Volare si Può, Sognare si Deve!

Il Divertimento come fonte di Dopamina parte II

 IL DIVERTIMENTO COME FONTE DI DOPAMINA parte II

Strategie di riabilitazione non convenzionale nella malattia di Parkinson

di Kai S. Paulus 

(seguito di Il Divertimento come fonte di Dopamina)

Ciò che segue è probabilmente il capitolo più noioso dei quattro, però serve per introdurre il decorso naturale del Parkinson senza terapia, e quindi il significato delle terapie farmacologica e non farmacologica. 

La Malattia di Parkinson è una patologia neurodegenerativa cronica e progressiva che colpisce principalmente una piccola rete di cellule nervose al centro del cervello, le vie dopaminergiche nigrostriatali deputate alla selezione e modulazione della corretta sequenza di movimenti; successivamente vengono alterati diversi circuiti neuronali che portano ad un quadro clinico caratterizzato inizialmente da sintomi motori quali tremore, rigidità, instabilità posturale, rallentamento motorio, e che durante la malattia possono trovarsi variamente associati a sintomi non motori, soprattutto dolori, insonnia, fatica, ansia e depressione, fino a problematiche psichiatriche costituite da turbe del controllo degli impulsi, allucinazioni e psicosi. Questi sintomi possono presentarsi in varie combinazioni ed a severità crescenti con la durata di malattia. I sintomi che caratteristicamente causano maggiori disagi nella Malattia di Parkinson sono quelli motori, per i quali con l’avanzare della malattia saranno necessari presidi per la postura e per la deambulazione in quanto l’ammalato non sarà più in grado di spostarsi autonomamente esponendosi sempre di più a rischi di cadute.

Per la malattia di Parkinson attualmente non esiste ancora una cura risolutiva e guarigione; per questo, l’obiettivo principale della neurologia è di gestire la patologia e l’ammalato, di alleviare i disagi, di conservare le autonomie individuali, e di cercare vie per modificare il corso della patologia per prevenire quadri clinici complessi e difficili. Il Parkinson viene tradizionalmente curato con trattamenti farmacologici; essendo essa una patologia a deplezione di dopamina, la principale cura è costituita dalla terapia sostitutiva somministrando il precursore della dopamina, la levodopa. Oltre alla levodopa ci sono altri farmaci che agiscono similmente alla dopamina, i cosiddetti dopaminoagonisti, e sostanze che aiutano a risparmiare dopamina, gli inibitori enzimatici delle MAO e COMT. Per gli stadi più avanzati di malattia, quando l’assunzione orale dei farmaci diventa difficile, ci sono le pompe di infusione di farmaco per via sottocutanea (apomorfina) oppure tramite PEG (duodopa); per casi complicati e selezionati si presta la stimolazione cerebrale profonda (DBS, deep brain stimulation). Paradossalmente, molti farmaci, e soprattutto la levodopa, possono provocare loro stessi un peggioramento della malattia, e pertanto con il corretto utilizzo dei farmaci da parte degli specialisti si possono evitare le complicazioni farmacologiche e conservare discrete qualità di vita.

Ma la sola terapia farmacologica e chirurgica non è sufficiente per gestire la malattia di Parkinson. Di fondamentale importanza è la riabilitazione neuromotoria; con gli esercizi si cerca di migliorare la postura, i cambi posturali e la deambulazione, e si rieducano gli automatismi motori, alterati a causa della malattia. Spesso le persone hanno difficoltà nei comuni atti quotidiani ed allora può essere d’aiuto la terapia occupazionale. Importante diventa il supporto psicologico per l’ammalato che a causa del rallentamento motorio e della crescente disabilità rischia di perdere il suo ruolo familiare e sociale, ma essenziale è il sostegno psicologico anche per il familiare che si trova davanti un carico assistenziale continuamente in aumento. Proprio per aiutare il parkinsoniano a riconquistarsi il suo ruolo nella vita quotidiana, possono diventare determinanti la ginnastica di gruppo dove ci si sprona a vicenda, e la teatro terapia, recentemente inserita nelle linee guida del Ministero della Sanità per le cure della malattia di Parkinson, nella quale l’ammalato torna ad essere protagonista ritrovando stimoli e responsabilità. Significativi sono, a questo proposito, i risultati della ricerca di Nicola Modugno e collaboratori (2010) che hanno osservato in un gruppo di pazienti parkinsoniani coinvolti in un laboratorio teatrale per tre anni un miglioramento di punteggio nelle scale di valutazione motorie e non motorie, e la non necessità di aumenti di terapie, rispetto ad un gruppo parkinsoniano in trattamento riabilitativo tradizionale. Questi approcci terapeutici possiedono in aggiunta il vantaggio di poter offrire agli interessati il divertimento, elemento fondamentale nelle terapie complementari, stando insieme ad altre persone con gli stessi problemi, si sdrammatizza, e si ride, il che conferisce una enorme carica psicologica ed emotiva e che supporta i progressi del lavoro fisico.

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Fino a qui lo stato dell’arte della terapia del Parkinson. Nel prossimo capitolo cercheremo di capire che cosa succede nel nostro cervello quando ci divertiamo, quando balliamo, recitiamo “Romeo e Giulietta: 40 anni dopo” oppure quando ascoltiamo musica.

(segue con Il Divertimento come fonte di Dopamina parte III)

27 giugno 2015 di Piero Faedda

Per chi non mi conosce, mi presento, Piero Faedda faccio parte dell’Associazione Parkinson come socio fondatore ed economo nel direttivo. Sono molto contento di far parte di questa Associazione, anche se ahimè  anche io faccio parte di questa grande famiglia di parkinsoniani da qualque anno. Quest’anno è stato molto importante per l’Associazione,  perché abbiamo realizzato tanto in base al programma: vedi la fisioterapia e teatroterapia, abbiamo fatto, in prospettiva per il prossimo anno, un piccolo assaggio di balloterapia e sono sicuro che ci divertiremo tanto. Poi, cosa molto importante per tutti noi pazienti, parenti e medico, la grande soddisfazione di aver organizzato la GIORNATA SASSARESE, NAZIONALE e per finire la MONDIALE. Pensate, tutto questo senza avere uno “straccio” di sede, per questo , dobbiamo ringraziare tutti noi ad iniziare dal Dott. kai Paulus e finire con l’ultimo tesserato, perché in queste “GIORNATE”, abbiamo ricevuto tanto dagli ospiti invitati dal Dott. Kai pero’ anche noi con le nostre domande penso che siamo stati bravi, rinfresco a parte, perchè li i mondiali siamo stati noi.
Un saluto a tutti arrivederci a settembre, ciao ciao. HOPS, scusate, tanto ho iniziato scrivendo 27 giugno 2015, non ricordo bene cosa è sucesso, ho guardato il nostro sito ed ho trovato delle bellissime foto. Di nuovo ciao ciao a settembre.

Un Viaggio…(fuori dal normale) di Salvatore Faedda

Quando una nostra amica ci ha chiesto di accompagnarla nel nord Italia per una visita particolare, io e mia moglie non abbiamo avuto alcuna esitazione per via dell’amicizia che ci lega. Per noi l’amicizia è una cosa seria che non ha bisogno di chiedersi né perché né per come, per cui ci siamo subito buttati a capofitto per vedere cosa fare.

Per prima cosa abbiamo cercato di far coincidere il giorno della visita con il volo aereo di andata e ritorno (questa è la prima difficoltà che noi isolani incontriamo e che ci fa sentire esclusi dall’Italia).
Il caso ha voluto che a circa 100 km dall’Istituto oncologico europeo, vivono alcuni nostri amici ai quali ci siamo rivolti per avere assistenza e ospitalità. (Dicono che noi sardi siamo ospitali per antonomasia ma vi assicuro che i nostri amici di Oleggio sono i migliori della terra).
Come abbiamo telefonato ai nostri amici Fusè-Paracchini (scrivo nomi e cognomi perché tutti sappiano ciò che hanno fatto) si sono prodigati per far si che il nostro impegno andasse in porto.
La sera prima della visita programmata, Giuseppe e Tina sono venuti a prenderci all’aeroporto di Orio al Serio di Bergamo, affrontando un viaggio di circa 200 km (andata e ritorno) in un orario abbastanza insolito.
Dopo una serie di saluti con cartelloni particolari, abbracci e baci, ci portano a casa loro dove ci attendono Angela, Luciana e consorte, Marco e Vera, cane e gatti…tutti ansiosi di conoscere la nuova ospite.
Il giorno successivo, dopo una levataccia doverosa, ci mettiamo in viaggio alla volta di Milano e con alla guida il nostro amico Giuseppe che, per arrivare puntuali all’appuntamento allo I.E.O., guida la macchina al limite della norma.
Dopo aver parcheggiato ci presentiamo all’ingresso principale e la nostra amica Jole fa vedere i documenti alla persona addetta all’accettazione che l’accoglie con un grande sorriso. Con un sistema automatico di numeri, l’addetta alla reception consegna i numeri relativi ai suoi appuntamenti con le indicazioni di locazione.
Tutta un’altra realtà!!! Io che ho diverse patologie, ho potuto valutare le differenze tra i nostri ospedali e quello dove ci troviamo. Da noi, quando vai a fare delle visite, solitamente le macchinette elimina code non funzionano e quindi ti vedi costretto a chiedere “chi è l’ultimo” e ricordare quello che arriva dopo.

Sono un grande osservatore e seguo tutto ciò che mi circonda per cui sarei anche in grado di farvi conoscere tante disavventure che mi sono capitate ma, oggi, il problema che ci interessa sono le visite che la nostra amica deve affrontare. Mentre aspettiamo, con qualche piccolo stratagemma cerco di distrarla per smorzare l’ansia che si fa sempre più tangibile.
Dopo un’intera mattinata fra visite e pause, finalmente lei e Anna escono dall’ultima visita con il viso sorridente e rilassato. Subito la tempestiamo di baci e abbracci con qualche lacrima di gioia. Io, poi, che in questo periodo viaggio con le lacrime in tasca, mi allontano con la scusa del bagno per lavare il viso e riportarlo alla normalità.
Mentre usciamo per riprendere la via del ritorno, nonostante la contentezza per le buone notizie avute, davanti ai miei occhi c’è un susseguirsi di persone che, con una radiografia in mano, aspettano il loro turno con gli occhi spenti, fissi su un tabellone che riporta il tempo d’attesa prima della sentenza finale.
Durante il viaggio Giuseppe si mette in contatto con Tina per preparare il pranzo all’ora giusta d’arrivo.
La distanza è tanta perciò, inevitabilmente, mi soffermo a riflettere sulla sfortuna che può capitare a ciascuno di noi e, allo stesso tempo, penso alla grande disponibilità dei nostri amici di Oleggio ai quali va tutto il nostro affetto. Ora siamo qui che aspettiamo con impazienza l’esito degli esami di Giuseppe per poterli avere con noi al grande evento della “Cavalcata Sarda”.

Salvatore Faedda

Lu Parkinson – Il Parkinson di Salvatore Faedda


Aggiu lu parkinson da càlchi annu
e pigliu dezi pasthìgli dugna dì.
A vosthi mi sentu bè e soggu allegru
ma càndu soggu trìsthu non mi lamentu.

Càndu mi veni la trimurédda
marasòrthi cantu è fea;
tàndu pigliu la midizìna chi mi fazi umbè sudà,
un pogu freddu e un pogu càldhu, ma daboi isthogu be.

Ma lu nosthru Dottor Paulus
dugna tantu zi incuraggia
e zi dizi chi la scienza
già è fendi passi manni.

Noi vi cridimmu e vi ipiremmu assai
e, sigumenti, zi intindimmu forthi
semmu priparendi una commedia
cun tutti l'altrhi di la cumpagnia.

Candu femmu li probi chi zi fazzini ridì,
zi intindimmu ripagati di tutti li sacrifizi
e puru lu duttori zi poni alligria
acchì, pa tutti noi, è chissu chi vi vò
Salvatore Faedda
Ho il parkinson da qualche anno
e ogni giorno prendo dieci pastiglie.
A volte sto bene e sono allegro
ma quando sono triste non mi lamento.

Quando mi viene la tremarella
malasorte...quanto è brutta;
allora prendo le medicine che mi fanno sudare,
un po' freddo e un po' caldo ma poi sto bene.

Ma il nostro Dottor Paulus
ogni tanto ci incoraggia
e ci dice che la scienza
sta facendo passi da gigante.

Noi ci crediamo e ci speriamo molto
e, siccome ci sentiamo forti
stiamo preparando una commedia
con tutti gli altri della compagnia.

Quando facciamo le prove che ci fanno ridere
ci sentiamo ripagati di tutti i sacrifici
e pure il medico ci mette allegria
perché, per tutti noi, è quello che ci vuole.
Salvatore Faedda

 

A Peppinu Achene di Franziscu Antoni Simula


Su male chi c'hat postu in discussione

sa mira (1) e-i sos progettos de una vida

nascher deviat in atera nassione

pro iscansare sa mal'accudida.



Lu ido chi 'ene no l'hasa leada

cust'attinzione de sa mala sorte.

“Poite -ti domandas- m'est falada

custa batosta seria che morte?



“Propriu a mie deviat capitare

custu malannu chena mancu sensu

a mie chi m'onoro 'e cumbidare

amigos e istranzos de ogni cunsensu (2)



cun binu fattu cun sas manos mias

chi como fragelladas sempre piusu

sunt,dai unu tremulone senza pasu

chi mezus haia cherfidu 'inu a rasu”.



Franziscu Antoni Simula
Il male che ha messo in discussione

gli obiettivi e i progetti di una vita

doveva radicarsi altrove

per evitare la mal-arrivata.



Lo vedo che non l'hai presa bene

Quest'attenzione della mala sorte

“Perché-ti domandi-mi è piombata

questa disgrazia grave come morte?



“Proprio a me doveva capitare

questo malanno senza senso alcuno

a me che mi onoro di invitare

amici ed estranei di ogni opinione

con vino fatto con le mie mani

che adesso sempre più son tormentate

da un forte tremore senza tregua

che meglio avrei voluto vino a raso



Francesco Antonio Simula

(1) mira= obiettivi- prospettive

(2) cunsensu= opinione

 

Sa mariglia – La mariglia di Francesco Simula


Su PARKINSON che-i s'arcu s'est paradu

Lassende feridos a dogn'ora 'e sa die

Ma si tue l'ingrangèas a dovere

Est capatze lu ressessas a domare

E cando su manzanu mattana no t'apparat

Ses che una furia in chentu tramas

Chi ponet a bolare tantas cosas

Sa inza, s'oliariu, e puru rosas

Comente ch'esserent fainas de ajanos.

Ma cando a sero ti falat puntuale

S'umbra malèsiga 'e su tremulone

Sempre creschende cantu curret ora,

Fàghedi una mariglia brigadora

Cun amigos de tazza tott'umpare

In modu chi si ch'andet in malora

Su zoccu chi t'impidit de giuare.



Franziscu Antoni Simula
Il PARKINSON come un arcobaleno, è calato

Lasciando feriti a tutte le ore del giorno,

Ma se tu lo coccoli doverosamente

E' possibile che riesca a domarlo.

Quando al mattino non ti dà fastidio

Sei come una furia (impegnato) in cento attività

Che mette a volare tante cose:

La vigna, l'oliveto, e persino le rose

Come se fossero lavori per giovani.

Ma quando di sera ti cala puntuale

L'ombra sventurata del tremore

Che cresce sempre più di ora in ora,

Fatti una mariglia litigiosa

Assieme a tutti gli amici di tazza

In maniera cha vada in malora

Il mal che t'impedisce di giovare.


La rappresentazione teatrale di Francesco Simula

La nostra rappresentazione teatrale ha avuto inizio due giorni prima della rappresentazione vera e propria. Ha avuto inizio con una constatazione -questa si-  drammatica, e una quasi decisione di sospendere tutto e rimandare la rappresentazione a settembre, proprio come nella scuola. Dora, la nostra vice-regista, molto depressa e avvilita dopo l’ultima prova, constatava che non si era assolutamente in grado di andare in scena. “Non conosciamo le parti a memoria;manca un minimo di coordinamento degli attori fra loro e i rispettivi momenti di intervento e di ingresso in scena; non conosciamo le musiche di accompagnamento per il ballo e di raccordo fra le singole scene; non è stata ancora individuata una figura che governi  le luci   adeguandole alle esigenze sceniche; non siamo riusciti a ricuperare costumi adeguati se non per le figure femminili; insomma non siamo in grado di proporre uno spettacolo decente”.Questo il verdetto disarmante di Dora. Che faceva presagire un rinvio sine die con rivisitazione e ricupero di quel che si era già fatto.

Anche Franco Enna -autore e regista del lavoro- concorda con Dora.

“Abbiamo trascorso il tempo della preparazione ripetendo stancamente il testo – talvolta senza impegnarsi adeguatamente a capire i collegamenti e i significati intrinseci delle parole- e senza, peraltro, riuscire a fissarlo in maniera passabile,mentre abbiamo trascurato altri aspetti non secondari ( scene – musica – luci – costumi) che ci impediscono di offrire una rappresentazione accettabile.

E’ vero gli attori sono dei Parkinsoniani e quindi con dei limiti obbiettivi di memoria e di corretta dizione, però la qualità complessiva della proposta teatrale non è sufficiente. Rimandiamo tutto a settembre utilizzando positivamente l’esperienza maturata sino a questo momento.L’autocritica sembrava evidente e anche la morte dello spettacolo decretata.

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Passa solo un giorno e tanto improvvisamente quanto inspiegabilmente -dopo aver masticato  pessimismo e depressione- scoppia il sereno.

Che cosa è capitato? Uno dei tanti “miracoli” che si avverano dentro l’Associazione: per incanto compaiono dal nulla costumi fatti a mano da Piero e Graziella, luci per la cui conduzione era stato trovato un operatore con un minimo di esperienza, mentre per le musiche era stato trovato un onorevole compromesso tra musiche medievali e musiche più recenti; erano stati inventati persino il suggeritore e il buttafuori.

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Finalmente, fra mille emozioni confessate e altrettante sottaciute, inizia la rappresentazione di Romeo e Giulietta, una delle tragedie più note e affascinanti di tutti i tempi.

Lo spettacolo inizia in maniera semplice e piana, manifestando chiaramente le emozioni degli improvvisati attori che -non va dimenticato- sono portatori più o meno gravi di una patologia importante come la malattia di Parkinson che crea disordini nel movimento,problemi nell’equilibrio e spesso difficoltà importanti nell’espressione verbale: proprio quegli aspetti patologici che vogliamo contribuire a curare anche attraverso il teatro e la socializzazione ad esso connessa.L’esordio sembra dei più promettenti sino a quando la presentatrice della storia-sempre diligente,tutto il testo a memoria dai primi giorni di prove- incappa nella più banale delle amnesie: insopportabile.Ma tant’è: aliquando dormitat Omerus. E allora viene in mente il testo di un “coro” del nostro copione:

“Blocca il tempo, prendi il tempo,ruba il tempo! Respira-espira-ancora-respira!Tirala fuori la tua rabbia nera”. E così dopo un profondo respiro, Giuseppina riprende la sua accurata e puntuale recitazione come aveva sempre fatto e come continuerà ad ogni suo intervento sulla scena. L’ingresso di Giulietta in scena è sorprendente: avvolta in un abito celeste, una corona di fiori sul capo,col sorriso smagliante che sempre la caratterizza appare spontanea e impalpabile come un’adolescente e riesce a suscitare una spontanea ovazione dei presenti in sala.  Di colpo, superato il primo impatto col palcoscenico, Giulietta diventa la padrona della scena: e da quel momento  riuscirà a trascinare il pubblico che manifesterà con ripetuti applausi a scena aperta il legame di simpatia che con esso è riuscita ad instaurare. Il tutto associato a un suo personale modo di “recitar ballando”  lieve e leggiadro come una libellula in volo da fiore in fiore. Anche lei -tuttavia-  ha qualche defaillance ma ostentando una insospettabile e sorprendente “faccia di bronzo” riuscirà a trasformare le rare carenze in momenti di coinvolgente ilarità.

“O Romeo, Romeo! Perchè tu sei Romeo”? E soprattutto: perché non riesci a dire, come tu stesso brameresti, tutto il tuo ardente e contrastato amore per Giulietta?

Caro Oscar, solo tu potevi fare Romeo! Tu che, per amore, cadi nell’oblio più profondo dimenticando le parole , la spada, tutto fuorchè l’amore travolgente per la bella Capuleti.

Il tuo amico Mercuzio dopo la sua uccisione , porgendoti la spada (che tu avevi dimenticato) avrebbe voluto dirti: ”Vendica la mia uccisione”! Ma non è detto che non capiti in una futura rappresentazione.

Madonna Capuleti si è riproposta puntuale col suo austero contegno di prima donna di un grande casato di Verona. Anche nelle sofferenze che accompagnano la contrastata storia fra Romeo e Giulietta che sceglierà il proprio corpo come fodero del pugnale che dovrà sopprimerne la vita ancora piena di speranze.

La Nutrice, conscia anche lei di essere una figura influente nella gerarchia familiare di un grande casato, è stata lodevolmente all’altezza del ruolo. Anche perché era costretta dalle particolari circostanze ad inseguire e adeguarsi a una scatenata Giulietta che talvolta era necessario tenere a bada con i richiami che le buone maniere suggerivano e attenta a regolarne le entrate e le uscite nella scena

Tebaldo  con la sua prestanza fisica e la forza del tono vocale imponente, cerca di far capire al padre di Giulietta,-suo zio- che Romeo in casa Capuleti è solo una presenza provocatoria e che deve essere cacciato via .Padron Capuleti non è d’accordo e lo caccia, mentre Tebaldo medita future vendette.

Benvolio era fisicamente sul palco ma con la mente aveva troppe altre cose a cui pensare per far procedere la macchina teatrale nel migliore dei modi: il regista tecnico è stato Lui. Coadiuvato già da tempo da quel generoso “testardo” di Gianuario che si è sobbarcato l’onere di pensare, progettare e realizzare  la scenografia che ha dominato tutta la rappresentazione.Bravo e concreto.

I canti che accompagnavano i vari momenti scenici sono stati interpretati dalla voce dolce e melodiosa di Anna: the Voice.

La voglia di Peppino di calcare le scene nel ruolo del Principe era palpabile, frenata però da una sorta di riserbo naturale proprio della persona ma soprattutto da una forma parossistica di tremore alla mano destra che l’emozione gli scaricava addosso tutte le volte che saliva sul palco . La voce robusta e tonante non era sufficiente a coprire quella che lui chiama l’interferenza del Prof. Parkinson: occorreva trovare uno stratagemma  efficace per velare il problema. A questo punto gli insegnamenti della Fisioterapista ci sono tornati utilissimi: occorrerà trovare per la mano “in fuga” un sostegno stabile. Sulla scena l’unico appoggio possibile è rappresentato dal parapetto del balcone di Giulietta: su quel podio, scelto intenzionalmente, il Principe poggia la sua mano destra come simbolo di autorità e dominio e, tenendo con la sinistra la Pergamena predisposta dall’Alta Corte, pronuncia solennemente contro Romeo la sentenza di condanna all’esilio.

Dov’è Frate Lorenzo gran frate furbone,astrologo, erborista e un poco maneggione? Sta là umilmente seduto in un angolo in attesa di compiere un atto che la sua missione gli impone:celebrare segretamente fra due giovani innamorati un matrimonio decisamente contrastato. Intanto, dall’alto del suo rigore morale rimprovera Romeo che ha già dimenticato Rosalina per fare spazio all’amore prorompente per Giulietta; ma subito suggerisce agli innamorati uno stratagemma che si concluderà con una fine tragica. Geminiano,tuttavia,riesce ad interpretare la figura di frate Lorenzo con la pacatezza e la serenità di un frate vero: forse l’abito stavolta ha fatto il monaco. Persino il tono di voce sussurrato e suadente è quello adatto a guidare anime in pena che hanno bisogno del giusto consiglio quando devono affrontare dilemmi tormentosi come quelli di Giulietta e Romeo.

Che dire -infine- di tutte le altre comparse che hanno fatto da ricca corona allo spettacolo? Sono stati semplicemente eccezionali e commoventi: sono stati sostenitori, suggeritori, buttafuori, estimatori degli amici che calcavano la  scena. Alla fine hanno gioito con loro per la divertente corale serata di allegria nata da una semplice intuizione che nel tempo si è rivelata una grande scuola di amicizia, solidarietà e reciproco sostegno.

Anche Antonio ha percepito tutto il calore solidale degli altri amici di sventura meno gravi di lui;anche Antonio si è sentito accolto e circondato da tanto affetto pure  nei gesti semplici come quello rappresentato, quotidianamente, dall’accoglienza di Anna che, intonando con la sua voce melodiosa l’inno della Brigata Sassari, scandiva con la marcia il tempo di ingresso nella scena: e Antonio marciava.

Come erano, cosa pensavano Dora e Franco Enna dopo le perplessità e le incertezze dilanianti raccontate all’inizio? Erano raggianti di gioia e constatavano con soddifazione che il lavoro di tanti mesi non era caduto nel nulla ma ,al contrario, aveva prodotto un insperato “miracolo” e che contro le obbiettive constatazioni logiche i talenti sconosciuti di tante singole persone  uniti dalla voglia di divertire e di divertirsi, avevano saputo creare una serata indimenticabile.

*Su gigante ‘onu – *Il gigante buono di Peppino Achene


A Sig. Kai Duttore Paulus Luminare

Deo de Parkinson mi so ammalaidadu
In sas difficultades mias
Unu gigante 'onu apo agatadu
E bona impressione m'hat lassadu.
Una die chi fia in sala de attesa
Su turnu meu aisettende
Intendo una oghe giamende
“Signor Achene”. Deo comente podia ischattende
Incontru l'andaia tambulende.
In su momentu chi mi fia avvicinende
Issu mi fidi cun delicadesa inquadrende.
Cando vicinu li so istadu
Pro mi saludare sa manu mi hat allongadu
Sas intenziones suas no mi hat cuadu
In sa protetzione sua m'aiat leadu.
In s'istudiu sou mi c'hat intradu
E da-i pes a cuccuru cun sos ojos suos m'hat fotografadu
Poi hat chefidu ischire de me su presente e-i su passadu.
Cando fia raccontende
Issu in sa mente sua fit registhrende.
Cando apo finidu 'e raccontare
Cun boghe amorevole e naturale
M'hat nadu.” Signor Achene non disperare
Deo penso chi contìnuede a bene istare”.
Unu pagu 'e tempus ch'est passadu
Da-i cando nos semus incontrados
Su rispettu meu pro issu est sempre aumentadu.
Caschi ostha timo de essere invadente
E pro m'iscujare bi lu fatto presente.
“ Non si ponzat problemas” mi rispondet cortesemente.
“Deo so inoghe pro fagher'istare 'ene chie est sufferente”
Da-i cando lu connoscho bosthas meda l'apo disthubadu
Mai unu signu de intollerantzia hat manifesthadu,
Antzis m'hat sempre incoraggiadu.
Su numeru 'e su telefono sou m'hat dadu
Nendemi” Giamami cando ti paret

Non ti ponzas problemas de disthubare”.
Sa disponibilidade sua non b'hat misura pro la misurare,
E-i sa professionalidade sua deo non bi la fatto a osannare.
De una cosa so zesthu , non mi poto isbagliare:
custhu est omine chi s'istoria hat a ammentare.
A chent'annos e piusu l'auguro in su mundu a bistare
Gai s'umanidade nde podet beneficiare
E-i sos malaidos a fagher bene istare.
Custhas pagas rigas sunt iscrittas cun manu tremulosa
Pro unu chircadore avviadu in-d-una carriera luminosa.
Cun ammiratzione
Pro sa tua immensa vocazione
Cun rispettu ti prego ogni bene.

Peppinu Achene
Al sig. Kai Dottor Paulus Lumiare
Io mi sono ammalato di Parkinson.
Nelle mie difficoltà
ho trovato un giganta buono
che mi ha lasciato una buona impressione.
Un giorno che ero in sala d'attesa
aspettando il mio turno
sento una voce che mi chiama
“Signor Achene”. Io scattando come potevo
gli andai incontro vacillando.
Mentre mi avvicinavo
Lui mi stava già inquadrando con discrezione.
Quando gli sono stato vicino
per salutarmi mi ha teso la mano
senza peraltro nascondermi le sue intenzioni:
mi aveva preso sotto la sua protezione.
Mi ha fatto entrare nel suo studio
e mi ha fotografato da capo a piedi con i suoi occhi
poi ha voluto conoscere di me il presente e il passato.
Mentre io raccontavo
Lui registrava nella sua mente.
Quando ho finito di raccontare
con voce amorevole e naturale
mi ha detto:”Signor Achene non si disperi
io penso che continuerà a star bene”.
Ormai è passato un po' di tempo
da quando ci siamo incontrati
il mio rispetto verso di Lui è sempre aumentato.
Talvolta temo di essere invadente
e per scusarmi gli e lo faccio presente.
“Non si metta problemi” mi risponde cortesemente.
“Io sono qui per fare star bene chi è sofferente”.
Da quando lo conosco l'ho disturbato molte volte
mai mi ha manifestato un segno di intolleranza,
anzi mi ha sempre incoraggiato.
Mi ha dato il suo numero di telefono
dicendomi:”Chiamami quando ti pare
non metterti problemi di disturbare”.
Non c'è misura che possa misurare la sua disponibilità
e io non cesso di osannare la sua professionalità.
Di una cosa sono certo,non mi sbaglierò:
questo è un uomo che la storia ricorderà.
Gli auguro di vivere cent'anni e più
in modo che l'umanità ne possa beneficiare
e possa far star bene i malati.
Queste poche righe sono scritte con mano tremante
per un ricercatore avviato a una carriera luminosa.
Con ammirazione
per la tua immensa vocazione
con rispetto ti auguro ogni bene.

Peppino Achene

*Non per prestanza fisica ma per le immense virtù professionali