Volare si Può, Sognare si Deve!

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La MORTE di Paolo Marogna – testo di Franco Simula


 La morte. Paolo aveva evocato la morte in tante delle sue  bellissime poesie che aveva composto negli anni raccogliendo quel che a mano a mano gli dettava il cuore fino a trovare riuniti in poco più di quaranta umili paginette i segni connotativi di una filosofia semplice  fatta di “mille domande a cui non sai rispondere o meglio di cui temi  la risposta”. Non omnis moriar ( non morirò interamente) diceva  Orazio pensando certamente all’immenso patrimonio poetico lasciato  in eredità ai posteri . Paolo, che spesso aveva chiamato la morte come un rifugio sicuro non verrà obliato del tutto perché uno scrigno  prezioso, contenente i suoi versi malinconici e a volte tragici, ci  riproporrà per sempre i suoi momenti lieti, le sue riflessioni tristi, le  sue sofferenze patite in silenzio perché Paolo era di grande dignità  anche nel dolore. 

 Qualche mese prima della morte di Paolo avevo cominciato a  scrivere qualche riflessione sul mio incontro con Paolo persona e con  Paolo poeta di cui avevamo cominciato a pubblicare le poesie con  brevi commenti sul sito dell’Associazione Parkinson, poi avendo notato una certa assuefazione alla poesia di Paolo che sembrava non  rappresentare più un evento letterario, rimandammo la pubblicazione dei testi poetici a tempi migliori. La morte di Paolo si è assunta  l’onere di anticipare questi tempi. Ora Paolo si trova nello spazio  infinito che a lungo ha desiderato occupare,più in alto del sole e delle  stelle. Lì potrà vivere la libertà assoluta sognata per una vita,  lì incontrerà i venti con cui colloquiava quotidianamente e da cui  aspettava risposte alle tormentate domande che lo assillavano, lì  riproverà” a non perdere il piccolo piacere malato di restare solo”. Lì  troverà il “Dio di Misericordia” e gli chiederà “Dove eri tu…quando la  terra ha tremato…e una trave…mi ha schiacciato…e con me il mio  domani e quello dei miei bambini. Io sono morto e son venuto a  cercarti per sapere il PERCHE’.” E vorrei anche rivolgerti tutti i perché  incomprensibili che avvelenano questo mondo: i bambini innocenti che muoiono di malattie e di fame senza colpa alcuna; le persone e le  cose che si rivoltano contro, quasi mi dispiace di non credere più in  un Dio da pregare o bestemmiare”. 

L’incontro con Paolo ha avuto momenti scanditi da particolari unici e  significativi. Meraviglioso. Dal silenzio più profondo, che appariva  come l’atteggiamento a Lui più congeniale, al più clamoroso ed  eclatante dei risvegli. Due brani di poesia presentati una sera in maniera un po’ movimentata, hanno costituito “l’incipit” della sua  rivelazione come poeta. Due poesie fra le più belle -a mio giudizio,  delle quarantanove poesie ( compresa una dedicata agli amici Tonino  e Adelaide per i 50 anni di matrimonio) contenute nella attuale  provvisoria raccolta che, per non velare assolutamente la propria  condizione di uomo sofferente, ha voluto intitolare Casa Parkinson.  Siamo nel 2019, Paolo Marogna; da circa due anni frequenta  l’Associazione Parkinson ma non mette in evidenza nessuna  particolare propensione salvo quella connessa alla sua professione di  commercialista che gli consente di rendersi subito utile  all’associazione attraverso la compilazione del bilancio annuale.  Nessun indizio, invece, che possa far pensare a un Paolo Marogna  letterato, appassionato lettore di buoni romanzi e con sorpresa di tutti poeta. Poeta delicato, sensibile,dal linguaggio semplice quasi naif, ma  dalle riflessioni profonde che afferiscono ai problemi che tormentano  maggiormente il pensiero umano; dalla morte all’amore in tutte le sue svariate sfaccettature, dalle incomprensibili sofferenze degli innocenti alle catastrofi che in un attimo cancellano dalla faccia della terra  migliaia di persone ignare del triste destino che le aspetta. Il tratto  comune che caratterizza tutte le poesie è quello costante della  semplicità: sembrano conversazioni confidenziali fatte al bar con un  amico.  

 Una sera, dunque, Paolo arriva nel salone dove si tengono le varie  esercitazioni programmate, tiene qualcosa in mano ma non si riesce a stabilire con esattezza di che cosa possa trattarsi: sembra una busta.  Durante uno dei tanti movimenti che gli sono necessari prima di  sedersi, la busta gli cade dalle mani, qualcuno si precipita a  raccogliere “l’oggetto” che sembra essere molto prezioso. Paolo,  ringraziando, riprende la busta, la depone sul piano di una sedia e ci  si siede sopra. Stavolta finalmente è sicura. 

 Non so proprio se quella sera Paolo abbia pensato più al contenuto  della sua busta che al Vecchio Frak, il quale sempre elegante ma  ormai rovinato e disperato si lascia scivolare nelle acque del fiume.  Certa è una cosa, appena finita la lezione del canto, Paolo prende la  preziosa busta che ha persino rischiato di perdere e, vincendo la sua  naturale ritrosia, mi viene incontro e consegnandomi la busta  “Leggile-mi dice- ci sono due mie poesie vedi se vanno bene”. E  sapendo che sono un ex insegnante di lettere, con grande umiltà (altro suo segno caratteristico) aggiunge:”Se c’è qualcosa da correggere fallo pure con la massima libertà”. 

Fatta qualche eccezione per la punteggiatura -che peraltro  rappresenta un aspetto molto soggettivo della grammatica italiana- i  concetti dei vari brani poetici erano semplici, lineari, chiari, non  davano adito a interpretazioni controverse mentre inducevano a ulteriori riflessioni. In mezzo alla confusione dell’uscita rimando  l’apertura del plico, ma appena arrivato a casa apro il prezioso  scrigno e trovo le poesie di cui parlavo poco prima , ancora col titolo  provvisorio di “Considerazioni”: in una successiva catalogazione più  razionale prenderanno rispettivamente il titolo di “Maestrale” e  “Compagni di Viaggio”. Due delle poesie più belle del compendio  -dicevo poc’anzi- rappresentano una,”Maestrale”, una metafora della  vita fatta di prove, vittorie, sconfitte e con una sola allusione, il vento  di Maestrale, a quella che è stata la passione di una vita il volo su  quegli aerei ultraleggeri da diporto, che costituivano il suo mondo  fatto di libertà, aria libera. La seconda poesia “Compagni di viaggio”  rappresenta un programma di vita in cui due persone che vivono  insieme -due coniugi, due amici, due parenti- cercano la giusta strada  anche se non sempre è la più facile. Ma per trovarla bisogna anche…  saper tornare indietro quando ci si accorge di aver preso quella  sbagliata”. Questo è il Paolo ottimista che vede cieli sereni, che spera  ancora nel futuro; ma presto sentirà “tutta la tristezza e la malinconia di un mondo che si dissolve”, come una vela che si allontana sul mare  di cui si ha certa solo la partenza, Mentre il ritorno è solo una  speranza”. 

 Franco Simula

Elenia – La fisioterapia – Il Parkinson Testo di Franco Simula

 


Elenia, attuale docente di fisioterapia, prevalentemente on-line, ci chiede di sapere che cosa ci aspettiamo da questo tipo di esercitazione soprattutto in relazione al fatto che chi ne usufruisce è colpito dalla malattia di Parkinson.
Il fine ottimale che vorremmo poter conseguire sarebbe la guarigione dalla malattia condizione sino ad oggi impossibile da ottenere La ricerca in campo neurologico sta facendo dei progressi impensabili sino a qualche mese fa, ma la soluzione approssimativa o definitiva ancora non esiste, siamo ancora alle cure sintomatiche che arginano, rallentano ma non risolvono. Che cosa è capitato a noi ammalati di Parkinson? E’ capitato che un bel giorno ci è stata diagnosticata la malattia ma i sintomi non erano molto evidenti: il tremore era leggero, lo squilibrio e la rigidità dei movimenti solo accennati e saltuari, i segnali di freezing solo episodici, le distonie non frequenti e di breve durata. In questo modo la malattia è andata avanti per anni senza segnalare all’ammalato concreti evidenti e repentini aggravamenti. La metabolizzazione del male è avvenuta per piccole dosi evidentemente ancora sopportabili dall’organismo già ammalato. Ma quando poi, accade un evento eccezionale come la pandemia del 2019, allora anche la malattia precipita in caduta libera. La mancanza di rapporti sociali consolidati, la scarsità di movimento, il conseguente aumento di peso corporeo, inducono a “dimenticare” le cose acquisite di recente. Insomma un tracollo da guerra mondiale guerreggiata con le armi; con la differenza che per le strade non ci sono macerie ma di morti ce ne sono milioni. Oggi con la fisioterapia, dobbiamo cercare di recuperare tutto o almeno una parte del patrimonio che abbiamo perduto: lentamente e con sofferenza. Dobbiamo riequilibrarci. Dobbiamo riabilitarci. Dobbiamo riacquistare gli automatismi perduti.

Franco Simula


 

MALATTIA DI PARKINSON – GRANDI NOVITA’ di Kai S. Paulus

Parkinson grandi novità

Il numero di questo mese della rivista tedesca “Der Nervenarzt” (trad. ‘Il neurologo’) si occupa delle grandi novità terapeutiche che aspettano le malattie neurodegenerative a partire dall’anno nuovo. Nel loro editoriale i due neuroscienziati Johannes Levin e Wolfgang Oertel presentano l’epocale cambiamento dell’attenzione scientifica, e cioè il passaggio dalla presente terapia sintomatica alla nuova terapia mirata alla modificazione del decorso della malattia.

Attualmente si riesce unicamente a trattare i sintomi, a ridurre il tremore, la rigidità ed a migliorare l’equilibrio, ma purtroppo nessuna delle medicine utilizzate modifica minimamente il decorso progressivo della patologia neurodegenerativa.

Sin dall’introduzione della levodopa negli anni ’60 (vedi l’articolo “C’era una volta … la Levodopa”, archivio ottobre 2021) sostanzialmente non è successo granché: certo, si sono aggiunti i dopaminoagonisti (Neupro, Mirapexin, Requip) e gli inibitori enzimatici (Jumex, Azilect, Aidex, Roldap, Rasabon, Tasmar, Xadago, Ongentys) che hanno permesso di ridurre le quantità di Levodopa (Sirio, Madopar, Sinemet) assunta, ma la malattia continua a seguire il suo corso e periodicamente si rendono necessari adattamenti farmacologici per affrontare l’accentuazione di tremore, rallentamento motorio, e freezing, con spesso non soddisfacenti risultati. Quando cerco di spiegare il Parkinson, prendo come esempio un secchio bucato, che perde il suo contenuto; per questo motivo inizia la nota disabilità. Aggiungendo la levodopa posso riempire il secchio, e quindi momentaneamente migliorare la situazione, con gli inibitori enzimatici posso raccogliere una parte di ciò che perde, ma il secchio continua a perdere ed a rompersi sempre di più; così stanno le cose attualmente. Ma adesso è giunta l’ora di riparare questo secchio.

E le cose effettivamente stanno cambiando. In “Der Nervenarzt” (12/2021) vengono riassunte le nuove opzioni farmacologiche delle maggiori malattie neurodegenerative, quali la malattia di Alzheimer, la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), ed il nostro nemigu, il rapace infingardo, la malattia di Parkinson.

Parkinson grandi novità

Articolo “Terapie neuroprotettive nelle sindomi parkinsoniane idiopatiche, genetiche ed atipiche con patologia della alfa-sinucleina” (Der Nervenarzt 12/2021)

In particolare, nell’articolo del gruppo di ricercatori intorno a Johannes Levin e Wolfgang Oertel vengono illustrati i nuovi approcci terapeutici per il Parkinson, che qui di seguito vorrei riassumervi. Complessivamente vengono elencati 36 farmaci (!) attualmente in studio con potenziali capacità ‘patologia modificanti’, di cui molte ricerche si trovano in fase II e III, ovvero sperimentate non più in laboratorio ma in esseri umani.

Questi farmaci agiscono su diversi meccanismi cellulari con l’obiettivo di modificare, rallentare e ridurre il Parkinson.

  • Riduzione di alfa-sinucleina

Alla base del Parkinson sta l’accumulo degli scarti di una proteina essenziale per i processi di immagazzinamento, di trasporto e di liberazione della dopamina, l’alfa-sinucleina (ASYN); tale accumulo è dovuto ad un difetto dei sistemi di smaltimento, in particolare quelli lisosomiali e del sistema proteasoma-ubiquitina (UPS), insomma, la nettezza urbana cellulare. L’accumulo della alfa-sinucleina alterata è dannoso per la cellula nervosa, il neurone, che si difende raccogliendo tali scarti in dei veri e propri sacchi di mondezza, i cosiddetti corpi di Lewy. Quindi, siamo salvi?

Per niente, siccome gli scarti aumentano sempre di più, il neurone produce sempre più sacchi di rifiuti che riempiono la cellula rendendo impossibile il suo corretto funzionamento. E la funzione principale dei neuroni nigrostriali, quelli principalmente colpiti nel Parkinson, è quella di liberare dopamina per la corretta trasmissione dell’informazione neuronale all’interno del sistema motorio. Quindi, i neuroni, da un lato, danneggiati dall’effetto tossico della alfa-sinucleina, e dall’altro, ingolfati dai corpi di Lewy, non riescono a svolgere il loro lavoro ed il sistema motorio si altera.

Ma se si potesse ridurre la sintesi di alfa-sinucleina …

Ed è esattamente questo a cui si sta lavorando. Per esempio, si cerca di bloccare il gene SNCA, responsabile della produzione di alfa-sinucleina (ASYN); questo avviene tramite la terapia ‘antisense oligonukleotid’ (ASO) che blocca questo gene sul RNA, cioè la catena molecolare che copia, ogni volta che serve, l’informazione dal nostro codice genetico, il DNA. Con questa metodica sono in corso diversi studi su pazienti, con iniezione intracranica mensile della ASYN-ASO “BIIB 101”, e siamo in speranzosa attesa di conoscere i risultati.

segue con MALATTIA DI PARKINSON – GRANDI NOVITA’ [2]

MALATTIA DI PARKINSON – GRANDI NOVITA’ (2) di Kai S. Paulus

Grandi novità

(seguito di LA MALATTIA DI PARKINSON – GRANDI NOVITA’)

  • Inibizione di aggregazione

Ridurre o impedire la formazione degli aggregati tossici di alfa-sinucleina porta inevitabilmente ad una riduzione della malattia. Per questo, si sta lavorando a diverse sostanze biologiche e di sintesi in grado di interagire con tali aggregati. Per verificare efficacia, tollerabilità e possibile via di somministrazione, è in corso uno studi con 300 persone con Parkinson con il farmaco “UCB-0599”; ed in un altro studio clinico viene testata la sostanza “Anle 138b”. Precedentemente si è osservato in modelli animali per entrambi i farmaci una riduzione della patologia e miglioramento del quadro clinico, il che fa ben sperare.

  • Riduzione di ferro intracerebrale

Il ferro gioca un ruolo importante nel metabolismo delle cellule cerebrali, e si è osservato che nel Parkinson si forma un accumulo di ioni ferro nella sostanza nera, crocevia del sistema motorio e punto di partenza del Parkinson, cioè della via nigrostriatale dopaminergica. Tali ioni ferro posseggono un potenziale altamente neurotossico oltre a favorire l’aggregazione della alfa-sinucleina, non lasciando quindi scampo al nostro neurone che si deve arrendere. Pertanto, si stanno studiando delle sostanze che possano rimuovere tale ferro in eccesso. Uno di questi chelanti è il PBT434 che in laboratorio ed in modelli animali si è rivelato antiaggregante e neuroprotettivo.

  • Eliminazione degli aggregati extracellulari

Pochi anni fa si è scoperto che gli aggregati di alfa-sinucleina riescono ad uscire dal neurone ‘ammalato’ e ad ‘infettare’ i neuroni circostanti, contribuendo così alla progressione della malattia.

Nel tentativo di bloccare tale diffusione ci si avvale dell’immunoterapia con lo sviluppo di anticorpi diretti contro questi aggreganti vaganti, e diversi anticorpi vengono analizzati e studiati in laboratorio e negli esseri umani, con risultati promettenti; attualmente i ricercatori sono impegnati a risolvere il problema di far arrivare gli anticorpi a destinazione perché solo una piccolissima parte, circa il 2%, riesce a passare la barriera ematoencefalica e ad entrare nel cervello. Comunque, ci sono diversi candidati con buone prospettive, quali il PD10A, il vaccino UB-312 e l’anticorpo monoclonale Prasinezumab, attualmente in fase 2b dello studio PADOVA con 312 parkinsoniani.

Grandi novità

Editoriale di “Der Nervenarzt”: Terapie proteino-correlate delle malattie neurodegenerative

 

  • Potenziamento della ‘nettezza urbana’

Abbiamo visto che una delle principali difficoltà del neurone nel Parkinson è costituita dall’eliminazione dell’alfa-sinucleina alterata ed i suoi aggregati. Questo accade a causa di mutazioni dei geni LRRK2 e GBA coinvolti nelle funzioni lisosomiali (i lisosomi sono i principali ‘spazzini’ della cellula) e dei sistemi proteasoma-ubiquitina (‘centri smaltimento rifiuti’ delle cellule). Qui la ricerca è indirizzata a sostanze in grado di frenare i geni mutati o di rafforzare quelli sani. Per es., l’ASO BIIB094 inattiva il gene LRRK2, e la stimolazione di GBA aumenta le capacità dei lisosomi.

  • Riduzione del processo infiammatorio

Le malattie neurodegenerative sono accompagnate da processi infiammatori cronici che amplificano ulteriormente il quadro patologico. Gli sforzi di molti studiosi sono indirizzati verso il contenimento e la riduzione di queste infiammazioni intracerebrali, e le ricerche intorno all’inibitore della mieloperossidasi Verdiperstat sono quelle più avanzate e si trovano già nella fase 3 dello studio clinico; anche il Rituximab, un anticorpo monoclonale indirizzato contro le cellule infiammatorie CD20 ed utilizzato nei linfomi e malattie autoimmuni, si sta rivelando un promettente candidato.

 

Mentre sta nevicando sul nostro sito e le renne portano Babbo Natale dai bambini (grazie, Gian Paolo!) ho cercato di descrivervi ciò che sta accadendo in questo importante momento della ricerca neurologica, ed in particolare quella dedicata al Parkinson; si stanno aprendo nuovi scenari, impensabili solo pochi anni fa, ma che sono già realtà e che potrebbero avere prime applicazioni pratiche già nel prossimo anno (che inizia tra 18 giorni…)

LA MALATTIA DI PARKINSON E L’HERPES VIRUS di Kai S. Paulus

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Somaye mi fa sapere tramite whatsapp che è giunta in via Tempio n. 5, e pertanto esco dal Poliambulatorio per salutarla, ma non la vedo. Le rispondo col cellulare che non riesco a trovarla e lei mi manda una improbabile foto di una via Tempio n.5; mi viene il dubbio che Somaye si trovi a Sassari. Ma eccola finalmente, che saluta con le mani da lontano, evidentemente si trovava molto più giù nella “nostra” via Tempio, e mi vengono i dubbi che il numero civico del Poliambulatorio non sia realmente il 5. Anche Rosa, l’infermiera, che era uscita insieme a me portando con se i campioni, è contenta nel vederla perché fa piuttosto freddo, e noi in strada, solo in camici provenienti dagli ambulatori surriscaldati, stiamo per congelarci.

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Questo intrigante lavoro, pubblicato nel 2016, indaga possibili collegamenti tra patogeni intestinali e la malattia di Parkinson

 

Finalmente posso salutare Somaye Jasemi, la giovane ricercatrice dell’Istituto di Microbiologia inviata da Prof. Leonardo A. Sechi per recuperare i nostri campioni di sangue; con Somaye ci eravamo sinora solo scritti per mail e whatsapp senza averci mai visti prima. Lei è iraniana e non parla l’Italiano e si sarà divertita ad incontrare un tedesco che ha quasi dimenticato l’Inglese. Comunque, alla fine, con mani e gesti ci siamo capiti e la ricercatrice è tornata al suo istituto con i primi cinque campioni di sangue per lo studio del nuovo progetto sull’ipotetica influenza del herpes virus nella patogenesi del Parkinson; e quando la scienza chiama, la nostra Parkinson Sassari è sempre presente.

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Sempre nel 2016 ci siamo interrogati su una possibile stimolazione del sistema immunitario da parte del virus herpes simplex comportante un aggravamento del Parkinson

Alcuni di voi si ricorderanno, quando l’ambulatorio Parkinson era ancora in Clinica Neurologica, che partecipavamo a molte ricerche sul Parkinson, di cui alcune in collaborazione con il gruppo di ricercatori guidati da Prof. Leonardo Sechi; alcuni risultati sono addirittura finiti su riviste scientifiche internazionali.

Poi c’erano, prima, le note vicissitudini in Clinica culminati con il trasferimento dell’ambulatorio Parkinson (compreso il neurologo) dalla Clinica Neurologia al Poliambulatorio della ATS in via Tempio, e, poi, la pandemia del covid-19, e perciò per alcuni anni la collaborazione è stata interrotta, fino a ieri mattina, appunto.

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Nel 2017 esce il seguito del lavoro precedente, in cui si conferma il coinvolgimento del sistema immunitario nella patogenesi del Parkinson, ed il peggioramento del quadro clinico parkinsoniano in seguito ad infezione da virus herpes simplex.

Si riparte, quindi, con un ambizioso progetto che vuole studiare eventuali interazioni tra gli anticorpi del herpes virus con l’alfa-sinucleina, quella proteina che, quando alterata, causa il Parkinson. Allora c’erano, oltre a Prof. Sechi e me, le bravissime dottoresse Elisa Caggiu e Giannina Arru che durante una nostra Giornata Parkinson si erano presentate alla nostra Associazione illustrando i loro risultati. Ora invece ripartiamo, appunto con Somaye Jasemi della Microbiologia, e con le nostre infermieri Roberta Carfagna, Giuseppina Chessa, Maria Grazia Demartis e la congelata Rosa Simula, del laboratorio analisi del Poliambulatorio della ASSL Sassari in via Tempio (n. 5?).

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Infine, nel 2018 viene pubblicato una ricerca del gruppo sassarese su indici di infiammazione cronica nel cervello in caso di patologia neurodegenerativa, e quindi anche Parkinson, e la possibilità di poter misurare alcuni marker di tale infiammazione nel sangue, con possibili vantaggi di diagnosi e di monitoraggio.

Rivedere gli articoli scientifici, ai quali abbiamo collaborati, fa un certo effetto perché abbiamo partecipato a delle ricerche veramente interessanti e che hanno lasciato traccia nella letteratura scientifica internazionale; e poi, e ne possiamo essere orgogliosi, senza la collaborazione della nostra Parkinson Sassari questi studi non sarebbero stati possibili.

Ora dovrò studiare l’Inglese, e Somaye adesso sa dove noi supponiamo sia via Tempio n. 5.

LA MALATTIA DI PARKINSON: I GIOVANI di Kai S. Paulus

Giovani

Ieri è stato un giorno importante per la nostra Parkinson Sassari perché c’è stato il primo evento dedicato esclusivamente alle persone giovani ammalate di Parkinson. La necessità di occuparsi delle problematiche di una persona giovane con Parkinson nasce dalla crescente consapevolezza che le criticità e le esigenze degli “Under 60” sono spesso molto differenti da quelli dei nostri “veterani”. Una persona giovane che si trova nel mondo del lavoro, ad un certo punto comincia ad avere difficoltà nel compiere la propria professione con crescenti difficoltà, il che si può tradurre in riduzione di salario, rischiando anche il posto di lavoro e dovendosi occupare di prepensionamento.

Questa persona può avere una famiglia giovane con figli ancora da educare, da dare l’esempio; con i disagi motori e non motori, e con le oscillazioni del tono dell’umore anche la vita di coppia è messa a dura prova. E magari un giovane deve ancora affermarsi nella società dove le disabilità non aiutano.

Per farla breve, una persona grande con Parkinson può guardare indietro ad una vita vissuta, quella giovane invece ha ancora tanti sogni e progetti da realizzare. Avrebbe, perché il rapace infingardo non glielo vuole permettere.

E qui nascono anche le differenze della gestione terapeutica, primo, nell’individuare possibili fattori di rischio forse modificabili, e, secondo, la scelta dei farmaci indirizzati a mantenere l’efficienza familiare, sociale e professionale (per es., non si possono assumere farmaci con eventuali effetti ipotensivi o sedativi, compromettendo la guida o il lavoro, ecc.).

Giovani

La locandina della videoconferenza

Per tali motivi, la nostra Parkinson Sassari vuole creare una sezione Giovani, per dare spazio anche a queste differenti esigenze. Un punto importante, in questo contesto, riveste la genetica, perché con la conoscenza dei difetti genetici che a volte stanno alla base della malattia, si può prevedere in grandi linee il decorso patologico, ed intuire una progressione più o meno rapida. La scienza è appena all’inizio, ma qualcosa si può già fare e di questo si è parlato ieri mattina e di cui vi lascio qui di seguito un breve riassunto.

“Genetica e Parkinson”

Per un primo appuntamento tra “giovani”, ci siamo collegati alla videoconferenza sulla “Genetica e Parkinson” organizzato dalla Associazione Italiana Giovani Parkinsoniani, AIGP, capitanata da Massimiliano Iachini, con due interessantissime relazioni su questo tema tenute dal dott. Alessia Di Fonzo, direttore del gruppo di ricerca per la malattia di Parkinson del Centro Dino Ferrari e UOC Neurologia Policlinico Milano, e dalla prof.ssa Elisa Greggio, coordinatrice dell’Unità di Fisiologia, Genetica e Comportamento, Università degli Studi di Padova. Noi sardi siamo stati un rispettabile gruppetto e per l’inizio va benissimo così. Alcuni non potevano partecipare per motivi professionali, altri probabilmente, magari dubbiosi, osserveranno gli sviluppi a distanza.

 

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Dott. Alessio Di Fonzo

I due ricercatori, Elisa Greggio e Alessio Di Fonzo, hanno illustrato in modo comprensibile il panorama delle attuali conoscenze in fatto di familiarità ed ereditarietà. Le forme genetiche di Parkinson sono relativamente rare e riguardano circa un 5% di tutti i parkinsoniani, ma con una percentuale maggiore tra i giovani. Sembra che si stia appena avvistando la punta dell’iceberg e molti geni sfuggono ancora dall’essere individuati e, soprattutto, non si riesce ad elaborare l’enorme mole di dati che la scoperta dell’intero genoma umano ci ha fornito; cioè, la scienza è andato oltre le nostre capacità di comprensione ed utilizzo.

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Prof.ssa Elisa Greggio

Però, stanno emergenti alcuni dati interessanti ed incoraggianti. Per esempio, si sono individuati mutazioni di due gene, il LRRK2 (coinvolto in tanti processi di smaltimento di scarti) ed il GBA (cui mutazioni omozigoti danno origine alla malattia infantile Gaucher, invece quelle eterozigoti, cioè ereditate da un solo genitore aumentano il rischio di Parkinson), due geni le cui mutazioni causano un Parkinson ad esordio giovanile, anche prima dei 40 anni, però ad andamento molto lento e praticamente senza coinvolgimento delle funzioni mentali che invece si può osservare nel Parkinson “grande” negli stadi avanzati. Questo dato è importante, perché dà la possibilità di prevedere l’andamento della malattia con l’opportunità di programmazione delle scelte di vita future, e, pur nella “sfortuna” di essere ammalati di una malattia neurodegenerativa, avere la “fortuna” che si tratti di una variante meno invalidante.

Sorge spontanea la domanda: allora io sano, posso fare i test genetici per sapere se ho una mutazione che riguarda il Parkinson?

La risposta è: teoricamente sì.

Ma la risposta alla successiva domanda “ha senso fare uno screening genetico preventivo?” è fermamente no.

Anche una persona con familiarità per Parkinson non trarre alcun vantaggio dalla conoscenza di possibili mutazioni genetiche, perché, come detto pocanzi, la scienza è più avanti delle applicazioni pratiche; anche se conosco la mutazione, lungi dall’essere certezza di malattia, non ho armi per correggerla.

Concludendo quindi, a che serve la genetica se non aiuta a guarire?

Primo: la genetica non aiuta a guarire, ovvero, non ancora. Però, lo studio genetico è importante per capirne sempre di più e per porre le basi per future terapie.

Secondo: come abbiamo visto, i primi risultati della genetica sono incoraggianti perché permettono in alcuni casi, vedi le mutazioni di LRRK2 o GBA, di prevedere approssimativamente il corso della malattia; e questo ha risvolti molto importanti e pratici ai fini di vita familiare e professionale.

Nei saluti, Massimiliano Iachini ci fa sapere che d’ora in avanti queste videoconferenze dedicate ai Giovani dovrebbero ripetersi mensilmente. Ho subito proposto il tema del sonno (lo so, sono fissato, ma è più forte di me) e vedremo se prossimamente se ne parlerà.

Intanto l’inizio è fatto, ed ora anche le nostre ed i nostri Giovani possono iniziare a volare. Ma ricordatevi:

Volare si può, Sognare si deve!

PARKINSON: DIFFERENZE DI GENERE di Kai S. Paulus

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Già da qualche anno stiamo seguendo con molta attenzione la ricerca a riguardo delle differenze tra donne e uomini nella malattia di Parkinson.

Mi preme di intervenire nuovamente perché si sta aggiungendo un nuovo tassello.

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Sappiamo che il Parkinson differisce tra i generi per fattori di rischio, età di esordio, grado di gravità dei sintomi motori e non motori, decorso della malattia, e la sua gestione globale; il nostro “rapace infingardo”, “su nemigu”, è prevalente negli uomini con un rapporto di circa 3:2 rispetto alle donne. Questa significativa differenza occupa da molti anni la scienza internazionale, e la caccia al “perché?” è appena iniziata. Trovare la risposta non solo significherebbe comprendere meglio i meccanismi neuronali e genetici che sono alla base di questa malattia, ma ciò avrebbe enormi conseguenze in termini di terapia e prevenzione.

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Nell’attuale numero di ottobre della rivista americana Movement Disorders il gruppo di scienziati statunitensi, tedeschi e norvegesi intorno a Cynthia Kusters conferma che uno dei fattori che protegge dalla neurodegenerazione del Parkinson è la presenza di ormoni femminili, gli estrogeni, e soprattutto la durata di esposizione. Gli autori affermano che gli anni tra il menarca e la menopausa sono importanti ai fini della neuroprotezione e che ogni anno di ritardo della menopausa, e quindi la riduzione degli estrogeni, comporterebbe una riduzione di rischio di Parkinson del 7%, ogni anno (!).

Credo che questa notizia sia sensazionale e non potevo non condividerla con voi. Certo, la caccia ai tanti ‘perché’ è ancora molto lunga, ma possiamo contare su ottimi cacciatori.

Piccola osservazione: nel loro editoriale Ziv Gan-Or e Nicholas W. Wood distinguono tra il sesso (biologico) ed il genere (auto-definito). Verosimilmente un segno del tempo, visto che oltreoceano hanno autorizzato recentemente passaporti con la possibilità di genere X.

fig2Font bibliografiche:

Gan-Or Z, Wood NW. Mendelian Randomization Studies: A Path to Better Understand Sex and Gender Differences in Parkinson’s Disease? Movement Disorders 2021, 36(10): 2220-2221

Kusters CDJ, Paul KC, Folle AD, KeenerAM, Bronstein JM, Bertram L, Hansen J, Horvath S, Sinsheimer JS, Lill CM, Ritz BR. Increased Menopausal Age Reduces the Risk of Parkinson’s Disease: a Mendelian Randomization Approach. Movement Disorders 2021, 36(10): 2264-2272.

AI RESPONSABILI DELLA SANITÁ IN SARDEGNA – testo a firma dei Presidenti delle Associazioni Parkinson della Sardegna


Siamo i Presidenti delle Associazioni Parkinson della Sardegna. Abbiamo la grande responsabilità di rappresentare le esigenze dei numerosi malati nell’ambito del nostro territorio, evidenziando che la nostra é una Patologia cronica, neuro degenerativa e invalidante.

Desideriamo formulare un nuovo e sentito appello alle diverse realtà politiche, ai responsabili della Sanità regionale, alle forze sociali, affinché prestino maggiore attenzione alle disabilità e pongano rimedio ai disagi della comunità dei malati di patologie neuro degenerative, portando a compimento l’attuazione del PNC (Piano Nazionale Cronicità).

Tale piano, in notevole ritardo attuativo nella nostra regione, permetterebbe, se realizzato, di ridurre le evidenti disuguaglianze nell’accesso alle cure e assicurerebbe parità di assistenza mediante l’integrazione di tutti quegli interventi socio-sanitari volti al miglioramento del quadro clinico.

All’interno del PNC sono previsti i PDTA, (Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali) che permetterebbero agli operatori sanitari e ai pazienti di organizzare in maniera individualizzata le modalità assistenziali, includendo tutti gli interventi multi professionali e multidisciplinari necessari al miglioramento della qualità della vita degli assistiti e permetterebbero inoltre una migliore e più efficiente distribuzione delle risorse economiche e un più efficace sostegno alle famiglie.

Pertanto, chiediamo che vengano costituite su tutto il territorio regionale unità polifunzionali e multi professionali in grado di garantire pronta e adeguata assistenza alle persone colpite dalla patologia e ai loro familiari.

Antonello Congiu – Cagliari

Gianpiera Deiana – Nuoro

Roberto Ledda – Carbonia

Marco Balbina – Alghero

Dora Corveddu – Sassari

Questa è la nota che i cinque presidenti delle Associazioni Parkinson della Sardegna hanno fatto pervenire al Consigliere Regionale On. Michele Ciusa del M5S. L’on. Ciusa che aveva partecipato alla manifestazione organizzata da Associazioni di ammalati, organizzazioni sindacali, rappresentanti di operatori ospedalieri, ha chiesto di voler incontrare una rappresentanza dei partecipanti alla manifestazione per conoscere i contenuti essenziali delle loro richieste. Dall’incontro è emerso quanto segue: Cagliari 11 ottobre 2021 In data odierna siamo stati convocati presso il palazzo della Regione Sardegna dal consigliere regionale dott. Michele Ciusa che si è mostrato particolarmente colpito dalla partecipazione unitaria delle Associazioni Parkinson della Sardegna, durante la manifestazione per la difesa della Sanità svoltasi il 24 settembre u.s. a Cagliari. L’interesse dell’on. Ciusa ha determinato in Lui l’esigenza di voler approfondire la conoscenza di questa patologia e delle relative problematiche che gli ammalati riscontrano quotidianamente. Le delegazioni di Cagliari e del Sulcis-Iglesiente, in rappresentanza di tutte le Associazioni sarde hanno esposto le criticità che la scarsa organizzazione della Sanità della Sardegna, maldestramente e spesso incoscientemente, aggravano le condizioni dei pazienti rendendo poco agevoli e spesso più difficili i percorsi di cura gravando sulla loro qualità della vita. Il consigliere ha mostrato particolare attenzione e sensibilità alla nostra sollecitazione di mettere in atto quanto prima i contenuti dei P.D.T.A. sottolineando l’importanza della multidisciplinarietà al fine di poter affrontare le complessità rilevabili dal quadro clinico dei pazienti Parkinson. Si è evidenziata l’importanza della collaborazione in equipe per la formazione di futuri medici che potrebbero così vedere l’ammalato in un contesto più ampio, nella complessità della patologia e non limitato al proprio corso di specializzazione; infine considerato il numero degli ammalati di Parkinson sempre in costante aumento, si evidenzia l’urgenza e l’importanza di apportare i cambiamenti sin qui suggeriti invitando la sanità regionale ad effettuare un riscontro statistico, peraltro di facile e rapida attuazione. Il consigliere ha dimostrato di condividere le nostre difficoltà, si è riservato di approfondire l’argomento, di farne oggetto di una interrogazione consiliare e di far conoscere la particolare situazione all’Assessorato competente in maniera dettagliata. Ringraziando il consigliere Ciusa per il suo spontaneo interessamento, lo abbiamo salutato con la promessa di risentirci al più presto.


La Morte di LILIANA CANO – Testo di Franco Simula

Liliana Cano, l’Ultima Cena, acrilico su tavola dim. 300x100cm. Presso Antico Convento Francescano in Ittiri

Giovedì 2 settembre 2021 è morta l’artista pittrice Liliana Cano Ad ottobre avrebbe compiuto 97 anni ma sino a qualche settimana fa dipingeva ancora con lo spirito gioioso che ha sempre contraddistinto il suo lavorare. Per lei dipingere era star bene, manifestare spontaneamente il proprio talento. Era di una semplicità disarmante e di una complessità insondabile. “Come fai Liliana a dipingere queste storie belle, a raccontare queste epopee di persone e popoli con un tripudio di colori così dolcissimi e folli”? “Così! Mi viene spontaneo come un gioco. Quando io dipingo sto bene, dipingere per me è come un gioco per i bambini”. Nelle numerosissime circostanze in cui Liliana ha ricevuto premi e riconoscimenti di sommo livello, alle domande: come fai, cosa senti, la risposta era sempre la stessa di una disarmante semplicità e di una complessità impenetrabile. Sino ad ora. Ma ormai Liliana è morta. Non potrà più aggiungere niente a ciò che ha già detto. Da questo momento inizierà l’analisi sistematica e approfondita delle sue opere, di tutte le sue opere. In una intervista rilasciata all’ANSA raccontava:” Sono ancora qui a contare i miei anni…” Ma a P. Francesco Sechi, suo Mentore ispiratore spirituale del ciclo pittorico francescano confidava :” però mi piacerebbe tanto assistere all’inaugurazione del costituendo Museo francescano d’arte moderna Liliana Cano”. Purtroppo la burocrazia italiana a tutti i livelli, statale, regionale, comunale è così lunga e farraginosa che neppure la lunga vita di Liliana è stata sufficiente a permettere in tempi utili l’allestimento del museo che sarà impiantato a Ittiri nei locali dell’ex Monte Granatico, già affidati in comodato d’uso perpetuo dal Banco di Sardegna al costituendo Museo. Attualmente in questi locali sono ospitati l’ufficio di Stato Civile e l’Anagrafe del Comune di Ittiri, che dovrebbero essere trasferiti assieme a tutti gli altri uffici, “quanto prima”, nel vecchio caseggiato della Scuola Elementare già decorosamente ristrutturato. Da qualche anno, Ittiri era diventato per Liliana l’epicentro della sua attività artistica. L’idea prospettatale da P. Francesco Sechi, di costituire un centro museale che raccogliesse tutte le sue opere in un centro che doveva sorgere proprio di fronte alla chiesa di S. Francesco a Ittiri, era stata accolta da Liliana con grande entusiasmo. Con lo stesso entusiasmo con cui veniva accolta da Lei qualsiasi proposta di lavoro dai più significativi (La Trasfigurazione di Gesù-9,60x 4,30 Chiesa di S. Francesco- Ittiri) ai piccoli bozzetti che improvvisava suggeriti dalle circostanze estemporanee. Bastava essere forniti di un album da disegno e una “pilotina” che era in grado di occupare gli spazi temporali in un qualsiasi pranzo campestre fra una portata e l’altra per “creare” in successione decine di “giochi” fatti di sapienti tocchi che diventavano altrettanti piccoli capolavori. Io l’ho incontrata e conosciuta a Ittiri negli anni che coincidono con l’attività più fervida e creativa del periodo 2008 2018 e con le celebrazioni, organizzate dall’ associazione S. Francesco (costituita nel 2008) per pensare, curare e organizzare adeguate ricostruzioni storiche e culturali e organizzare la gestione della Biblioteca francescana. L’attuale Biblioteca Francescana contenente prevalentemente libri di carattere religioso e inoltre risalenti a secoli passati non avrà più una gestione propria, che comporterebbe un gravame economico eccessivo per una associazione culturale. In prospettiva è prevista una fusione con la biblioteca comunale che utilizzerebbe gli spazi del convento adeguatamente ristrutturati per offrire una biblioteca moderna fruibile integralmente dalle più svariate categorie di fruitori con differenti preparazioni culturali. Nella circostanza della morte di Liliana sono stati tracciati dei profili biografici che raccontano della vita e delle opere dell’Artista, che sono numerosissime: dalle pareti della Chiesa di S. Lussorio a Oliena, al murale di Bono sui moti angioiani, il “Paesaggio provenzale” donato al museo dell’Hermitage di Pietroburgo, molte altre opere sono state presentate dai vari biografi. Scarso o nessun rilievo è stato riservato alla notevole produzione realizzata a Ittiri e destinata al Museo Francescano di Arte Moderna Liliana Cano. Si tratta di un complesso di circa 100 tavole o tele in acrilico per oltre 200 mq. di lavori che costituiscono un corpus riconducibile al periodo 2008- 2018 . Nel dettaglio faranno parte del Museo 34 Tavole che illustrano ciascuna uno dei 34 Canti dell’Inferno della Divina Commedia di Dante; alcune tavole sparse raffiguranti la Decollazione di S. Giovanni, la fuga in Egitto, Santa Maria di Magdala, un Autoritratto dell’Artista. Ancora troveranno collocazione nel Museo le Lodi del Siracide a S. Francesco (10 tele) ,le Preghiere di S. Brigida (7 tavole). Nella Chiesa di S. Francesco é raccolta una parte significativa della produzione artistica di Liliana: lì attraverso un personale percorso mistico scaturito dalla lettura dei testi del Vecchio e del Nuovo Testamento e dagli scritti su Francesco d’Assisi sembra che Liliana voglia raccogliere l’essenza di un cammino di fede impreziosito da una palpitante e sofferente Crocifissione cui fanno corona gli apostoli come Testimoni, lì troneggia l’imponente e maestosa Trasfigurazione di Gesù che conferisce una luce suggestiva all’ambiente riservato alle celebrazioni Eucaristiche. All’interno del Convento nello spazio attualmente riservato alla biblioteca, è dipinta un’Ultima Cena di gradevolissima visione, in spazi contigui è riportato l’itinerario di S. Francesco rappresentato da un complesso di 22 tavole. La produzione di Liliana si completa con un dipinto eseguito a Sassari nella Chiesa di Cristo Redentore raffigurante I Discepoli di Emmaus. Tutte queste opere aspettano di essere ricollocate in spazi adeguati, naturalmente come previsto dalle modalità di conservazione previste per le opere d’arte e adeguatamente studiate ed esaminate dagli esperti d’arte. Le 22 tavole comprendenti l’itinerario di S. Francesco ispirate agli scritti di Tommaso da Celano, sono riprodotte in un opuscolo pubblicato in occasione della messa a dimora delle Tavole di Liliana Cano nel 400° anniversario della Fondazione dell’Antico Convento. Il testo contiene una presentazione critica delle tavole dello studioso dell’arte prof. Aldo Sari e una originale intervista a Liliana. Il libro – quasi uno scrigno unico – è ulteriormente impreziosito dalle poesie che il poeta ittirese Giovanni Fiori ha composto ispirandosi alle Tavole di L. Cano; contiene, infine, la delibera del Consiglio Comunale di Ittiri con l’Attribuzione della Cittadinanza Onoraria a Liliana Cano. Sabato 9 ottobre 2021, nella Chiesa di S. Francesco in Ittiri , è stata celebrata una Messa in suffragio di Liliana. Il celebrante p. Francesco Sechi ha ripercorso, con accenti a tratti commossi l’itinerario spirituale compiuto da Liliana alla ricerca di approdi dello spirito più prossimi a una dimensione trasfigurata e ultraterrena dell’ arte. (f.s.)

La neoeletta Presidente Dora Corveddu presenta l’Associazione Parkinson Sassari a la “Notte dei Ricercatori”

Buongiorno a tutti.
Mi presento: sono Dora Corveddu, Presidente neo eletta dell’Associazione Parkinson Sassari e sono felice di rappresentarla in questa importante occasione della “Notte dei Ricercatori” Saluto gli organizzatori, tutti i presenti e tutti coloro che rendono possibile questo importante evento ( prof. Pier Andrea Serra, la dott. Stefania Bagella e tutti coloro che operato per organizzare tale evento ) e che vogliono dar voce a coloro che quotidianamente vivono una condizione di debolezza e fragilità perché affetti da una patologia più o meno importante. In particolare voglio attirare l’attenzione su coloro che sono affetti dal morbo di Parkinson, ma anche a coloro che vivono la malattia come portatori sani della malattia , per usare una felice espressione coniata da un nostro amico per definire i Caregivers.
Negli anni la malattia ci è stata raccontata da illustri specialisti che ce ne hanno spiegato l’eziologia, gli effetti sul cervello umano, i sintomi e l’evoluzione. Ci hanno prescritto farmaci e consigliato regole di vita quotidiana.
Nei vari incontri a carattere scientifico abbiamo potuto chiedere chiarimenti sui molteplici aspetti attraverso i quali la malattia si manifesta, subdolamente si insinua nel corpo e nell’anima dei nostri ammalati e altrettanto subdolamente si modifica e crea devastanti condizioni, spesso irreversibili. Ma nonostante le grandi competenze dei neurologi di riferimento, nonostante le accurate informazioni scientifiche e le rassicurazioni sull’efficacia delle terapie di ultima generazione, la convivenza con la malattia è difficile: è difficile perché essa è oltremodo variegata e mutevole e solo in parte controllata dalla somministrazione di farmaci spesso refrattaria alle alchimie terapeutiche. Ed allora assistiamo con sofferenza e disagio a convulsi tremori, a rigidità incoercibili, a una pericolosa instabilità posturale, a blocchi motori ed al freezing, che provocano spesso rovinose cadute con conseguenze facilmente immaginabili. Per queste manifestazioni patologiche purtroppo non esistono farmaci. Di molti , troppi pazienti, non si conosce la storia e solo le mura domestiche ed i familiari, quando ci sono, possono raccontare i drammi che vengono vissuti in solitudine ed in inquietante isolamento , isolamento che spesso porta ad una difficile gestione dei rapporti familiari ed umani e talvolta a vere proprie tragedie.
Certo, il quadro rappresentato è oltremodo negativo, ma per fortuna un argine , un inimmaginabile sostegno, per me alcuni anni fa impensabile, come ritengo lo sia per molti, è la VITA ASSOCIATIVA, attraverso la quale le distanze si riducono e spesso si annullano, la solitudine non è più quel mostro che stringe in catene e che sembra non dare scampo, ma diventa una opportunità che riesce a dare un senso alle vite di chi vive nella malattia. Ed allora ecco che l’accoglienza , la solidarietà e la condivisione diventano balsamo per curare le ferite del corpo e dell’anima dei parkinsoniani e dei loro famigliari.
Non posso non raccontare, seppur brevemente, la storia della nostra Associazione Parkinson Sassari, che non a caso ha come motto Volare si può, Sognare si deve. La prima forma associativa ebbe inizio nel 2008 e già da allora il progetto, fortemente voluto e sostenuto da alcuni ammalati, Franco Delli, Peppino Achene, Piero Faedda e Graziella Manchia e soprattutto dal dott. Kai Paulus, che ha creduto fin dal principio nell’importanza della vita associativa nei malati di Parkinson, creò i presupposti per un nuovo modo di affrontare quel “rapace infingardo” che aveva violato le nostre case e le nostre famiglie. Si iniziò con la terapia del ballo, il tango, per continuare poi con la fisioterapia la musicoterapia ed il teatro, le artiterapie di cui prima nessuno di noi aveva contezza.
Nel 2015 , in seguito a nuove elezioni, è stato eletto un nuovo Direttivo il cui Presidente, Franco Simula, si è adoperato per dare all’associazione una identità giuridica e legale ed insieme ai collaboratori ha creato i presupposti perchè le attività venissero potenziate . La sua dirigenza è stata per me una scuola, perchè da lui ho imparato a conoscere le dinamiche sottese alla gestione di una comunità. Il direttivo, con in testa il suo combattivo condottiero, ha lottato per ottenere l’ambulatorio Parkinson che era stato chiuso, ha rivendicato diritti ( ad es. la concessione di uno spazio dove praticare le nostre attività) ha potenziato le attività di gruppo: la fisioterapia, magistralmente guidata dalla dottoressa Pinuccia Sanna, la danza-movimento-terapia, sotto la guida esperta della dottoressa Annalisa Mambrini; e poi ancora la creazione del Coro “Volare si può” abilmente guidato dal maestro Fabrizio Sanna che ci ha proiettati un un mondo per i più sconosciuto , ma ricco di enormi soddisfazioni. Nella sua veste di presidente, Franco Simula, ha fatto conoscere a politici, intellettuali e uomini di scienza il mondo del Parkinson ed in particolare della nostra Associazione. Ed ora il testimone è passato nelle mie mani e spero di avere le capacità per portare avanti il suo operato. Questa è la nostra realtà e ci piacerebbe che molti medici e operatori della sanità, che hanno a cuore il benessere dei pazienti, trascorressero un po’ del loro preziosissimo tempo con noi, pazienti e caregivers, per rendersi conto degli effetti che lo stare insieme produce. So, però, che questo è impossibile, perciò proporremo alla vostra attenzione immagini e video delle nostre attività riabilitative e ludiche che testimoniano la bellezza dello stare insieme.
Durissima, però, è stata l’esplosione della pandemia da Covid e drammatico il lockdown che hanno interrotto tutti gli incontri in presenza e quindi annullato gli effetti benefici che lo stare insieme aveva prodotto. Devo, a questo punto , sottolineare, mio malgrado, il silenzio assordante delle istituzioni, ed in particolare della Sanità. Ci sono state sbarrate le porte, che sono rimaste impenetrabili, vergognosamente sigillate e solo grazie alle nostre intuizioni, alla nostra lungimiranza e all’attenzione per i nostri malati, l’Associazione Parkinson Sassari non si è fatta scoraggiare, anzi ha attivato le attività virtuali, attraverso lezioni di fisioterapia con la dott.ssa Elenia Mainiero e incontri col maestro Fabrizio Sanna del Coro Volare si Può che ci hanno seguiti durante i mesi più difficili.
Numerose sono state le videoconferenze con professori ed esperti ricercatori che hanno dato alla buia primavera del 2020 luce e colori. Da sottolineare che non per tutti è stato facile stabilire un contatto con i mezzi informatici, ma con perseveranza e determinazione la maggior parte dei nostri cari parkinsoniani è riuscita a praticare con grande soddisfazione le attività propostre attraverso lo schermo del PC o dello smartphone.