare, rallentare o addirittura prevenire le malattie neurodegenerative come Parkinson ed Alzheimer. Le conclusioni del mio intervento, incentrato sulla mia filosofia delle attività ricreative e della riabilitazione complementare, e durante il quale facevo vedere le tantissime attività della nostra Parkinson Sassari, erano queste che qui di seguito vi riporto:

 

“Si possono prevenire le malattie neurodegenerative?”

La risposta è sì! Lo si fa con le attività fisiche, il movimento, e le attività mentali, letture, ascolto, discussioni, la creatività. ed il divertimento. E questo dico da molto anni e questa era la ragione della fondazione della nostra associazione. Ma …

La domanda è: ma perché essere attivi mentalmente e fisicamente, dormire bene, avere degli obiettivi, e divertirsi, è così importante ed addirittura fondamentale per la gestione e prevenzione delle malattie neurodegenerative?

La risposta è: perché le attività psicofisiche, gli obiettivi, il divertimento, sono fonti di emozioni positive (buonumore, serenità, allegria, gioia, ecc.) che vengono create nel sistema mesolimbico, cioè dei circuiti neuronali situati nel centro del cervello, il mesencefalo, e nelle strutture frontali e prefrontali cerebrali.

E poi, le strategie preventive sovra esposte sono gratuite, senza lista d’attesa, semplici, sono applicabili da tutti, ovunque e comunque, ognuno/a in base alle proprie capacità ed attitudini.

Con l’elicitazione delle emozioni positive viene stimolata, e maggiormente prodotta, la dopamina (e sì, alla fine è sempre lei!). La dopamina mesolimbica è indispensabile 1) per la motivazione (che serve per progettare un obiettivo), 2) per l’azione, intellettuale o fisica, necessaria per il raggiungimento dell’obiettivo, 3) per l’apprendimento (raccolta di esperienze acquisite precedentemente e/o di nuove conoscenze), ed infine 4) per la gratificazione, cioè la consapevolezza che la volontà e l’impegno mi porteranno alla meta.

Per fare un esempio:

un bambino di 8-10 mesi vede un giocattolino appoggiato su un tavolo e per raggiungerlo deve alzarsi, ma non ce la fa. La volontà di prendere l’oggetto desiderato è talmente tanta che nel suo cervellino aumenta la dopamina che spinge il bambino a provare ad alzarsi; però il bambino cade, ma subito ci riprova di nuovo perché è motivato ad agire. Dopo innumerevoli tentativi il bambino finalmente sta in piedi e memorizza questa novità appena imparata, e che per il resto della sua vita farà automaticamente senza pensarci (finché non arriverà il Parkinson…); preso il giocatolo il bambino è contento e gratificato.

Questo esempio vale per tutte le nostre azioni, sia quelle mentali che quelle fisiche, imprese eroiche come piccoli gesti quotidiani: il meccanismo è sempre lo stesso.

L’ultima mia proiezione in sala è stato questo schema che sintetizza il concetto appena esposto:

Tutto questo viene provocato dalle emozioni positive, che però mettono in moto anche un altro meccanismo:

Le emozioni positive stimolano la neuroplasticità, ovvero la capacità del cervello di crescere, di creare nuovi circuiti, di adattarsi, di riparare (!) e di rigenerare (!), e, pensate, la plasticità del cervello porta alla riduzione della morte cellulare (apoptosi) dei neuroni (!!). Quindi le attività ludiche e ricreative riducono la morte cellulare, cioè riducono la neurodegenerazione.

Parafrasando il motto della nostra Parkinson Sassari mi viene da dire:

Prevenire si può, Vivere si deve!

 

DISFUNZIONI AUTONOMICHE NEL PARKINSON di Kai S. Paulus

(Pillola n.37)

Avete presente, quando ci si alza velocemente da una sedia e ci vengono dei leggeri e passeggeri capogiri? Ecco, questa è una disfunzione autonomica, cioè, in questo caso, una difficoltà di adattamento della pressione sanguigna al cambiamento della postura; cambia la forza con cui il cuore deve pompare il sangue per contrastare la gravità e per una frazione di secondo arriva meno sangue al cervello.

Quando invece questa situazione persiste, parliamo di “ipotensione ortostatica”, cioè di una pressione sanguigna troppo bassa quando si sta in piedi, persistono i capogiri, ci si può sentire mancare, la “lipotimia”, fino a svenire, la “sincope”, con cadute improvvise e spesso traumatiche.

Le alterazioni delle funzioni autonome accompagnano l’invecchiamento e sono presenti in tante malattie, quali il diabete mellito, le neuropatie periferiche e la malattia di Parkinson. L’ipotensione ortostatica è una delle più frequenti disautonomie neurovegetative del Parkinson e che fa parte di quelle che interessano il sistema cardiocircolatorio (ipotensione ortostatica, ipertensione supina, tachicardia, ecc.), ma ce ne sono tante altre, ugualmente importanti, che possono aggravare considerevolmente il quadro neurologico già disabilitante del Parkinson e notevolmente peggiorare la qualità di vita.

Il sistema nervoso neurovegetativo o autonomo, distinto in simpatico e parasimpatico. Copyright © 2023 Merck & Co., Inc. Rahway, NJ, USA e affiliate

Altre disfunzioni del sistema nervoso autonomo che abbiamo recentemente presentato in “ ATTACCO O FUGA“ (per rileggerlo cliccate sul titolo celeste) riguardano il tratto gastrointestinale (scialorrea, disfagia, costipazione, diarrea, ecc.), il sistema urogenitale (incontinenza e ritenzione urinaria, disfunzioni sessuali, ecc.) ed il sistema della termoregolazione (non sentire caldo e/o freddo, sudorazione eccessiva, ecc.).

Quindi, nelle prossime settimane ci occuperemo delle varie disfunzioni del sistema nervoso autonomo nel Parkinson.

“Ma perché?” vi chiederete.

E vi rispondo, perché queste problematiche sono estremamente importanti, e per i quali …

… esistono delle cure (era ora!)

 

Fonti bibliografiche:

Chen Z, Li G, Liu J. Autonomic dysfunction in Parkinson’s disease: Implications for pathophysiology, diagnosis, and treatment. Neurobiology of Disease, 2020; 134: 1-18.

Doolittle JD. Could treatment of autonomic dysfunction in early and prodromal Parkinson’s disease slow disease progression. Journal of Neurophysiology, 2023; 129(6): 1279-1281.

Stewart CB, Ledingham D, Foster VK, Anderson KN, Sathyanarayana S, Galley D, Pavese N, Pasquini J. The longitudinal progression of autonomic dysfunction in Parkinson’s disease: A 7-year study. Frontiers of Neurology, 2023; doi 10.3389/fneur.2023.1155669

ATTACCO O FUGA di Kai S. Paulus

(Pillola n. 36)

Il nostro sistema nervoso ci fa pensare e muovere ed è molto complesso, comprendendo il cervello, il midollo spinale ed i nervi periferici. Ma accanto a questo sistema “normale” ne esiste uno “parallelo”, il cosiddetto sistema nervoso autonomo, che si occupa della regolazione ed il controllo dei visceri, del sistema cardiocircolatorio e delle emozioni.

Il sistema nervoso autonomo, detto anche involontario oppure vegetativo, agisce fuori dal controllo della volontà ed è responsabile per la corretta attività del cuore, dei vasi sanguigni e dei visceri, ed influenza l’attività della maggior parte degli organi del nostro corpo. Questo sistema, situato ai lati del midollo spinale lungo delle catene di gangli, stazioni nervose periferiche, regola la pressione del sangue, l’attività gastrointestinale, la vescica, la vista, la termoregolazione e sudorazione, fame e sete, e tante altre attività.

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Il sistema nervoso autonomo viene suddiviso in due sottosistemi, il sistema simpatico che mette in allerta l’organismo per l’attacco o la fuga (aumento della pressione, della frequenza cardiaca, dilatazione delle pupille, sudorazione, ecc.), ed il sistema parasimpatico che invece è responsabile delle funzioni corporee di base (tutto quello che succede dentro il nostro corpo mentre, per esempio, dormiamo oppure siamo seduti a leggere un libro), e quelle digestive.

La funzione di questo sistema nervosoparallelo” si base principalmente su riflessi condizionati da informazioni sensoriali provenienti dalla periferia del corpo.

Le principali funzioni del sistema nervoso simpatico e parasimapatico

Per esempio, lungo i principali vasi sono disposti dei recettori che captano la pressione con cui scorre il sangue al loro interno. Se la pressione sanguigna diminuisce, questi recettori segnalano il cambiamento alle strutture cerebrali situati nell’ipotalamo e nel tronco encefalico, che in risposta determinano l’aumento della frequenza cardiaca e la vasocostrizione periferica per riportare la pressione sanguigna a valori normali; diversamente, in caso di pressione alta, si verifica un rallentamento del ritmo cardiaco ed una vasodilatazione periferica per abbassare la pressione.

Il sistema nervoso autonomo sta sotto il controllo della corteccia cerebrale e del sistema limbico e pertanto è strettamente collegato alle emozioni. Troppo complicato?

Faccio un esempio che conosciamo tutti: quando siamo imbarazzati arrossiamo in faccia, vero?

L’imbarazzo origina nelle aree frontali e limbiche che lo segnalano all’ipotalamo che quindi procede alla vasodilatazione dei capillari del viso, segnalando che siamo pronti all’azione, reazione emotiva ancestrale sopravvissuta durante l’evoluzione dell’essere umano. Quindi, l’arrossamento del nostro viso significa un segnale di pericolo per gli altri; oggi ci vergogniamo perché il nostro corpo segnala delle emozioni che non vorremmo far conoscere.

Ora che abbiamo compreso la complessità e l’importanza del sistema nervoso autonomo, possiamo immaginare a che deficit, disagi e problemi possiamo andare incontro quando questo sistema non funziona correttamente.

Come, per esempio, nella malattia di Parkinson. Ma di questo vi riferirò un’altra volta.

La complessa rete dell’innervazione degli organi da parte del sistema nervoso autonomo. Copyright 1983 Ciba Geigy Cooperation